giovedì 24 luglio 2008

Lesbica aggredita e insultata a Roma

Lo denuncia Arcigay, condannato gesto da ministro Carfagna
(ANSA)- ROMA, 23 LUG -Aggredita e insultata perche' lesbica. E' accaduto a Roma, vicino a via San Giovanni in Laterano, luogo di ritrovo della comunita' gay romana. A denunciarlo e' il presidente di Arcigay Roma Fabrizio Marrazzo. Vittima dell'aggressione, avvenuta 3 giorni fa, una ragazza di 20 anni, collaboratrice di un bar gay: mentre tornava a casa 'e' stata insultata perche' lesbica e colpita con calci e pugni'. Ferma condanna dell'aggressione e' stata espressa dal ministro Carfagna e dal sindaco di Roma Alemanno.

fonte: ansa.it

Cassazione, violenza sessuale anche se la vittima indossa i jeans

Nuova sentenza della Suprema Corte, l'ultima di una serie che va avanti da 10 anni
Quei pantaloni "non sono paragonabili a una specie di cintura di castità"

ROMA - "I jeans non sono paragonabili ad una specie di cintura di castità". Lo stabilisce nuovamente la Cassazione nella sentenza con cui ha confermato la condanna nei confronti di un 37enne che aveva molestato la figlia, ancora adolescente, della sua compagna infilandole le mani sotto i jeans.

La giovane aveva raccontato tutto al padre e al ragazzo. Quindi era scattata la denuncia. A maggio del 2005 il gip del tribunale di Padova aveva condannato l'uomo a un anno di reclusione per violenza sessuale. La corte d'appello di Venezia, a ottobre del 2007, aveva confermato il verdetto. Contro questa decisione l'imputato aveva fatto ricorso in Cassazione sostenendo che la ragazza era seduta sul divano con i jeans aperti e che quindi questo significava che fosse in qualche modo consenziente.

La Terza Sezione Penale respinge oggi questa tesi sostenendo che "il fatto che la ragazza indossasse pantaloni di tipo jeans non era ostativo al toccamento interno delle parti intime, essendo possibile farlo penetrando con la mano dentro l'indumento non essendo questo paragonabile ad una specie di cintura di castità".

La Cassazione torna a occuparsi di violenze sessuali su donne in jeans, dopo dieci anni di sentenze controverse e di segno opposto. La pronuncia che fece più scalpore fu quella del febbraio 1999 che stabilì l'impossibilità di parlare di violenza nel caso in cui la vittima portasse i blue-jeans. L'indossare l'indumento significava "essere consenziente" a causa della difficoltà di sfilare i pantaloni "senza la fattiva collaborazione di chi lo porta". Da allora una serie di marce indietro: la prima due anni dopo quella pronuncia, ora l'ultima.

Fonte: repubblica.it

martedì 22 luglio 2008

Senigallia, cinquantenne muore uccisa a coltellate dall'ex marito

L'omicidio sembra essere seguito a una delle ennesime liti fra i due ex coniugi.
L'uomo è stato arrestato senza opporre resistenza

SENIGALLIA - Una donna di 53 anni è morta dopo essere stata accoltellata dall'ex marito. È successo alle nove di questa mattina a Senigallia. L'uomo ha inferto all'ex moglie prima una coltellata alla schiena e poi una al petto e subito dopo è stato arrestato dalla polizia.

Sul posto è intervenuta tempestivamente l'ambulanza che ha trasportato la donna, ancora viva, al pronto soccorso dell'ospedale di Senigallia. La cinquantenne è però deceduta subito dopo l'arrivo in clinica, mentre l'uomo sembra non abbia opposto resistenza all'arresto.

Secondo le prime ricostruzioni l'omicida, un noto fisioterapista di Senigallia, si è appostato sotto casa della donna, ex direttrice dell'ufficio postale del centro di Senigallia, per accoltellarla a morte non appena l'ha incrociata. Probabilmente la vittima stava uscendo di casa per recarsi al lavoro o per fare alcune spese. Sembra che l'omicidio sia maturato nell'ambito di una delle ennesime liti fra i due ex coniugi.

La coppia era separata da tempo e aveva tre figli. I due si erano entrambi rifatti una vita, ma continuavano a litigare per ragioni legate soprattutto all'assegno di mantenimento.

Fonte: repubblica.it

venerdì 18 luglio 2008

"Niente antidolorifico, sono obiettore"

Milano, al Niguarda assistenza negata a una donna durante un aborto terapeutico
La rivolta della Cgil contro l´ospedale e un anestesista Il primario: quel medico ha sbagliato
LAURA ASNAGHI

MILANO - Succede all´ospedale di Niguarda, uno dei colossi della sanità lombarda, dove Cl ha conquistato i vertici dell´ente. Un medico anestesista si è rifiutato di somministrare un antidolorifico a una giovane donna ricoverata per un aborto terapeutico. "Mi spiace, sono un obiettore di coscienza, non posso farlo" ha risposto alla donna, una giovane ucraina di 30 anni, in preda a dolori fortissimi, causati dai primi interventi per l´induzione dell´aborto terapeutico. L´antidolorifico in questione non era una semplice pillola che qualsiasi medico avrebbe potuto dare alla donna: si trattava di un forte anestetico, la somministrazione compete appunto a un anestesista.
"Questo è´ un fatto gravissimo" dice la Cgil di Milano che ha raccolto la denuncia presentata dal marito. L´uomo, un italiano che ha chiesto di mantenere l´anonimato, è rimasto molto scosso e amareggiato per quello che è successo a sua moglie l´8 luglio scorso, in ostetricia, al Niguarda. Il giorno dopo, mentre lei era ancora ricoverata, è andato al sindacato a denunciare il medico obiettore che "si è rifiutato di alleviare il dolore di mia moglie". Secondo la Cgil, il caso milanese si configura come "omissione di assistenza" e si sollecita l´ospedale ad aprire una inchiesta nei confronti del medico. «È assurdo parlare di scandalo, la Cgil esagera - replica Pasquale Cannatelli, il direttore generale del Niguarda, ciellino doc - adesso verificheremo come sono andate le cose». Ma in reparto Maurizio Bini, il primario, noto medico non obiettore, non ha problemi a dichiarare che secondo lui "il medico avrebbe dovuto assistere la donna". Ma non l´ha fatto e così Bini nei giorni scorsi ha riunito i suoi medici, 19 in tutto, di cui solo 5 praticano gli aborti (830 in un anno). «Ci siamo confrontati - dice - per capire se è possibile che un medico obiettore possa rifiutare un antidolorifico a una donna sottoposta ad aborto terapeutico alla 21esima settimana. Io sono dell´idea che non lo possa fare. Però, di fronte a pareri discordanti, abbiamo deciso di porre la questione al comitato etico dell´ospedale». Bini, comunque, non si è limitato ad aprire un dibattito. Quando ha saputo che la donna stava male e in corsia si era scatenata la bufera per l´obiezione fatta dal medico anestesista, al letto della paziente è arrivato lui. «Prima l´ho curata e poi mi sono scusato con lei - spiega - il marito era così infuriato che la voleva portare in un altro ospedale. Ma si è calmato quando ha visto che dopo un´iniezione di morfina sua moglie stava meglio. Certo, non era compito mio fare quella iniezione, ma i medici abortisti nel mio reparto sono così pochi che spesso mi capita di rimboccarmi le maniche e fare da solo»
La vicenda del Niguarda riapre lo scontro sull´aborto e, in particolare, sull´uso che i medici possono fare dell´obiezione di coscienza. Ma Fulvia Colombini che ha denunciato l´episodio milanese, insieme a Marzia Oggiano della Cgil Funzione pubblica, chiede "che l´Ordine dei medici si pronunci sul tema dell´obiezione di coscienza che non può essere invocata in questo caso, perché alleviare il dolore è un preciso dovere del medici". La Cgil chiama in causa anche la Regione: "Si definisca un codice etico di comportamento che tuteli i medici e le donne sul fronte della 194". E se la risposta sarà il silenzio, si minacciano proteste in piazza.

Fonte: repubblica.it

giovedì 17 luglio 2008

Sono accusati anche di aver tentato di abusare di un'altra giovanissima

Il piccolo branco ha infierito due volte sulla ragazza in un breve arco di tempo

Violenza sessuale su coetanea
Arrestati 4 minorenni a Ischia

ISCHIA - Quattro minorenni di Casamicciola, località situata nell'isola di Ischia, sono accusati di violenza sessuale di gruppo e violenza privata. Sono stati arrestati dalla polizia a seguito dell'emissione nei loro confronti di ordinanze di custodia cautelare. L'accusa della procura dei minori del Tribunale di Napoli è quella di aver violentato, in due episodi ravvicinati nel tempo, una coetanea.

Dalle indagini è emerso che il branco di giovani ha tentato, senza riuscirvi, di violentare anche una seconda ragazza, amica della prima vittima, che però con la forza è riuscita a sottrarsi agli abusi. Le indagini degli agenti del commissariato di polizia di Ischia hanno convinto la procura a chiedere le misure cautelari accolte dal gip.

I fatti sarebbero avvenuti l'11 maggio scorso all'interno di un'abitazione di Casamicciola, uno dei sei Comuni dell'isola di Ischia. Dei 4 arrestati due hanno 16 anni, gli altri due 17. Due degli indagati sono stati portati nel carcere minorile di Benevento, gli altri due in quello di Nisida, a Napoli.

La violenza sessuale sarebbe avvenuta in un appartamento. I quattro si sarebbero impossessati delle chiavi del motorino e del telefonino della vittima, poi uno di essi l'avrebbe costretta al rapporto sessuale mentre gli altri osservavano la scena senza intervenire direttamente.

La ragazza violentata avrebbe tentato di ribellarsi ma sarebbe stata minacciata: "Abbassa la voce altrimenti ti picchiamo". Poi l'avrebbero spinta sul letto. L'amica avrebbe subìto una tentata violenza sessuale, avrebbe rischiato la stessa sorte ma sarebbe riuscita a fuggire.

I quattro ragazzi avevano già ricevuto gli avvisi di garanzia nella serata del 26 giugno, e quindi sapevano di essere soggetti indagati dalla Procura dei minori di Napoli con le accuse di violenza sessuale di gruppo e violenza privata. Il 30 giugno sono stati interrogati, alla presenza di loro difensori, ma non avrebbero risposto alle domande.

Fonte:corriere.it

mercoledì 16 luglio 2008

Traumatizzata da uno stupro si impicca

Dicono, in lacrime, piegati in due dal dolore, che la figlia Valentina non era riuscita a superare quello che aveva passato a Milano in una sera d' inizio giugno 2002. E che per questo si è impiccata. La ragazza e il fidanzato vennero fermati da tre sconosciuti dalle parti della vecchia fiera campionaria, bloccati, picchiati, brutalizzati. Lei subì un tentativo di stupro, sventato dal passaggio di una Volante. Per ore, in ospedale e poi al Centro antiviolenze delle clinica Mangiagalli, la ragazza non riuscì a parlare, a rispondere alle domande. «Era traumatizzata - ricordano ancora a Milano - per lei fu una esperienza tremenda, difficile anche da esprimere a parole. Le era stato offerto il sostegno di uno psicologo e di un assistente sociale, come a tutte le vittime di abusi. Preferì andare subito a casa dei genitori, persone presenti, attente. La raggiunsero in fretta, per starle vicino. Qui, dove lei sapeva che sarebbe potuta tornare quando voleva, anche a distanza di tempo, non l' abbiamo più rivista». Valentina, è la convinzione di mamma e papà, si è tenuta tutto dentro. Un chiodo fisso piantato nella testa e nel cuore. L' impossibilità di dimenticare. La goccia che, momento per momento, ha scavato nella sua fragilità. Un catalizzatore per le altre, quotidiane difficoltà. Giovedì sera - e chissà quanto il macigno del passato è stato determinante e scatenante - ha deciso che non valeva più la pena di vivere, tre settimane prima di compiere 29 anni. Si è impiccata nel piccolo alloggio torinese dove era andata ad abitare tre mesi fa, da sola, mentre studiava all' università, neuropsichiatria, la laurea a portata di mano. Nessuno, nel palazzo di via Giulia di Barolo, ha potuto accorgersi di quello che stava accadendo all' interno dell' abitazione di Valentina, l' ex portineria del piano terra trasformata in alloggio per persone di passaggio. «Non sappiamo nemmeno che faccia avesse - dicono i vecchi del condominio, i pochissimi inquilini che ci abitano da sempre - e neppure come si chiamasse. Non conoscevamo il passato e nemmeno il presente». «Era una ragazza carina, gentile, riservata. Diventava rossa per un complimento, per una battuta su un capo di abbigliamento particolare», aggiungono altre voci. Sono stati i genitori, preoccupati perché da un paio di giorni lei non rispondeva al telefono, a spalancare la porta sulla tragedia. Sono venuti da Casale a Torino, ieri mattina. Sono entrati nell' appartamento, alle dieci e mezzo. E si sono maledetti per non essere arrivati prima. Per Valentina non c' era più niente da fare. Il padre è scoppiato a piangere. La mamma si è sentita male. L' hanno dovuto soccorrere gli operatori del 118, accorsi al palazzo assieme ai carabinieri della compagnia San Carlo. Non c' erano biglietti, in casa. E neppure farmaci o referti di visite specialistiche o riferimenti espliciti a quel maledetto giugno 2002. Ma i genitori non hanno avuto dubbi. Hanno pensato subito da quella sera a Milano, la storiaccia di botte e violenze, il trauma, le visite mediche, le domande di poliziotti e dottori. L' impossibile da esprimere e da dimenticare. E hanno raccontato tutto ai militari coordinati dal maggiore Emanuele De Santis, ora alla ricerca di conferme e di riscontri. Poi il medico legale ha detto che la ragazza probabilmente era morta da 12-15 ore, uno degli aspetti che dovranno essere chiariti dall' autopsia, così come l' eventuale assunzione di medicinali. Gli esami sono stati disposti dal procuratore aggiunto Pietro Forno, che per conferire l' incarico ha aperto un fascicolo a modello 45, quello previsto per i fatti non costituenti reato. Non al momento. «Il trauma di una violenza sessuale può lasciare stimmate indelebili», commenta il magistrato, capo del pool "fasce deboli". L' ipotesi che si possa parlare di istigazione al suicidio, mettendolo in relazione agli abusi di sei anni prima, sembra perà assai remota.
LORENZA PLEUTERI

Fonte: Repubblica — 12 luglio 2008 pagina 8 sezione: TORINO

domenica 13 luglio 2008

"L'ho stordita, poi soffocata Federica non voleva stare con me"

I primi particolari emergono dall'interrogatorio di Victor da parte del giudice spagnolo
Omicidio e aggressione sessuale le accuse. Custodia cautelare per evitare la fuga

L'assassino ha spiegato che la ragazza lo ha rifiutato. Per questo l'ha soffocata
Avrebbe nascosto il corpo nel portabagagli di un'auto. "Ho fatto una cosa ripugnante
di ALESSANDRO OPPES
BARCELLONA - E' stato ascoltato dal giudice istruttore del tribunale di Blanes Maria Teresa Ferrer e adesso passerà i prossimi due anni in carcere: le accuse avanzate contro il barista uruguaiano sono omicidio e aggressione sessuale. Il magistrato spagnolo ha stabilito che Victor dovrà rimanere in custodia cautelare per i prossimi due anni e, se il processo non verrà allestito in questo lasso di tempo, la custodia potrà essere rinnovata ad altri due anni, per un totale di quattro. Le motivazioni di questa decisione, risultata obbligatoria visto che l'uruguaiano non ha dimora fissa in Spagna, sono il rischio di fuga e quello di occultamento delle prove. Alla fine dell'interrogatorio di oggi, Victor è stato trasferito nel carcere di Girona. Non gli sarà concesso neppure il pagamento di una cauzione.

Intanto la famiglia della ragazza uccisa a Barcellona, per bocca del suo avvocato, ha dichiarato di voler continuare a mantenere il silenzio stampa, almeno fino a quando non verranno resi noti i risultati dell'autopsia. "Più passano i giorni più aumenta il loro sconforto" ha dichiarato l'avvocato Pardo. La squadra di legali che tutela gli Squarise ha inoltre annunciato di voler chiedere una nuova autopsia sul corpo della ragazza, una volta che la salma sia tornata in Italia. "Valuteremo con l'anatomopatologo Fenato la necessità di una nuova autopsia in base agli esiti di quella spagnola" ha detto l'avvocato Squarise, che ha però sottolineato che "l'istituto di medicina legale di Girona in Spagna dove è stata eseguita l'esame sulla salma, è uno dei migliori d'Europa".

L'omicidio. I particolari dell'assassinio emergono dal primo atto emesso dal giudice spagnolo. Victor ha raccontato di aver passato la serata con Federica. All'uscita del locale sono rimasti da soli e hanno cominciato a baciarsi: "Federica mi piaceva - ha confessato il giovane uruguaiano - e ho cercato di fare sesso con lei. Ma non voleva andare oltre e mi ha respinto...". A questo punto, Victor non ci ha più visto; alcol e droga, probabilmente gli hanno fatto perdere la testa. Stando alla sua confessione l'omicidio sarebbe avvenuto in due fasi. Prima l'avrebbe stordita, poi, dopo essersi accorto che la ragazza respirava ancora, l'avrebbe soffocata con una maglietta. Una dinamica che è stata confermata dai primi dati dell'autopsia. "Ho fatto una cosa ripugnante", ha aggiunto alla fine del racconto.

Il dubbio rimane sul luogo dove tutto questo sia successo e come mai nessuno li abbia visti. Anche dopo, Victor è stato molto abile o molto fortunato: avrebbe preso il corpo inanimato di Federica e l'avrebbe chiuso nel portabagagli di un'auto. La sua? Qualcosa non torna, anche perché finora si era detto che il giovane possedeva una Renault ma che da tempo non la utilizzava più. Il corpo di Federica, comunque, sarebbe rimasto chiuso nel cofano della vettura per quasi una settimana, il che spiega lo stato pietoso in cui è stato trovato. Poi Victor, non si sa perché, ha deciso di scaricarlo nel parco in pieno centro di Lloret de Mar. Non risultano, per ora, spiegazioni a questo suo strano comportamento. Forse si sentiva braccato ma, certamente, sarebbe stato più semplice buttare il cadavere in mare. E' probabile che tutto si chiarisca con questo e altri interrogatori. Sempre che resti esclusa l'ipotesi di altre persone coinvolte.

La fuga. Dopo essersi liberato del cadavere, Victor ha tentato di fuggire alle forze dell'ordine. Ha modificato il suo aspetto esteriore, scrive il giudice, per cercare di non farsi riconoscere. Poi ha raggiunto Tarragona, 200 chilometri dalla Costa Brava, dove ha chiesto aiuto ad alcuni suoi amici. I ragazzi a cui si rivolge, però, avevano seguito la vicenda di Federica e non avevano nessuna intenzione di coprire il suo assassino. Sono stati loro ad avvisare le forze dell'ordine e a bloccare la fuga dell'uruguaiano in un bar.

Più di un dubbio è stato sollevato sulla decisione della polizia di lasciare andare Victor dopo aver sentito la sua testimonianza pochi giorni dopo la scomparsa della ragazza. El Gordo, come viene chiamato a causa della sua stazza, non aveva fornito un alibi convincente, ma nei suoi confronti non era stato preso nessun provvedimento di custodia cautelare. Con ancora il passaporto in tasca, Victor ha tuttavia preferito dirigersi verso Madrid da un'amica e poi si sarebbe diretto verso Tarragona dove la sua fuga è stata interrotta.

I funerali. Non si conosce ancora la data di rientro in Italia della salma della ragazza, ma il comune di San Giorgio delle Pertiche dove risiede la famiglia Squarise ha annunciato il lutto cittadino nel giorno in cui si svolgeranno i funerali.

Fonte: repubblica.it

mercoledì 9 luglio 2008

Genova, accoltellata dal marito "Lo avevamo denunciato 5 volte"

La ragazza è grave, l´uomo, tunisino, in fuga. La madre: la minacciava ma i carabinieri non hanno fatto niente


GIUSEPPE FILETTO
GENOVA - Due coltellate all´addome, sull´uscio di casa, al termine di una lite. E ora Sara Pavesi, 29 anni, è in gravissime condizioni nel reparto Rianimazione dell´ospedale Villa Scassi, mentre la polizia dà la caccia al mancato omicida in fuga, il marito tunisino della ragazza. «La scorsa settimana aveva giurato che mi avrebbe fatto piangere», dice la madre di Sara. Ieri l´uomo di 40 anni, che nel novembre del 2006 aveva sposato la ragazza per ottenere il permesso di soggiorno ed ora voleva la cittadinanza italiana, ha mantenuto la promessa. «È riuscito a farmi piangere - ripete la donna - anche se in passato abbiamo presentato 5 denunce, chiesto protezione per la nostra unica figlia, ma i carabinieri ci hanno detto che purtroppo la burocrazia e la giustizia italiana non permette di muovere un dito». Una vicenda che ricorda quella di Luca Delfino, che nell´agosto del 2007 ammazzò a Sanremo l´ex fidanzata, Maria Antonietta Multari.
L´uomo, disoccupato, non si rassegnava alla decisione della moglie, che aveva iniziato le pratiche di separazione. Un matrimonio finito in 3 mesi e che lo scorso marzo aveva avuto un altro epilogo: il nordafricano ha tentato di ammazzare la moglie, sempre in quell´appartamento dove avevano deciso di andare a vivere: a San Teodoro, quartiere operaio situato alle spalle della Stazione Principe. «Quel giorno Sara indossava un giubbotto pesante e lui non c´era riuscito ad ammazzarla», racconta la madre. Lui che perseguitava la moglie notte e giorno, la minacciava di morte, perché lei non voleva più saperne di quell´uomo prima gentile ed affettuoso, però diventato violento dopo il matrimonio.

Fonte: repubblica.it

martedì 8 luglio 2008

Arrestato quattordicenne nel sassarese Avrebbe violentato e filmato la sua ex

Il giovane rinchiuso in una comunità di recupero a Cagliari

L'ha trascinata negli scantinati di casa e l'ha ripresa col telefonino minacciando di pubblicare il video su internet

SASSARI - Un quattordicenne di Ozieri (Sassari) ha violentato la sua ex ragazza, coetanea, dopo averla trascinata con l'inganno negli scantinati di casa, ha ripreso tutto col telefonino e poi l'ha minacciata di pubblicare il video su internet se non gli avesse consegnato soldi o droga. Il fatto, accaduto lo scorso febbraio, è stato reso noto solo adesso dai carabinieri della compagnia di Ozieri, che sabato pomeriggio hanno arrestato il giovane, ora rinchiuso in una comunità di recupero a Cagliari.

L'INDAGINE - La scoperta della violenza, ha spiegato in una conferenza stampa il capitano Andrea Pagliaro, si deve soprattutto all'attenzione del dirigente scolastico della scuola superiore che entrambi i giovani frequentano a Ozieri. Il preside e gli insegnanti avevano notato un cambiamento nella ragazza, che da qualche tempo si era stranamente chiusa in se stessa. Il delicato lavoro di indagine ha consentito la ricostruzione dei fatti. La vittima era andata in visita, in febbraio, a casa del suo ex, un giovane con problemi familiari e diversi atti di bullismo alle spalle, che gli erano costati sospensioni e bocciature. Al momento di tornare a casa, il ragazzo aveva voluto accompagnarla in ascensore, ma anzichè dirigersi verso il piano terra l'ha portata negli scantinati del palazzo. Là è avvenuta la violenza, filmata col cellulare, e seguita dalle minacce: «Se non mi dai 150 euro in contanti o 100 euro in droga, finisce su internet», l'aveva minacciata. La giovane era riuscita a riprendersi e ad allontanarsi, promettendogli di accontentarlo.

LA VITTIMA - Impaurita e scossa, la ragazza non aveva confidato a nessuno l'accaduto, ma il cambiamento del suo carattere aveva insospettito genitori e insegnanti, che si erano rivolti ai carabinieri. Il lavoro dei militari ha consentito di individuare il giovane, e nella sua stanza, durante una perquisizione domiciliare, si sono trovati davanti a un letamaio: escrementi di animali sparsi per la camera e indumenti sporchi abbandonati per terra, oltre a quattro grammi di hashish, diverse videocassette porno e alcuni telefoni cellulari. Il filmato della violenza non è stato trovato, ma alcuni compagni di scuola del giovane hanno ammesso di averlo visto, e i tecnici informatici stanno lavorando sui telefoni per recuperarlo. Per lui è scattato l'arresto, disposto dal gip del tribunale dei minori di Sassari Gabriella Pintus su richiesta del pm Antonio Minisola, per i reati di violenza sessuale, tentata estorsione e minacce. Quando i carabinieri sono andati a prenderlo, sabato pomeriggio, ha negato ogni responsabilità, ma poi è scoppiato in lacrime.

Fonte: corriere.it

lunedì 7 luglio 2008

A dodici anni vende le sue foto nuda "Volevo comprare vestiti alla moda"

Treviso, sorpresa nei bagni di una media a scattarsi immagini piccanti con il videofonino
Inviava mms ai compagni in cambio di 5-10 euro. Il provveditore: "Sono preoccupata"


TREVISO - Si fotografava nuda nei bagni della scuola e vendeva le foto ai compagni per comprarsi abiti firmati. Ha appena 12 anni la studentessa di una scuola media di Treviso sorpresa da un professore mentre usava il videofonino per scattare piccanti immagini da vendere per 5 o 10 euro.

"Lo facevo per comprarmi i vestiti firmati che mamma e papà non mi vogliono regalare". Chiamata in direzione, la ragazzina ha confessato. Inviava le immagini con mms ai compagni di classe.

La direttrice dell'Ufficio Scolastico di Treviso Maria Giuliana Bigardi è preoccupata: "La crescente disattenzione delle famiglie nei confronti dei figli è allarmante". Possibile che in casa non si fossero accorti di quegli abiti costosi che indossava la ragazzina?

Dal prossimo anno, la dodicenne non frequenterà più quella scuola media: i genitori hanno preferito trasferirla in un altro istituto e affidarla ad uno psicologo.

Fonte: repubblica.it

venerdì 4 luglio 2008

VENDUTA COME SPOSA, PARTORISCE A 12 ANNI

MILANO - Venduta come sposa a 17 mila euro quando aveva 11 anni e divenuta madre a 12 anni e mezzo: è la terribile storia di una bambina di origine serba che a Brescia ha partorito una figlia nei giorni scorsi. Proprio il parto, avvenuto senza problemi all'ospedale civile di Brescia, ha innescato le indagini.

La Squadra Mobile della Questura di Brescia ha così portato alla luce una vicenda da inquadrare tra quelle dei matrimoni imposti. Il marito, secondo le usanze delle famiglie e delle popolazioni coinvolte, è un 21enne kosovaro residente del Bresciano. L'uomo, disoccupato, è stato arrestato con le accuse di violenza sessuale e riduzione in schiavitù. Nel primo caso si tratta della cosiddetta "violenza presunta" dal momento che secondo la legge una bambina di 12 anni non è in grado di valutare e di dare un consenso legalmente valido ad un rapporto sessuale.

Dalle indagini è infatti emerso che la bambina non sapeva che da un rapporto sessuale sarebbe potuto nascere un figlio. In quanto alla riduzione in schiavitù è stata applicata la Convenzione di Ginevra in cui vengono assimilate a questo reato le pratiche di matrimonio in cui uno dei coniugi non possa sottrarsi.
La ragazzina si trovava in una "condizione di assoluta sudditanza psicologica, derivante dal contesto di clandestinità". A scriverlo è il gip di Brescia Silvia Milesi nell'ordinanza con la quale ha accolto la richiesta di custodia cautelare in carcere presentata dal pm Mara Pucci. Il gip sottolinea anche la "giovanissima età" della ragazza che avrebbe comportato un "evidente approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica adatta a condizionare la volontà della personà".

"Ciò che non viene meno - annota il giudice - per il solo fatto che la minore sia, a quanto pare dalle Sit (sommarie informazioni testimoniali, ndr), assunte dai sanitari, affettivamente legata al nuovo nucleo familiare e manifesti desiderio di rientrarvi". Il giudice spiega anche che la ragazzina e il giovane kosovaro vivevano "una relazione more uxorio", alla quale "non ha neppure tentato di sottrarsi", appunto per la sua condizione di sudditanza psicologica derivante anche dall'essere stata "inserita nel nucleo familiare dell'indagato fuori da ogni regola civile, in assenza di alcun titolo giustificativo dell'affidamento".

La Squadra Mobile ha scoperto che la contrattazione tra i genitori della bambina e quelli del marito era partita da una cifra di 25 mila euro. Poi i genitori del kosovaro sono riusciti a trattare fino a raggiungere i 17 mila euro. Ora la madre e la neonata sono in una comunità protetta. Alla polizia la ragazzina ha detto, parlando di quanto accaduto, "dalle nostre parti si usa cosi'".

Fonte: ansa

mercoledì 2 luglio 2008

Una rifugiata politica etiope è stata avvicinata da un gruppo di nigeriani e drogata. Si è svegliata nuda, ferita e rasata a zero

Sabato notte alla discoteca Matisse. Fermata una donna del «branco»
«Droga dello stupro», violenze su 25enne

MILANO - Ancora la «droga dello stupro», che impedisce le reazioni e cancella i ricordi. La vittima è una ragazza etiope di 25 anni, impiegata, in Italia come rifugiata politica, trovata domenica mattina intorno alle 7 mentre vagava in stato confusionale in via Maffucci, a Milano. Ha raccontato di essere andata a ballare al Matisse con alcuni amici sudanesi, che poi ha perso di vista, e di essere stata avvicinata da un gruppo di nigeriani, tra cui una donna, che le hanno offerto una birra probabilmente drogata con Ghb o scopolamina. Da quel momento non ricorda più nulla, se non di essersi svegliata la mattina dopo in un letto, nuda, accanto alla donna nigeriana, mentre due uomini le rasavano a zero i capelli. La donna le toccava le parti intime. Sul suo corpo numerose ecchimosi, di cui una più grave allo zigomo sinistro.
LA DROGA DELLO STUPRO - Gli investigatori stanno compiendo accertamenti su quanto la ragazza ha raccontato e sono già giunti al fermo della donna nigeriana che l'avrebbe adescata. La vittima è ancora ricoverata alla clinica Mangiagalli per alcuni esami tossicologici. I suoi aggressori potrebbero averle fatto assumere del Ghb, la cosidetta «droga dello stupro», una sostanza chimica inodore e insapore che, sciolta in un drink, è capace di sedare i muscoli e annullare i ricordi (leggi la scheda).
RICORDI CANCELLATI - La 25enne non ricorda il momento in cui, sabato notte, ha lasciato la discoteca «Matisse» per raggiungere l'appartamento, in via Maffucci 53, dove si è risvegliata nuda sul letto, vicino a una donna nigeriana pure nuda. Accanto a sé anche due uomini, sempre nigeriani, che le stavano tagliando i lunghi capelli neri. Verso le 7.20 di domenica mattina gli uomini sono usciti, portando via i capelli in una borsa. Un gesto che ricorda i riti vudù che spesso i nigeriani mettono in atto nell'ambito della prostituzione per minacciare le lucciole. La ragazza è rimasta immobile sul letto finché la nigeriana è andata in bagno, poi è scattata in piedi, ha afferrato una camicetta ed è scappata in strada, chiedendo soccorso in un bar vicino. Il proprietario ha chiamato i carabinieri, che grazie alle indicazioni della ragazza hanno trovato la nigeriana ancora nell'appartamento.
LA DONNA FERMATA - Si tratta di Mabel O., 31 anni, cameriera con regolare permesso di soggiorno ed ex prostituta, con precedenti per lesioni nei confronti di altre donne (era stata condannata a 4 mesi nel 2005) e resistenza a pubblico ufficiale. Ora è agli arresti per violenza sessuale, sequestro di persona e rapina aggravata, dato che con sé aveva il telefono cellulare della vittima. Non sono ancora stati trovati i suoi complici, che probabilmente hanno anche rubato i 200 euro che la ragazza aveva con sé. La vittima è stata trasportata alla clinica Mangiagalli e poi al Policlinico dove è ancora ricoverata per varie escoriazioni e un'ecchimosi allo zigomo sinistro, probabilmente riportata durante una colluttazione da semi-incosciente.

01 luglio 2008

Fonte: corriere della sera

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