sabato 12 gennaio 2013

Non ti capisco, quindi sei sbagliato

David Bowie cover di Hunky Dory,
'Andy Warhol' features
Come passare sopra, in poche righe, a conquiste sociali, diritti civili e alle più avanzate teorizzazioni filosofiche? Basta scrivere poche righe su un giornale nazionale, fingendo una critica musicale ma pestando di brutto le persone (che non si comprendono) a colpi di provincialismo moralistico.

Ossia: Fegiz fa la morale a David Bowie, articolo tratto da Rolling Stone.

...



Fegiz fa la morale a David Bowie
9 gennaio 2013


Sulla scia del (bellissimo) singolo uscito in Rete ieri, pesante elzeviro del decano del 'Corriere' sulla 'moralità' del Duca Bianco (e del R&R in generale). Ma siamo davvero nel 2013?

Di Franco Capacchione
Massimo rispetto per tutti, chiaro. Però. Ieri è uscito un nuovo singolo di David Bowie che avete molto apprezzato su questo sito. Un pezzo che annuncia l’uscita di un nuovo album il prossimo 12 marzo. E i quotidiani oggi si scatenano. In particolare colpisce il pezzo firmato da Mario Luzzatto Fegiz pubblicato sul Corriere della Sera. Un colonnino di spalla al pezzo portante di Andrea Laffranchi. Comunque. Il pezzo di Fegiz è un breve riassunto della carriera artistica e personale di Bowie. Circa a metà, a proposito del Duca Bianco, di Eno, Velvet Underground e Lou Reed, Fegiz scrive: «Nella loro poetica una rappresentazione dell’esistenza tormentata, una crisi di identità che sublimava nel travestitismo, nelle perversioni, nella sessualità malata in una sorta di tristezza autodistruttiva».
Le parole sono importanti, meglio non andare in automatico altrimenti oggi, 9 gennaio 2013, e sottolineo 2013, ci si ritrova a leggere ancora di «SESSUALITÀ MALATA», di SUBLIMAZIONE nel travestitismo, di PERVERSIONI. Si immagina che Fegiz si riferisca a una certa disinvoltura pansessuale degli artisti suddetti, reale o creata a tavolino poco importa. E il travestitismo è risolto velocemente come segnale di crisi di identità.
Tutto perfettamente conforme a principi rigorosamente cattolici. La chiesa esulta. E così facendo si fa piazza pulita, in poche righe, di tutti i discorsi portati avanti negli ultimi decenni sui superamenti dei generi sessuali, sulle identità sfumate, sulle libertà individuali. Temi studiati con passione non da movimenti marginali, ma da personalità importanti della cultura internazionale come Judith Butler, filosofa statunitense.
Per noi che viviamo in Italia e leggiamo giornali italiani, tutto questo diventa una sorta di sogno, una fantascienza, la creazione di un immaginario fatto di riflessione e di rispetto. La visione di una società aperta, libera. Non anarchica, solo libera.
Sogniamo, noi italiani, qualcosa che è realtà in molti altri paesi o che, almeno, è lotta e impegno politico e civile, è punto fondante di programmi politici, di candidati che si giocano i favori degli elettori anche sul campo delle lotte civili. Noi italiani, il 9 gennaio 2013, leggiamo sul principale quotidiano italiano di sessualità malate e simili automatismi. Il pezzo di Bowie è bellissimo e triste. Noi solo un po’ tristi.



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