Il Centro Antiviolenza Erinna è costretto a chiudere: la Provincia di Viterbo ha revocato la convenzione, lasciando un territorio come Viterbo e provincia privo di qualsiasi tipo di struttura in grado di dare aiuto, sostegno e accoglienza alle donne vittime di maltrattamenti, stalking e violenza.
Dietro la fredezza della notizia e delle parole c'è un mondo fatto di volontarie che si sono spese con grande sacrificio per ridare dignità e speranza a donne che a loro si sono rivolte per uscire dalla disperazione e dall'annientamento della violenza e con loro i minori, figlie e figli di queste donne, ai quali con altrettanta violenza viene condizionata la crescita e il futuro.
E tutto questo sembra ancora più assurdo perchè il Centro Erinna, oltre ad essere "l'unico" è anche "unico" nella capacità di inclusione, sostegno, accoglienza ed ha ottenuto risultati eccellenti.
Ci domandiamo perchè non sia stata mantenuta la convenzione almeno fino allla sua naturale scadenza e perchè nel frattempo non si siano attivate le procedure per il rinnovo, come se il problema della violenza non riguardasse, se non in maniera marginale, il nostro territorio.
In questo c'è sicuramente un atteggiamento trasversale della politica che considera sempre quello che riguarda la condizione femminile un problema marginale e che è purtroppo frutto di una non cultura tutta italiana nei confronti delle donne, di cui la violenza, in tutte le sue forme, ne è l'espressione estrema.
La violenza sulle donne ha una sua precisa collocazione: è violenza di genere, è sopraffazione, è distruzione fisica e morale, è volontà di annientamento ed è per questo che occorrono per affrontarla persone preparate culturalmente e psicologicamente come lo sono le volontarie del Centro Erinna.
Inoltre l'Associazione Erinna è un centro di cultura di genere e formazione molto importante: promuove corsi di formazione e di informazione per adulti e nelle scuole, ha scritto e pubblicato il libro "Al centro le donne", ricerca e studio dello stato della violenza sulle donne nella Provincia di Viterbo, che abbiamo presentato a Fabrica di Roma lo scorso anno per la Giornata Internazionale contro la violenza alle donne e i cui proventi sono stati devoluti interamente al Centro.
Senza il centro ci sentiamo tutte più scoperte, più sole e faremo tutto il possibile perchè la Provincia riveda questa sua incredibile decisione che offende, per la sua mancanza di valutazione dei bisogni e delle esigenze del territorio, la cittadinanza tutta e la dignità delle donne.
L'Associazione Fab(b)rica delle donne aderisce al gruppo FB "ERINNA NON DEVE CHIUDERE: difendiamo il centro antiviolenza della Provincia" di cui condivide metodi e finalità e chiede a tutte le sue simpatizzanti ed associate di iscriversi per sostenere le iniziative che verranno intraprese al fine di bloccare la chiusura definitiva del centro.
Fonte qui
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domenica 10 luglio 2011
domenica 6 febbraio 2011
DIFFONDIAMO QUESTA LETTERA PER CHIEDERE COERENZA ALLE TESTATE CHE DIFENDONO LA DIGNITA' DELLE DONNE

Lettera per tutti quei quotidiani settimanali e mensili che sposano le battaglie delle e per le donne ma di fatto continuano a sfruttare l'immagine femminile per richimare l'attenzione del pubblico maschile.
La lettera di Giorgia Vezzoli, Francesca Sanzo, Lorenza Garbolino:
Siamo grate/i alla vostra testata per la visibilità data alla reazione di tutti noi e delle donne in particolare. Tuttavia, se davvero vogliamo che questo impegno abbia delle conseguenze reali, occorre avere il coraggio di fare delle scelte editoriali coerenti.
A parte pochissime testate, tutta la galassia mediatica - compresi i giornali femminili - non gioca quasi mai a favore delle donne. Dai contenuti alle pubblicità, alle innumerevoli incongruenze.
Se da una parte si cavalca l'indignazione delle donne facendosi paladini della loro dignità, dall'altra ci si comporta come chi la calpesta, continuando a pubblicare corpi di donne per la svendita, fotogallery inutili, video terrificanti senza informare, riflettere, analizzare. Quale sarebbe la coerenza editoriale?
Gli scandali sessuali sono anche il prodotto di una sottocultura diffusa negli ultimi anni proprio dai media, che hanno basato una parte considerevole dei contenuti usando corpi di donne.
Le conseguenze di questa sottocultura le paghiamo noi, nella nostra vita quotidiana.
ISTRUZIONI:
- Copincollate la lettera
- Pubblicatela come nota fb taggando le pagine de La Repubblica, l'Unità e delle testate che desiderate
(oppure mettetela fra i commenti dei post delle loro pagine Fb)
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Iniziativa della Campagna IO NON CI STO agli stereotipi:
http://vitadastreghe.blogspot.com/2010/05/io-non-ci-sto_10.html
(Foto dell'evento by http://www.valgraphicart.blogspot.com/)
Fonte:http://www.facebook.com/event.php?eid=165696433477984
domenica 8 agosto 2010
Lettera di due vicini sull'omicidio di Elisa Beatrice Rattazzi a Torino Quante volte le statistiche e i fatti di cronaca ci dovranno ricordare che la
(21 Maggio 2008)
Gentile testata ci rivolgiamo voi inoltrandole una lettera sull'omicidio commesso dalla guardia giurata domenica pomeriggio scorso.
Si tratta di una lettera indirizzata a tutte le ministre del governo italiano perchè racconta il lato oscuro di questa vicenda: quello della violenza digenere.
Come vicini di questa famiglia e avendo i figli più o meno della stessa eta'abbiamo avuto modo di conoscere Raffaele, Elisa e i loro due figli, difrequentarli e vedere come si deteriorava il loro rapporto, le prime botte dilui e le prime denuncie di lei.
Non pensiamo di poter dire che questo delitto si sarebbe potuto evitare, ma che nella nostra Italia, nella nostra societa' civile non c'è spazio e ascolto peruna donna che ha paura e che denuncia suo marito, una donna che non ha potutofuggire al suo destino.
Allora il nostro vuole essere un interrogativo per tutti, in modo che una morte assurda non cada nel nulla.
Le chiediamo perciò di pubblicare la nostra lettera in qualche forma lei ritienga opportuna, non vogliamo diventare famosi ne cerchiamo notorieta' o interviste: chiediamo solo che si parli senza ipocrisia di questa vicenda!
Gentili Ministre Mara Carfagna, Giorgia Meloni, Mariastella Gelmini e Stefania Prestigiacomo,
ci rivolgiamo a voi perche’ siete donne e forse potrete comprendere il dramma che e’ successo a Torino.
Domenica pomeriggio è stata uccisa una donna di 32 anni, una mamma di due bambini. È l’ennesima assurda vittima della violenza di genere, della guerra che quotidianamente si consuma all’interno delle mura domestiche di tante troppe “famiglie”. Conoscevo Elisa Beatrice Rattazzi ho vissuto vicino a lei ed al suo assassino per anni e i nostri figli sono cresciuti assieme.
Elisa è una donna che ha subito per anni violenze e soprusi, e con lei i suoi figli, senza riuscire a ribellarsi al suo destino, senza che nessuno abbia saputo o voluto aiutarla. Per anni ha denunciato le violenze commesse dal marito su di lei e sui figli, per anni ai litigi domestici seguiva l’arrivo delle forze dell’ordine e le ambulanze, per anni le richieste disperate d’aiuto rivolte alle istituzioni a tutti i livelli (forze dell’ordine, servizi sociali, scuola), sono rimaste grida inascoltate strozzate nella gola.
Al coraggio delle denunce, si risponde con qualche pacca sulle spalle.
L’incompetenza delle nostre forze dell’ordine in materia di violenze familiari è cronica: la maggior parte delle volte qualche schiaffo alla moglie non viene neanche considerata violenza. L’Italia ha un parlamento che, si sa legifera su tutto, ma non esiste nessuna legge specifica, a differenza degli altri paesi europei e civili, sulla violenza di genere.
Quando sono chiamate ad intervenire durante le liti familiari le forze dell’ordine mostrano questa incapacità senza vergogna e sono solo un ulteriore e secco schiaffo morale per la donna: invece di essere protetta e tutelata dalla violenza, le viene indicata la via della conciliazione, del “volemmose bene” e la minimizzazione dei “battibecchi che succedono nelle migliori famiglie”.
Cosa deve fare una donna per essere creduta? A cosa servono le denunce, i referti dell’ospedale?
Ma soprattutto a cosa serve proporre di inasprire le pene per chi commette reati di violenza sulle donne, se poi una moglie che denuncia più volte suo marito per questo motivo non viene mai creduta?
Elisa aveva paura, aveva paura di quello che sarebbe diventato il suo assassino, di quello che per tanti anni è stato suo marito.
In questa sottocultura da italietta fascista i mariti sembrano intoccabili, devono fare i “mariti” e se qualche volta si arrabbiano avranno pure le loro ragioni. Non ci sono orecchie per il dolore che avviene tra le mura di casa, ma solo per le macabre notizie sangue. Credeteci anche se il delitto d’onore è stato cancellato dal codice penale, non lo è dalla testa degli italiani!
Il boomerang mediatico, cavalcando il dolore dei famigliari, sembra che abbia già voglia di trovare giustificazioni al più aberrante dei delitti. Aveva lasciato il marito, si era portata via i figli, aveva addirittura un altro uomo… e avanti con la cavalleria rusticana.
Elisa è stata uccisa in mezzo alla strada, alla luce del giorno sotto gli occhi di tutti, da una mano assassina che la tormentava da anni.
Una esecuzione in piena regola che si vorrebbe quasi far strisciare via silenziosa, senza porsi troppe fastidiose e giuste domande. Un delitto bastardo, ma talmente comune da non fare quasi notizia. Non ci sono extracomunitari ubriachi, rom alla guida di fuoristrada rubati, spacciatori negri dal coltello e dalla pistola facile in questa storia. È solo la storia di una normale famiglia tutta italiana e come dobbiamo rassegnarci a sapere quello che conta in Italia è sempre e solo la famiglia.
Questa ignoranza, questo fascismo di facciata permettono che follie come questa accadano; una stampa e un’opinione pubblica poco sensibile permettono che episodi come questo vengano letti e archiviati attraverso la griglia mafiosa del codice d’onore.
Quando capiremo che la sicurezza va costruita per prima nelle famiglie? Quante volte le statistiche e i fatti di cronaca ci dovranno ricordare che la maggior parte delle violenze sui minori e sulle donne avvengono tra le mura domestiche?
Fino a quando dovremo attendere per vedere una legge specifica, una sezione di un tribunale, dei magistrati e degli uffici di polizia con competenze specifiche sulla violenza di genere? Queste cose esistono già nel resto dell’Europa!
L’indifferenza pensa a fare il resto, in fondo vedere una donna nei panni vittima è normale perché nella nostra sudicia cultura la donna non si può difendere.
Chi lo spiegherà ai suo figli di 7 e 4 anni?
Fonte: il pane e le rose
Gentile testata ci rivolgiamo voi inoltrandole una lettera sull'omicidio commesso dalla guardia giurata domenica pomeriggio scorso.
Si tratta di una lettera indirizzata a tutte le ministre del governo italiano perchè racconta il lato oscuro di questa vicenda: quello della violenza digenere.
Come vicini di questa famiglia e avendo i figli più o meno della stessa eta'abbiamo avuto modo di conoscere Raffaele, Elisa e i loro due figli, difrequentarli e vedere come si deteriorava il loro rapporto, le prime botte dilui e le prime denuncie di lei.
Non pensiamo di poter dire che questo delitto si sarebbe potuto evitare, ma che nella nostra Italia, nella nostra societa' civile non c'è spazio e ascolto peruna donna che ha paura e che denuncia suo marito, una donna che non ha potutofuggire al suo destino.
Allora il nostro vuole essere un interrogativo per tutti, in modo che una morte assurda non cada nel nulla.
Le chiediamo perciò di pubblicare la nostra lettera in qualche forma lei ritienga opportuna, non vogliamo diventare famosi ne cerchiamo notorieta' o interviste: chiediamo solo che si parli senza ipocrisia di questa vicenda!
Gentili Ministre Mara Carfagna, Giorgia Meloni, Mariastella Gelmini e Stefania Prestigiacomo,
ci rivolgiamo a voi perche’ siete donne e forse potrete comprendere il dramma che e’ successo a Torino.
Domenica pomeriggio è stata uccisa una donna di 32 anni, una mamma di due bambini. È l’ennesima assurda vittima della violenza di genere, della guerra che quotidianamente si consuma all’interno delle mura domestiche di tante troppe “famiglie”. Conoscevo Elisa Beatrice Rattazzi ho vissuto vicino a lei ed al suo assassino per anni e i nostri figli sono cresciuti assieme.
Elisa è una donna che ha subito per anni violenze e soprusi, e con lei i suoi figli, senza riuscire a ribellarsi al suo destino, senza che nessuno abbia saputo o voluto aiutarla. Per anni ha denunciato le violenze commesse dal marito su di lei e sui figli, per anni ai litigi domestici seguiva l’arrivo delle forze dell’ordine e le ambulanze, per anni le richieste disperate d’aiuto rivolte alle istituzioni a tutti i livelli (forze dell’ordine, servizi sociali, scuola), sono rimaste grida inascoltate strozzate nella gola.
Al coraggio delle denunce, si risponde con qualche pacca sulle spalle.
L’incompetenza delle nostre forze dell’ordine in materia di violenze familiari è cronica: la maggior parte delle volte qualche schiaffo alla moglie non viene neanche considerata violenza. L’Italia ha un parlamento che, si sa legifera su tutto, ma non esiste nessuna legge specifica, a differenza degli altri paesi europei e civili, sulla violenza di genere.
Quando sono chiamate ad intervenire durante le liti familiari le forze dell’ordine mostrano questa incapacità senza vergogna e sono solo un ulteriore e secco schiaffo morale per la donna: invece di essere protetta e tutelata dalla violenza, le viene indicata la via della conciliazione, del “volemmose bene” e la minimizzazione dei “battibecchi che succedono nelle migliori famiglie”.
Cosa deve fare una donna per essere creduta? A cosa servono le denunce, i referti dell’ospedale?
Ma soprattutto a cosa serve proporre di inasprire le pene per chi commette reati di violenza sulle donne, se poi una moglie che denuncia più volte suo marito per questo motivo non viene mai creduta?
Elisa aveva paura, aveva paura di quello che sarebbe diventato il suo assassino, di quello che per tanti anni è stato suo marito.
In questa sottocultura da italietta fascista i mariti sembrano intoccabili, devono fare i “mariti” e se qualche volta si arrabbiano avranno pure le loro ragioni. Non ci sono orecchie per il dolore che avviene tra le mura di casa, ma solo per le macabre notizie sangue. Credeteci anche se il delitto d’onore è stato cancellato dal codice penale, non lo è dalla testa degli italiani!
Il boomerang mediatico, cavalcando il dolore dei famigliari, sembra che abbia già voglia di trovare giustificazioni al più aberrante dei delitti. Aveva lasciato il marito, si era portata via i figli, aveva addirittura un altro uomo… e avanti con la cavalleria rusticana.
Elisa è stata uccisa in mezzo alla strada, alla luce del giorno sotto gli occhi di tutti, da una mano assassina che la tormentava da anni.
Una esecuzione in piena regola che si vorrebbe quasi far strisciare via silenziosa, senza porsi troppe fastidiose e giuste domande. Un delitto bastardo, ma talmente comune da non fare quasi notizia. Non ci sono extracomunitari ubriachi, rom alla guida di fuoristrada rubati, spacciatori negri dal coltello e dalla pistola facile in questa storia. È solo la storia di una normale famiglia tutta italiana e come dobbiamo rassegnarci a sapere quello che conta in Italia è sempre e solo la famiglia.
Questa ignoranza, questo fascismo di facciata permettono che follie come questa accadano; una stampa e un’opinione pubblica poco sensibile permettono che episodi come questo vengano letti e archiviati attraverso la griglia mafiosa del codice d’onore.
Quando capiremo che la sicurezza va costruita per prima nelle famiglie? Quante volte le statistiche e i fatti di cronaca ci dovranno ricordare che la maggior parte delle violenze sui minori e sulle donne avvengono tra le mura domestiche?
Fino a quando dovremo attendere per vedere una legge specifica, una sezione di un tribunale, dei magistrati e degli uffici di polizia con competenze specifiche sulla violenza di genere? Queste cose esistono già nel resto dell’Europa!
L’indifferenza pensa a fare il resto, in fondo vedere una donna nei panni vittima è normale perché nella nostra sudicia cultura la donna non si può difendere.
Chi lo spiegherà ai suo figli di 7 e 4 anni?
Fonte: il pane e le rose
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