domenica 23 marzo 2014

Intervista a Dolores Juliano di Itziar Abad




Da Intersezioni

Se la prostituzione non fosse accompagnata dal rifiuto sociale, potrebbe risultare allettante per molte persone

Intervista a Dolores Juliano di Itziar Abad. Traduzione di Serbilla Serpente revisione di feminoska, articolo originale qui.
Se la prostituzione non fosse accompagnata dal rifiuto sociale, potrebbe risultare allettante per molte persone
L’antropologa Dolores Juliano sostiene che, siccome “il modello di sposa e madre devota è davvero poco attraente, l’unico modo per ottenere che le donne vi si adeguino è assicurarsi che l’altra possibilità sia peggiore”.
Dolores Juliano (Necochea, Argentina, 1932) ha studiato a fondo le strategie culturali e di dominazione di genere contemporanee, così come i saperi e le pratiche delle collettività oppresse che le fronteggiano. El juego de las astucias. Mujer y construcción de mensajes sociales alternativos (1992); La prostitución: el espejo oscuro (2002); o Excluidas y marginales: una aproximación antropológica (2004) ce lo raccontano bene. Questa dottora in Antropologia e professora dell’Università di Barcellona ha fatto parte, fino al suo pensionamento, del progetto ‘Mujeres bajo sospecha. Memoria y sexualidad (1930-1980)’ condotto da Raquel Osborne. In esso, Juliano analizza i modelli di sessualità vigenti durante il franchismo e come l’omosessualità femminile fosse condannata al silenzio e all’invisibilizzazione.
I modelli di sessualità femminile sono cambiati rispetto a quelli dell’epoca della dittatura, oppure è cambiata la forma ma la sostanza è la stessa?
E’ cambiata la società. La chiesa cattolica mantiene i modelli sessuali tradizionali. L’idea di peccato o di devianza è molto presente in essa e nelle religioni monoteiste. Nel protestantesimo ci sono modelli puritani assolutamente fondamentalisti. Il dettato delle leggi religiose sembra ugualitario, ma nella pratica non è mai stato così.
Queste religioni sono più permissive con la sessualità maschile?
Sì, e ciò ha a che vedere con i modelli religiosi e l’organizzazione sociale. Le società patrilineari e patrilocali sono molto restrittive rispetto alla sessualità femminile.
Patrilineari e patrilocali?
Intendo dire che l’eredità, i beni, l’appartenenza al gruppo e il cognome si trasmettono per linea maschile e la patrilocalità, per parte sua, significa che le nuove coppie si stabiliscono, lavorano o convivono con il gruppo dell’uomo e non con quello della donna. E’ il modello che si è imposto attraverso conquiste e colonizzazioni. Lo status sessuale della donna è sempre sospetto, ed è soggetto a controllo. Dalla sua fedeltà dipende, ad esempio, che il titolo nobiliare venga trasmesso al figlio biologico del marito. Attraverso la donna si trasmettono i mezzi e l’appartenenza, ma resta sempre una straniera ambigua, una donna aliena che si è introdotta nella famiglia dell’uomo. Esiste un doppio standard di moralità.

giovedì 20 marzo 2014

Partecipa al crowdfunding Pornoterrorista!

Partecipa al crowdfunding pornoterrorista così da finanziare il tour della performer Diana J. Torres in Italia, in occasione dell’uscita del suo libro in italiano. Qui tutte le info: http://www.verkami.com/locale/it/projects/8362-pornoterrorismo-diana-j-torres-in-italia

L’intervista a Diana tradotta da Intersezioni:

Sesso dell’orrore – Intervista a Diana Pornoterrorista

“Là fuori c’è una guerra”, dichiara il manifesto Pornoterrorista sottoscritto da Diana J. Torres: una guerra contro l’ordine sessuale e l’imposizione di genere, nella quale si vince solamente combattendo il nemico con la stessa violenza. La performer spagnola, oltre a dire questo e molto altro nel suo libro Pornoterrorismo, ci mette il corpo, per chi desidera vederlo e anche per chi non vuole.
di Laura Milano e Nico Hache, (traduzione di feminoska, revisione di Lafra e Serbilla. Articolo originale qui).
La donna nuda con il passamontagna in testa e la granata-dildo in mano non esita ad affermare che “quando dall’altra parte non hai nessuno con cui dialogare, ciò che resta è il terrorismo. Il pornoterrorismo attacca la violenza contro ciò che è fuori dalla norma. Cioè, mette in scena – come tutta la postpornografia – sessualità sovversive. Questo è terrorista”. Lei è Diana Pornoterrorista, un mostro sessuale meraviglioso e inquietante dalla testa ai piedi (o, per meglio dire, dagli anfibi alla cresta). Il suo lavoro come artista di performance iniziò dieci anni fa nella nativa Madrid, con il gruppo di cabaret gore-porno-trash Shock Value e oggi è uno dei punti di riferimento del postporno in Spagna. Attualmente risiede nella città di Barcellona, ​​da dove gestisce la sua centrale operativa postporno e di attivismo queer con un collettivo di artisti locali.
Diana è una guerriera esperta ai margini del genere, una donna che ama pensarsi come costruita alla periferia di quello che è il prototipo di donna (e anche di uomo). E’ un’esibizionista dichiarata, che sale sul palco per recitare le proprie poesie al ritmo di orgasmi terrificanti. Un corpo e una voce determinata a combattere per la liberazione dei corpi, la riappropriazione e il riscatto dei loro desideri più profondi.
Che ruolo ha il corpo nel pornoterrorismo?

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