giovedì 20 settembre 2007

"Basta con le violenze sessuali"

Striscioni e slogan contro due giovani a processo per l´aggressione di una ragazza in via Libia di Alessandro Cori
Lasciato a terra, nei giardini della Procura, poco prima che inizi il processo, il cartellone rosso portato dalla Rete delle donne, zeppo di slogan contro i presunti aggressori, dovrebbe segnare il confine tra le femministe e gli amici degli "stupratori". Così li definiscono le organizzatrici del presidio. Ma serve a poco.

I due gruppi si affrontano subito, a parole, un duro faccia, e ognuno fa sentire la sua rabbia. Il gruppetto di amici di Federico Fildani e Francesco Liori, 27 e 21 anni, accusati di aver violentato e picchiato una studentessa bolognese in un appartamento di via Libia il 24 settembre dello scorso anno, provano a far partire un applauso di sostegno appena i due ragazzi varcano il cancello della Procura.

Ma le femministe, una settantina in tutto, lo coprono con i loro slogan. Nel gruppo delle donne c´è anche la madre della ragazza, che per un anno intero ha fatto tutto il possibile perché la figlia potesse dimenticare quella sera di paura. Ieri, a darle sostegno, c´erano anche gli scrittori Marcello Fois, Loriano Macchiavelli e Stefano Tassinari. Arriva anche il segretario del Prc Tiziano Loreti. Dall´altra parte dello schieramento, invece, i genitori di Liori, arrivati da Cagliari.

Nessuno abbandona la piazzetta fino all´una, quando comincia a circolare la voce che sarà il rito abbreviato a decidere il destino dei due ragazzi. Sconto di pena per un terzo, insomma. A confermare l´indiscrezione ci pensa l´avvocato Antonio Petroncini, anche lui oggetto di insulti dei collettivi, che difende uno degli imputati. L´udienza col rito abbreviato si terrà il 27 novembre, così ha deciso il gup Andrea Scarpa.

Ma fuori, per quasi quattro ore, è guerra di slogan fra i due gruppi. Le donne gridano «stupratori, fascisti» e «ma che amicizia, che solidarietà, questa è bieca complicità». Il clima si scalda, tanto che a metà mattina le porte della Procura si spalancano e compare il procuratore aggiunto Silverio Piro, che cerca di abbassare i toni: «E´ vostro diritto manifestare e protestare, ma i giudici hanno bisogno di calma per lavorare. Abbiate fiducia nella giustizia». Un appello alla moderazione quasi inascoltato.

Fioccano ancora gli slogan delle donne, gli amici dei ragazzi a processo provano a rispondere («stupratori a chi?») ma le manifestanti non si muovono dal giardino della Procura. Carla, ex coinquilina di Francesco, non regge e scoppia a piangere, poi si rivolge ai cronisti: «Perché non fanno così ogni volta che c´è uno stupro? Giudicano due persone ancor prima che siano condannate».
(19 settembre 2007)
Fonte: repubblica.it

"Per mia figlia un anno d'orrore mai lasciare sole le vittime"

Un anno dopo, parla la madre della ragazza violentata in via Libia: «Mi auguro che tutte le donne che hanno subito violenza ricevano la stessa solidarietà che abbiamo ricevuto noi. Chi sopporta questi affronti non dovrebbe mai essere lasciato solo».
di Valerio Varesi
«È stato un periodo orribile, pieno di sofferenze, ma adesso sia io che mia figlia siamo molto sollevate, soprattutto per le manifestazioni di amicizia che ci sono state offerte». Un anno dopo, la madre della ragazza violentata in via Libia racconta il dolore e la rabbia di chi è stato oggetto di un sopruso. Ma la sua è anche la cronaca della lenta riemersione di una donna dall´angolo buio dove botte e umiliazione l´avevano spinta. «Mi auguro - riprende la madre - che tutte le donne che hanno subito violenza ricevano la stessa solidarietà che abbiamo ricevuto noi. Chi sopporta questi affronti non dovrebbe mai essere lasciato solo».

«Dopo lo stupro abbiamo vissuto venti giorni di incubo» continua la madre. «Mia figlia si svegliava di notte, era preda di crisi di panico, piena di paure, incapace di stare un´ora da sola. C´è voluto tutto il sostegno psicologico di una terapeuta che ci è stata indicata dalla 'Casa delle donne' per riuscire a risalire la china. Le donne vittime della violenza perdono la stima di sé, vengono prese da sensi di colpa e da insicurezza. Nel nostro caso, inoltre, si è aggiunta una campagna oltraggiosa su qualche blog organizzato dai sostenitori dei violentatori. Abbiamo letto cose orrende: lo stupro morale comincia dove finisce lo stupro fisico».

Poi i blog sono stati costretti a chiudere per il veemente intervento delle femministe di Cagliari, ma la ferita si è aggiunta a quelle della violenza. «Mia figlia aveva un occhio tumefatto per cui ho temuto moltissimo, il setto nasale rotto e la parziale sordità da un orecchio. Solo a luglio ha risolto i problemi fisici con un intervento che ha corretto le fratture al naso» spiega ancora la madre. «I violentatori hanno detto che mia figlia era caduta dalle scale. Beh - prosegue - a questo proposito vorrei chiedere al nostro sindaco, da cui tutti invocano legalità, di occuparsi di tante scale scivolosissime su cui reiteratamente continuano a cadere le donne della nostra città che si presentano al pronto soccorso con gli occhi pesti e il naso rotto».

Ma quand´è che la ragazza ha ricominciato a vivere? «Ci sono voluti circa tre mesi» racconta la madre. «È stato quando ha deciso di riprendere a studiare per il dottorato di ricerca e a progettare il futuro. Poi, a un certo punto, ha deciso di ritornare anche a ballare le danze etniche che sono la sua passione: ecco, a quel punto ho pensato che il peggio fosse alle spalle». Non del tutto. La ragazza è stata costretta a cambiare casa per sfuggire a spiacevoli incontri con gli amici dei suoi aggressori.

«Non abbiamo mai risposto alle provocazioni e agli insulti» riprende la madre. «Questa vicenda brutta ci ha permesso anche di conoscere gente meravigliosa come quella signora che ieri, giorno di udienza, avendo appreso la vicenda dal Tg1, si è recata in Tribunale e ha trovato una solerte impiegata che le ha indicato la procura di piazza Trento e Trieste. Io non la conoscevo, non l´avevo mai vista, ma si è presentata dicendomi solo che era lì per sostenere una buona causa».
(19 settembre 2007)
Fonte: repubblica.it

domenica 16 settembre 2007

Abusa della nipote e le offre uno spinello

Un uomo di 45 anni è stato arrestato con l'accusa di violenza sessuale e cessione di sostanze stupefacenti
TORINO
Per 4 anni, da quando ne aveva 12, ha dovuto subire le attenzioni morbose dello zio che, secondo le accuse, per vincere le sue resistenze la prima volta, le avrebbe anche fatto fumare uno spinello, di cui lui faceva un uso continuo. Con l’accusa di violenza sessuale, maltrattamenti, cessione e di sostanze stupefacenti a minore con lo scopo della violenza sessuale e induzione alla prostituzione minorile, dal momento che dopo ogni abuso l’uomo faceva regali alla nipote o le dava qualche euro, gli uomini della sezione Interforze della Procura di Torino coordinati dal maresciallo Alberto Sorba hanno arrestato, a conclusione di un’indagine del pm Marco Bouchard lo zio della ragazza, un 45enne, e denunciato per concorso omissivo in violenza sessuale anche la nonna della giovane che oggi ha 16 anni.

Tutto ha inizio dopo la separazione dei genitori della ragazza che per qualche tempo va a vivere dalla nonna materna con la quale abita anche lo zio. Secondo quanto raccontato dalla giovane che si è confidata con due amiche e con gli operatori dei servizi sociali, dai quali è partita la segnalazione alla Procura, lo zio avrebbe iniziato a mostrare attenzioni sessuali nei suoi confronti iniziando con palpeggiamenti superficiali, divenuti poi sempre più pesanti fino a tentare, nel giugno di quest’anno, un rapporto sessuale completo al quale la ragazza ha reagito riuscendo ad impedire lo stupro vero e proprio.

Secondo il racconto della giovane lo zio per convincerla a subire gli abusi le avrebbe anche detto che altre bambine facevano le stesse cose e che lei sarebbe stata una sciocca a non accettarle, facendo anche il nome di una ragazzina appartenente alla cerchia della sua famiglia allargata. E da successive indagine è infatti emerso che anche a quest’ultima l’uomo avrebbe fatto delle avance, offrendole anche uno spinello, ottenendo però il rifiuto della vittima.

Gli inquirenti, che avrebbero ricostruito una trentina di episodi in 4 anni, hanno anche denunciato la nonna perchè è emerso, dai racconti della ragazza che probabilmente sapeva, avendole fatto intendere che aveva capito che cosa succedeva. A una domanda specifica se lo zio le avesse chiesto di avere rapporti con lui la nonna, ricevuta risposta affermativa, avrebbe sminuito la cosa dicendo che forse suo figlio aveva fumato troppo. Ora la ragazza è stata affidata a una comunità mentre lo zio, che avrebbe fatto parziali ammissioni dando però la colpa alla nipote, è finito in carcere.

Fonte: La Stampa.it

venerdì 14 settembre 2007

Stupri e pestaggi, è emergenza

Il caso di due polacche in balia dei violentatori e una spedizione punitiva nelle campagne: il presidente Stallone accusa, di Gabriella De Matteis "E´ una situazione insostenibile, dobbiamo intervenire subito. E´ come una malattia"
Un giovane rumeno assiste allo stupro di una ragazza polacca e chiama i carabinieri. Due pregiudicati albanesi pestano due braccianti agricoli senegalesi, ordinandoli di non lavorare più nelle campagne. Le due storie arrivano dal capoluogo dauno, all´indomani della denuncia di scomparsa da parte della polizia polacca di 119 connazionali e nello stesso giorno in cui il presidente della provincia lancia l´allarme. «Sono necessari interventi concreti, non possiamo più aspettare, la situazione deve essere tenuta sotto controllo» dice Carmine Stallone. C´è il problema degli immigrati sfruttati, l´emergenza del lavoro nero soprattutto nella raccolta del pomodoro. «Non c´è un caso Foggia, ma sicuramente la ricerca di una soluzione non può più essere rinviata» spiega il presidente della Provincia. L´altra notte, nel capoluogo dauno, due ragazze polacche sono state violentate. Un trentaduenne, originario della Costa d´Avorio, è stato arrestato. Poco prima della mezzanotte le vittime, di 22 e 23 anni, incontrano alla stazione ferroviaria due giovani immigrati. I quattro fanno amicizia, è una serata come tante. Le ragazze accettano l´invito a seguirli nella loro abitazione, solo che la casa è una vecchia scuola in viale Fortore abbandonata dove spesso trovano riparo gruppi di immigrati senza permesso di soggiorno. E´ qui che la notte si trasforma in un incubo. Il trentaduenne della Costa d´Avorio offre prima da bere alle due giovani polacche, poi cerca di violentarle. Ci riesce con la più piccola, solo da un mese in Italia. La costringe a distendersi su un vecchio materasso e nel cortile dello stabile, sotto lo sguardo di altri immigrati, la obbliga a subire violenza. L´altra ragazza, in Italia da due anni, invece, scappa. Ad aiutarla è il giovane nordafricano che aveva conosciuto alla stazione. Insieme scappano e si rifugiano in un vecchio vagone ferroviario. E´ lì che la ritrovano alle sette del mattino i carabinieri del reparto operativo. A far scattare l´allarme alcune ore prima era stato un giovane rumeno. Aveva assistito allo stupro nel cortile della scuola e aveva chiamato il 112. Quando i militari arrivano nell´edificio, fermano il cittadino della Costa d´Avorio e soccorrono la giovane polacca. E´ lei a dire che la sera era con un´amica, a raccontare di non averla più vista. I carabinieri, preoccupati, cominciano le ricerche e ritrovano la ragazza nel vagone. Poco prima era stata violentata da un immigrato marocchino che, forse, sotto la minaccia ha costretto il giovane che la aveva aiutata, ad allontanarsi. A San Marco in Lamis, invece, i carabinieri hanno arrestato due cittadini albanesi. Reclutati da un italiano, avevano organizzato una spedizione punitiva contro due senegalesi, costringendoli a lasciare le campagne dove lavoravano. Il pestaggio sarebbe stato organizzato per lasciare spazio ai ragazzi ai rumeni che, sul mercato nero, costano meno rispetto ai lavoratori africani. «E´ una situazione insostenibile, l´emarginazione, lo sfruttamento possano causare anche forme di delinquenza. Dobbiamo intervenire subito. E´ come una malattia, se si è arriva troppo tardi, ogni rimedio è inutile» conclude Carmine Stallone.
12 settembre 2006
Fonte: espresso.repubblica.it

Stupri: Accusato da 14enne era innocente, 18 giorni in carcere

1 settembre 2006 alle 21:24 — Fonte: repubblica.it

Un ragazzo di 24 anni, di Ferrara, accusato di violenza sessuale su una quattordicenne è stato rilasciato dopo 18 giorni di carcere perché risultato innocente.

La denuncia nei suoi confronti era stata presentata il 29 luglio scorso, attraverso il racconto che la ragazzina aveva fatto ai carabinieri. La ragazza aveva parlato di tentativo di violenza sessuale. Il giorno dopo i militari hanno arrestato il giovane ferrarese e il provvedimento di custodia cautelare in carcere era stato convalidato. Ma il 17 agosto, le indagini della Procura di Ferrara, supportate dalle perizie mediche sulla ragazza, avevano fatto cadere ogni accusa nei confronti del 24enne: il fatto non sussiste, revocata di conseguenza la custodia cautelare dopo 18 giorni di detenzione nel carcere di Ferrara.

domenica 9 settembre 2007

FESTIVAL DI VENEZIA 2007

(...)
A De Palma la miglior regia
Il Leone d’argento è andato a Brian De Palma e al suo Redacted, film documento sulle conseguenze della guerra in Iraq. La trama ruota attorno a un gruppo di soldati statunitensi di stanza in Iraq e sullo stress che il conflitto infligge loro. De Palma parte da un fatto reale, lo stupro di una ragazzina di 14 anni e il massacro della sua famiglia, per fare luce su una guerra raccontata dai media attraverso imbarazzanti omissioni. Il premio speciale della Giuria per questa edizione del Festival veneziano ha avuto un ex aequo: La Graine et le mulet del regista franco-tunisismo Abdellatif Kechiche e I'm not there di Todd Haynes. Entrambi portano a casa altri due premi rispettivamente il Premio Marcello Mastroianni per la giovane attrice emergente, la splendida Hafsia Herzi che nel film di Kechiche seduce con una conturbante danza del ventre, e la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Cate Blanchett, per la straordinaria immedesimazione in Bob Dylan.
(...)
Fonte: La Stampa.it

sabato 8 settembre 2007

Figli stupratori? Genitori senza casa

I giudici sequestrano gli appartamenti alle famiglie
PAOLO COLONNELLO
MILANO
«Purtroppo succede spesso che i genitori neghino le colpe dei figli o comunque non ne siano del tutto consapevoli. Rivalersi su di loro è semplicemente doveroso». Per Livia Pomodoro, presidente del Tribunale dei minori di Milano, la decisione dei giudici civili di sequestrare la casa ai genitori di un adolescente che con altri aveva per mesi abusato di una bambina di undici anni, non è una novità. «È già successo altre volte, lo prescrive la legge. Sono convinta che se certe persone si colpiscono nel portafoglio, magari si svegliano. Il vero fenomeno grave non sono gli episodi di bullismo ma la sottovalutazione in ambito famigliare di quanto accade» E come si spiega? «Perchè i loro figli sono fatti a loro immagine e oggi si preferisce rivedersi alla tv anziché allo specchio». Dunque, che le colpe dei figli ricadano sui padri. È la dottrina adottata da tempo dal tribunale civile, in particolare dalla decima sezione. E quando padri (e madri) non hanno mezzi liquidi per risarcire il danno causato dai loro pargoli «irrequieti», i giudici scelgono la strada del sequestro conservativo degli immobili.

Così nel dicembre del 2004, affrontando il caso della bambina di 11 anni violentata ripetutamente da cinque adolescenti (il più grande aveva 17 anni), i giudici hanno stabilito che i genitori erano da «considerarsi responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori», disponendo perciò il sequestro conservativo della loro abitazione. Secondo i giudici infatti i genitori di almeno tre dei giovani imputati, non avevano dimostrato di «non aver potuto impedire il fatto» nonchè «di aver assolto adeguatamente al loro complessivo compito di cura che, con riferimento a soggetti adolescenti e preadolescenti, involge “l’educazione sentimentale”, il rispetto degli altri e le modalità relazionali anche con l’altro sesso, temi rispetto ai quali - proseguiva l’ordinanza - la funzione genitoriale - servendosi di una tanto delicata quanto onerosa, strategia dell’attenzione - deve trovare ogni opportuna modalità per consentire la crescita dei ragazzi».

Il sequestro dell’abitazione, che dovrebbe coprire un danno fino a 230 mila euro, potrà venire confermato quando, il prossimo dicembre, la causa civile si dovrà concludere. Ma non è escluso che si giunga prima ad una transazione che trasformi il sequestro in un risarcimento pecuniario. Un caso simile, sempre affrontato dalla stessa sezione del tribunale, si era verificato per l’omicidio di una quattordicenne accoltellata nel cortile della scuola a Sesto San Giovanni nel 2001: anche in quell’occasione i giudici stabilirono il sequestro dei beni della famiglia del sedicenne che l’aveva uccisa. Un ragazzo problematico che nella sua camera, ascoltando musica di Marylin Manson, si tagliuzzava le braccia con lo stesso coltellino usato poi per assassinare la compagna di scuola. Scrissero i giudici che «i genitori avrebbero dovuto accorgersi del disagio sociale» vissuto dal ragazzo e «i comportamenti autolesionistici già noti anche a scuola» non avrebbero dovuto «essere sottovalutati come manifestazioni adolescenziali ma riconosciuti come segnale di allarme di disagio della personalità del giovane».

Fonte: La Stampa.it

giovedì 6 settembre 2007

California: «Islamico e nero, il fornaio con licenza di crimine»

California, il forno islamico tollerato malgrado i crimin.i
Stupri, torture, omicidi nati nel retrobottega. Mentre la polizia stava a guardare per mesi

Il caso riguarda un’attività commerciale conosciuta come Your Black Muslim Bakery (Il vostro fornaio islamico nero), situata sulla San Pablo Avenue a Oakland, in California. Il suo fondatore, di nome Yusuf Bey, è stato arrestato nel 2002 con l’accusa di violenza sessuale ai danni di ragazze minorenni.
Successive indagini hanno evidenziato come il titolare avesse una lunga fedina penale di stupri e abusi sessuali sulle sue seguaci e fosse padre di un gran numero di bambini illegittimi. Bey è morto nel settembre del 2003, prima di poter comparire davanti al giudice.
Il figlio, Yusuf Bey IV, è già stato arrestato due volte, la prima per il sospetto che fosse a capo di una gang che ha devastato due negozi di alcolici a Oakland e minacciato i loro proprietari, e la seconda (forse di natura meno islamica) per aver travolto con l’auto un buttafuori di San Francisco. Un altro membro della «famiglia» del fornaio, Nedir Bey, è accusato di aver malmenato con una torcia elettrica un potenziale concorrente in affari, mentre un altro membro della gang ha torturato la vittima con un coltello arroventato.
Questo e numerosi altri delitti sono stati oggetto di un’indagine dell’East Bay Express, un settimanale locale. Il giornalista, Chris Thompson, è stato pedinato e minacciato e, per sicurezza, si è visto costretto a lavorare per diversi mesi in un quartiere diverso dal suo dopo la serie di articoli sul negozio del fornaio. Il direttore del settimanale, Stephen Buel, ha riferito che il suo ufficio e la redazione del giornale sono stati subissati di minacce e visitati da individui poco rassicuranti e che tutto questo clima vessatorio prendeva origine dalle inchieste sulla panetteria islamica.
«Abbiamo ricevuto diverse minacce in segreteria telefonica e le abbiamo conservate. Una di queste era la registrazione di un discorso di Yusuf Bey padre» dice Buel. A un certo punto, ammette Buel, gli è sembrato chiaro che seguire il caso della panetteria lo esponeva a rischi troppo grossi.
Oakland è una città avvezza alla criminalità, ma a cominciare dallo scorso dicembre si è inasprita quella che la stampa ama definire la «spirale di violenza». Durante quel mese, un’automobile è stata crivellata di proiettili; a maggio, due persone sono state rapite e una di loro derubata e torturata. A luglio, due cittadini sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco nella parte nord della città. I proiettili, secondo la polizia, hanno tutti la medesima provenienza, che anche voi avrete indovinato. Il compianto Herb Caen, indimenticabile opinionista del San Francisco Chronicle, la chiamava scherzosamente la «Bagdad sulla Baia», ma si riferiva allo spettacolo satirico «Beach Blanket Babylon», e non a questa orrenda carneficina.
La mia è solo una domanda, ma stupro, poligamia, intimidazione, tortura, omicidio, sono tutti reati che scaturiscono dal medesimo indirizzo e alcuni di essi vengono perpetrati in nome del fanatismo ideologico. Che cosa aspetta la polizia a irrompere nel covo dei delinquenti? Dovremo vedere attaccare per la strada le donne senza velo o che i delitti d’onore e la mutilazione genitale femminile ritornino in auge? (Non ci sono legami ufficiali tra il fornaio islamico e la Nation of Islam, l’associazione razzista ed estremista di Louis Farrakhan, anche se pare che Yusuf Bey padre si fosse convertito a una qualche forma di Islam sotto il patrocinio di questa organizzazione).
La mia domanda ha ricevuto una risposta lo scorso 3 agosto, quando la polizia di Oakland finalmente ha dato l’assalto alla panetteria islamica e a tre edifici adiacenti, arrestando sette persone, tra cui Yusuf Bey IV. Questa azione, tuttavia, è giunta troppo tardi per salvare la vita a Chauncey Bailey, lo stimato direttore dell’Oakland Post, settimanale di proprietà afroamericana, che aveva deciso di riprendere le indagini dal punto in cui le aveva abbandonate l’East Bay Express, per passare al setaccio le finanze del fornaio. Bailey è stato assassinato in pieno giorno, il 2 agosto, in una via di Oakland.
Un giovane operaio della panetteria, Devaughndre Broussard, è stato accusato dell’omicidio di Bailey, mentre altri membri del gruppo sono indagati per coinvolgimento nei precedenti reati. La panetteria stessa è indebitata con il fisco per oltre 200.000 dollari e lo scorso ottobre ha presentato istanza di fallimento.
Ancora una volta, e la mia è solo una provocazione: ma se questa organizzazione si fosse chiamata «panetteria cristiana dei bianchi» oppure «pasticceria delle nazioni ariane»? Credo che il sindaco di Oakland, Ron Dellums — ho scoperto, con somma sorpresa, che è ancora in vita — si sarebbe precipitato a manifestare davanti al negozio (e ci sarei andato anch’io). Lo stesso avrebbe fatto la deputata Barbara Lee, nel cui quartiere lavorava il fornaio islamico. E invece, per il suo ruolo di «attività commerciale di quartiere», la panetteria ha goduto dell’appoggio, anche finanziario, sia del sindaco che della deputata. E le armi per tutti gli omicidi passati e futuri erano custodite in quel negozio. Se questo non significa chiudere un occhio davanti al crimine, allora è impossibile trovare altra definizione.
Da molto tempo i residenti si lamentavano del clima di odio e di violenza istigato dalle attività del fornaio, e dei tentativi dei suoi addetti di «ripulire» il quartiere, che si trattasse delle rivendite di alcolici, su ispirazione jihadista, o semplicemente della concorrenza commerciale e dei giornalisti che li criticavano.
Che cosa faceva la polizia nel frattempo, e perché si è dovuti arrivare all’assassinio di Bailey prima di passare all’azione? Forse perché i poliziotti si dedicavano alle loro attività preferite, cioè confiscare cannabis e scacciare prostitute, in modo da migliorare le statistiche della criminalità senza troppa fatica.
Ho chiamato Bob Valladon, capo del sindacato di polizia di Oakland, uomo rude e senza tatto, ma non sono riuscito nemmeno a formulare la mia domanda che mi è arrivata prontamente una ramanzina. Altri funzionari di polizia della California si sono rifiutati seccamente di rispondere a qualsiasi domanda. Non posso criticarli: migliaia dei loro elettori e concittadini vivono terrorizzati, in condizioni da Terzo mondo, costretti all’omertà sotto la minaccia delle armi, e loro non se la sentono di rischiare la pelle.
Questa apatia ufficiale — che sfocia nella collusione — è supportata da una cultura che impone il «rispetto» verso qualsiasi organizzazione, per quanto criminale, che si nasconda dietro una facciata di «ispirazione religiosa ». Se io mi fossi presentato davanti a quella vergognosa panetteria con un cartello che diceva «i musulmani afroamericani sono razzisti e fanatici», sono certo che i poliziotti sarebbero arrivati in un baleno per arrestarmi. Molto probabilmente mi sarei visto imputare il reato di «istigazione all’odio razziale».
Come ho scritto prima e scriverò ancora: questo stato di cose deve finire, e deve finire subito, prima che il fornaio della Sharia apra un negozio sotto casa vostra.
Christopher Hitchens
(C) Christopher Hitchens, distribuito da The New York Times Syndicate Traduzione di Rita Baldassarre
18 agosto 2007

domenica 2 settembre 2007

Marito padrone e violento

"Mi ha picchiata perché sono uscita a fare la spesa senza chiedergli il permesso"
di Alessandro Cori
«Ero uscita a far la spesa con i miei bambini senza avergli chiesto il permesso, per questo mi ha picchiato». Agitata e spaventata, dopo essersi chiusa nel bagno del suo appartamento insieme ai figli per paura che il marito continuasse a colpirla, una donna marocchina di 36 anni ha spiegato così il comportamento del suo uomo agli agenti che l´hanno soccorsa dopo averla sentita gridare.

Lui, un tunisino di 40 anni, regolare, come la moglie del resto, era ubriaco e visibilmente su di giri, quindi, non contento, si è scagliato anche sui poliziotti e sul fratello della donna, arrivato con gran foga per farsi giustizia da solo.

La giovane marocchina, dopo aver trovato il coraggio di chiamare il 113, cosa non sempre scontata in questi casi, non ha voluto però denunciare il marito, Hamami Bechir Ben Mohamed, che comunque è stato arrestato dalla polizia per resistenza a pubblico ufficiale, lesioni finalizzate alla resistenza e minacce aggravate. Stesse accuse che hanno fatto scattare le manette anche per il fratello della donna, San Haji Abdelhafid, di 32 anni.

E´ poco prima delle sette di mercoledì pomeriggio, quando al sesto piano di un palazzo popolare di via Gandusio va in scena la violenta lite familiare. L´edificio, abitato in gran parte da famiglie straniere è imponente ma sporco e degradato. Quando i poliziotti, chiamati con il cellulare dalla donna marocchina, arrivano nell´appartamento, della 36enne non c´è traccia. Gli agenti identificano il marito, chiaramente ubriaco, si trattengono ancora un po´ e solo allora sentono la donna urlare dal bagno. Aprono la porta e la giovane marocchina inizia a raccontare la sua verità. Dopo essere uscita a fare la spesa con i figli, di 1 e 3 anni, al suo rientro aveva trovato il marito già in casa. L´uomo, furioso per non averla vista, ha pensato bene di colpirla con una serie di schiaffi sul collo e sul volto. Il racconto della donna viene però interrotto dall´arrivo del fratello, chiamato anche lui dalla giovane dopo essersi chiusa nel bagno. Alla vista del marocchino, il tunisino ubriaco ha afferrato un coltello e si è scagliato contro il cognato, che per tutta risposta si è difeso con un bastone.


All´arrivo di una seconda volante, però, i due hanno cominciato a menare i poliziotti che poi sono riusciti a dividerli e li hanno portati in questura. Per il tunisino, poi, è scattata anche la denuncia per violenza privata e percosse: su questo in Procura è stato aperto un fascicolo. Gli agenti coinvolti nella lite hanno ricevuto 5 e 7 giorni di prognosi per contusioni alla spalla, polsi e gomito. «Non credevo potesse accadere una cosa del genere - racconta un vicino di casa della famiglia, che abita sullo stesso piano - sono due persone molto tranquille, abitano qui da più di un anno e non avevano mai creato problemi. Lei è una ragazza molto gentile, veste all´europea, senza veli o altro. Parla bene l´italiano e mi sembrava fosse felice».
(31 agosto 2007)
Fonte: repubblica.it

sabato 1 settembre 2007

Stupra 15enne: assolto per sonnambulismo

Il fatto dopo una festa a base di alcol

Un militare inglese che ha abusato di una ragazzina è stato prosciolto. La difesa: «Mi sono svegliato nudo in strada»

LONDRA - Un uomo accusato dello stupro di una 15enne è stato assolto perché quando ha abusato della ragazza era in stato di sonnambulismo.
Il fatto è successo il 19 novembre scorso. Kenneth Ecott, un militare della Royal Air Force (l'aviazione militare britannica), allora si trovava al Royal British Legion club di Poole (nel Dorset) per festeggiare il compleanno di un amico. Dopo una serata a base di vodka e altri alcolici, il gruppo di invitati, fra cui la ragazza e la sua famiglia, si erano coricati alla buona su alcuni materassi gonfiabili del club. Ad un certo punto della notte, la giovane si era però svegliata rendendosi conto all'improvviso che l'uomo era sopra di lei e la stava violentando. Ma il giovane ha detto che solo più tardi, ritrovandosi nudo in mezzo alla strada, e sentendo le grida della ragazza, il si era reso conto di quanto era successo e si era scusato con la famiglia della giovane. È stato creduto ed assolto.
LA DIFESA - «Sono andato a dormire - ha detto Elcott durante in processo, ricostruendo quanto era avvenuto -. Dopo, mi sono ritrovato in mezzo alla strada, nudo. Sono rientrato, e l'ho sentita piangere: tutto mi è tornato in mente. Tutti mi chiedevano: "Cosa hai fatto?", ma io non sapevo rispondere, non potevo crederci». «Ero sotto shock - ha continuato l'uomo -. Non ero neanche sicuro di cosa avessi fatto». Ecott entrò nella Raf nel 2004. Lo scorso hanno, ha prestato servizio per quattro mesi in Iraq e per tre mesi in Afghanistan: in seguito a queste esperienze, secondo quanto ha spiegato in tribunale, ora avrebbe problemi di sonno e soffrirebbe di sonnambulismo. Non è una novità infatti che alcune persone facciano sesso senza accorgersi durante la notte. La patologia studiata dagli scienziati inglesi è stata chiamata «sexsomnia».

07 agosto 2007

Fonte: Corriere della Sera

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