giovedì 20 settembre 2007

"Per mia figlia un anno d'orrore mai lasciare sole le vittime"

Un anno dopo, parla la madre della ragazza violentata in via Libia: «Mi auguro che tutte le donne che hanno subito violenza ricevano la stessa solidarietà che abbiamo ricevuto noi. Chi sopporta questi affronti non dovrebbe mai essere lasciato solo».
di Valerio Varesi
«È stato un periodo orribile, pieno di sofferenze, ma adesso sia io che mia figlia siamo molto sollevate, soprattutto per le manifestazioni di amicizia che ci sono state offerte». Un anno dopo, la madre della ragazza violentata in via Libia racconta il dolore e la rabbia di chi è stato oggetto di un sopruso. Ma la sua è anche la cronaca della lenta riemersione di una donna dall´angolo buio dove botte e umiliazione l´avevano spinta. «Mi auguro - riprende la madre - che tutte le donne che hanno subito violenza ricevano la stessa solidarietà che abbiamo ricevuto noi. Chi sopporta questi affronti non dovrebbe mai essere lasciato solo».

«Dopo lo stupro abbiamo vissuto venti giorni di incubo» continua la madre. «Mia figlia si svegliava di notte, era preda di crisi di panico, piena di paure, incapace di stare un´ora da sola. C´è voluto tutto il sostegno psicologico di una terapeuta che ci è stata indicata dalla 'Casa delle donne' per riuscire a risalire la china. Le donne vittime della violenza perdono la stima di sé, vengono prese da sensi di colpa e da insicurezza. Nel nostro caso, inoltre, si è aggiunta una campagna oltraggiosa su qualche blog organizzato dai sostenitori dei violentatori. Abbiamo letto cose orrende: lo stupro morale comincia dove finisce lo stupro fisico».

Poi i blog sono stati costretti a chiudere per il veemente intervento delle femministe di Cagliari, ma la ferita si è aggiunta a quelle della violenza. «Mia figlia aveva un occhio tumefatto per cui ho temuto moltissimo, il setto nasale rotto e la parziale sordità da un orecchio. Solo a luglio ha risolto i problemi fisici con un intervento che ha corretto le fratture al naso» spiega ancora la madre. «I violentatori hanno detto che mia figlia era caduta dalle scale. Beh - prosegue - a questo proposito vorrei chiedere al nostro sindaco, da cui tutti invocano legalità, di occuparsi di tante scale scivolosissime su cui reiteratamente continuano a cadere le donne della nostra città che si presentano al pronto soccorso con gli occhi pesti e il naso rotto».

Ma quand´è che la ragazza ha ricominciato a vivere? «Ci sono voluti circa tre mesi» racconta la madre. «È stato quando ha deciso di riprendere a studiare per il dottorato di ricerca e a progettare il futuro. Poi, a un certo punto, ha deciso di ritornare anche a ballare le danze etniche che sono la sua passione: ecco, a quel punto ho pensato che il peggio fosse alle spalle». Non del tutto. La ragazza è stata costretta a cambiare casa per sfuggire a spiacevoli incontri con gli amici dei suoi aggressori.

«Non abbiamo mai risposto alle provocazioni e agli insulti» riprende la madre. «Questa vicenda brutta ci ha permesso anche di conoscere gente meravigliosa come quella signora che ieri, giorno di udienza, avendo appreso la vicenda dal Tg1, si è recata in Tribunale e ha trovato una solerte impiegata che le ha indicato la procura di piazza Trento e Trieste. Io non la conoscevo, non l´avevo mai vista, ma si è presentata dicendomi solo che era lì per sostenere una buona causa».
(19 settembre 2007)
Fonte: repubblica.it

domenica 16 settembre 2007

Abusa della nipote e le offre uno spinello

Un uomo di 45 anni è stato arrestato con l'accusa di violenza sessuale e cessione di sostanze stupefacenti
TORINO
Per 4 anni, da quando ne aveva 12, ha dovuto subire le attenzioni morbose dello zio che, secondo le accuse, per vincere le sue resistenze la prima volta, le avrebbe anche fatto fumare uno spinello, di cui lui faceva un uso continuo. Con l’accusa di violenza sessuale, maltrattamenti, cessione e di sostanze stupefacenti a minore con lo scopo della violenza sessuale e induzione alla prostituzione minorile, dal momento che dopo ogni abuso l’uomo faceva regali alla nipote o le dava qualche euro, gli uomini della sezione Interforze della Procura di Torino coordinati dal maresciallo Alberto Sorba hanno arrestato, a conclusione di un’indagine del pm Marco Bouchard lo zio della ragazza, un 45enne, e denunciato per concorso omissivo in violenza sessuale anche la nonna della giovane che oggi ha 16 anni.

Tutto ha inizio dopo la separazione dei genitori della ragazza che per qualche tempo va a vivere dalla nonna materna con la quale abita anche lo zio. Secondo quanto raccontato dalla giovane che si è confidata con due amiche e con gli operatori dei servizi sociali, dai quali è partita la segnalazione alla Procura, lo zio avrebbe iniziato a mostrare attenzioni sessuali nei suoi confronti iniziando con palpeggiamenti superficiali, divenuti poi sempre più pesanti fino a tentare, nel giugno di quest’anno, un rapporto sessuale completo al quale la ragazza ha reagito riuscendo ad impedire lo stupro vero e proprio.

Secondo il racconto della giovane lo zio per convincerla a subire gli abusi le avrebbe anche detto che altre bambine facevano le stesse cose e che lei sarebbe stata una sciocca a non accettarle, facendo anche il nome di una ragazzina appartenente alla cerchia della sua famiglia allargata. E da successive indagine è infatti emerso che anche a quest’ultima l’uomo avrebbe fatto delle avance, offrendole anche uno spinello, ottenendo però il rifiuto della vittima.

Gli inquirenti, che avrebbero ricostruito una trentina di episodi in 4 anni, hanno anche denunciato la nonna perchè è emerso, dai racconti della ragazza che probabilmente sapeva, avendole fatto intendere che aveva capito che cosa succedeva. A una domanda specifica se lo zio le avesse chiesto di avere rapporti con lui la nonna, ricevuta risposta affermativa, avrebbe sminuito la cosa dicendo che forse suo figlio aveva fumato troppo. Ora la ragazza è stata affidata a una comunità mentre lo zio, che avrebbe fatto parziali ammissioni dando però la colpa alla nipote, è finito in carcere.

Fonte: La Stampa.it

venerdì 14 settembre 2007

Stupri e pestaggi, è emergenza

Il caso di due polacche in balia dei violentatori e una spedizione punitiva nelle campagne: il presidente Stallone accusa, di Gabriella De Matteis "E´ una situazione insostenibile, dobbiamo intervenire subito. E´ come una malattia"
Un giovane rumeno assiste allo stupro di una ragazza polacca e chiama i carabinieri. Due pregiudicati albanesi pestano due braccianti agricoli senegalesi, ordinandoli di non lavorare più nelle campagne. Le due storie arrivano dal capoluogo dauno, all´indomani della denuncia di scomparsa da parte della polizia polacca di 119 connazionali e nello stesso giorno in cui il presidente della provincia lancia l´allarme. «Sono necessari interventi concreti, non possiamo più aspettare, la situazione deve essere tenuta sotto controllo» dice Carmine Stallone. C´è il problema degli immigrati sfruttati, l´emergenza del lavoro nero soprattutto nella raccolta del pomodoro. «Non c´è un caso Foggia, ma sicuramente la ricerca di una soluzione non può più essere rinviata» spiega il presidente della Provincia. L´altra notte, nel capoluogo dauno, due ragazze polacche sono state violentate. Un trentaduenne, originario della Costa d´Avorio, è stato arrestato. Poco prima della mezzanotte le vittime, di 22 e 23 anni, incontrano alla stazione ferroviaria due giovani immigrati. I quattro fanno amicizia, è una serata come tante. Le ragazze accettano l´invito a seguirli nella loro abitazione, solo che la casa è una vecchia scuola in viale Fortore abbandonata dove spesso trovano riparo gruppi di immigrati senza permesso di soggiorno. E´ qui che la notte si trasforma in un incubo. Il trentaduenne della Costa d´Avorio offre prima da bere alle due giovani polacche, poi cerca di violentarle. Ci riesce con la più piccola, solo da un mese in Italia. La costringe a distendersi su un vecchio materasso e nel cortile dello stabile, sotto lo sguardo di altri immigrati, la obbliga a subire violenza. L´altra ragazza, in Italia da due anni, invece, scappa. Ad aiutarla è il giovane nordafricano che aveva conosciuto alla stazione. Insieme scappano e si rifugiano in un vecchio vagone ferroviario. E´ lì che la ritrovano alle sette del mattino i carabinieri del reparto operativo. A far scattare l´allarme alcune ore prima era stato un giovane rumeno. Aveva assistito allo stupro nel cortile della scuola e aveva chiamato il 112. Quando i militari arrivano nell´edificio, fermano il cittadino della Costa d´Avorio e soccorrono la giovane polacca. E´ lei a dire che la sera era con un´amica, a raccontare di non averla più vista. I carabinieri, preoccupati, cominciano le ricerche e ritrovano la ragazza nel vagone. Poco prima era stata violentata da un immigrato marocchino che, forse, sotto la minaccia ha costretto il giovane che la aveva aiutata, ad allontanarsi. A San Marco in Lamis, invece, i carabinieri hanno arrestato due cittadini albanesi. Reclutati da un italiano, avevano organizzato una spedizione punitiva contro due senegalesi, costringendoli a lasciare le campagne dove lavoravano. Il pestaggio sarebbe stato organizzato per lasciare spazio ai ragazzi ai rumeni che, sul mercato nero, costano meno rispetto ai lavoratori africani. «E´ una situazione insostenibile, l´emarginazione, lo sfruttamento possano causare anche forme di delinquenza. Dobbiamo intervenire subito. E´ come una malattia, se si è arriva troppo tardi, ogni rimedio è inutile» conclude Carmine Stallone.
12 settembre 2006
Fonte: espresso.repubblica.it

Stupri: Accusato da 14enne era innocente, 18 giorni in carcere

1 settembre 2006 alle 21:24 — Fonte: repubblica.it

Un ragazzo di 24 anni, di Ferrara, accusato di violenza sessuale su una quattordicenne è stato rilasciato dopo 18 giorni di carcere perché risultato innocente.

La denuncia nei suoi confronti era stata presentata il 29 luglio scorso, attraverso il racconto che la ragazzina aveva fatto ai carabinieri. La ragazza aveva parlato di tentativo di violenza sessuale. Il giorno dopo i militari hanno arrestato il giovane ferrarese e il provvedimento di custodia cautelare in carcere era stato convalidato. Ma il 17 agosto, le indagini della Procura di Ferrara, supportate dalle perizie mediche sulla ragazza, avevano fatto cadere ogni accusa nei confronti del 24enne: il fatto non sussiste, revocata di conseguenza la custodia cautelare dopo 18 giorni di detenzione nel carcere di Ferrara.

domenica 9 settembre 2007

FESTIVAL DI VENEZIA 2007

(...)
A De Palma la miglior regia
Il Leone d’argento è andato a Brian De Palma e al suo Redacted, film documento sulle conseguenze della guerra in Iraq. La trama ruota attorno a un gruppo di soldati statunitensi di stanza in Iraq e sullo stress che il conflitto infligge loro. De Palma parte da un fatto reale, lo stupro di una ragazzina di 14 anni e il massacro della sua famiglia, per fare luce su una guerra raccontata dai media attraverso imbarazzanti omissioni. Il premio speciale della Giuria per questa edizione del Festival veneziano ha avuto un ex aequo: La Graine et le mulet del regista franco-tunisismo Abdellatif Kechiche e I'm not there di Todd Haynes. Entrambi portano a casa altri due premi rispettivamente il Premio Marcello Mastroianni per la giovane attrice emergente, la splendida Hafsia Herzi che nel film di Kechiche seduce con una conturbante danza del ventre, e la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Cate Blanchett, per la straordinaria immedesimazione in Bob Dylan.
(...)
Fonte: La Stampa.it

sabato 8 settembre 2007

Figli stupratori? Genitori senza casa

I giudici sequestrano gli appartamenti alle famiglie
PAOLO COLONNELLO
MILANO
«Purtroppo succede spesso che i genitori neghino le colpe dei figli o comunque non ne siano del tutto consapevoli. Rivalersi su di loro è semplicemente doveroso». Per Livia Pomodoro, presidente del Tribunale dei minori di Milano, la decisione dei giudici civili di sequestrare la casa ai genitori di un adolescente che con altri aveva per mesi abusato di una bambina di undici anni, non è una novità. «È già successo altre volte, lo prescrive la legge. Sono convinta che se certe persone si colpiscono nel portafoglio, magari si svegliano. Il vero fenomeno grave non sono gli episodi di bullismo ma la sottovalutazione in ambito famigliare di quanto accade» E come si spiega? «Perchè i loro figli sono fatti a loro immagine e oggi si preferisce rivedersi alla tv anziché allo specchio». Dunque, che le colpe dei figli ricadano sui padri. È la dottrina adottata da tempo dal tribunale civile, in particolare dalla decima sezione. E quando padri (e madri) non hanno mezzi liquidi per risarcire il danno causato dai loro pargoli «irrequieti», i giudici scelgono la strada del sequestro conservativo degli immobili.

Così nel dicembre del 2004, affrontando il caso della bambina di 11 anni violentata ripetutamente da cinque adolescenti (il più grande aveva 17 anni), i giudici hanno stabilito che i genitori erano da «considerarsi responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori», disponendo perciò il sequestro conservativo della loro abitazione. Secondo i giudici infatti i genitori di almeno tre dei giovani imputati, non avevano dimostrato di «non aver potuto impedire il fatto» nonchè «di aver assolto adeguatamente al loro complessivo compito di cura che, con riferimento a soggetti adolescenti e preadolescenti, involge “l’educazione sentimentale”, il rispetto degli altri e le modalità relazionali anche con l’altro sesso, temi rispetto ai quali - proseguiva l’ordinanza - la funzione genitoriale - servendosi di una tanto delicata quanto onerosa, strategia dell’attenzione - deve trovare ogni opportuna modalità per consentire la crescita dei ragazzi».

Il sequestro dell’abitazione, che dovrebbe coprire un danno fino a 230 mila euro, potrà venire confermato quando, il prossimo dicembre, la causa civile si dovrà concludere. Ma non è escluso che si giunga prima ad una transazione che trasformi il sequestro in un risarcimento pecuniario. Un caso simile, sempre affrontato dalla stessa sezione del tribunale, si era verificato per l’omicidio di una quattordicenne accoltellata nel cortile della scuola a Sesto San Giovanni nel 2001: anche in quell’occasione i giudici stabilirono il sequestro dei beni della famiglia del sedicenne che l’aveva uccisa. Un ragazzo problematico che nella sua camera, ascoltando musica di Marylin Manson, si tagliuzzava le braccia con lo stesso coltellino usato poi per assassinare la compagna di scuola. Scrissero i giudici che «i genitori avrebbero dovuto accorgersi del disagio sociale» vissuto dal ragazzo e «i comportamenti autolesionistici già noti anche a scuola» non avrebbero dovuto «essere sottovalutati come manifestazioni adolescenziali ma riconosciuti come segnale di allarme di disagio della personalità del giovane».

Fonte: La Stampa.it

giovedì 6 settembre 2007

California: «Islamico e nero, il fornaio con licenza di crimine»

California, il forno islamico tollerato malgrado i crimin.i
Stupri, torture, omicidi nati nel retrobottega. Mentre la polizia stava a guardare per mesi

Il caso riguarda un’attività commerciale conosciuta come Your Black Muslim Bakery (Il vostro fornaio islamico nero), situata sulla San Pablo Avenue a Oakland, in California. Il suo fondatore, di nome Yusuf Bey, è stato arrestato nel 2002 con l’accusa di violenza sessuale ai danni di ragazze minorenni.
Successive indagini hanno evidenziato come il titolare avesse una lunga fedina penale di stupri e abusi sessuali sulle sue seguaci e fosse padre di un gran numero di bambini illegittimi. Bey è morto nel settembre del 2003, prima di poter comparire davanti al giudice.
Il figlio, Yusuf Bey IV, è già stato arrestato due volte, la prima per il sospetto che fosse a capo di una gang che ha devastato due negozi di alcolici a Oakland e minacciato i loro proprietari, e la seconda (forse di natura meno islamica) per aver travolto con l’auto un buttafuori di San Francisco. Un altro membro della «famiglia» del fornaio, Nedir Bey, è accusato di aver malmenato con una torcia elettrica un potenziale concorrente in affari, mentre un altro membro della gang ha torturato la vittima con un coltello arroventato.
Questo e numerosi altri delitti sono stati oggetto di un’indagine dell’East Bay Express, un settimanale locale. Il giornalista, Chris Thompson, è stato pedinato e minacciato e, per sicurezza, si è visto costretto a lavorare per diversi mesi in un quartiere diverso dal suo dopo la serie di articoli sul negozio del fornaio. Il direttore del settimanale, Stephen Buel, ha riferito che il suo ufficio e la redazione del giornale sono stati subissati di minacce e visitati da individui poco rassicuranti e che tutto questo clima vessatorio prendeva origine dalle inchieste sulla panetteria islamica.
«Abbiamo ricevuto diverse minacce in segreteria telefonica e le abbiamo conservate. Una di queste era la registrazione di un discorso di Yusuf Bey padre» dice Buel. A un certo punto, ammette Buel, gli è sembrato chiaro che seguire il caso della panetteria lo esponeva a rischi troppo grossi.
Oakland è una città avvezza alla criminalità, ma a cominciare dallo scorso dicembre si è inasprita quella che la stampa ama definire la «spirale di violenza». Durante quel mese, un’automobile è stata crivellata di proiettili; a maggio, due persone sono state rapite e una di loro derubata e torturata. A luglio, due cittadini sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco nella parte nord della città. I proiettili, secondo la polizia, hanno tutti la medesima provenienza, che anche voi avrete indovinato. Il compianto Herb Caen, indimenticabile opinionista del San Francisco Chronicle, la chiamava scherzosamente la «Bagdad sulla Baia», ma si riferiva allo spettacolo satirico «Beach Blanket Babylon», e non a questa orrenda carneficina.
La mia è solo una domanda, ma stupro, poligamia, intimidazione, tortura, omicidio, sono tutti reati che scaturiscono dal medesimo indirizzo e alcuni di essi vengono perpetrati in nome del fanatismo ideologico. Che cosa aspetta la polizia a irrompere nel covo dei delinquenti? Dovremo vedere attaccare per la strada le donne senza velo o che i delitti d’onore e la mutilazione genitale femminile ritornino in auge? (Non ci sono legami ufficiali tra il fornaio islamico e la Nation of Islam, l’associazione razzista ed estremista di Louis Farrakhan, anche se pare che Yusuf Bey padre si fosse convertito a una qualche forma di Islam sotto il patrocinio di questa organizzazione).
La mia domanda ha ricevuto una risposta lo scorso 3 agosto, quando la polizia di Oakland finalmente ha dato l’assalto alla panetteria islamica e a tre edifici adiacenti, arrestando sette persone, tra cui Yusuf Bey IV. Questa azione, tuttavia, è giunta troppo tardi per salvare la vita a Chauncey Bailey, lo stimato direttore dell’Oakland Post, settimanale di proprietà afroamericana, che aveva deciso di riprendere le indagini dal punto in cui le aveva abbandonate l’East Bay Express, per passare al setaccio le finanze del fornaio. Bailey è stato assassinato in pieno giorno, il 2 agosto, in una via di Oakland.
Un giovane operaio della panetteria, Devaughndre Broussard, è stato accusato dell’omicidio di Bailey, mentre altri membri del gruppo sono indagati per coinvolgimento nei precedenti reati. La panetteria stessa è indebitata con il fisco per oltre 200.000 dollari e lo scorso ottobre ha presentato istanza di fallimento.
Ancora una volta, e la mia è solo una provocazione: ma se questa organizzazione si fosse chiamata «panetteria cristiana dei bianchi» oppure «pasticceria delle nazioni ariane»? Credo che il sindaco di Oakland, Ron Dellums — ho scoperto, con somma sorpresa, che è ancora in vita — si sarebbe precipitato a manifestare davanti al negozio (e ci sarei andato anch’io). Lo stesso avrebbe fatto la deputata Barbara Lee, nel cui quartiere lavorava il fornaio islamico. E invece, per il suo ruolo di «attività commerciale di quartiere», la panetteria ha goduto dell’appoggio, anche finanziario, sia del sindaco che della deputata. E le armi per tutti gli omicidi passati e futuri erano custodite in quel negozio. Se questo non significa chiudere un occhio davanti al crimine, allora è impossibile trovare altra definizione.
Da molto tempo i residenti si lamentavano del clima di odio e di violenza istigato dalle attività del fornaio, e dei tentativi dei suoi addetti di «ripulire» il quartiere, che si trattasse delle rivendite di alcolici, su ispirazione jihadista, o semplicemente della concorrenza commerciale e dei giornalisti che li criticavano.
Che cosa faceva la polizia nel frattempo, e perché si è dovuti arrivare all’assassinio di Bailey prima di passare all’azione? Forse perché i poliziotti si dedicavano alle loro attività preferite, cioè confiscare cannabis e scacciare prostitute, in modo da migliorare le statistiche della criminalità senza troppa fatica.
Ho chiamato Bob Valladon, capo del sindacato di polizia di Oakland, uomo rude e senza tatto, ma non sono riuscito nemmeno a formulare la mia domanda che mi è arrivata prontamente una ramanzina. Altri funzionari di polizia della California si sono rifiutati seccamente di rispondere a qualsiasi domanda. Non posso criticarli: migliaia dei loro elettori e concittadini vivono terrorizzati, in condizioni da Terzo mondo, costretti all’omertà sotto la minaccia delle armi, e loro non se la sentono di rischiare la pelle.
Questa apatia ufficiale — che sfocia nella collusione — è supportata da una cultura che impone il «rispetto» verso qualsiasi organizzazione, per quanto criminale, che si nasconda dietro una facciata di «ispirazione religiosa ». Se io mi fossi presentato davanti a quella vergognosa panetteria con un cartello che diceva «i musulmani afroamericani sono razzisti e fanatici», sono certo che i poliziotti sarebbero arrivati in un baleno per arrestarmi. Molto probabilmente mi sarei visto imputare il reato di «istigazione all’odio razziale».
Come ho scritto prima e scriverò ancora: questo stato di cose deve finire, e deve finire subito, prima che il fornaio della Sharia apra un negozio sotto casa vostra.
Christopher Hitchens
(C) Christopher Hitchens, distribuito da The New York Times Syndicate Traduzione di Rita Baldassarre
18 agosto 2007

domenica 2 settembre 2007

Marito padrone e violento

"Mi ha picchiata perché sono uscita a fare la spesa senza chiedergli il permesso"
di Alessandro Cori
«Ero uscita a far la spesa con i miei bambini senza avergli chiesto il permesso, per questo mi ha picchiato». Agitata e spaventata, dopo essersi chiusa nel bagno del suo appartamento insieme ai figli per paura che il marito continuasse a colpirla, una donna marocchina di 36 anni ha spiegato così il comportamento del suo uomo agli agenti che l´hanno soccorsa dopo averla sentita gridare.

Lui, un tunisino di 40 anni, regolare, come la moglie del resto, era ubriaco e visibilmente su di giri, quindi, non contento, si è scagliato anche sui poliziotti e sul fratello della donna, arrivato con gran foga per farsi giustizia da solo.

La giovane marocchina, dopo aver trovato il coraggio di chiamare il 113, cosa non sempre scontata in questi casi, non ha voluto però denunciare il marito, Hamami Bechir Ben Mohamed, che comunque è stato arrestato dalla polizia per resistenza a pubblico ufficiale, lesioni finalizzate alla resistenza e minacce aggravate. Stesse accuse che hanno fatto scattare le manette anche per il fratello della donna, San Haji Abdelhafid, di 32 anni.

E´ poco prima delle sette di mercoledì pomeriggio, quando al sesto piano di un palazzo popolare di via Gandusio va in scena la violenta lite familiare. L´edificio, abitato in gran parte da famiglie straniere è imponente ma sporco e degradato. Quando i poliziotti, chiamati con il cellulare dalla donna marocchina, arrivano nell´appartamento, della 36enne non c´è traccia. Gli agenti identificano il marito, chiaramente ubriaco, si trattengono ancora un po´ e solo allora sentono la donna urlare dal bagno. Aprono la porta e la giovane marocchina inizia a raccontare la sua verità. Dopo essere uscita a fare la spesa con i figli, di 1 e 3 anni, al suo rientro aveva trovato il marito già in casa. L´uomo, furioso per non averla vista, ha pensato bene di colpirla con una serie di schiaffi sul collo e sul volto. Il racconto della donna viene però interrotto dall´arrivo del fratello, chiamato anche lui dalla giovane dopo essersi chiusa nel bagno. Alla vista del marocchino, il tunisino ubriaco ha afferrato un coltello e si è scagliato contro il cognato, che per tutta risposta si è difeso con un bastone.


All´arrivo di una seconda volante, però, i due hanno cominciato a menare i poliziotti che poi sono riusciti a dividerli e li hanno portati in questura. Per il tunisino, poi, è scattata anche la denuncia per violenza privata e percosse: su questo in Procura è stato aperto un fascicolo. Gli agenti coinvolti nella lite hanno ricevuto 5 e 7 giorni di prognosi per contusioni alla spalla, polsi e gomito. «Non credevo potesse accadere una cosa del genere - racconta un vicino di casa della famiglia, che abita sullo stesso piano - sono due persone molto tranquille, abitano qui da più di un anno e non avevano mai creato problemi. Lei è una ragazza molto gentile, veste all´europea, senza veli o altro. Parla bene l´italiano e mi sembrava fosse felice».
(31 agosto 2007)
Fonte: repubblica.it

sabato 1 settembre 2007

Stupra 15enne: assolto per sonnambulismo

Il fatto dopo una festa a base di alcol

Un militare inglese che ha abusato di una ragazzina è stato prosciolto. La difesa: «Mi sono svegliato nudo in strada»

LONDRA - Un uomo accusato dello stupro di una 15enne è stato assolto perché quando ha abusato della ragazza era in stato di sonnambulismo.
Il fatto è successo il 19 novembre scorso. Kenneth Ecott, un militare della Royal Air Force (l'aviazione militare britannica), allora si trovava al Royal British Legion club di Poole (nel Dorset) per festeggiare il compleanno di un amico. Dopo una serata a base di vodka e altri alcolici, il gruppo di invitati, fra cui la ragazza e la sua famiglia, si erano coricati alla buona su alcuni materassi gonfiabili del club. Ad un certo punto della notte, la giovane si era però svegliata rendendosi conto all'improvviso che l'uomo era sopra di lei e la stava violentando. Ma il giovane ha detto che solo più tardi, ritrovandosi nudo in mezzo alla strada, e sentendo le grida della ragazza, il si era reso conto di quanto era successo e si era scusato con la famiglia della giovane. È stato creduto ed assolto.
LA DIFESA - «Sono andato a dormire - ha detto Elcott durante in processo, ricostruendo quanto era avvenuto -. Dopo, mi sono ritrovato in mezzo alla strada, nudo. Sono rientrato, e l'ho sentita piangere: tutto mi è tornato in mente. Tutti mi chiedevano: "Cosa hai fatto?", ma io non sapevo rispondere, non potevo crederci». «Ero sotto shock - ha continuato l'uomo -. Non ero neanche sicuro di cosa avessi fatto». Ecott entrò nella Raf nel 2004. Lo scorso hanno, ha prestato servizio per quattro mesi in Iraq e per tre mesi in Afghanistan: in seguito a queste esperienze, secondo quanto ha spiegato in tribunale, ora avrebbe problemi di sonno e soffrirebbe di sonnambulismo. Non è una novità infatti che alcune persone facciano sesso senza accorgersi durante la notte. La patologia studiata dagli scienziati inglesi è stata chiamata «sexsomnia».

07 agosto 2007

Fonte: Corriere della Sera

venerdì 13 luglio 2007

Cassazione:"Stupro non sempre reato

CRONACA

La Corte suprema annulla la condanna di un giovane di Latina
accusato di aver violentato l'ex fidanzata minorenne



ROMA - Una sentenza della Cassazione riguardo ad un caso di stupro è destinata a far discutere: non è sempre reato se il rapporto inizia con l'assenso di entrambi i partner, ma non viene poi interrotto su richiesta di uno dei due. La Corte suprema lo ha decretato annullando la condanna del Tribunale di Latina e della Corte d'appello di Roma a quattro anni di reclusione per un giovane ventenne di Latina, accusato di violenza su una minorenne.

La storia risale al 2000, quando i due fidanzati si erano appartati per scambiarsi effusioni, sfociate in un rapporto completo. La ragazza aveva allora 16 anni e poco dopo la sua prima volta ha denunciato il fidanzato: dopo un primo consenso la ragazza avrebbe chiesto invano al partner di fermarsi, senza però essere ascoltata.

Dopo le due sentenze di condanna l'imputato ha proposto ricorso in Cassazione denunciando vizi di
motivazione e, in particolare, una erronea ricostruzione dei fatti e l' inattendibilità della minorenne. E con la sentenza 24061 la Corte ha dato ragione al ragazzo. La motivazione riguarda proprio quel "sì" iniziale della ex fidanzatina: "I giudici non hanno adeguatamente tenuto conto del fatto che la ragazza avrebbe accettato di avere un rapporto
sessuale con l'imputato, ma si era opposta nel momento in cui aveva iniziato a sentire forti dolori nella zona vaginale".

La Cassazione crede poi al ragazzo che dichiara di aver agito "nella certezza di avere un rapporto consentito" e che quindi "poteva non aver percepito quel disagio che la ragazza avrebbe successivamente manifestato". Considerato indicativo del fatto che la ragazza fosse consenziente il suo comportamento il giorno successivo alla presunta violenza: "Era tranquillamente andata in macchina con l'imputato".

(12 luglio 2006)
Fonte: LaRepubblica.it

venerdì 15 giugno 2007

"Io lottavo con quel bruto ma nessuno mi ha dato una mano"

Il tassista: "Al bar di fianco un centinaio di clienti ha continuato a chiacchierare tranquillamente"
«IO UN EROE? Mo valà, ho preso un po' di pacche, ho salvato una ragazza da uno stupro, e ho solo fatto il mio dovere. Chiunque avrebbe fatto altrettanto. Oddio, magari tutti quanti proprio no. In piazza Malpighi, mentre lottavo con quel tipo, c'erano un'ottantina di persone davanti a un bar. S'è mossa solo una ragazza. Una punkabestia. Mi ha detto "Hai bisogno d'aiuto? Se vuoi gli aizzo contro il cane". Gli altri non hanno fatto niente».

Chissà, forse nessun altro s'è mosso solo perché Hendrick Atti, 28 anni, il tassista della Cat che ha salvato una giovane donna da uno stupro la notte scorsa, è un ragazzone grosso come un armadio. A Bologna lo conoscono tutti come "Ricky", il nomignolo col quale è noto dal '96 nel corpo delle Pattuglie Cittadine. Volontario. Uno che non dorme mai, insomma, e col pallino della sicurezza. Niente eccessi, però. Nessuna cultura ossessiva del corpo, palestra o arti marziali. «Solo tagliatelle e tortellini», scherza. Ma la sua è stata una notte difficile. «Poco dopo mezzanotte - racconta - ero in piazza Malpighi e stavo tornando verso la stazione. All'altezza del Sushi Bar, dove c'è una fermata del bus poco illuminata, ho visto una ragazza minuta che lottava con un uomo. Bruttissima scena. Lui le è saltato addosso, l'ha stretta al collo con un braccio, ho visto che avvicinava il suo viso a quello di lei, come se volesse baciarla. Ho accostato di botto. Lei piangeva, lui l'insultava. Diceva "stai tranquilla, voglio solo parlarti". Bel coraggio».

La portiera della Multipla che s'apriva è stata la salvezza per la donna, che s'è buttata a capofitto in macchina piangendo e tremando. «Ho chiuso subito le portiere - racconta Rikcy, evidentemente affetto dalla "sindrome del salvatore": fu sempre lui, anni fa, a trarre in salvo alcuni automobilisti rimasti intrappolati da un allagamento sull'asse attrezzato - e ho cercato di tranquillizzarla. L'uomo invece ha attraversato la piazza, ha raggiunto il portico di fronte e s'è incamminato verso via Sant'Isaia. Ho fatto un'inversione "a urlo", ho raggiunto il semaforo, ho fermato la macchina di traverso all'incrocio e l'ho guardato negli occhi. "Adesso tu te ne stai fermo qua - gli ho detto - perché ho chiamato la polizia". "Fatti i c... tuoi", ha risposto. Impaurito? Direi proprio di no, semmai era arrogante. Eppure doveva sentirsi in pericolo, visto quello che aveva fatto».


Prima di scendere dall'auto Ricky ha lanciato il telefonino alla ragazza seduta dietro, dicendole di chiamare il 113. A quel punto, il "contatto" col bruto. Le botte. «Si è scagliato contro di me colpendomi a calci e pugni, siamo caduti a terra, ma sono riuscito a immobilizzarlo. L'ho dovuto fare, per la mia incolumità e per quella della ragazza. Temevo che potesse farle ancora del male. E lì, mentre lottavo, è successa una roba assurda. Passa una donna e mi fa "Lascialo, lascialo stare". Insomma, il cattivo ero io. Quello menava, aveva cercato di violentare una ragazza, ma io sono passato per un picchiatore. Buffo, no?».

Ma non era una battuta. A due passi da lì, da due uomini avvinghiati che si pestano sull'asfalto, la solita folla ai tavolini del bar. Dehors, birra, chiacchiere e candele. «Saranno stati almeno 80 ragazzi - racconta il tassista - ma solo quella col cane, e poi un altro tizio, son venuti a chiedermi se avevo bisogno di aiuto. Per fortuna la polizia è arrivata in un attimo. Due volanti. Gli agenti sono scesi e hanno ammanettato l'indiano. Io? Dodici giorni di prognosi: ho lividi al petto, sulla pancia e le braccia graffiate. No, non voglio pensare a chi non mi ha aiutato. Preferisco ricordare la ragazza che mi ha abbracciato quando lui è stato portato via. Piangeva, tremava come una foglia, ma non la finiva più di ringraziarmi. "Se non c'eri tu finiva male - diceva - ce ne vorrebbe di più di gente come te".

Certo, mi ha fatto piacere». Non solo ringraziamenti, però. «Era sconvolta. Ha visto l'aggressore in manette e mi ha chiesto cosa sarebbe successo. "Ho paura che esca dal carcere e mi venga a cercare - diceva - io lavoro in centro, faccio la commessa. Ho il terrore di rivedermelo davanti un giorno o l'altro». Lunga notte in Questura, la denuncia, il pronto soccorso. Mica facile, la vita dei tassisti. «Mio padre, anche lui fa il tassista, due settimane fa è stato aggredito da due uomini che si erano fatti portare a porta Saffi ed erano scesi senza pagare la corsa. Ne ha afferrato uno, quello s'è rivoltato e l'ha preso a calci nella schiena. Sì, è cambiata, Bologna».
(14 giugno 2007)

Fonte: repubblica.it

"Salvata da un tassista eroe"

È il secondo caso in 3 giorni. Arrestato immigrato indiano. Una donna denuncia: "Io, assalita al Pilastro il 4 giugno". Ragazza aggredita alla fermata Atc in piazza Malpighi
di Alessandro Cori
Per un soffio ha perso l'autobus, e mentre era in piedi accanto alla fermata ad aspettare il successivo, si è sentita improvvisamente abbracciare da dietro, stretta in una morsa che non le lasciava scampo. Uno sconosciuto ha iniziato a toccarla, baciarla, pochi minuti che sembravano infiniti, poi l'incubo è svanito, grazie all'intervento di un tassista che ha prima messo in fuga e poi bloccato l'aggressore al termine di una scazzottata.

Un'altra violenza sessuale nel giro di pochi giorni, e anche in questo caso l'intervento di un conducente di «auto bianche» è stato provvidenziale. Solo domenica scorsa infatti, un tassista aveva soccorso una ventiquattrenne che era stata sequestrata e violentata dal fidanzato geloso. L'ultimo episodio invece è accaduto nella notte tra martedì e mercoledì, intorno a mezzanotte, alla fermata del bus 13 di piazza Malpighi, in pieno centro, con il bar a due passi pieno di gente.

«Sono estremamente ansiosa, e sempre preoccupata della mia incolumità - racconta Silvia (il nome è di fantasia) 28 anni, pugliese, commessa in un negozio del centro - per questo non vado mai in giro da sola. Bologna di notte è una città pericolosa. L'altra sera però, tornavo da casa del mio fidanzato e per una serie di coincidenze sfortunate è andata così - dice la ragazza - Il tassista è stato molto bravo, ha sentito le mie richieste d'aiuto e mi ha salvato facendomi salire sulla sua vettura».

Quando la polizia è intervenuta, l'aggressore, Manjit Lac, indiano, regolare, era già stato immobilizzato dal giovane autista bolognese, che nella colluttazione ha riportato diverse contusioni. Oltre che per violenza sessuale, il 31enne straniero dovrà rispondere anche dell'accusa di lesioni personali ai danni del tassista.

«Mi si è avvinghiato all'improvviso e ha cercato di baciarmi, io gli ho detto che avrei chiamato la polizia e mi sono allontanata. Ho fatto pochi metri - continua Silvia - e ho visto che anche lui se ne stava andando, allora con il cellulare in mano sono tornata alla fermata, a qual punto lui si è rigirato e mi ha detto di volermi parlare, mettendomi però di nuovo le mani addosso. In quell'istante è passato il tassista». Proprio quando il conducente si è fermato davanti alla pensilina del bus, l'indiano ha lasciato andare la ragazza, che si è rifugiata nel taxi. Il giovane bolognese, a quel punto, prima ha detto alla 28enne di chiamare la polizia, poi con la macchina ha iniziato ad inseguire il violentatore, riuscendo a tagliargli la strada nei pressi dell'incrocio con via San'Isaia. Nonostante graffi e pugni, l'autista è riuscito ad immobilizzare l'aggressore fino all'arrivo della volante. «Ripeto, questa città di notte è pericolosa, è una cosa che si percepisce anche solo girando per strada, a volte anche di giorno. Via Zamboni per esempio, la sera dopo una certa ora è off limits».

Ieri infine, è emerso che la Procura ha aperto un fascicolo, ora nelle mani del procuratore aggiunto Luigi Persico, con l'accusa di violenza sessuale a carico di ignoti, dopo che una quarantenne ha denunciato di essere stata aggredita il 4 giugno in via Trauzzi, al Pilastro. La donna, verso le 22, stava camminando quando è stata avvicinata da un uomo, descritto come africano, vestito di nero. L'aggressore l'avrebbe immobilizzata con un braccio, e con l'altro strappato il bottone dei pantaloni e toccato le parti intime. L'uomo è anche riuscito ad abbassarsi i calzoni, ma le urla e i calci della vittima lo hanno messo in fuga.
(14 giugno 2007)

Fonte: repubblica.it

lunedì 14 maggio 2007

Minorenne stuprata da un turco

FIRENZE, VIOLENZA SESSUALE NEL Bagno di un pub
Minorenne stuprata da un turco
Studentessa olandese di 17 anni l’ultima vittima dello stillicidio di abusi
Firenze - Ancora un episodio di violenza sessuale: la vittima, questa volta, è una minorenne olandese, in Italia per motivi di turismo. La ragazza ha denunciato ai carabinieri di essere stata stuprata, l’altra notte, in un bagno di un pub, nel centro di Firenze. La giovane ha raccontato di essere stata violentata, intorno alle 23, da un uomo straniero, probabilmente un turco, conosciuto poco prima nel locale. La 17enne è stata medicata all’ospedale di Careggi dove i sanitari l’hanno giudicata guaribile in due giorni.
La studentessa, in Italia con un gruppo di amici, ha raccontato ai militari di aver chiesto ad un uomo, forse un turco, dove si trovasse il bagno all’interno del pub. Dopo aver scambiato qualche parola, lui l’avrebbe seguita dentro la toilette e, una volta entrato, prima avrebbe cercato di baciarla per poi alzarle la gonna e abbassarle gli slip, violentandola. Dopo l’aggressione l’uomo è scappato, facendo perdere le sue tracce. Sotto choc, la ragazza in un primo momento non se l’è sentita di raccontare l’accaduto agli amici: si è confidata con loro solo una volta tornati in albergo. Intorno all’una e mezza della notte scorsa, la ragazza si è quindi presentata all’ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova da dove è stata trasferita al reparto di maternità di Careggi. I carabinieri, che stanno indagando sul caso, hanno raccolto la sua testimonianza, ascoltandola più volte. I militari le hanno anche mostrato una serie di foto di pregiudicati, fra le quali la ragazza non ha riconosciuto il volto dell’aggressore. La città di Firenze non è nuova, purtroppo, ad episodi simili. Almeno quattro le vicende analoghe accadute in città in poco più di un mese. Ad essere colpita il 5 maggio scorso un’altra turista, questa volta americana. La giovane, 19 anni, dopo essere stata spintonata da un malvivente fra alcune auto parcheggiate, le ha abbassato i fuseaux e gli slip, cercando di stuprarla. Due settimane prima era toccato ad una 45enne, aggredita e palpeggiata da uno sconosciuto sul pianerottolo di casa. Ma il fenomeno delle violenze sessuali non si ferma a Firenze: ci troviamo ormai a dover fronteggiare una vera e propria emergenza sull’intero territorio. Solo nelle ultime ore a Bologna è stato arrestato un marocchino 34enne, reo di aver violentato, sequestrato e picchiato ferocemente l’ex fidanzata, giudicata guaribile in ben 25 giorni. Come se non bastasse, si è venuti a sapere che l’uomo, tre anni fa, era già stato accusato per lo stesso reato.
Poche ore prima, a Bolzano, un indiano ha tentato di stuprare una donna incinta, entrando in casa sua e approfittando dell’assenza del marito. Quando la vittima si è ribellata alla violenza, lui l’ha picchiata ripetutamente. A Terni invece, ad essere “colpito” è stato un ragazzo, aggredito da un 36enne, dopo avergli chiesto un passaggio alle 5 di mattina. È finito nei giorni scorsi anche l’incubo per una maestra di Brindisi, violentata più volte dall’ex amante che non riusciva ad accettare la fine della loro relazione. Dopo la denuncia della donna, l’uomo è finito ai domiciliari.

Fonte:LaPadania

giovedì 10 maggio 2007

Ha fatto prostituire la figlia di 13 anni per due lunghi anni. Il tutto per pochi spiccioli

Bari.

Ha fatto prostituire la figlia, all'epoca 13enne, sottoponendola ad abusi e violenze inaudite, in cambio di pochi spiccioli. A volte persino per una birra o per alcune bottiglie di liquore. Due anni di questo calvario hanno fatto trovare la forza alla ragazza di ribellarsi e denunciare la triste vicenda ai carabinieri, ai quali un anno fa raccontò la sua storia.

L'uomo ora è stato arrestato al termine delle indagini dai carabinieri del Comando Provinciale di Bari. Con l'aiuto di una psicologa, i militari hanno ascoltato la ragazza, figlia unica, ricostruendo 24 mesi di sofferenze al quale il padre l'aveva costretta. In cambio di pochi soldi, la ragazzina ha subito per mesi sevizie della peggiore specie da parte degli amici del padre, e persino violenze di gruppo. L'uomo è finito in carcere, la figlia ha trovato accoglienza e protezione in una struttura protetta ed indagini sono in corso per individuare i "clienti" ed eventuali altri responsabili.

Ma non si tratta, purtroppo, di un caso isolato. Meno di un mese fa una simile notizia ha choccato la Sicilia. Una madre costringeva da più di due anni la figlioletta a prostituirsi.La donna, insieme a tre uomini, costringeva la bambina, che oggi ha 14 anni, ad avere rapporti sessuali con numerosi uomini dietro il pagamento di 30 euro a prestazione. Era prorpio la madre a gestire gli "incontri" della figlia. Il compenso in denaro, variava dai 15 ai 30 euro, a seconda della durata e
della natura della prestazione.

Fonte: libero.it

domenica 6 maggio 2007

Soldato americano condannato a 110 anni per stupro e omicidio

Ha violentato e ucciso una ragazzina irachena di 14 anni dopo aver sterminato la sua famiglia
BAGHDAD
Un soldato americano, Jesse Spielman, è stato condannato a 110 anni di reclusione per aver violentato e ucciso una ragazzina irachena di 14 anni dopo aver sterminato la sua famiglia. Lo ha annunciato in serata l’ esercito americano. Il crimine fu commesso il 12 marzo 2006 a Mahmudiya, un villaggio circa 30 chilometri a sud di Baghdad. «Il soldato di prima classe Jesse Spielman è stato condannato a 110 anni di carcere, con possibilità di liberazione condizionata, per il suo coinvolgimento, nel marzo 2006, nello stupro di una giovane irachena di 14 anni e l’assassinio di lei e di tre membri della sua famiglia», afferma l’esercito in un comunicato.

Al termine di un processo durato una settimana, la giuria militare aveva ieri riconosciuto Spielman colpevole di aver partecipato alla selvaggia aggressione nel corso della quale diversi militari americani, della prestigiosa 101/a divisione aviotrasportata, avevano ucciso un padre di famiglia, sua moglie e la loro figlia di 6 anni, prima di violentare e uccidere la loro figlia di 14 anni, Abeer Qassim Hamza al Janabi.

Dopo gli stupri e lo sterminio della famiglia, i militari diedero fuoco ai cadaveri con il cherosene, per cercare di occultare il crimine, prima di darsi alla fuga. Per la vicenda - una delle pagine più nere scritte dai soldati americani dall’inizio dell’intervento militare in Iraq, nel marzo 2003 - due militari sono già stati condannati a pesanti pene detentive (90 e 100 anni di reclusione). La posizione più grave è quella del soldato Steven Green, già radiato dall’esercito, che rischia la pena di morte. Fu lui a uccidere materialmente i componenti della famiglia di Mahmudiya.

Fonte: La Stampa.it

martedì 30 gennaio 2007

Udine, uccide la moglie poi si spara Terzo caso in Friuli in un mese

L'omicida-suicida aveva 52 anni, la donna 63. La figlia fa la macabra scoperta
Il 4 e il 15 dicembre tragedie simili in paesi vicini. Tra le vittime anche due bambini

UDINE - Omicidio-suicidio ad Attimis, paese della pedemontana friulana a pochi chilometri da Udine. Un uomo di 52 anni ha ucciso nella sua casa la moglie di 63, poi si è suicidato.

La pistola usata da Lino Giacomini era regolarmente detenuta. E' stata la figlia della coppia a dare l'allarme. Era andata a casa dei genitori ma non le avevano aperto. Aiutata dai vigili del fuoco è entrata nell'appartamento e ha fatto la macabra scoperta.

Quello di Attimis è il terzo caso di omicidio-suicidio in famiglia in Friuli in meno di un mese. Il 4 dicembre scorso a Tarcento, sempre in provincia di Udine, un uomo di 38 anni, Michele Peressotti, ha ucciso a colpi di pistola la moglie Delia, 35 anni, e il figlio di quattro anni prima di togliersi la vita.

Undici giorni dopo, il 15, alle porte di Udine, Molin Nuovo frazione del comune di Tavagnacco, Noemi Deslizzi, 41 anni, sofferente di gravi problemi psichici, ha ucciso a coltellate il figlio di sette anni e ferito la primogenita di nove anni che aveva disperatamente cercato di difendere il fratellino.

(28 dicembre 2007)
Fonte: repubblica.it

venerdì 12 gennaio 2007

Milano, branco stupra una ragazza Fermati due minorenni romeni

In cinque hanno sequestrato la giovane ed un suo amico
che è stato selvaggiamente picchiato. La polizia: "Fatto gravissimo"

Ricercate tre persone, al setaccio ambienti dell'immigrazione clandestina
Il questore: "Ho promesso a lei e a suo padre che li prenderemo"

MILANO - Due minorenni, probabilmente romeni, sono stati fermati la scorsa notte dagli agenti della squadra mobile di Milano, con l'accusa di far parte di un gruppo che nella notte tra venerdì e sabato ha violentato una studentessa di 22 anni, alla periferia della città, sotto gli occhi del fidanzato, immobilizzato e picchiato. I due minorenni, di 15 e 17 anni, sono accusati di violenza sessuale aggravata e sequestro di persona.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, nella notte fra venerdì e sabato, poco dopo le 3.30, la ragazza e il suo compagno, 24 anni, erano nei pressi di via Ripamonti a chiacchierare fuori dall'auto. Sono stati avvicinati da un'utilitaria con a bordo cinque extracomunitari, presumibilmente slavi (sulla base di quanto raccontato dai giovani agli inquirenti), che li hanno minacciati con dei coltelli, e costretti a seguirli.

In due sono saliti a bordo dell'auto della ragazza, e hanno condotto i giovani in una zona di campagna all'estrema periferia sud del capoluogo lombardo, frequentata da extracomunitari, in particolare da romeni. Qui i malviventi hanno bloccato con la loro macchina quella dei giovani, hanno picchiato e immobilizzato il ragazzo e lo hanno chiuso sulla loro auto. In quattro hanno cominciato a violentare la giovane, uno stupro di gruppo durato circa 45 minuti. I malviventi si sono poi allontanati a bordo della loro utilitaria rubata. I due, sotto choc, hanno poi dato l'allarme alla polizia.

Gli agenti sono arrivati ai due stranieri di 15 e 17 anni dopo aver individuato l'utilitaria a bordo della quale erano fuggiti i malviventi. La coppia è infatti riuscita a fornire il numero di targa della vettura, trovata poi in una via cittadina. I due indiziati sono accusati presso il Tribunale dei minori di violenza sessuale aggravata, sequestro di persona e minacce.

Insieme ai due, è stato fermato un altro straniero per ricettazione: stava per usare l'auto, risultata rubata al momento del blitz degli agenti. L'uomo tuttavia non risulterebbe coinvolto nello stupro di gruppo. Ancora ricercati invece altri tre immigrati, accusati d'aver preso parte alla violenza. Per questo gli agenti della mobile stanno battendo gli ambienti legati all'immigrazione clandestina.

"Un caso gravissimo", l'ha definito il questore Paolo Scarpis, sottolineando che la ragazza "è semplice ma forte", e precisando di aver promesso al padre di catturare i responsabili dello stupro. "Abbiamo mobilitato tutte le nostre risorse - ha aggiunto il questore - episodi del genere non devono e non possono accadere a Milano". Scarpis si è detto "perplesso e sconcertato" della pubblicazione della notizia mentre le indagini erano in corso. "I giornalisti fanno il loro dovere - ha commentato - sono sconcertato dal fatto che, però, possano uscire notizie che incideranno sul futuro delle indagini e probabilmente sull'arresto degli altri responsabili".

(5 giugno 2005)

Fonte: Repubblica.it

sabato 25 novembre 2006

Bologna, falso rito propiziatorio violentata a tredici anni

Arrestata una guardia giurata che millantava capacità esoteriche
Aveva conosciuto la madre dell'adolescente su una chat
Otto mesi fa il contratto: "In cambio di tua figlia avrai una casa popolare"

BOLOGNA - Una donna ha barattato la figlia di 13 anni per una casa popolare. Quella guardia giurata che aveva conosciuto in chat, le aveva fatto credere che se avesse compiuto un rito propiziatorio sulla figlia, lei avrebbe ottenuto una casa popolare. Ma la ragazzina, che proprio quel giorno compiva 13 anni, è stata picchiata e violentata. Un'aggressione che la minorenne ha tenuto segreta otto mesi finché qualche settimana fa, è riuscita a parlarne con una compagna di scuola.

L'autore dello stupro è stato arrestato con le accuse di violenza sessuale, sequestro di persona e violenza privata ai danni di minore. Antonio Laneve, quarant'anni, di origine pugliese, ma residente nel Bolognese, in chat si faceva chiamare "Kavajo". In un appartamento di Casalecchio di Reno, comune alle porte di Bologna, l'uomo aveva allestito un set permanente costituito da decine di maschere Maya affisse alle pareti, immagini sacre di vario genere, oggetti fallici e sostanze stimolanti.

La storia comincia nel giugno 2005, quando la madre della bambina, una cinquantenne modenese che, oltre alla ragazzina violentata, ha altre due figlie, una sposata e un'altra con problemi di salute, conosce su una chat la guardia giurata. Millantando di far parte di un fantomatico corpo speciale e di avere svolto missioni all'estero, "Kavajo" riesce in breve tempo a proporsi come figura di riferimento per la famiglia, che è seguita dai servizi sociali per alcuni problemi finanziari e aspetta da tempo una casa popolare dal comune.

Dopo alcuni mesi di frequentazione, secondo quanto ha ricostruito la polizia, il quarantenne convince la donna ad affidargli la figlia più piccola, per compiere un rito Maya che necessita di una vergine. In ottobre, nel giorno del suo tredicesimo compleanno, la donna manda la bambina in treno da Modena a Bologna. Ad accoglierla in stazione c'è la guardia giurata che l'accompagna nel suo appartamento di Casalecchio. Tra le maschere magiche, inscena il rituale: la spoglia, la picchia e, infine, la violenta.

Perchè non racconti a nessuno l'accaduto la spaventa con le minacce e cerca di comprare il suo silenzio regalandole per il compleanno un paio di scarpe da ginnastica acquistate in un centro commerciale. Tace per otto mesi la piccola violentata ma dopo una lezione di educazione sessuale a scuola, si confida con le lacrime agli occhi ad un'amica, poi racconta tutto ad una sorella e infine alla madre.

Un'amica di famiglia, improvvisandosi detective, si collega alla chat e riesce a contattare "Kavajo". Fingendosi appassionata di esoterismo, chiacchiera a lungo con l'uomo, che le invia con la posta elettronica una propria foto, in tenuta da combattimento, con passamontagna e fucile in pugno. Queste tracce, messe a disposizione della polizia, si riveleranno utili per individuare la guardia giurata, fino all'arresto di ieri.

Nella sua abitazione sono stati sequestrati anche due computer (uno fisso dotato di webcam e un portatile), due telefonini, un palmare, varie videocassette e dvd. Sul 'desktop' del pc fisso gli investigatori hanno trovato un file di collegamento a un documento elettronico scritto proprio il giorno della violenza sulla bambina. I computer saranno ispezionati dalla Polizia postale per accertare se la guardia giurata ha usato lo stesso stratagemma per violentare altre ragazzine.

(22 novembre 2006)

http://www.repubblica.it/2006/11/sezioni/cronaca/bologna-violentata-rito/bologna-violentata-rito/bologna-violentata-rito.html

venerdì 17 novembre 2006

Iraq, soldato Usa ammette stupro irachena e omicidio

Barker davanti alla corte marziale Usa. Eviterà esecuzione

ROMA. Un soldato americano ha ammesso ieri di avere stuprato una ragazzina irachena di 14 anni e di avere ucciso lei e tutti i membri della sua famiglia. James Barker, riferisce la Bbc online, ha ammesso le proprie colpe all'inizio del processo marziale a suo carico in corso negli Usa.

L'ammissione di colpevolezza permetterà all'imputato di evitare la pena capitale. Barker è uno dei quattro soldati Usa accusati dell'omicidio. Tutti i sospetti appartengono alla Seconda Brigata di Elite della 101esima Divisione Aerea.

L'avvocato di Barker, David Sheldon, ha spiegato che il suo assistito ha deciso di collaborare con al Corte e di testimoniare contro gli altri sospettati. I tre imputati che dovranno rispondere di stupro e omicuidio sono Jesse Spielman. Paul Cortez e Bryan Howard.

mercoledì 13 settembre 2006

Francia: 14enne torturata e violentata dalle compagne

Le tre ragazze sono incensurate. Avrebbero confessato senza però fornire alcuna motivazione. DUE DELLE AGGREDITRICI SONO MINORENNI.
PARIGI. Tre adolescenti sono state arrestate e messe in carcere per «violenze aggravate e stupro accompagnato da atti di tortura e di barbarie» su una loro compagna di scuola di 14 anni. Lo rivela oggi il quotidiano LeParisien/Aujourd'hui en France.

Secondo il quotidiano che cita «diverse fonti vicine al caso», i fatti si sono svolti il 4 settembre, primo giorno di scuola dopo le vacanze estive, verso le 22, al castello di Pinceloup, a Sonchamp (Yvelines), che ospita un centro di recupero di giovani in difficoltà, nel quale le quattro ragazze vivono.

Le tre adolescenti, dai 15 ai 18 anni, hanno confessato di aver inflitto schiaffi, pugni e calci alla loro compagna di camerata prima di schiacciarle sulle mani e sulle gambe mozziconi di sigarette e di violentarla con una gruccia appendiabiti, secondo Le Parisien. Il giorno dopo, l'amministrazione della scuola ha scoperto le ferite della minore. Le torturatrici sono state messe in guardina presso la brigata di polizia di Saint-Arnoult-en-Yvelines, dove le ragazze hanno ammesso i fatti senza dare alcuna spiegazione.

Nessuna aveva precedenti, e non c'era in precedenza alcun conflitto tra le quattro protagoniste giunte da qualche giorno soltanto al centro di Pinceloup, salvo una, iscritta da oltre un anno. Le tre ragazze sono state incarcerate nel carcere femminile di Versailles.

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