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martedì 16 luglio 2013

Il progetto è questo anche da noi, lo portano avanti su diversi fronti

In Texas passa una legge sull'interruzione di gravidanza particolarmente restrittiva.

"Gli “American united for life”, un gruppo che si batte contro l’aborto, ha spiegato che le decine di misure pro-life hanno soprattutto un obiettivo. Quello di provocare una reazione giudiziaria da parte dei sostenitori dell’aborto, che arrivi sino alla Corte suprema, dove sarà poi possibile cancellare la “Roe v. Wade”, la storica sentenza del 1973 che legalizzò l’aborto negli Stati Uniti."

Ed è la stessa strategia portata avanti in Italia: provocare il blocco della legge, a causa dell'articolo 9, spingere a una modifica della legge, massacrarla.

Non dimentichiamo la petizione che circola per la richiesta di un referendum abrogativo (ancora).

Mentre noi moriamo.

 
Tutto l'articolo qui: 

Texas, approvata la legge anti-aborto più severa degli Usa. “Proteggiamo la vita”  

sabato 12 gennaio 2013

Non ti capisco, quindi sei sbagliato

David Bowie cover di Hunky Dory,
'Andy Warhol' features
Come passare sopra, in poche righe, a conquiste sociali, diritti civili e alle più avanzate teorizzazioni filosofiche? Basta scrivere poche righe su un giornale nazionale, fingendo una critica musicale ma pestando di brutto le persone (che non si comprendono) a colpi di provincialismo moralistico.

Ossia: Fegiz fa la morale a David Bowie, articolo tratto da Rolling Stone.

...



Fegiz fa la morale a David Bowie
9 gennaio 2013


Sulla scia del (bellissimo) singolo uscito in Rete ieri, pesante elzeviro del decano del 'Corriere' sulla 'moralità' del Duca Bianco (e del R&R in generale). Ma siamo davvero nel 2013?

Di Franco Capacchione
Massimo rispetto per tutti, chiaro. Però. Ieri è uscito un nuovo singolo di David Bowie che avete molto apprezzato su questo sito. Un pezzo che annuncia l’uscita di un nuovo album il prossimo 12 marzo. E i quotidiani oggi si scatenano. In particolare colpisce il pezzo firmato da Mario Luzzatto Fegiz pubblicato sul Corriere della Sera. Un colonnino di spalla al pezzo portante di Andrea Laffranchi. Comunque. Il pezzo di Fegiz è un breve riassunto della carriera artistica e personale di Bowie. Circa a metà, a proposito del Duca Bianco, di Eno, Velvet Underground e Lou Reed, Fegiz scrive: «Nella loro poetica una rappresentazione dell’esistenza tormentata, una crisi di identità che sublimava nel travestitismo, nelle perversioni, nella sessualità malata in una sorta di tristezza autodistruttiva».
Le parole sono importanti, meglio non andare in automatico altrimenti oggi, 9 gennaio 2013, e sottolineo 2013, ci si ritrova a leggere ancora di «SESSUALITÀ MALATA», di SUBLIMAZIONE nel travestitismo, di PERVERSIONI. Si immagina che Fegiz si riferisca a una certa disinvoltura pansessuale degli artisti suddetti, reale o creata a tavolino poco importa. E il travestitismo è risolto velocemente come segnale di crisi di identità.
Tutto perfettamente conforme a principi rigorosamente cattolici. La chiesa esulta. E così facendo si fa piazza pulita, in poche righe, di tutti i discorsi portati avanti negli ultimi decenni sui superamenti dei generi sessuali, sulle identità sfumate, sulle libertà individuali. Temi studiati con passione non da movimenti marginali, ma da personalità importanti della cultura internazionale come Judith Butler, filosofa statunitense.
Per noi che viviamo in Italia e leggiamo giornali italiani, tutto questo diventa una sorta di sogno, una fantascienza, la creazione di un immaginario fatto di riflessione e di rispetto. La visione di una società aperta, libera. Non anarchica, solo libera.
Sogniamo, noi italiani, qualcosa che è realtà in molti altri paesi o che, almeno, è lotta e impegno politico e civile, è punto fondante di programmi politici, di candidati che si giocano i favori degli elettori anche sul campo delle lotte civili. Noi italiani, il 9 gennaio 2013, leggiamo sul principale quotidiano italiano di sessualità malate e simili automatismi. Il pezzo di Bowie è bellissimo e triste. Noi solo un po’ tristi.



martedì 28 agosto 2012

Rosario e la democrazia immaginaria

Rosario è un vero mandrillo, se lo passano tutte.

Womenews: Veneto: via libera al movimento per la vita nei consultori

Dopo il Piemonte anche il Consiglio della Regione Veneto ha votato con una maggioranza trasversale (sic!) una nuova legge regionale, formata da un solo articolo, che autorizza ad introdurre all’interno delle strutture socio sanitarie esponenti dei movimento per la vita o materiale divulgativo contro l’aborto.
Si chiude così una complessa vicenda iniziata nel 2004 con la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare – oltre 20mila le firme raccolte dal Movimento per la vita e dai volontari dei centri di aiuto per la vita – per "regolamentare le iniziative mirate all’informazione sulle possibili alternative all’aborto" autorizzando l’esposizione di materiale informativo e l’azione divulgativo dei volontari pro- life nelle strutture sanitarie e nei consultori.
La proposta, inizialmente bocciata, è stata modificata e approvata, come si diceva, con larga maggioranza (33 sì su 42 presenti, 6 contrari, 3 astenuti), con voti favorevoli da Lega, Pdl, Pd (contrario Mauro Bortoli), voti contrari arrivati da Udc, Sinistra Veneta, Giuseppe Bortolussi, astenuti Diego Bottacin (Verso Nord), Mariangelo Foggiato (Unione Nordest) e Marino Finozzi (Lega), mentre Italia dei Valori ha abbandonato l’aula per protesta.
"Le Regioni governate dal centrodestra, compreso il Veneto, stanno stravolgendo il senso, la laicità, gli obiettivi della legge 194 e la funzione stessa dei consultori familiari" ha dichiarato la coordinatrice regionale Donne dell’Italia dei Valori, Franca Longo.
"La proposta di legge popolare originaria – ricorda Longo – consentiva ai movimenti per la vita di entrare, di fatto, nei consultori, violando il principio dell’autodeterminazione e la privacy che la legge 194 garantisce e tutela, proprio in un momento delicatissimo della vita della donna. Il testo approvato dal Consiglio regionale, un pasticcio nato dopo una riformulazione camaleontica, indigna ed apre le porte all’intrusione dei movimenti e delle associazioni non solo nei consultori, ma in tutte le strutture sanitarie e socio-sanitarie, una nuova follia".

Palesando cosa la Giunta regionale di destra intende per democrazia, alcune esponenti del movimento per la vita hanno avuto il permesso di accedere al Palazzo in quanto "appartenenti al movimento per la mozione" e si sono messe a recitare il rosario. A tutte le altre, ovvero alle donne accorse in difesa della 194, eccetto cinque, è stato invece vietato l’accesso e si sono così fermate in Calle XXII Marzo, tenendo alzati i cartelloni.

25|08|12

lunedì 6 agosto 2012

Flamigni: L’obiettivo è affossare la 194

Flamigni: L’obiettivo è affossare la 194
di Cinzia Sciuto

Professor Flamigni, lei è l'unico che ha dato parere contrario al documento del Comitato nazionale di bioetica sull'obiezione di coscienza appena pubblicato. Quali sono le ragioni del suo dissenso?
Il punto fondamentale è che secondo il documento approvato dalla maggioranza del Cnb l'obiezione di coscienza è un modo per dare credibilità alla legge “creontea”, quella basata sui princìpi di forza, di maggioranza, legge che sarebbe, proprio per questo fastidioso modo di imporre la norma, priva di valori etici. Ora, immaginare che sia priva di valori etici una legge – come la 194 – approvata dalla grande maggioranza degli italiani, costruita sulla base del rispetto di determinati valori, preparata da un famoso intervento della Corte costituzionale è perlomeno assai poco credibile. Peraltro, come osserva il costituzionalista Gladio Gemma, se veramente il nostro parlamento avesse approvato una legge che non rispetta i valori fondamentali che devono guidare un paese democratico e laico, allora non ha alcun senso chiedere l'obiezione di coscienza ma bisognerebbe fare una battaglia affinché quella norma cambi. Se, al contrario, riconosco che quei valori sono stati rispettati, allora io non posso pretendere che il legislatore che queste leggi ha configurato rispettando quei valori poi autorizzi me a contraddirlo.

Nel suo parere di dissenso pubblicato in appendice al documento del Cnb lei definisce “mistificatoria” la posizione assunta dalla maggioranza del Comitato. Cosa intende?
Vede, qui c'è un vero e proprio imbroglio. Il concetto di valori “controversi”, che sta alla base del documento del Cnb, è un concetto mistificatorio. Qui non ci sono affatto valori “controversi”, ci sono valori a confronto e la nostra Corte costituzionale ha ribadito che il diritto alla salute della donna prevale sul diritto di esistere dell'embrione che ancora non è persona. Non vedo motivi di esitazione. In verità, l'aumento inverecondo del numero di obiettori serve ai cattolici per stabilire un principio che tra l'altro sulla stampa cattolica è già comparso esplicitamente: quando la legge non potrà più funzionare perché ci sarà un numero esagerato di obiettori di coscienza, vorrà dire che il legislatore dovrà tornare sui suoi passi e verificare di aver fatto un errore perché quella legge non poteva essere applicata.

Però nel documento del Cnb si ribadisce che il servizio di interruzione di gravidanza deve essere garantito...
Certo, ma questa è una cosa che è prevista dalla legge stessa, che indica la mobilità del personale come strumento per garantire il servizio. Ci si dovrebbe chiedere come mai però questa norma non sia mai stata applicata. Il problema è questo: c'è una quota di obiettori veri, ma c'è un'infinità di obiezioni di comodo. E la percentuale di obiettori è ancora più alta di quello che dicono le statistiche ufficiali perché ci sono strutture in cui semplicemente l'interruzione di gravidanza non si fa e i medici non si sentono neanche in dovere di dichiararsi obiettori. In più, obiettore chiama obiettore perché i giovani circondati da non obiettori preferiscono fare obiezione. Ma come si fa a pensare che quello che andava bene per il primo medico ospedaliero che si confrontava con la 194 vada ancora bene oggi? Quando un ragazzo sollevava obiezione di coscienza al servizio militare lo faceva contro un obbligo al quale in quanto cittadino non poteva sottrarsi. Oggi ognuno può scegliere liberamente la professione che vuole. Qui si tratta di problemi che hanno a che fare con la salute delle donne e scegliere di occuparsi della salute delle donne dicendo però preventivamente “di questo aspetto della salute delle donne non mi occupo” a me sembra veramente colpevole.

Negli ultimi mesi c'è stata una mobilitazione dei medici non obiettori, con la campagna “Il buon medico non obietta” e le iniziative della Laiga. È una coincidenza che questo parere esca adesso?
Non esistono coincidenze in bioetica.

(31-07-2012)

lunedì 16 aprile 2012

C'è chi dice no. Obiezione di coscienza nella legge 194



UDISALUTE Napoli presenta



Obiezione di coscienza nella legge 194 (legge sulla maternità libera e responsabile e interruzione volontaria di gravidanza), presso la sala Santa Maria la Nova della Provincia di Napoli, ore 17 del 16 aprile 2012.



Modera ed introduce Simona Ricciardelli (udisalute-comitato 194).
Ne parlano: Chiara Lalli e Filomena Gallo (segretaria associazione Luca Coscioni).



Intervengono: Prof. Giovanni Persico (Direttore generale AOU Federico II di Napoli) e Dott. Riccardo Bonafiglia (ospedale Civile di Caserta).



Il dibattito sarà sostenuto dalle testimonianze dal territorio sulla severa riduzione dei servizi deputati all’applicazione della legge con i contributi dell’Assessore alle pari opportunità del Comune di Napoli, le consigliere Provinciali, le Consigliere Comunali, le donne dei Consultori e le associazioni in lotta per l’applicazione della legge.


C'è chi dice no. Dalla leva all'aborto. Come cambia l'obiezione di coscienza
Chiara Lalli
Il Saggiatore 2011, 233 p., brossura

domenica 1 aprile 2012

La pillola dei cinque giorni dopo è un contraccettivo di emergenza

Domani arriverà nelle farmacie la pillola dei cinque giorni dopo cioè il farmaco EllaOne, un contraccettivo d'emergenza, per usufruire del quale in Italia ci sarà bisogno della ricetta medica e di un test di gravidanza.
Le problematiche dei costi, costo del test più costo del farmaco, che rendono inaccessibile questo contraccettivo a gran parte delle donne, italiane e immigrate, appartenenti a una fascia di reddito compresa tra lo zero e il medio basso, si aggravano dovendo avere a che fare i conti con i falsi positivi, che richiedono un secondo test di gravidanza. Da tutto ciò quindi sono escluse le ragazze più giovani, le ragazze e le donne con scarsa o nulla alfabetizzazione, le immigrate. Per di più ci potremmo trovare di fronte un farmacista che, infrangendo la legge, fa obiezione senza coscienza per la donna che ha di fronte, e dovremmo girare per farmacie alla ricerca di qualcuno che invece di odiarle le donne, le considera persone capaci di intendere e di volere, detentrici del diritto di scelta, soprattutto di scegliere una maternità in modo responsabile e di gestire la propria sessualità come meglio credono. Tutto in cinque giorni. Chi parlava delle capacità multitasking della donne non credo pensasse a questo.

Qui sotto un articolo da vita di donna:
Dal 2 aprile nelle farmacie sarà possibile acquistare la nuova contraccezione d'emergenza, cioè la pillola dei cinque giorni dopo.

Questo nuovo farmaco, ulipristal acetato, commercializzato con il nome di EllaOne, è in grado di inibire l'ovulazione fino a cinque giorni dopo il rapporto a rischio.

E' molto più efficace del levonorgestrel, e mantiene la sua efficacia più a lungo e costa 34,98 euro.
E' stato testato, non è un farmaco che possa provocare l'aborto, ma non conoscendo perfettamente il profilo di sicurezza dal punto di vista dei possibili danni a una gravidanza già in corso, l'AIFA ha dato l'obbligo ai medici di prendere visione di un test di gravidanza prima di prescriverlo, unico caso in Europa.
Quest'obbligo è francamente un po' ridicolo. I medici prescrivono tutti i giorni farmaci teratogeni, fra cui vi sono degli antipertensivi, una nota molecola contro l'acne, alcuni antibiotici, e qualche altro, non tanti, in verità.
In nessuno di questi casi però è previsto un test di gravidanza, ma è cura del medico accertarsi, secondo il suo giudizio, in scienza e coscienza, dello stato o no di gravidanza della paziente.
Questo desiderio di prescrivere ai medici cosa devono dire, cosa devono fare, fino alla prescrizione per legge di che esami devono richiedere, è legato non certo a una preoccupazione per i pazienti, che ben altri sarebbero i provvedimenti necessari in questo paese, se si volesse fare l'interesse dei pazienti in una sanità ormai abbandonata alle restrizioni nel pubblico e al cedimento al far west dei privati e della corruzione, dalla Lombardia alla Calabria.
Questo desiderio è invece legato alla volontà di trasformare i medici da una categoria di professionisti, capaci di decidere, scegliere e pensare, a una schiera di ubbidienti esecutori di proclami che vengono emanati altrove, in luoghi in cui si desidera controllare il corpo delle persone e le loro decisioni.
La contraccezione, l'interruzione della gravidanza, la fecondazione assistita, le volontà di fine vita, sono tutti argomenti su cui negli ultimi anni la Chiesa ha tentato non solo di predicare per i propri fedeli, ma di imporre alle Leggi dello Stato, e quindi a tutti i cittadini, il proprio convincimento.
La accompagna la convinzione che tutti quelli che la pensano diversamente siano, poveretti, in errore, e debbano essere difesi, eventualmente con la costrizione, dal peccato che li insidia.
I medici, molta parte di essi, rivendicano la loro appartenenza alla comunità internazionale degli scienziati, e protestano contro leggi che nel resto del mondo non esistono, e con le quali la comunità internazionale non concorda.
Lisa Canitano
1 aprile 2012

lunedì 23 gennaio 2012

Educazione sessuale

Si potrebbe tentare una metafora dell'atteggiamento di alcuni reazionari, dai metodi oltranzisti, paragonandoli a pietre che giacciono in mezzo al fiume degli eventi, se gli eventi e la storia potessero essere paragonati ad un fiume. Più sono grosse, queste pietre, e meno si spostano in avanti, maggiormente cercano di arrestare il flusso, il cambiamento, si accordano ad altre pietre per formare barriere che arrestino il naturale corso del fiume, dighe che determinano bacini, sacche di arretratezza, pantani. Ma l'acqua non può essere fermata a lungo e, per quanto la pietra possa sembrare resistente, col tempo si corrode e si sbriciola.
Bisogna quindi scegliere se essere pietre o acqua.

Tre miniguide alla sessualità:

Guida sulla sessualità delle donne lesbiche, etero, bisessuali – tradotta in italiano;
Opuscolo informativo sulla sessualità;
Kidz' sex page - mw4k.

giovedì 29 dicembre 2011

Obiezione di coscienza? Criminale

Riporto qui una storia raccontata da Chiara Lalli tra i commenti a questo post di Gekina, ripresa oggi da Loredana Lipperini, è agghiacciante. E' agghiacciante che delle persone di questa pasta, di così scarsa umanità, possano lavorare nella sanità, addirittura come anestesisti. Questa è coscienza?

“Anestesia di un obiettore?
Nell’estate del 2008 una donna entra nel reparto di Ostetricia e ginecologia del Niguarda di Milano per una interruzione di gravidanza: il feto è affetto da una grave patologia. È spaventata e sofferente, ma il peggio deve ancora arrivare (Paola D’Amico, Aborto, anestesista obiettore rifiuta di ridurre il dolore, Il Corriere della Sera, 17 luglio 2008, p. 23): “Il medico anestesista di turno, dichiarandosi obiettore di coscienza, si rifiuta di alleviare il dolore a una giovane donna ucraina, che ha subito un aborto terapeutico per malformazioni del feto. È accaduto nei giorni scorsi all’ospedale milanese Niguarda. La donna viene ricoverata e l’8 luglio entra in sala parto. È quasi alla 22esima settimana della sua prima gravidanza. Le vengono somministrati i farmaci per indurre il travaglio abortivo. Lei urla per il dolore. Soffre molto, chiede aiuto. Ma l’anestesista si fa da parte: il feto è ancora vivo. «Non posso somministrare analgesia, sono obiettore», si giustifica”.
L’articolo 9 prevede però l’esonero “dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente24 dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”. La somministrazione di analgesici non è una procedura “specificamente e necessariamente diretta a determinare l’interruzione della gravidanza”. Se i fatti sono quelli riportati, l’aborto è stato effettuato ricorrendo all’induzione del travaglio (probabilmente per mezzo della somministrazione di prostaglandine), e riesce impossibile considerare l’analgesia come un anello causale del processo di espulsione del feto. La procedura standard per una revisione cavitaria uterina alla 22a settimana gestazionale segue la stessa procedura, sia che il feto sia vivo o che sia già morto. A somministrare i farmaci per indurre il travaglio abortivo è il ginecologo, mentre la somministrazione degli analgesici maggiori e degli anestetici, quando il ginecologo certifica che ve n’è l’indicazione, spetta all’anestesista. L’analgesia non può essere considerata una concausa dell’interruzione di gravidanza: gli analgesici somministrati per un aborto con feto vivo sono gli stessi che si somministrano per un aborto con feto già morto.
Forse l’anestesista ha pensato che l’analgesico potesse danneggiare direttamente il feto, causandone la morte? Non sembra verosimile. Viene in mente piuttosto che l’obiezione di coscienza sia stata usata come scusa per non sedare il dolore. Perché, forse, c’è dolore e dolore: uno legittimo e uno illegittimo che non merita sedazione. Considerando che in Italia il dolore è ancora e troppo spesso vissuto come un sopportabile effetto collaterale e non come un sintomo da trattare, è abbastanza verosimile che se a questo si aggiunge la convinzione che quel dolore te lo sei cercato (abortendo) e te lo meriti (abortendo), la conclusione è che te lo tieni. Tuttavia invocare l’obiezione di coscienza per una azione – sedare il dolore – che è difficile considerare immorale suscita perplessità. Quale valore può essere richiamato a favore della sofferenza? La domanda deve essere formulata in un contesto medico, e non meramente esistenziale e personale: in quest’ultimo ognuno può scegliere se e quanto soffrire, se considerare la sofferenza come un modo necessario per crescere, avvicinarsi a dio, espiare colpe vere o presunte. Ma in un contesto clinico, quale può essere il valore della sofferenza, a parte di quella iniziale che ci permette di capire che “qualcosa non va”?
A 22 settimane una interruzione di gravidanza è abbastanza dolorosa. Non si dimentichi che la decisione di interrompere una gravidanza per gravi malformazioni fetali è molto pesante emotivamente. L’ansia e il dolore della decisione possono esasperare il dolore fisico. Ma l’anestesista è obiettore di coscienza: secondo lui l’aborto è un male e lui non vuole immischiarsi. Ma non gli è stato chiesto di eseguire l’interruzione di gravidanza, ma di fare il suo lavoro: ridurre la sofferenza fisica dei pazienti. E lui si tira indietro. Ognuno può avere una personale considerazione morale della vicenda. Quella legale, però, sembra essere univoca e abbastanza chiara. L’anestesia non è in alcun modo “abortiva”.
La donna intanto urla per il dolore; il marito è infuriato, minaccia di portarla in un altro ospedale. È Maurizio Bini, primario di ostetricia, a intervenire facendo una iniezione di morfina alla donna. Bini chiederà al comitato bioetico dell’ospedale di esprimersi sulla vicenda: obiezione legittima o omissione di un atto dovuto? Nonostante gli sforzi per avere una risposta non mi è stato possibile sapere se e come ha risposto il comitato. Non è chiaro nemmeno se il comitato esiste o è solo un nome da invocare quando tira una brutta aria. “

domenica 5 giugno 2011

Le 30 mila lavandaie-schiave d'Irlanda E nessuno che almeno chieda loro scusa

Le donne "perdute" in custodia di quattro ordini religiosi, dal 1922 al 1996, chiuse a lavare panni gratis agli ordini delle suore cattoliche, a subire violenze psicologiche, fisiche, spesso sessuali. Il Comitato contro le torture delle Nazioni Unite chiede ora un'inchiesta, cosa che dovrebbe obbligare la Chiesa a rendere conto dell'accaduto di ALESSANDRA BADUEL
 
GINEVRA - Per le donne perdute d'Irlanda non c'è giustizia, né identità. Niente scuse, né indennizzi. Non ancora, dopo 18 anni. In 30mila, secondo le stime, sono passate per le lavanderie gestite da quattro ordini religiosi, fra il 1922 e il 1996. Scelte perché, appunto, Maddalene "perdute" alla causa di una famiglia cattolica osservante: categoria che tutto includeva, dalla madre nubile alla piccola ladra, passando per il carattere ribelle e quella troppo bella e corteggiata, arrivando fino a chi aveva l'unica "colpa" di essere stata violentata, come è accaduto a Mary-Jo McDonagh, una delle poche che poi hanno avuto la forza di testimoniare sui successivi abusi nella lavanderia che doveva "salvarla". Espulse spesso adolescenti da famiglie e comunità che non le volevano, quelle ragazze finivano chiuse a lavare panni gratis agli ordini delle suore cattoliche, a subire - anche - regolari violenze psicologiche, fisiche, spesso sessuali.

Non sono bastate le molte denunce. Ma non è bastata la prima scoperta di alcuni casi nel 1993, non è bastato il film di denuncia The Magdalene Sisters di Peter Mullan nel 2002, condannato senza incertezze dal Vaticano, né sono bastati libri, opere teatrali, canzoni di autori come Joni Mitchell (in Turbolent Indigo, album del '94, poi di nuovo in Tears of stone 1 nel '99) e ancora poesie, poemi, racconti susseguitisi dagli anni 90 a oggi. Non è servito il documentario The Forgotten Maggies di Steven O'Riordan, che nel 2009 ha raccolto molte delle loro storie vere. Non è servito neppure l'esempio dello scandalo della pedofilia degli ultimi anni, davanti al quale la Chiesa è invece arrivata a scusarsi. Sulle Maddalene, gli ordini religiosi e lo Stato irlandese non ci sentono.

Nessuno chiede almeno scusa.
In questi giorni a Ginevra il Comitato contro le torture dell'Onu 2 ha chiesto all'Irlanda di aprire un'inchiesta sulla vicenda, gesto che peraltro dovrebbe obbligare anche la Chiesa e in particolare gli ordini religiosi coinvolti a rendere conto dell'accaduto. A denunciare la situazione al Comitato, che sta compiendo l'esame periodico delle condizioni dei diritti umani all'interno di ogni Stato membro, è stato il gruppo irlandese Justice for Magdalenes 3 (Jfm), appoggiato dal parere favorevole della Irish Human Rights Commission 4. "Il governo - spiega Claire McGettrick del Jfm - continua a non scusarsi, a non ordinare un'inchiesta, a non risarcire le donne, perlomeno con una pensione, per quello che noi definiamo un sistema di tortura durato settant'anni, del quale a sua volta l'Irlanda dovrebbe chiedere conto ai quattro ordini religiosi che gestivano le lavanderie.

Alcune di loro sono ancora nei conventi. Non saprebbero dove andare. Altre non hanno mai denunciato nulla. E ci sono i parenti, che non sanno niente del loro destino. Sono morte, spesso, ma senza un nome sulla tomba, come si scoprì nel '93". Fu la prima conferma di quello che l'arte aveva cercato di denunciare fin da Eclipsed, una commedia scritta all'inizio degli anni 90 da Patricia Burke-Brogan sulla sua esperienza di Maddalena trent'anni prima. I quattro ordini religiosi coinvolti hanno nomi serafici. The Sisters of Mercy, The Sisters of Charity, The Good Shepherd Sisters, The Sisters of Our Lady of Charity. All'inizio, quasi un secolo fa, le Maddalene erano davvero prostitute, come quella dei Vangeli, inviate dalle suore perché le spingessero verso la purificazione e la trasformazione in Sorelle di Santa Margherita.

Da prostituta a "donna perduta". Presto però il concetto di "prostituta" si allargò a molte altre: le "donne perdute". Incluse quelle che la stessa polizia irlandese, o le assistenti sociali dello Stato, portavano a scontare in quei conventi-laboratorio una pena sospesa per qualche piccolo reato lavando camicie. Le lavanderie intanto diventarono un affare sempre più lucrativo, con di nuovo lo Stato irlandese coinvolto come committente per le lenzuola e i panni di esercito e ospedali, commesse per le quali le suore ricevevano buoni compensi, soprattutto a fronte di una mano d'opera che non costava nulla oltre al vitto, naturalmente scarso.

La Chiesa declina ogni responsabilità. Gli ordini religiosi non parlano. Nel 2010 il cardinale Sean Brady, allora primate della Chiesa d'Irlanda 5, oltre a tentare di scusarsi per le vittime della pedofilia - scandalo per il quale fu poi costretto a dimettersi, ricevette una delegazione di Justice for Magdalenes. Davanti alle loro richieste, replicò che l'esposizione dei fatti gli pareva onesta ed equilibrata, poi aggiunse: "Per gli standard di oggi, molto di quel che accadde all'epoca è difficile da comprendere". E li invitò a capire che il problema non riguardava la Chiesa ma gli ordini religiosi che gestivano le lavanderie. La richiesta d'incontro rivolta da Justice for Magdalenes alla Conference of Religious of Ireland 6 è stata respinta lo scorso ottobre.

Lo Stato nega il coinvolgimento. Ma anche i tentativi, in corso da anni, di coinvolgere lo Stato irlandese perché promuova un'inchiesta e assicuri un compenso alle sopravvissute, oltre a sostenere la loro causa verso la Chiesa, non hanno avuto risultati. Lo scorso 24 maggio, interrogato a Ginevra dal Comitato contro le torture delle Nazioni Unite in rappresentanza del governo irlandese, Sean Aylward, segretario generale del dipartimento della Giustizia 7 e capo della delegazione convocata dall'Onu, ha replicato negando tutto. Secondo lo Stato irlandese, gli abusi sono avvenuti "tanto tempo fa e in istituzioni private", il dipartimento non ha mai ricevuto denunce in materia, la maggior parte delle donne è entrata volontariamente nelle lavanderie o, se minorenne, con il consenso dei parenti o di chi ne aveva la tutela. Inoltre, una sola lavanderia, a Dublino, sarebbe stata usata dallo Stato come centro di carcerazione preventiva, solo per pochi giorni alla volta e inoltre con ispezioni che non riscontrarono abusi. Il governo, ha concluso Aylward, sta comunque considerando la maniera in cui affrontare il problema. Come l'Irlanda ripete da tempo, ma senza risolversi ad agire, perlomeno fino alla convocazione da parte del Comitato contro le torture Onu.

Si aspetta giustizia.
Ora, come negli ultimi 18 anni, attendono giustizia sia quelle poche che hanno saputo denunciare, sia tutte le altre di cui nessuno sa quante siano: le molte rimaste in silenzio per paura e quelle, prive di mezzi, costrette a vivere ancora nelle congregazioni. Ci sono i corpi di quante morirono, ma non hanno una lapide. E ci sono i figli di quelle Maddalene imprigionate perché gravide o già mamme da nubili. Un altro numero imprecisato: quello dei bambini che grazie alle lavanderie della redenzione non hanno mai conosciuto le loro madri.
(04 giugno 2011)

Fonte: http://www.repubblica.it/solidarieta/cooperazione/2011/06/04/news/le_30_mila_lavandaie_irlandesi_schiavizzate_e_nessuno_che_chiede_almeno_scusa-17220017/?ref=HREC2-7 

domenica 29 maggio 2011

Osservatore Romano ribadisce: “No a condom, neanche per evitare contagio tra coniugi”

[Ricordati che devi morire, possibilmente tra atroci sofferenze - e non fare nulla per evitarlo!]

In un articolo pubblicato oggi su L’Osservatore Romano, il professor Juan José Perez-Soba, docente di Teologia Morale presso la Facoltà di Teologia San Damaso di Madrid e presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi su Matrimonio e Famiglia, ribadisce l’approccio restrittivo della dottrina cattolica sull’utilizzo del preservativo. Alcune dichiarazioni del papa, pubblicate nel libro-intervista Luce nel mondo erano state accolte come delle aperture sull’uso del condom (Ultimissima del 20 novembre 2010), ma erano state prontamente ridimensionate dal portavoce vaticano padre Federico Lombardi (Ultimissima del 21 novembre 2010). Perez-Soba conferma infatti che un atto sessuale “realizzato col preservativo non può essere considerato un atto pienamente coniugale nella misura in cui è stato volontariamente privato dei suoi significati intrinseci”. Quindi rimane vietato l’uso del condom in una coppia di coniugi, anche se uno dei due è sieropositivo. Perez-Soba continua scrivendo che nel caso vi sia “possibilità insuperabile del contagio” (cioè se è impossibile non contagiarsi ), la coppia può “di comune accordo adottare la decisione di astenersi dall’avere rapporti sessuali per ragioni di salute”. L’accademico sostiene inoltre che, “sebbene l’uso del preservativo in un singolo atto possa avere una certa efficacia nella prevenzione del contagio dell’AIDS”, “non è comunque in grado di garantire una sicurezza assoluta neanche nell’atto in questione” e “meno ancora nell’ambito dell’intera vita sessuale”. Per questo “è quindi improprio indicarne l’uso come un mezzo efficace per evitare il contagio”, sentenzia, “presentare il preservativo come una soluzione al problema è un grave errore” e “sceglierlo semplicemente come pratica abituale è una mancanza di responsabilità nei confronti dell’altra persona”. Intanto il Vaticano ha inaugurato una conferenza sul tema dell’AIDS (Ultimissima di oggi)

Via UAAR

venerdì 27 maggio 2011

Aborto, Argentina: sentenza storica del comitato per i diritti umani dell’ONU

Antefatto: nel 2006 una ventenne ritardata mentale e in condizioni familiari disastrose fu violentata da un parente e, in una visita medica in ospedale, trovata incinta. La legge argentina prevede che in un tale caso non sia punibile l’aborto, ma alla richiesta dell’intervento da parte della madre l’ospedale rifiutò e la indirizzò a un’altra struttura. Intanto si muovevano enti religiosi e organi giudiziari per impedire l’aborto e alla fine la famiglia si vide costretta a rivolgersi a una clinica clandestina.
Nel maggio del 2007 alcuni enti sudamericani di difesa delle donne e dei disabili portarono il caso al comitato dell’ONU per i diritti umani. Finalmente, nel maggio di quest’anno, il comitato delle NU ha emesso la sentenza di condanna dello Stato argentino per la mancata applicazione della legge e la conseguente violazione dei diritti della giovane cittadina.
Apprendiamo dal sito del Réseau de Santé des Femmes d’Amérique Latine et des Caraïbes che gli enti che avevano presentato il ricorso alle Nazioni Unite esprimono la loro soddisfazione per le conseguenze positive che la sentenza avrà per la giovane e per la sua famiglia, ma soprattutto mettono in evidenza il valore di carattere generale del riconoscimento dei diritti dei cittadini. Il comitato per i diritti umani delle NU considera che nei casi di aborto non punibile non è ammissibile l’ingerenza dello Stato, che verrebbe a violare il diritto alla riservatezza, e avverte inoltre che lo Stato, sottraendo i mezzi d’interruzione della gravidanza, si rende responsabile di violazione dei diritti di eguaglianza e di libertà dalla tortura e dai trattamenti degradanti e del diritto all’intimità. Viene espressa inoltre la preoccupazione per quanto avviene in Argentina, ove contrastanti decisioni delle autorità locali mettono in dubbio la capacità dello Stato di garantire i diritti costituzionali. Importantissima è allora la garanzia che non si ripeteranno casi di simili violazioni dei diritti dei cittadini e quindi l’obbligo per lo Stato di prendere misure a tale scopo e di darne comunicazione al comitato per i diritti umani delle NU.
Ermanno Morgari

http://www.uaar.it/news/2011/05/27/aborto-argentina-sentenza-storica-del-comitato-per-i-diritti-umani-dell-onu/#comment-502979

Aborto negato, Strasburgo condanna la Polonia

La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato ieri in primo grado la Polonia, con una votazione passata per sei voti contro uno, perché l’operato di più medici antiabortisti ha impedito a una donna la possibilità di avere una tempestiva amniocentesi, con il risultato che la figlia è successivamente nata gravemente menomata. R.R., queste le iniziali della donna, dopo che le radiografie effettuate durante la diciottesima settimana avevano evidenziato il rischio concreto che il nascituro potesse avere malformazioni, nel 2002 si era rivolta a un ospedale pubblico per avere un’amniocentesi. Il medico a cui si rivolse rifiutò, così come rifiutò la successiva richiesta di interrompere la gravidanza.

In un altro ospedale ricevette lo stesso trattamento, nonostante le radiografie confermassero la serietà delle lesioni al feto. R.R. riuscì finalmente ad avere un’amniocentesi soltanto un mese dopo la prima richiesta: i risultati confermarono ancora una volta le malformazioni. A quel punto R.R. rinnovò la richiesta di un’interruzione di gravidanza, ma l’ospedale le rispose che nel frattempo erano stati superati i limiti di legge (24 settimane) e pertanto doveva tenersi la bambina, che nacque affetta dalla sindrome di Turner. La donna presentò ricorso, e alla quinta sentenza le fu data parzialmente ragione.

La Corte europea sostiene ora che quanto accaduto a R.R. costituisce una violazione degli articoli 3 (trattamento inumano e degradante) e 8 (mancato rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea sui diritti dell’uomo. In particolare, ricorda che gli stati sono obbligati a garantire un accesso privo di ostacoli alle informazioni e ai test prenatali, e che i dottori hanno inflitto alla donna, che per di più si trovava in una posizione vulnerabile, una “prolungata e dolorosa incertezza” circa le condizioni del nascituro, “umiliandola” e “trattandola in modo meschino”. La Corte ha infine stigmatizzato lo Stato polacco perché, benché la legge consenta di avere un’interruzione di gravidanza nei casi di malformazione del feto, non è poi in grado di garantire che questa possibilità sia realmente e facilmente percorribile.

L’unico giudice dissenziente è stato quello maltese: anche il giudice polacco ha votato a favore.

Raffaele Carcano

http://www.agoravox.it/Aborto-negato-Strasburgo-condanna.html

domenica 15 maggio 2011

Magari il mondo fosse come The Sims

Nel video Lily Allen* canta Smile in Simlish (using Sims 2 E.P. Seasons)


Avete mai giocato con il videogame The Sims? Io sì, ho cominciato molti anni fa con The Sims1, perché ci giocava mia nipote di dieci anni e volevo controllare che non usasse qualcosa di inadatto a lei, poi mi ci sono appassionata ed ho continuato con tutte le espansioni (le espansioni sono pacchetti gioco aggiuntivi, che permettono di variare i percorsi lavorativi, di viaggio e di vita in casa o sociale) e gli aggiornamenti: The Sims2, e un po' The Sims 3.
Attorno a The Sims si è creata negli anni una enorme comunità di giocatori e giocatrici, quello che era nato come programma di architettura, è diventato il più famoso gioco di simulazione nel mondo.
Nel gioco, attraverso la creazione di personaggi (i sims - simili), case e quartieri, si possono realizzare delle vere e proprie saghe, famiglie ricchissime, famiglie di impiegati o militari, professionisti o semplici operai, intrecciare storie e sims vite, avere obiettivi a breve e lunga scadenza, far vivere ai sims diverse avventure: dall'aprire un ristorante al viaggiare intorno al mondo; avere un cane o un gatto o diventare sindaco/a, fantaman, il o la seduttrice più famos* del sims mondo.
La vita in comune, l'istruzione e il lavoro, sono al centro del gioco, nelle vite dei sims possono accadere eventi tragici, come la morte dei genitori, un litigio tra amici o innamorati, un tradimento o il rapimento da parte degli alieni (è pur sempre un gioco), oppure eventi felici come la nascita di un figlio, una brillante carriera, l'amore ricambiato e le piccole gioie quotidiane.
In questo videogioco non è permesso uccidere, perché l'omicidio è un'aberrazione, ma il conflitto è rappresentato dalla discussione, qualche volta dal darsele di santa ragione, per poi fare la pace, attraverso il dialogo, e tornare amici. La morte sopraggiunge per vecchiaia, malattia o incidente, ma negli ultimi due casi c'è la possibilità di cavarsela in extremis!

Si possono mettere al mondo dei figli, ma per farlo bisogna amare, ed i sims amano solo se ricabiati, e l'amore, oltre che una stabile condizione economia, non ricchezza solo stabilità, sono condizioni indispensabili anche per l'adozione.
In questo videogioco un adolescente non potrà mai fidanzarsi con un adulto, né tanto meno con un vecchio, ma dovrà aandare a scuola e prendere dei buoni voti, altrimenti arriverà l'assistente sociale, e l'assistente sociale arriva anche se un bambino è lasciato per troppo tempo nella culla a piangere, se non gli si da abbastanza da mangiare, anche se i genitori escono di casa senza chiamare una baby sitter.
I sims bambini sono un'esperienza di gioco appassioante, in certi casi snervante, bisogna insegnargli a parlare, a camminare, coccolarli, leggere loro le fiabe, hanno bisogno di giocare con giochi che li aiutino a sviluppare creatività e intelligenza. A questi piccoli sims va quindi dedicato del tempo, perché se non si passa del tempo con i figli non c'è affezione, si finisce col vivere nella stessa casa senza consocersi, ed il rischio maggiore è che diventino bambini e adolescenti "problematici", che sviluppino un carattere anaffettivo e scontroso. Ma il rimedio c'è ed è il recupero del rapporto, l'impegno reciproco e di nuovo l'amore e l'attenzione. Infatti in The Sims non c'è nulla di definitivo o scontato. Ma, soprattutto, in questo videogioco, se non vuoi dei figli, nessuno ti dirà che sbagli, che ti perdi qualcosa, la tua scelta verrà rispettata e nessuno la metterà in discussione.
In questo videogioco se leggi molti libri sviluppi molte abilità; in questo videogioco se hai molte amicizie hai più possibilità di fare carriera, ma le amicizie devono essere vere amicizie, prevedere affetto e frequentazione, non conoscenze col secondo fine. Perché in questo videogioco non ci sono scappatoie, o ti impegni o nisba! In questo videogioco anche il sims più scontroso e solitario, ogni tanto, desidera uscire e incontrare altri sims, perché il contatto con gli altri è fondamentale per vivere bene.
Immagine sims3fanatics.com
Lavoro e istruzione, svago e amore, sesso protetto o procreativo, che solo gli adulti ed i giovani adulti, ovvero gli/le universitari/e,  possono fare. Il sesso, fare l'amore, si chiama: "fiki fiki". Solo gli adulti possono procreare, dato che i giovani adulti sono impegnati nella carriera universitaria, durante la quale devono dare esami e studiare moltissimo (con un tempo materiale di gioco), pena l'essere bocciati o espulsi, cose che hanno come conseguenza il mancato conseguimento della laurea, e se non sei laureato ad alcuni impieghi non potrai accedere.
I Sims hanno un loro linguaggio, una lingua artificiale chiamata "simlish", un aspetto interessante assieme all'interazione sociale dei personaggi.
Gli aspetti creativi di questo videogame non si limitano al gioco stesso, c'è un universo di storyteller, grafic*, film maker e disegnatori, tutti giocatori e giocatrici che realizzano oggetti, storie, addirittura soap opera e film, appassionati e creativi. Confesso che è stato grazie a The Sims, giocato in inglese, che ho imparato senza sforzo i nomi degli oggetti e della quotidianità in questa lingua. E' stato grazie a The Sims che ho imparato ad usare Photoshop ed alcuni programmi di modellazione 3D, in modo da personalizzare abiti, capelli, pelle e oggetti. Grazie a quelle competenze, acquisite per svago nel tempo libero, ho trovato anche lavoro.
Il dunque di questo scritto che, mi rendo conto, è parzialemnte off topic rispetto al tema del blog e può sembrare una marchetta pubblicitaria (ma il videogioco in questione non ha bisogno di me per farsi pubblicità), si trova nell'assurdità allucinante delle dichiarazioni di Carlo Giovanardi e Carlo Casini.Vietare The Sims perché favorisce una visione del mondo aperta, non prevaricativa e antidiscriminatoria.
Sì, in The Sims maschi e femmine possono intraprendere tutte le carriere, non c'è discriminazione di genere, ovviamente una donna incinta avrà un permesso per maternità, ma poi dovrà tornare a lavoro, in the sims l'amore e la genitorialità non hanno distinzione di sesso, sims di sesso diverso o uguale possono amarsi, unirsi in matrimonio, religioso o civile, e procreare (le sims femmina) o adottare.
Ciò che è socialmente riprovevole in The Sims è il furto, benché i sims possano scegliere di intraprendere una carriera nel crimine, ma col rischio di finire in carcere; il tradimento poi genera dolore e rabbia, ma i sims possono scegliere di tradire od anche di restare accanto a chi li ha traditi.
Una vita vissuta pienamente conduce i sims ad una morte serena, una vita spercata comporta il rischio di una morte precoce o che lascia il sims pieno di rimpianti, ed un sims pieno di rimpianti tornerà sotto forma di fantasma per tormentare chi è rimasto.
Uno degli aspetti più evidenti e positivi del gioco, è la possibilità di creare il percorso più affine alla propria personalità, a aprtire dalla costruzione della personalità del sims fino alle scelte sentimentali e di vita. Infatti, quella mia nipote di cui dicevo all'inizio, essendo all'epoca una bambina, realizzava storie romantiche, di famiglie numerose, con matrimoni fiabeschi, mentre io, più adulta, sperimentavo soprattutto le possibilità di carriera e gestione sociale dei sims, e mi divertivo a crearne dalle personalità estrose e fuori dagli schemi, questo perché lo stile di gioco in The Sims non è mai eterodiretto, a differenza di molti altri videogiochi il cui scopo è l'assassinio o comunque la violenza.
Magari il mondo fosse come The Sims!

*Qui sotto Lily Allen, canta "Fuck You" 



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