giovedì 24 luglio 2014

Violenza domestica e crudeltà sugli animali

VARESE, "RE" DELL'ORO UMILIA LA SUA COMPAGNA E DECAPITA IL GATTO
Mirko Rosa arrestato per maltrattamenti e lesioni

Un gatto decapitato, la compagna umiliata e costretta anche a bere dalla scodella del micio. Emergono inquietanti dettagli sull'arresto di Mirko Rosa, imprenditore 40enne della nota catena compro oro "MirkOro", avvenuto nei giorni scorsi a Castellanza, in provincia di Varese. L'uomo, accusato di maltrattamenti e lesioni, è rinchiuso nel carcere di Busto Arsizio da giovedì scorso. Il quotidiano "La Prealpina" ha raccolto la testimonianza di Giacomo de Luca e di sua figlia Nadia, compagna del manager. De Luca è l'uomo che lo ha aggredito facendolo finire all'ospedale con una ferita all'arcata sopracigliare. La versione della giovane - riferisce il quotidiano varesino - "è la stessa fornita agli inquirenti", che ora stanno verificando la veridicità dei fatti. Intanto, nella notte tra domenica e lunedì, è stato dato alle fiamme il fuoristrada di Rosa.
Tutto sarebbe iniziato nella notte tra mercoledì e giovedì, quando l'imprenditore avrebbe decapitato il gatto di casa, un micetto di pochi mesi comprato qualche giorni prima. Successivamente avrebbe mostrato il corpo senza vita alla convivente, minacciandola: "Ti faccio fare la stessa fine". Questo sarebbe solo l'inizio di questa scena da film dell'orrore. Successivamente Rosa l'avrebbe chiusa in uno sgabuzzino, obbligandola a bere nelle scodella del micio. Poi, non contento, l'avrebbe picchiata, minacciata di essere gettata dalla finestra e forse anche costretta a subire un rapporto sessuale.
L'incubo della 21enne sarebbe durato fino al mattino seguente, quando la giovane - che aveva appuntamento con il pediatra per una visita alla bambina di un anno - avrebbe detto all'uomo di liberarla e che, se non l'avesse fatto, si sarebbe buttata dalla finestra. A quel punto l'imprenditore dell'oro l'avrebbe fatta uscire di casa e lei si sarebbe rifugiata a casa di alcuni amici.
Poi la lite tra il presunto aguzzino e il padre della compagna. La prima telefonata tra Giacomo De Luca e Mirko Rosa sarebbe stata alle 9 di giovedì. Durante la notte la 21enne aveva mandato un messaggio al padre, prima che il compagno distruggesse il suo telefono, ma De Luca aveva il telefono spento. Non appena Rosa e De Luca sarebbero riusciti a parlare al telefono, la conversazione si sarebbe subito scaldata. E, quando ha visto la figlia, il padre l'ha subito portata dai carabinieri per sporgere denuncia. In caserma, all'arrivo di Rosa, la colluttazione tra i due, finita con il "re dell'oro" al pronto soccorso.
Non finisce qui. Perché, nella notte tra domenica e lunedì di questa settimana, intorno alle 3, l'Hummer giallo - simbolo della sfrontata ricchezza del "re dell'oro" - è stato dato alle fiamme dopo essere stato cosparso di benzina. E il mistero su questa torbida vicenda s'infittisce.

Fonte: http://www.nelcuore.org/blog-associazioni/item/varese-manager-dell-oro-decapita-il-gatto-di-casa-e-umilia-la-compagna.html

Massacro di donne a Bagdad

Iraq, massacro di donne a Bagdad. Forse uccise perché prostitute 

Spedizione di un commando armato in un palazzo: 29 morti, tra cui venti donne. Le milizie sciite hanno in passato preso di mira le prostitute e i rivenditori di alcol 

 BAGDAD - Almeno 29 persone, tra cui 20 donne, sono state uccise questa sera in un palazzo di Zayouna, nella zona est di Bagdad. Il massacro è stato compiuto da uomini in divisia mimetica e abiti civili. La polizia intervenuta sul posto ha trovato i corpi delle vittime riversi sulle scale, forse nell'atto di scappare o di nascondersi: "Quando siamo arrivati - ha raccontato un poliziotto alla Reuters - sulle scale abbiamo visto i corpi di un paio di donne, e sangue che scorreva giù dalle scale. Siamo entrati in un appartamento e abbiamo trovato cadaveri ovunque. Alcuni stesi sul divano, altri per terra. Una donna forse ha cercato di nascondersi in un armadio in cucina ed è stata freddata lì". Le milizia sciite sono state in passato accusate di aver condotto omicidi mirati e raid armati proprio in quella zona della capitale ai danni di prostituite e di rivendite di alcolici, in una campagna contro la diffusione del vizio.

Fonte: http://www.repubblica.it/esteri/2014/07/12/news/iraq_massacro_di_donne_a_bagdad-91417373/

sabato 12 luglio 2014

Quando un diritto è negato e la legge che lo tutela viene svuotata di significato


Voglio dire grazie a tutte quelle persone che “difendono la vita”.
Grazie agli obiettori e ai non obiettori che ‘hanno capito tutto’, farmacisti/e, medici/he, infermieri/e, grazie alle sentinelle in piedi, sedute e stese, grazie a chi prega per i “non nati”, grazie a chi gestisce centri per “il dono della vita”,  i quali diffondono volantini con immagini (false) di feti abortiti o che si succhiano il dito e depliant sulla “sindrome post aborto”. Grazie per i monumenti cimiteriali e no, dedicati all’essere “madre di un figlio morto”. Grazie ai preti e alle suore, laiche e consacrate. Grazie ai politici e alle politiche che usano i “temi etici” come moneta di scambio. Grazie a tutti quelli che nel web non mancano mai di esprimere il loro parere contrario all’aborto delle altre – chiunque sia quell’altra – anche se non hanno un utero… semplicemente rispondendo con un “contrario”, in un sondaggio su facebook. E se gli fai notare che opinione per sé è diverso da giudizio o imposizione sull’altr@, ti danno della fascista.
Grazie, perché abbiamo bisogno della vostra caparbietà e costanza. Senza di voi rischieremmo di dimenticare che, in quanto donne, la dobbiamo pagare cara e amara sempre, e non contiamo niente, siamo solo merce di scambio, animale umano da fatica o compagnia – fino a quando culo e zizza restano sodi - e da riproduzione: martiri della maternità da ricordare con cinque minuti di silenzio, poi si va al mare a vivere la propria vita.
Grazie. Senza di voi certi risultati non riusciremmo nemmeno a immaginarli.
“Se vuoi fare subito, due o tre giorni, devi pagare questo. Se invece vuoi andare all’altro ospedale, non paghi niente, ma c’è molto da aspettare”. Le intercettazioni ambientali ed il video, che attesta anche un passaggio di denaro non lasciano spazio alle interpretazioni. I tempi d’attesa, indefiniti, sono stati lo spauracchio per numerose donne che hanno deciso di sottoporsi ad intervento di interruzione volontaria di gravidanza in ospedale (quindi una prestazione a carico del servizio sanitario nazionale), ma dietro pagamento, pur di  accorciare i tempi. Cento euro come tariffa standard per un aborto in tempi rapidi – qualche giorno dopo la richiesta -  altrimenti bisognava attendere, non si sa quanto, rischiando di superare il limite dei 90 giorni, termine oltre il quale non si può praticare l’intervento. E’ quanto scoperto dai carabinieri di Cerignola all’interno dell’ospedale “Tatarella” del centro ofantino, dove due medici sono stati arrestati (ai domiciliari) e dovranno rispondere del reato continuato di concussione in concorso.
Secondo l’accusa, i due – Osvaldo Battarino e Giuseppe Belpiede, di 56 e 62 anni, il primo dirigente medico responsabile del servizio di interruzioni volontarie delle gravidanze del presidio ospedaliero ed il secondo quale direttore dell’unità di anestesia e rianimazione della medesima struttura – avrebbero chiesto alle donne che si presentavano per compiere l’interruzione volontaria della gravidanza, di versare loro somme di denaro in contanti (100 euro che i due indagati dividevano tra loro), subordinando a questo pagamento l’effettuazione tempestiva dell’aborto, il cui costo è però a carico del servizio sanitario nazionale.
L’indagine è partita alla fine del 2013 quando un uomo ha denunciato ai carabinieri di Cerignola che Battarino (unico medico in servizio presso l’unità di ginecologia ed ostetricia di Cerignola a non aver sollevato obiezione di coscienza all’esecuzione degli aborti) aveva preteso il versamento di 100 euro in contanti per effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza alla figlia. “Il denunciante – spiegano nero su bianco i carabinieri – precisava che nonostante avesse rappresentato al Battarino di fruire dell’esenzione dal pagamento del ticket per la prestazione sanitaria, il professionista aveva preteso la somma richiesta da ripartire in parti uguali con l’anestesista spiegando che, in difetto, non avrebbe eseguito l’intervento prima del compimento del novantesimo giorno di gravidanza”.
Le indagini hanno quindi accertato che quello denunciato non era un caso singolo, ma che sussisteva un vero e proprio sistema che subordinava la celere interruzione di gravidanza al pagamento di somme di denaro. Così i due professionisti, sfruttando il fatto di essere gli unici medici dell’ospedale di Cerignola a non essere obiettori di coscienza, effettuavano gli aborti a pagamento, durante il normale orario di servizio, nei locali e mediante le attrezzature appartenenti alla struttura ospedaliera pubblica di Cerignola.
Dalle intercettazioni, inoltre, si evince che Battarino dava ai colleghi la disponibilità ad intervenire celermente, anche il giorno successivo alla telefonata, sempre che pagassero la somma richiesta: “se tu vuoi io la posso fare pure domani mattina. Se lei sa che praticamente io le faccio il certificato e la visita di Belpiede sono cinquanta e cinquanta, non c’è problema, può venire domani mattina”. Il Battarino riceveva, quindi, la paziente nel suo studio e si faceva consegnare il denaro da dividere con l’anestesista per effettuare l’intervento. L’indagine ha fatto luce su venti casi riscontrati, tutti inseriti in un sistema di malaffare che andava avanti da molto tempo, come dichiarato dallo stesso Battarino in una conversazione intercettata dai militari dove il professionista spiega al suo interlocutore il funzionamento del meccanismo: “Io faccio 500 interruzioni all’anno, da 25 anni. 500 all’anno, hai capito?”.

Morta di parto: Muore in clinica al Vomero subito dopo il cesareo: è giallo


Muore in clinica al Vomero subito dopo il cesareo: è giallo
di Elena Romanazzi


NAPOLI - Se n'è andata poco dopo aver visto la sua bimba, la figlia tanto desiderata e venuta al mondo con un parto cesareo. Una bimba paffutella, grande, quasi quattro chili, bella come la sua mamma, Alessandra De Simone, 36 anni appena, deceduta subito dopo il parto in circostanze tutte da accertare.

È entrata due giorni fa per partorire in anticipo rispetto alla data prevista a Villa delle Querce, una clinica privata convenzionata con il servizio sanitario nazionale, situata al Vomero e specializzata proprio in ginecologia.

La decisione di anticipare il parto è stata presa la scorsa settimana. Giovedì ad Alessandra viene fatto il monitoraggio di rito. La ginecologa che ha seguito tutta la gravidanza, Gelsomina Lombardi, decide che è meglio anticipare i tempi e sospetta che i conti fatti siano sbagliati. La piccola è grande, è già in posizione, aspettare la naturale rottura delle acque è rischioso e si decide la data del ricovero. Lunedì entra in clinica. Alla giovane vengono fatte tutte le analisi previste in questi casi, prelievo del sangue, elettrocardiogramma, tutto il necessario. Non c'è un valore che risulti sballato o che induca l'equipe medica a soprassedere sull'intervento. Entra la mattina, fa le analisi. Esce per poi ritornare per il ricovero nel tardo pomeriggio. Ripetono il tracciato e a tarda sera, come raccontato dal compagno agli agenti del commissariato Dante, viene effettuata una nuova ecografia e per i dolori le viene praticata una iniezione di Bentelan.

Per l'intervento si sceglie l'epidurale. È una prassi, questa, molto diffusa che consenta alla puerpera di vedere subito il piccolo senza aspettare la fine di una anestesia totale.
Ad Ale, come spesso la chiamavano i suoi amici, solo per poco è stato possibile sentire il calore della figlia. Lei e il suo compagno avevano deciso già da tempo di chiamarla Isabell, alla francese.
Cosa è accaduto? Il compagno Ivano Iacomino, Pr di professione, molto conosciuto negli ambienti della movida, di buon ora è andato in clinica. La coppia era stata avvertita che erano primi nella lista degli interventi. Le vengono fatti altri esami. Un nuovo tracciato e alle nove, con le sue gambe Alessandra è entrata in sala operatoria accolta dalla sua ginecologa. Ma il clima era sereno. L'attesa gioiosa. Il primo figlio era stato messo in cantiere dopo dieci anni di amore e dopo aver acquistato una casetta a San Giorgio a Cremano.

Intorno alle 9.30 portano la piccola al padre. Ivano è insieme a tutta la famiglia, il nonno Mimmo Iacomino, la sorella Elena, i cognati e la mamma di Alessandra, Anna e la sorella Rita. C'è una grande gioia per la nascita di questa bimba, attesa da tempo. Ivano chiede della compagna: «Come sta? Tutto bene?». «Non si preoccupi - rispondono - a breve esce, tempo dieci, quindici minuti ora arriva». Risposte evasive. Rita, la sorella di Alessandra alle 10.35, riceve un telefonata dalla ginecologa che la avverte delle complicazioni e la invita ad andare subito in sala operatoria.

La scena è terribile. La Lombardo spiega che Alessandra ha avuto un arresto cardiocircolatorio. Tentano, almeno questa è la scena che si presenta davanti agli occhi del compagno e della sorella, di rianimarla in tutti i modi. Viene utilizzato il defibrillatore e una iniezione al cuore mentre la famiglia chiedeva l'intervento del 118 per il trasferimento di Alessandra in una struttura con la rianimazione.
Non c'è nulla da fare. I medici del 118 non possono fare nulla perchè il cuore di Alessandra non riprende a battere e dal suo corpo continuava ad uscire sangue come se ci fosse stata una fortissima emorragia.

Ivano chiede subito l'intervento della polizia. La sua compagna era sana ed aveva avuto l'impressione, guardando tutte le manovre effettuate per rianimarla che in realtà fosse già morta prima. La cartella clinica è stata sequestrata. L'uomo, accompagnato dal legale di fiducia Antimo D'Alterio e Giuliano Russo ha presentato denuncia al commissariato Dante. Oggi verrà deciso quando effettuare l'autopsia sul corpo della giovane donna, madre, ma solo per pochi attimi.

http://www.ilmattino.it/NAPOLI/CRONACA/muore-in-clinica-dopo-cesareo-al-vomero/notizie/787742.shtml

giovedì 10 luglio 2014

Primo ok Camera, cade l’obbligo del cognome del padre ai figli

Non conosco il testo del documento, ma i virgolettati riportati nella sembrano indicare, con il riferimento all'ordine alfabetico, una forma razionale e paritaria.

Da Internazionale

Roma, 10 lug. (TMNews) – Cade l’obbligo del cognome paterno, arriva la libertà di scelta per i genitori. La commissione Giustizia alla Camera ha approvato il testo sul doppio cognome, lunedì sarà in aula per la discussione generale. L’obiettivo è chiudere entro la prossima settimana.
“E’ un altro passo in avanti – commenta Donatella Ferranti – verso la parità dei sessi e la piena responsabilità genitoriale. Il figlio ora potrà avere o il cognome paterno o quello materno o entrambi, secondo quando decidono insieme i due genitori. Ma se l’accordo non c’è, il figlio avrà il cognome di tutti e due i genitori in ordine alfabetico “.
Peraltro, ha aggiunto la presidente della commissione Giustizia, “l’obbligo del cognome paterno, simbolo di un retaggio patriarcale fuori del tempo e assurdamente discriminatorio, è stato severamente censurato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, e dunque il testo che ora andrà in aula è un atto dovuto, che ci pone finalmente in linea con gli altri paesi europei”.
Questa è una notizia dell’agenzia TMNews.

How is this painting 'pornographic' and 'disgusting'?

Ms Ruby May, Standing by Leena McCall.
How is this painting 'pornographic' and 'disgusting'?

This portrait was removed from a major gallery after it was deemed 'pornographic'. Why does women's pubic hair cause such outrage
You might think that in an art world that encompasses the Chapman brothers' phallus-nosed children and Jeff Koons' lascivious studies of La Cicciolina (sample title: "Dirty Jeff On Top"), you would have to sweat blood to produce a work so offensively sexual it would be ejected from a top London gallery. This, however, was the fate meted out to Leena McCall's Portrait of Ms Ruby May, Standing, which was removed from the Society of Women Artists' 153rd annual exhibition at the Mall Galleries after being deemed "disgusting" and "pornographic", according to the artist.
When I tracked down the painting online I was so flummoxed as to the likely cause of disgust that I thought it must be the fact Ms May was depicted smoking a pipe. Few things cause more umbrage now than someone wantonly enjoying tobacco. But further investigation revealed it was the way the sitter's short waistcoat and undone breeches framed a luxuriant dark V of pubic hair – not to mention, the "Come hither, if you dare!" expression on May's face, as she coolly scrutinises the viewer – that seemed to be the problem. The painting smacks of Isherwood's Berlin with its cabaret noir sensibility: Ruby May is a demi-clad femme fatale in pantomime boy's clothing, channelling Liza Minnelli and EF Benson's Quaint Irene – as alluring to women as she is to men. You can just about see how it might épater la bourgeoisie, without feeling for a second any outrage is justified.
The Mall Galleries have issued the following statement: "As an educational arts charity, the federation has a responsibility to its trustees and to the children and vulnerable adults who use its galleries and learning centre. After a number of complaints regarding the depiction of the subject and taking account of its location en route for children to our learning centre, we requested the painting was removed."
You can't help wondering if the affronted viewers frequenting Mall Galleries have ever sauntered over to the National Gallery, where Bronzino's erotically charged Allegory with Cupid and Venus (showing the boy archer fondling the naked goddess's breast) is on display to visiting school parties; or whether they feel the Tate should dispose of Sir Stanley Spencer's Double Nude Portrait, with its unsparing depiction of the artist's flaccid penis and his wife's hirsute mons pubis.
Mind you, the Society of Women Artists was permitted to replace McCall's work with another less provocative nude: one where the model wasn't tattooed and standing hand-on-hip, all unbuttoned. It seems the Mall Galleries' clientele can cope with nudes, so long as the model is a more passive and unthreatening recipient of the wandering viewer's gaze. Which all seems a desperately outmoded form of prudishness, like the wartime strippers at London's Windmill club who were allowed to pose naked, by the Lord Chamberlain's reluctant acquiescence, so long as they didn't move. They posed with one foot forward, obscuring any glimpse of "the fork" (ie vulva). The implication's clear: the minute a woman is alive and free to move, an active agent of her own sexuality, she is a menace to society.
McCall is understandably incensed at the censoring of her portrait, as her avowed intention in painting it was to explore, "how women choose to express their sexual identity beyond the male gaze". It's an added irony that her work should be removed from an all-female exhibition, curated by women. When I contacted the artist via her website, McCall explained that Ruby May (who leads erotic workshops) had proudly wanted to own the pubic hair that is so often waxed, covered or air-brushed away in contemporary depictions of the female body – and rarely glimpsed in classical ones, come to that. The painter can't begin to understand how a painting that reveals no intimate flesh, other than the pelvic triangle, could possibly be described as pornography.
My sympathies are entirely with McCall, who has launched a Twitter campaign asking supporters to contact @mallgalleries using hash-tag #eroticcensorship. It seems retrogressive, bordering on insane, that any corner of the art crowd should view a lush lady-garden as offensive at a time when celebs such as Gwyneth Paltrow talk about sporting a 70s vibe, while the writer Caitlin Moran writes about "finger-combing" her "Wookiee". You could even argue that non-depilated representations of the female body are precisely what school children should be seeing, so they understand body hair is normal and, yes, desirable.
You wonder if the cross-legged Puritans responsible for defenestrating the portrait have ever seen Gustave Courbet's L'Origine du Monde at the Musée d'Orsay, with its splendid sprawl of black-haired vulva. After all, Courbet's carnal canvas does not include a challenging female face to bring the sitter alive, or challenge the viewer.
Update 8 July 2014: The SWA said it selected the painting during the submissions process for its annual open exhibition. The executive secretary, Rebecca Cotton, said: "We thought the painting was beautifully executed and the composition was much admired. We saw nothing wrong with it; had we, the piece would not have been selected. We hire the gallery space from the Mall Galleries for the period that the show is on. The gallery took it down without seeking our approval."

http://www.theguardian.com/lifeandstyle/2014/jul/07/painting-pornographic-pubic-hair-outrage#zoomed-picture

venerdì 4 luglio 2014

Il millantato istinto materno

Da Intersezioni

L’istinto materno non esiste

Essere donna non implica essere madre, ciononostante le donne subiscono ancora una forte pressione sociale rispetto alla maternità, un’idea che si perpetua attraverso il celebre “istinto materno”. Tuttavia, il desiderio di essere madre (o no) non ha alcuna causa fisiologica provata.
«No, non avrò figli», risponde Alicia Menéndez alle impertinenti domande delle vicine, delle zie, e anche delle amiche. Queste, sorprese, contrattaccano con un  «Ma è perché non ti piacciono i bambini?» o «fra qualche anno cambierai opinione e sentirai la chiamata». Alicia, che ha appena compiuto trent’anni e lavora come assistente amministrativa, assicura che “non voglio avere figli” è il nuovo “non voglio sposarmi”, anche se sostiene che la seconda affermazione non produce lo stesso ‘disordine pubblico’ della prima.
«Ho avuto un compagno per quattro anni ma da poco più di un anno abbiamo deciso di rompere. Lui sapeva di volere dei figli, io sapevo di non volerne. Rispetto, ma a volte mi sorprende – e mi spaventa – la capacità di alcune persone di provare più amore per qualcosa che in ogni caso è un progetto a lungo termine nella propria vita, che per qualcosa che già hanno, qualcosa di reale». Alicia ricorda che giunse un momento in cui l’arrivo di un bambino avrebbe rappresentato una catarsi, il sollievo dopo mesi di discussione. «Capirei se non potessi avere figli, se fossi sterile, ma non accetto che tu non voglia averne potendoli avere», le ripeteva lui.

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