giovedì 29 novembre 2007

Condannati gli stupratori di Angy

Leggi anche Stupro, la donna ha una crisi isterica? La Cassazione: è prova di violenza del 2010


 Condannati gli stupratori di Angy

Due anni e dieci mesi di carcere e una provvisionale di 30 mila euro. Condannati Federico Fildani e Francesco Liori, 27 e 20 anni, per violenza sessuale di gruppo, violenza privata e lesioni. Lo stupro denunciato da una studentessa bolognese di 27 anni che all´epoca frequentava uno dei due. La vittima: "Denunciare aiuta, anche se la mia vita è cambiata" di Alessandro Cori

Il primo pensiero di Angy dopo la sentenza che condanna i suoi due aggressori è per le "farfalle", come chiama lei le sue amiche, quelle donne che non l´hanno mai abbandonata e per il "brucaliffo", il suo ragazzo. Molte "farfalle" ieri erano lì, insieme a lei, davanti al cancello della Procura in piazza Trento e Trieste. Striscioni appesi sulle panchine, slogan contro i «maschi stupratori» e poi quei palloncini rosa lasciati librare in aria a giochi fatti. Una liberazione, peccato il messaggio: «Un uomo morto non stupra».

La sentenza del Gup Andrea Scarpa arriva dopo nove ore d´attesa, una di camera di consiglio, e stabilisce che Federico Fildani, 27 anni, romano e Francesco Liori, 20, cagliaritano, sono colpevoli di violenza sessuale di gruppo e lesioni, per aver stuprato Angy in un appartamento di via Libia il 24 settembre del 2006. Entrambi si sono sempre detti innocenti e l´hanno ribadito anche ieri. Ora però i due ragazzi dovranno scontare una condanna di due anni e dieci mesi a testa. Tre anni era stata la richiesta del pm Maria Gabriella Tavano per i due imputati, tenuto conto dello sconto previsto dal rito abbreviato e concesse le attenuanti generiche. I ragazzi per adesso rimarranno agli arresti domiciliari.

L´ultima volta che le "donne di Angy" e gli amici dei due imputati si erano trovati faccia a faccia, il settembre scorso, c´è mancato poco che non venissero a contatto. I cori pieni di rabbia ed emozione delle femministe della "Rete delle donne" hanno risuonato anche ieri, «Liori, Fildani venite fuori adesso ve lo facciamo noi un bel processo», ma chi sostiene l´innocenza di Francesco e Federico non c´è ad ascoltarli. Parenti e amici dei due ragazzi si fanno vedere per poco, sistemandosi nel parchetto dall´altra parte della strada, poi spariscono. Quando l´avvocato Antonio Petroncini, che difende Liori, gli comunica la sentenza di condanna sono già sulla strada per tornare in Sardegna.


Ad annunciare per prima l´esito della sentenza ai cronisti, che presidiano fin dal mattino il palazzo di giustizia, è la mamma di Angy, che dall´emozione per poco non sviene. Poi, spunta anche lei, la ragazza che «non ha avuto paura di denunciare i suoi aggressori», come continuano a ripetere le amiche. A chi le chiede se è stata dura e se perdonerà i due ragazzi, la 27enne risponde che «bisogna togliere l´odio dal proprio cuore». Dice poi che «la cosa più importante è riuscire a riprendere la propria vita» e che, per fare questo, «sicuramente denunciare aiuta. Io lo rifarei, nonostante qualcosa è cambiato». Angy ora infatti studia all´estero, perché nonostante a Bologna molte persone l´hanno sostenuta, «stare qui era diventato difficile». Per la mamma questa è stata una «sentenza simbolica che deve convincere le donne vittime di abusi a denunciare, perché saranno credute».

Quello che accadde in via Libia monopolizzò per molto tempo l´attenzione di giornali e televisioni. I due imputati e la ragazza si conoscevano (il più giovane dei due aveva avuto in passato una relazione con la studentessa) e quel 24 settembre passarono la serata insieme. Le versioni sulla prima parte della serata furono concordanti, ma completamente divergenti sul finale. Dopo una notte in compagnia dei due, la ragazza venne soccorsa in ospedale per «evidenti segni di percosse al volto, al tronco e agli arti superiori ed inferiori». Ma per i due il rapporto era consenziente. «Noi ci aspettavamo l´assoluzione - dice il padre di Francesco, Gianfranco Liori - il giudice non ha creduto a tutto, ma ha emesso un verdetto senza avere prove basandosi solo sulle parole della ragazza. Sono riuscito a parlare con mio figlio solo per pochissimo, era pessimista. In appello verrà fuori la verità».
(28 novembre 2007)

lunedì 26 novembre 2007

Arriva il congegno antistupro

Sicurezza. L’apparecchio al servizio dell’uso sociale e familiare.
In viale Martelli avrebbe risolto la situazione

Schiacci un tasto e ti trovano attraverso la tecnologia satellitare

Egrave; un apparecchio simile al telefonino, ma consente la localizzazione personale e il tracciamento satellitare direttamente sul computer. Insomma, un Gps portatile studiato e pensato come sistema di sicurezza per donne, bambini e anziani. A produrre l’apparecchio che avrebbe probabilmente consentito di evitare la violenza di viale Martelli è una società di Codroipo presieduta dal dottor Domenico Mangiacapra, 41 anni.
Il suo nome è “Perdix”. In via Circonvallazione sud, vicino al parco delle Risorgive di Codroipo, alla “Qnet srl”, lo producono circa trenta persone, prevalentemente programmatori. «Siamo una software house», dice il presidente Mangiacapra. L’azienda è nata nel 1996. Così è spiegato, in sintesi, il prodotto: «Vi trovate in una situazione di pericolo? La sera vostra moglie torna a casa da sola? Temete che vostro figlio esca da scuola a vostra insaputa? Avete genitori anziani che vivono lontani?». Non temono un uso distorto del prodotto, del tipo amante o coniuge geloso, rivale in affari eccetera. Ancora il presidente: «Noi non sappiamo a chi è associato il dispositivo, sappiamo solo dov’è; l’utilizzatore deve e s’impegna per contratto a rispettare la privacy e quindi a darlo solo a persone consenzienti. L’idea del servizio nasce da utilizzi a fini sociali: sicurezza, servizi socio-sanitari, da richieste di applicazione in questi settori».
Giancarlo Buonocore, procuratore aggiunto di Udine, commenta così: «Di per sè è una iniziativa molto positiva perché consentirebbe d’individuare anziani che si perdono, minori che potrebbero essere portati via, quindi ha una valenza positiva. È chiaro che può anche essere utilizzato per pedinamenti, ma mi pare ci siano garanzie. Addirittura è possibile controllare il minore che non devii dal percorso; potrebbe essere un ottimo rimedio sotto il profilo preventivo, che comporta una possibile riduzione di fatti criminosi. Se poi esiste una “tracciabilità ex post”, tipo il tabulato, potrebbe diventare una prova a carico o a discarico, anche utile per portare a un risparmio in caso di previsione di reati».
Favorevole anche Elio Carchietti, direttore Elisoccorso regionale e centrale operativa 118 Udine: «Dal punto di vista strettamente sanitario e in particolare per quanto attiene alla gestione del soccorso in emergenza un dispositivo in grado di localizzare la persona che necessita di aiuto è una risorsa molto utile, in alcuni casi può risultare determinante per il buon fine del soccorso, sempre che l’allarme venga inoltrato tempestivamente. Un limite all’efficacia di dispositivi tecnologici è determinato dalla necessità che sia attiva una terza persona fra il sistema d’emergenza e la vittima».
(23 novembre 2007)
Fonte: espresso.repubblica.it

domenica 25 novembre 2007

Violenza donne: Human Rights, Italia quinta per stupri

24 novembre 2007 alle 13:45 — Fonte: repubblica.it
In Italia i casi di violenza sessuale sulle donne sono tanti, in aumento, ma gli atti certificati dalle organizzazioni internazionali, collocano il nostro paese al quinto posto.

Nel suo libro “Fallocrazia” edito da Rizzoli il massmediologo Klaus Davi pubblica in esclusiva i dati dell’associazione Human Rights, monitorati nel periodo 2005-2006, che hanno messo a confronto vari paesi d’Europa. Davi riporta anche il parere di Condoleezza Rice che ha commentato il rapporto. Il record delle denunce è in Inghilterra con 13.721 stupri effettivamente denunciati, ma il Guardian stima in un anno circa 47.000 stupri. Segue la Francia con 9.993 casi nel 2006 anche se solo l’8% delle donne francesi denuncia lo stupro. Al terzo posto la Germania, con 8.133 stupri, quasi tutti denunciati.

Da sottolineare che in Germania, una donna su sette ha subito violenze sessuali gravi. Segue la Spagna con 6.382 stupri. Italia al quinto posto della classifica. Sono 2.000 gli stupri denunciati contro i 4.578 effettivi. I dati Istat pubblicati in occasione dell’8 marzo 2007 riportano che in totale almeno un milione di donne in Italia sono state violentate. In Belgio 2.559 stupri, solo il 40 % di questi vengono però denunciati, mentre il Svezia (2.226 casi nel 2005) i casi sono quadruplicati in 20 anni. In Olanda 1.174 casi nel 2004, documenta Klaus Davi, ma il Country Report on Human Rights afferma che i tentativi di stupro e molestie sessuali sarebbero circa 15.000.

Dati in crescita in Norvegia (689 stupri) Solo ad Oslo se ne sono registrati 300 nel 2006. In Danimarca, invece, 475 stupri nel 2005, il 46% commesso da immigrati. Sono 249, invece, gli stupri nel 2006 in Finlandia e in totale le finlandesi vittime di violenze fisiche, sessuali o anche solo minacciate di violenze sono il 40% di tutte le donne finlandesi. In Austria mediamente vengono violentate 20 donne al giorno. Stupisce, inoltre, che negli Stati Uniti stupri, tentati stupri o aggressioni a sfondo sessuale vedono 200.780 vittime ogni anno. In media viene violentata una donna ogni 90 secondi, (Rapporto di Amnisty Making violence against women count: facts and figures).

AGI

Altri link repubblica.it

venerdì 23 novembre 2007

Choc in Brasile, 15enne in cella con venti uomini: stuprata per un mese

Il governatore dello stato di Para
si è impegnato affinché possa
esserci una punizione esemplare
BRASILIA
È scandalo in Brasile. Una giovane adolescente di quindici anni sospettata di avere commesso un furto è stata rinchiusa in una cella con oltre 20 uomini per un mese. Durante questo periodo è stata ripetutamente violentata e obbligata a avere rapporti sessuali per procurarsi il cibo. Lo hanno denunciato oggi i membri dell’organizzazione umanitaria "Children and Adolescent Defense Center" (Cedeca) subito dopo il rilascio della ragazzina «È stata stuprata dal primo giorno» non appena è entrata in prigione nello stato di Parà dai suoi compagni di cella che avevano da 20 a 34 anni, hanno raccontato al Cedeca.

La giovane era stata arrestata nella capitale di Parà, Abaetetuba, il 21 ottobre e era finita in guardina nelle celle della stazione di polizia fino a quando qualcuno non ha informato con una soffiata alla stampa. La polizia, secondo il legale dell'adolescente non ha saputo indicare per quale caso di furto fosse stata imprigionata e si è difesa affermando che non si erano accorti che fosse minorenne. «Ma questa non è una giustificazione. Se avesse avuto 15, 20, 50, 80 o 100 anni non doveva essere rinchiusa con degli uomini», ha dichiarato il governatore locale, la signora Ana Julia Carepa annunciando che avrebbe chiesto una punizione esemplare. I media brasiliani hanno riportato che non si è trattato del primo caso del genere: in precedenza una ragazza di 23 anni era stata sbattuta in un altro carcere dello stesso stato per un mese, stavolta con 70 uomini.
Fonte: La Stampa.it

Stuprarono ragazzina nel bar

La violenza all’interno dei bagni del Fankool

Condannati ad otto anni due giovani salernitani

Otto anni di carcere ed una provvisionale dai 70mila euro da versare alla costituita parte civile: questa la sentenza di condanna emessa ieri dai giudici nei confronti dei 22enni salernitani Francesco De Sio e Attilio Francesco Rinaldi, accusati di aver abusato sessualmente di una minore all’interno dei bagni del bar "Fankool" di via Roma. I due imputati erano difesi dagli avvocati Massimo Torre e Pierluigi Spadafora. La ragazza oggetto della presunta violenza si era costituita parte civile, attraverso l’avvocato Lucio Basco.
I due giovani, secondo l’accusa prospettata dalla Procura, parteciparono ad un episodio di violenza avvenuto nel febbraio del 2004 all’interno dei bagni del bar "Fankool" di via Roma. Secondo l’accusa De Sio e Rinaldi, in concorso con un minore, bloccarono la vittima ed un’amica all’interno dei bagni del locale. Mentre un giovane teneva ferma la ragazzina che all’epoca non aveva ancora compiuto 14 anni, gli altri due iniziarono a violentarla. Uno stupro interrotto dall’intervento del proprietario del locale che li costrinse ad andare via dal bar. I due furono poi raggiunti da un’ordinanza di custodia in carcere e, quindi, rimessi in libert‡. L’episodio contestato a De Sio e Rinaldi si inserisce in una delicata inchiesta portata avanti dalla Procura ordinaria e da quella dei Minori. Nel giugno di due anni fa il gup del Tribunale di Largo San Tommaso rinviò a giudizio Matteo L., Francesco L., Vincenzo P., Cosimo D. C., Fabrizio U., Antonio B., difesi dagli avvocati Luigi Gargiulo, Michele Tedesco, Pierluigi Spadafora e Francesco Saverio Dambrosio. Il gup fissò l’inizio del dibattimento per il 16 marzo 2006, davanti ai giudici del Tribunale dei Minori. Le due studentesse, secondo l’accusa, furono costrette ad avere rapporti sessuali con coetanei. Episodi che sarebbero iniziati nel novembre del 2003 e protrattisi fino al marzo 2004. Furono le due vittime, ascoltate per la prima volta nell’aprile 2004 alla presenza di un assistente sociale, a ricostruire gli episodi poi contestati agli imputati. Le loro accuse furono poi vagliate in sede di incidente probatorio. Per i due maggiorenni scattò il processo che ieri si è concluso con la requisitoria del pm Giusti (che aveva chiesto 9 anni), la parte civile (rappresentata dall’avvocato Basco) e dei legali di fiducia dei due imputati poi condannati.
(21 novembre 2007)

fonte: espresso.repubblica.it

sabato 17 novembre 2007

Non stuprò l´amica minorenne: assolto

Due anni fa il presunto aggressore era stato preso di peso da casa dallo zio della giovane e portato ai carabinieri

Franca Selvatici

Vent´anni lui, quindici lei. Michele e Giulia (i nomi sono di fantasia) fanno parte di una stessa comitiva di amici, si ritrovano nella piazza di un paese della provincia di Firenze. Lui sta con un´altra ragazzina, ma una sera - è l´8 ottobre 2005 - gli amici li vedono allontanarsi insieme in macchina. Qualcuno dice che sono abbracciati. Quando rientrano, circa mezz´ora più tardi, sembra tutto normale, salvo le lacrime della fidanzatina di Michele, che sospetta Giulia di averglielo soffiato.

Quattro giorni dopo, però, all´interno della piccola compagnia di adolescenti scoppia la bomba. Giulia accusa Michele: «Mi ha violentata, io non volevo neppure baciarlo ma lui mi ha costretto con la forza, mi ha immobilizzato e ha fatto il suo comodo senza curarsi del fatto che piangevo, che ero disperata e che schiacciandomi mi aveva anche fatto male a una spalla». Un´accusa gravissima che scombussola i ragazzini, sconvolge i genitori, manda nel panico il presunto colpevole, che viene addirittura prelevato in casa a notte fonda dallo zio di Giulia, strapazzato, minacciato e consegnato ai carabinieri perché lo arrestino (cosa che non accadrà).

Come si vede, è materia da maneggiare con la massima cura. Una ragazzina di 15 anni che piange e denuncia di aver sperimentato la brutalità nel suo primo rapporto sessuale. Un ragazzo di venti anni che nega di aver abusato di lei e rischia una dura condanna, quasi un marchio a vita. Il tribunale ha lavorato con estrema attenzione. Alla fine Michele è stato assolto.

Per due anni Michele, operaio, una infanzia difficile e una famiglia affidataria che lo adora, è stato sotto inchiesta per violenza sessuale e lesioni. Da due anni Giulia sostiene di aver subito un trauma gravissimo, tanto da aver abbandonato la scuola e da non essere più riuscita, in seguito, ad avere relazioni serene con i coetanei. Gli amici, disorientati, si sono divisi fra l´uno e l´altra.

Il tribunale si è mosso con scrupolo. L´istruttoria è stata minuziosa, ma alla fine è bastata una camera di consiglio di mezz´ora per concludere: i fatti non sussistono. Michele, difeso dall´avvocato Lucia Mininni, è stato assolto con formula piena. Alla lettura della sentenza gli occhi gli si sono riempiti di lacrime. Essere stato creduto, questo era fondamentale. Fin dal primo giorno lui non ha negato di aver avuto un rapporto con Giulia. Ha detto però che era stata lei, quella sera, ad avvicinarsi e a salutarlo con un bacio sulle labbra e che era andata ben volentieri in auto con lui. Era depressa per la fine di un altro piccolo grande amore, ma non era stata affatto contraria a fare petting, aveva avuto una crisi di tristezza ma poi aveva ripreso a baciare e ad accarezzare Michele e non si era opposta a un rapporto ancora più intimo. Però dopo quegli abbracci sperava che Michele si mettesse con lei e quando, qualche giorno più tardi, aveva capito che non sarebbe andata così gli aveva detto che gliela avrebbe fatta pagare.

Al processo, attraverso le testimonianze dei ragazzi della compagnia, sono venute alla luce delle conferme al racconto di Giulia ma anche le piccole crepe alla sua versione. Mentre era in corso la presunta violenza aveva risposto al telefonino senza manifestare turbamento. Dopo il ritorno in piazza era sembrata agli amici piuttosto tranquilla e tonica. La scuola, in verità, l´aveva lasciata prima del grande trauma. Anche del dolore alla spalla si era lamentata prima. E dopo il presunto stupro aveva continuato a frequentare la compagnia e nel corso di una festa per Halloween, circa venti giorni più tardi, aveva dormito con un gruppetto di amici e amiche.

In precedenza la visita ginecologica in ospedale non aveva rilevato tracce di violenze.
D´altra parte si può ben capire come - nel giorno della grande confessione - il pianto disperato di Giulia abbia sconvolto la sua famiglia. La notte del 12 ottobre 2005 lo zio, presso il quale la ragazzina era ospite, si fece accompagnare dal figlio e da un altro adolescente a casa di Michele, lo svegliò e gli ordinò di seguirlo così come si trovava, in pigiama e maglietta. In macchina gliene disse di tutti i colori. Lo portò a casa, dove nel frattempo era arrivata la madre di Giulia, che infuriata e sconvolta spalancò lo sportello dell´auto e strapazzò il ragazzo, avvertendolo che la sua vita era rovinata e rovesciandogli addosso il suo disprezzo. Poi lo zio rimise in moto la macchina, raggiunse la caserma dei carabinieri e consegnò il ragazzo al maresciallo. Soltanto allora Michele, ormai nel panico, capì che Giulia lo accusava di averla violentata. Ora lo zio della ragazzina è sotto accusa per sequestro di persona. Il processo è fissato in febbraio.
(15 novembre 2007)
Fonte: espresso.repubblica.it

venerdì 16 novembre 2007

Arabia Saudita

Struprata dal branco: condannata al carcere e a 200 frustate

La ragazza ritenuta colpevole di essersi appartate con un uomo.
Agli aggressori solo pochi anni
ROMA
«Sei mesi di carcere e 200 frustrate». È questa la condanna inflitta in appello da un tribunale saudita a una «ragazza stuprata» da sei uomini che se la sono cavata con pene da 2 a 9 anni di reclusione. La colpa della ragazza? Farsi trovare dagli stupratori «appartata con un uomo». Reato gravissimo in Arabia saudita dove vige la legge islamica della Shariya. Un reato che oltre ad esporre la giovane alla pena carceraria ed alle frustrate in pubblico, "alleggerisce" la colpa dei membri del branco, che evitano cos? la sentenza capitale prevista per questo genere di reati dallo stesso codice islamico.

Succede nei nostri giorni nel Regno wahabita in una piccola città vicino ad al Qatif, ad una ragazza che all’epoca dei fatti aveva 19 anni. La sua storia, che risale a quasi due anni fa, è riportata oggi dal quotidiano palestinese al Quds al Arabi per riferire della sentenza definitiva. Nel marzo scorso, quando in primo grado fu condannata a ’solè 90 frustrate evitando il carcere, il quotidiano panarabo al Sharq al Awsat raccontava cos? come erano andate le cose.

Comincia tutto un anno prima dell’inizio del processo, con le telefonate di un uomo che chiedeva continuamente di incontrare l’allora 19nne. All'inizio la ragazza non gli dà peso, poi "lusingata", per ingenuità, accetta di far avere una sua foto all'ostinato ammiratore. Ma quando si fidanza con il futuro marito scelto dalla famiglia, la ragazza chiede indietro la sua fotografia. Fissa un appuntamento con l'uomo. Mentre è «appartata» con lui in macchina avviene l'assalto.

Sette uomini armati di coltelli la sequestrano puntandole una lama alla gola. La portano in una fattoria fuori città. E a turno, la violentano «due volte ciascuno». Uno del branco scatta anche delle foto usando il cellulare della vittima. «Mi hanno detto di non dire niente dello stupro, che altrimenti avrebbero spedito quelle foto a tutti dal mio telefonino».

Quando torna a casa, è una donna spezzata. Tenta il suicidio ma le pillole che ingoia la fanno solo stare male. Finisce in ospedale. Incapace di reggere il peso decide di parlare; e sorprendentemente il promesso sposo non la ripudia come gli consigliano di fare. Anzi si mette alla ricerca dei colpevoli che riesce a trovare in un mercato di pesci. «Uno di loro quando si era sfilato il cappuccio puzzava di pesce», ricordava la ragazza. Insieme, denunciano tutto alla polizia. E da allora sono cominciati i guai con la giustizia e la società.

Nell'aula del tribunale la giovane, da imputata, viene interrogata tre volte. Tre domande che non hanno nulla a che vedere con quello che ha subito. Per i giudici anche lei è colpevole, e da colpevole la trattano. Lei stessa riconosce di essere stata «stupida» ad incontrarsi con quell`uomo, ma accenna a una debole difesa: «Quello che mi è accaduto quella notte - dice - è peggio di qualsiasi punizione». E invece no, ora le spetta anche la pena decisa dai giudici. Al suo avvocato e attivista per i diritti civili Abdul Rahamn al Laham, che ha portato alla luce il caso, è stata revocata la licenza di esercitare la professione. Non solo ma ora dovrà sottoporsi ad «una commissione educativa», ordinata dal ministro della Giustizia, come racconta oggi ad al Quds al Arabi.

Nemmeno in casa la giovane ha trovato comprensione. Il fratello più giovane l'ha picchiata perché con lo stupro aveva gettato la famiglia nel disonore. I benpensanti sono invece scandalizzati perchè ’il fattò è avvenuto durante il sacro mese di Ramadan quando i rigidi dettami della Shriya proibiscono gli atti sessuali considerati ’impuri per il pio digiunante«, quali avrebbero dovuto essere anche gli stupratori. Le tribù sciite, cui appartiene la ragazza, criticano sì la condanna ma solo per la pena troppo lieve ai violentatori; non una parola per la giovane. L’unica cosa che le resta, forse, è l’amore: quello del suo fidanzato. Lui rimane al suo fianco.

Fonte: La Stampa

Arabia Saudita, struprata dal branco: condannata al carcere e a 200 frustate

La ragazza ritenuta colpevole di essersi appartate con un uomo.
Agli aggressori solo pochi anni
ROMA «Sei mesi di carcere e 200 frustrate». È questa la condanna inflitta in appello da un tribunale saudita a una «ragazza stuprata» da sei uomini che se la sono cavata con pene da 2 a 9 anni di reclusione. La colpa della ragazza? Farsi trovare dagli stupratori «appartata con un uomo». Reato gravissimo in Arabia saudita dove vige la legge islamica della Shariya. Un reato che oltre ad esporre la giovane alla pena carceraria ed alle frustrate in pubblico, "alleggerisce" la colpa dei membri del branco, che evitano cos? la sentenza capitale prevista per questo genere di reati dallo stesso codice islamico.

Succede nei nostri giorni nel Regno wahabita in una piccola città vicino ad al Qatif, ad una ragazza che all’epoca dei fatti aveva 19 anni. La sua storia, che risale a quasi due anni fa, è riportata oggi dal quotidiano palestinese al Quds al Arabi per riferire della sentenza definitiva. Nel marzo scorso, quando in primo grado fu condannata a ’solè 90 frustrate evitando il carcere, il quotidiano panarabo al Sharq al Awsat raccontava cos? come erano andate le cose.

Comincia tutto un anno prima dell’inizio del processo, con le telefonate di un uomo che chiedeva continuamente di incontrare l’allora 19nne. All'inizio la ragazza non gli dà peso, poi "lusingata", per ingenuità, accetta di far avere una sua foto all'ostinato ammiratore. Ma quando si fidanza con il futuro marito scelto dalla famiglia, la ragazza chiede indietro la sua fotografia. Fissa un appuntamento con l'uomo. Mentre è «appartata» con lui in macchina avviene l'assalto.

Sette uomini armati di coltelli la sequestrano puntandole una lama alla gola. La portano in una fattoria fuori città. E a turno, la violentano «due volte ciascuno». Uno del branco scatta anche delle foto usando il cellulare della vittima. «Mi hanno detto di non dire niente dello stupro, che altrimenti avrebbero spedito quelle foto a tutti dal mio telefonino».

Quando torna a casa, è una donna spezzata. Tenta il suicidio ma le pillole che ingoia la fanno solo stare male. Finisce in ospedale. Incapace di reggere il peso decide di parlare; e sorprendentemente il promesso sposo non la ripudia come gli consigliano di fare. Anzi si mette alla ricerca dei colpevoli che riesce a trovare in un mercato di pesci. «Uno di loro quando si era sfilato il cappuccio puzzava di pesce», ricordava la ragazza. Insieme, denunciano tutto alla polizia. E da allora sono cominciati i guai con la giustizia e la società.

Nell'aula del tribunale la giovane, da imputata, viene interrogata tre volte. Tre domande che non hanno nulla a che vedere con quello che ha subito. Per i giudici anche lei è colpevole, e da colpevole la trattano. Lei stessa riconosce di essere stata «stupida» ad incontrarsi con quell`uomo, ma accenna a una debole difesa: «Quello che mi è accaduto quella notte - dice - è peggio di qualsiasi punizione». E invece no, ora le spetta anche la pena decisa dai giudici. Al suo avvocato e attivista per i diritti civili Abdul Rahamn al Laham, che ha portato alla luce il caso, è stata revocata la licenza di esercitare la professione. Non solo ma ora dovrà sottoporsi ad «una commissione educativa», ordinata dal ministro della Giustizia, come racconta oggi ad al Quds al Arabi.

Nemmeno in casa la giovane ha trovato comprensione. Il fratello più giovane l'ha picchiata perché con lo stupro aveva gettato la famiglia nel disonore. I benpensanti sono invece scandalizzati perchè ’il fattò è avvenuto durante il sacro mese di Ramadan quando i rigidi dettami della Shriya proibiscono gli atti sessuali considerati ’impuri per il pio digiunante«, quali avrebbero dovuto essere anche gli stupratori. Le tribù sciite, cui appartiene la ragazza, criticano sì la condanna ma solo per la pena troppo lieve ai violentatori; non una parola per la giovane. L’unica cosa che le resta, forse, è l’amore: quello del suo fidanzato. Lui rimane al suo fianco.
Fonte: La Stampa.it

martedì 13 novembre 2007

Violenza di gruppo, fratelli condannati

La sentenza. Lo stupro quattro anni fa a Montesilvano, la ragazza accompagnata in auto e picchiata a sangue

I due Rom sconteranno 10 e 8 anni, abusarono della fidanzata del cugino

PESCARA. Abusarono in macchina della fidanzata del cugino. Processati per violenza sessuale di gruppo, due fratelli rom, Nicola Di Rocco (29 anni) e Fiorindo Di Rocco (22) sono stati condannati, rispettivamente, a 10 e a 8 anni di reclusione dal tribunale di Pescara. È arrivata a una prima sentenza la vicenda dello stupro commesso nell’ottobre 2003 ai danni di una ragazza di Silvi Marina (Teramo) che all’epoca dei fatti aveva 19 anni. Il collegio presieduto dal giudice Carmelo De Santis ha pronunciato la sentenza dopo un’ora di camera di consiglio.
I due sono di Montesilvano. Nicola Di Rocco si trova in carcere a Teramo, dove sta scontando una condanna definitiva a quattro anni e mezzo. Il giovane era stato coinvolto in un episodio avvenuto la scorsa estate in un bar di Silvi dove aveva malmenato il proprietario dopo avergli chiesto 200 euro, rivendicando un vecchio debito. Era finito dentro per rapina, lesioni ed estorsione. I Di Rocco sono figli di Arcangelo Di Rocco e Maria Spinelli, coinvolti nell’operazione antidroga «Purò». Alla parte civile è stata riconosciuta una provvisionale di 10mila euro, immediatamente esecutiva. Il tribunale non ha concesso le attenuanti. Il pm Gennaro Varone aveva chiesto per entrambi otto anni.
La vittima della violenza è una ragazza di Silvi Marina, che oggi ha 23 anni. Il suo dramma si è consumato una notte di ottobre del 2003 a Montesilvano, in una zona non lontana dalla via Vestina. La ragazza era la fidanzata di un cugino dei due fratelli Di Rocco e frequentava la loro abitazione. Secondo la ricostruzione dei fatti, la sera dello stupro la ragazza prestò la sua macchina ai Di Rocco. Tornati tardi a casa, i due trovarono la ragazza preoccupata perché non era riuscita a comunicare con la madre per avvertirla che sarebbe rientrata tardi. Convinta dai due a farsi riaccompagnare, fu portata prima a Pescara e quindi a Montesilvano. Da lì, come ha raccontato la giovane, che ha trovato la forza di confidare a una cugina la violenza subita, i due la portarono in una strada isolata e lì, dietro minacce, avvenne la violenza, con schiaffi e pugni. I fatti furono denunciati dopo alcuni mesi perché, secondo quanto riferito dalla ragazza, furono fatte oggetto di minacce sia la madre sia la sorella. La violenza sessuale di gruppo (articolo 609 octies del codice penale) è punita con la reclusione dai 6 ai 12 anni. La parte offesa è stata rappresentata dagli avvocati Anna Bianca Cocciarficco e Monica Passamonti.
(09 novembre 2007)

Fonte: espresso.repubblica.it

venerdì 2 novembre 2007

Stupro per scommessa libero lo studente del Dams

Il giudice non ha convalidato l'arresto di Daniele A., denunciato dall'amica che diceva di essere stata violentata in un residence. Il gip: "La ragazza non è credibile"
di Luigi Spezia

E' tornato subito libero lo studente del Dams, accusato di aver violentato una ragazza tedesca nel residence Terzo Millennio di Borgo Panigale. Sono insufficienti gli indizi di colpevolezza, secondo il gip Rita Zaccariello. «Il giudice ha scritto, nella sua ordinanza di 11 pagine, che la ragazza non è credibile anche per le molte contraddizioni del suo racconto», dicono gli avvocati Fulvio Toschi e Maria Silvia Cazzoli che difendono Daniele, 25 anni, di Bari. La decisione del gip, che nemmeno ha convalidato il fermo ritenendo insussistente il pericolo di fuga, viene accettata dal pm Antonello Gustapane, che però crede ancora alla sincerità della ragazza e quindi pianifica già le prossime mosse: riascolterà la ragazza e la metterà a confronto con l'indagato. Per l'accusa, non ci sarebbe motivo che lei si sia inventata tutto.

Le contraddizioni rilevate però nell'atto del gip e riferite dagli avvocati sono numerose. Intanto, l'arrivo al residence e soprattutto l'uscita dopo la nottata passata nella stanza: entrambi i momenti sono stati ripresi dalle telecamere esterne. «I ragazzi camminano tranquilli e nulla fa pensare a costrizioni o altro», dicono i legali. «Soprattutto come si fa a dire che c'è stata violenza se lei si fa riaccompagnare dopo essersi addormentata?». Secondo l'accusa, però, un caso del genere non sarebbe inedito. C'è il fatto della porta: lei racconta che lui l'ha aperta con una chiave e l'ha anche richiusa. Che quindi lei non è riuscita a riaprirla. Ma le indagini della polizia hanno appurato che l'unica chiave di quella porta era in portineria e che il ragazzo ha semplicemente usato un badge. Nella prova simulata ripetuta con lei presente, la ragazza ha infatti aperto la porta senza problemi. Anche qui l'accusa pensa ad una diversa scena: la ragazza era spaventata e pensava che la porta fosse stata veramente chiusa, al punto da non fare forza per aprirla.

La studentessa tedesca aveva anche la disponibilità di un cellulare e poteva chiamare un amico finanziere che già in un'altra occasione, molestata in un treno, aveva allertato. Non l'ha fatto e questo per il giudice è un altro indizio contro di lei. Ma per il pm Gustapane, invece, la scelta di non telefonare è giustificata dal fatto che lei non sapeva dove si trovava e temeva di farsi scoprire da lui. Sconcerta il giudice e gli avvocati anche il fatto che la ragazza abbia consegnato alla polizia un profilattico ancora sigillato, con le impronte di lui, a riprova dell'avvenuto rapporto. «Ma il giudice ha rilevato la stranezza di una ragazza spaventata che però mantiene la capacità di essere così razionale da precostituirsi una prova». Le indagini proseguono e mentre lei è ancora fortemente scossa, secondo la testimonianza di chi l'ha vista, lui è «del tutto incredulo che un rapporto consenziente possa essersi trasformato in una denuncia di violenza», dicono i suoi legali.
(30 ottobre 2007)
Fonte: repubblica.it

giovedì 1 novembre 2007

Roma: violentata e gettata in un fosso Donna in fin di vita, arrestato un rom

La vittima, moglie di un ufficiale di Marina, è in coma al Sant'Andrea
ROMA. Una donna è stata rapinata, picchiata e lasciata nuda in un fosso a Roma, nella zona di Tor di Quinto. Per il crimine la polizia ha arrestato un romeno di 24 anni. La donna, una italiana di 45 anni sposata con un ufficiale della Marina Militare, era stata aggredita secondo gli investigatori ieri sera intorno alle 20,30, mentre rientrava a casa appena uscita dalla stazione ferroviaria di Tor Di Quinto.

Arrestato un 24enne romeno

La vittima dell’aggressione, dopo essere stata rapinata, violentata e picchiata selvaggiamente era stata gettata nuda in un piccolo fosso poco distante la stazione, dove in seguito è stata rinvenuta in condizioni disperate. Ricoverata, infatti, all’Ospedale romano Sant’Andrea, le sue condizioni sono apparse subito gravissime. Dopo la scoperta del corpo, gli inquirenti hanno avviato le ricerche ed hanno individuato alcuni testimoni che hanno consentito di rintracciare l’aggressore, un romeno di 24 anni, che si trovava ancora in via di Camposampiero, poco distante dal burrone. La magistratura ha chiesto la convalida del fermo dell’aggressore, un romeno di 24 anni, Nicolae Romulus Mailat per il quale è stato ipotizzato il reato di omicidio volontario.

La vittima: Giovanna Reggiani

Una donna normale con una vita normale, Giovanna Reggiani, l'esile signora di 47 anni violentata a Roma. L’aggressione, la violenza, le sevizie e il suo corpo esanime abbandonato in un fossato nelle campagne che circondano la stazione. Gli investigatori della squadra mobile, ma anche i medici dell’ospedale Sant’Andrea, dove ora la donna è in stato di coma, parlano di una "violenza inaudita". Contusioni, ecchimosi al volto e in tutto il corpo. Il romeno fermato, che non ha precedenti penali in Italia ma che avrebbe alcune pendenze per furto in Romania, era arrivato da qualche mese e aveva scelto di vivere nelle baracche del campo rom abusivo della zona. Per lui la Procura di Roma ha ipotizzato il reato di omicidio volontario chiedendo la convalida del fermo avvenuto ieri sera.

La donna trovata nuda in un fossato

Ad indagare il procuratore aggiunto Italo Ormanni e il sostituto Maria Bice Barborini. Giovanna Reggiani, moglie del Capitano di Vascello della Marina Militare Giovanni Gumiero, Comandante delle Forze di Contromisure Mine a La Spezia, è stata trovata nel fossato accanto a via di Camposampiero non distante dall’accampamento rom dove vive l’uomo arrestato. Poco più in là, sempre in una zona isolata gli alloggi della Marina dove la coppia viveva. A dare l’allarme della brutale aggressione che il sindaco di Roma ha definito come «un vero e autentico orrore», è stata una donna rom, una anziana romena diventata adesso un testimone importante per la ricostruzione della vicenda. La donna probabilmente sarà ascoltata venerdì prossimo con la formula dell’incidente probatorio per fissare le sue parole come «fonte di prova».

La stazione ferroviaria di Tor di Quinto

La donna ieri sera aveva dato l’allarme alla polizia raccontando di aver visto un uomo allontanarsi «in un campo con una donna sulle spalle come se fosse svenuta». E grazie alle sue indicazioni la polizia ha trovato prima il corpo nel fossato, poi la baracca dove il romeno ha trascinato Giovanna Reggiani. All’interno dell’alloggio fatiscente fatto di lamiere e cartoni, la polizia ha trovato la borsa della vittima con dentro ancora gli scontrini delle compere effettuate in alcuni negozi del centro di Roma. I passeggeri della linea ferroviaria Roma-Viterbo dicono rassegnati, senza ombra di dubbio «la sera, appena è buio in questo posto non conviene venire neanche per un uomo». E c’è chi dice anche che quando si arriva nella stazione ferroviaria di Tor di Quinto «tutto fa paura, è in un punto isolato. È una piccola stazione che il 5 novembre sarà chiusa per lavori di ristrutturazione da parte della societa Met.Ro». E adesso gli investigatori della squadra mobile stanno cercando di capire se il romeno fosse solo quando ha aggredito la donna.
Fonte:La Stampa.it

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