mercoledì 20 aprile 2011

Le donne? a casa - è l'Italia baby

Quella che segue, dopo il post, è la lettera scritta da Lorella Zanardo e Marina Terragni all'organizzazione internazionale di Expo 2015.

In un paese che tace sulle 50 donne uccise dall'inizio dell'anno ad oggi, che fa spallucce davanti al Gender gap, che si nutre di gossip e, soprattutto, sproloquia sulla libertà di vendersi per una poltrona in parlamento, di figli al testosterone, stupri meritati, assassine ecc. non sorprede questo rendez-vous di soli uomini. Mi ricorda quel manifesto della fondazione "Italiani nel mondo" che vedeva un gruppo di uomini in doppiopetto avanzare nel vuoto, gli italiani nel mondo ...c'era una volta in America. Machissimi, oh sì cosi dovevano sentirsi. Così deveno sentirsi a questo Expo 2015: Uomissimi.
Le donne? a casa, perbacco! Che vuoi che ne sappiano le donne di no profit, cultura, agroalimentare o salute! Uniche gonne ammesse: quelle dei preti.

La parità di genere? ..cos'è? non rompete ci sono cose più importanti a cui pensare!

La lettera:



Al Bureau International des Expositions di Parigi


e p. c

a Letizia Moratti, Commissaria Straordinaria Expo 2015

a Diana Bracco, Presidente Expo 2015

Gentili Signore, Gentili Signori,

apprendiamo con sorpresa che i 42 partecipanti ai 9 tavoli tematici per Expo 2015 sono tutti uomini, come da elenco che riportiamo in calce. Non un nome femminile, nemmeno per caso o per errore, tra quelli di tutti questi pur stimabilissimi signori. Questo male italiano -una politica machista, caparbiamente chiusa alla società femminile- è ormai noto in tutto il mondo, ma non si danno nemmeno timidi segni di guarigione.

Colpisce in particolare che il fatto che ai vertici di Expo 2015 siano state designate due donne, la Signora Moratti e la Signora Bracco,  ma nemmeno questo basti a produrre l’indispensabile cambiamento. Ci chiediamo peraltro come la Commissaria straordinaria e la Presidente non si siano rese conto della cosa, e se nella loro politica tengano conto del fatto di essere loro stesse donne.

In verità il machismo politico italiano è talmente consolidato da produrre una sostanziale cecità di fronte a episodi come questo. Nessuno se n’è accorto, né i vertici di Expo 2015, né i media che hanno riportato l’elenco dei partecipanti ai tavoli. Nel caso specifico di Expo 2015, la cosa può essere tradotta in questo modo: non vi è una sola donna a Milano e nel Paese che sia giudicata degna di partecipare a questo assise; paradossalmente i saperi e le competenze delle donne, nutrici del mondo, non sono ritenuti utili alla realizzazione di un Expo dedicato proprio al tema della Nutrizione del Pianeta.

Chiediamo ai responsabili del Bureau se in questo sconcertante episodio di cattiva organizzazione e nel fatto di escludere la grande competenza femminile in materia di nutrizione non intravedano una ragione per riconsiderare la candidatura di Milano a Expo 2015, e se non intendano cogliere l’occasione per sanzionare in modo efficace la classe politica del nostro Paese, vergognosamente sorda e cieca a fronte di una società sempre più femminile ma costretta a subirne l’arroganza e l’inefficacia.

Marina Terragni e Lorella Zanardo (seguono firme)

Qui l’elenco dei partecipanti ai tavoli tematici:

ACCOGLIENZA: Alessandro Rosso, Michele Perini, Antonio Intiglietta, Renato Borghi

INFRASTRUTTURE: Elio Catania, Claudio Artusi, Flavio Cattaneo, Claudio De Albertis

ENERGIA: Federico Falk, Giuliano Zuccoli, Umberto Quadrino, pietro Gnudi, Enrico Migliavacca

CREDITO: Corrado Passera, Massimo Ponzellini, Raffaele Jerusalmi, Francesco Micheli, Corrado Faissola, Bruno Ermolli

AGROALIMENTARE: Carlo Petrini, Giandomenico Auricchio, Paolo Cuccia, Giampiero Calzolari, Carlo Franciosi

SALUTE: Umberto Veronesi, Daniel Lepeyre, Silvio Garattini, Giuseppe Rotelli, Giancarlo Cesana, Massimo Ferlini

CULTURA: Piergaetano Marchetti, Sergio Escobar, Maurizio Costa, Stephane Lissner, Edoardo Valli

NON PROFIT: Giuseppe Guzzetti, don Colmegna, don Verzé, Marco Accornero

GIOVANI: Guido Jarach, Marco Alverà, Stefano Bianco

Vedi il post di Lorella Zanardo: Date Expo a un Paese civile

martedì 19 aprile 2011

'Così Striscia vuole farmi tacere'

Negli ultimi mesi Lorella Zanardo è stata attaccata da Striscia la notizia attraverso un "documentario" (al 90% un plagio de "Il corpo delle donne" solo con finalità manipolatorie) che aveva l'intento di screditare il suo prezioso lavoro (1, 2, 3, 4, 5), con una disparità di mezzi molto simile a quella tra una formica e un leone, e come se non bastasse anche attraverso una battaglia all'ultimo commento, da vincere per sfinimento dell'avversario, condotta da commentatori che trolleggiavano in tutti i blog critici verso Stiscia. Adesso esce fuori questa nuova storia.

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di Lara Crinò
La giornalista Barbie Latza NadeauLa giornalista Barbie Nadeau aveva scritto per 'Newsweek' un'inchiesta sull'immagine sessista proposta da Mediaset. Si è ritrovata con i poliziotti in casa e una denuncia per diffamazione: «Cercano di intimidire i corrispondenti stranieri in Italia»
(19 aprile 2011)
La giornalista Barbie Latza NadeauVive in Italia da quindici anni, e dice che lo considera "il posto migliore dove far crescere i figli". Aggiunge pure che la nostra società "è difficile da capire, ci sono così tante variabili" e che per uno straniero questa complessità è una sfida stimolante. Barbie Latza Nadeau è americana e scrive per 'Newsweek', uno dei magazine americani più prestigiosi, per la sua costola online 'The Daily Beast' e collabora con la CNN.

Ha seguito il caso dell'omicidio di Meredith Kirker e ha scritto un libro sul processo all'accusata Amanda Knox, dal titolo 'Angel Face: The True Story of Student Killer Amanda Knox'. E' una giornalista esperta, abituata più alla chiarezza delle testate anglosassoni che a bizantinismi dei nostri media. Eppure, per la prima volta da quando lavora, ha paura di quel che scrive.

Questo perché, come ha raccontato ieri online e oggi anche sul nuovo numero di Newsweek, una sera dello scorso febbraio un poliziotto ha bussato alla porta della sua casa romana. "Ero a casa da sola con i bambini" racconta "e sono rimasta sconcertata quando ho visto l'agente. Mi ha detto che dovevo andare alla stazione di polizia per qualcosa che aveva a che fare con ciò che avevo scritto per Newsweek su Mediaset e Silvio Berlusconi".

Il giorno dopo Barbie Nadeau si è recata alla polizia e ha scoperto di essere stata denunciata da 'Striscia la notizia' per diffamazione, a seguito di un suo articolo apparso a novembre 2010 su Newsweek dal titolo 'Italy's Women Problem'. Nella sua documentata inchiesta sulla sconfortante situazione delle donne italiane, lontane dalla parità in tutti gli ambiti, Nadeu notava che persino nel programma più visto del prime time italiano, 'Striscia la notizia', la rappresentazione femminile era affidata alle Veline. Signorine "con addosso un abito ornato di lustrini fornito di tanga e profondo scollo a V che arriva oltre l'ombelico" a cui i conduttori possono dire "Vai, girati, fatti dare un'occhiata" toccando loro il didietro. Dopo la denuncia, in accordo con 'Newsweek', la giornalista si è presa un avvocato che la difenderà. Ma qui ci spiega perché l'azione legale di Striscia non è, secondo lei, "una mera coincidenza".

Signora Nadeau, nel suo articolo esprimeva una critica al modo in cui le tv di Berlusconi e in particolare 'Striscia la notizia', rappresentano la donna. Un argomento che la stampa cavalca da anni. Come mai, secondo lei, da Mediaset è partita una denuncia?
A dire il vero nemmeno io me lo spiego fino in fondo. Posso solo fare delle supposizioni, e dirle che non credo nelle coincidenze. L''idea di avere una denuncia sulla testa mi mette profondamente a disagio. Considero 'Striscia' un programma intelligente e nel mio pezzo mi limitavo a mettere in luce una contraddizione. Ovvero che persino Striscia propaganda un'immagine che ritengo lesiva per la donna. La mia copertina di Newsweek ha ispirato a marzo un 'panel' di un convegno sulle donne a New York; hanno partecipato anche Emma Bonino e Violante Placido. Avevo appena avuto la notifica della denuncia e non ho voluto fare il nome di Striscia. Quindi, come vede, ha già funzionato su di me come una forma di intimidazione. Anche se ovviamente il mio giornale mi chiede di continuare a scrivere e seguire la questione.

Non pensa che denunciarla per diffamazione possa essere per Mediaset una 'misura preventiva' in vista dell'aprirsi del processo sul caso Ruby? Insomma un modo per alzare il tiro, mandando un messaggio ai corrispondenti stranieri in Italia in un momento particolarmente delicato per Berlusconi?
Parlare di Arcore, delle escort e di Ruby è dal punto di vista giornalistico ovviamente una miniera d'oro. Ma è una strada fin troppo facile, che in accordo con 'Newsweek' non ho mai seguito. Quel che mi interessa mostrare a un pubblico di lettori internazionali sono le contraddizioni della condizione femminile in questo paese. E come l'immagine femminile veicolata dai media e dalla pubblicità non possa che danneggiare la ricerca della parità lavorativa e sociale. Tutte queste cosce nude, questa esibizione di corpi manda un messaggio subliminale continuo all'uomo italiano: che le donne hanno a che fare con il sesso, che non sono una controparte seria e affidabile in politica o sul lavoro.

Fonte: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/cosi-striscia-vuole-farmi-tacere/2149486

venerdì 15 aprile 2011

Decalogo Zero stereotipi

Zero stereotipi in comunicazione

1. La donna è una persona, non un oggetto. Se stai usando delle donne nella tua comunicazione, chiediti se la loro immagine potrebbe indurre a pensare il contrario.

2. Non basta “coprire” le donne per essere gender friendly. Occorre prima di tutto non svilirle con atteggiamenti, parole ed ogni altra forma di comunicazione che le dequalifichino o ne rimandino una visione stereotipata, svilente e maschilista.

3. Il corpo delle donne, anche scoperto, non è mai volgare e non è qualcosa di cui vergognarsi o da censurare. Semmai, lo è la sua mercificazione e il modo in cui esso viene utilizzato. Sfruttare il corpo di una donna (o peggio di una sua parte) ed usarlo come specchietto per le allodole per vendere è sempre discutibile.

4. Una comunicazione dalla parte delle donne dovrebbe proporre modelli estetici che non siano eccessivamente finti e irraggiungibili ma che tengano conto della conformazione naturale delle donne e, ove possibile, della sua diversità. Far sentire le donne inadeguate perché non corrispondenti ad un modello unico di bellezza (giovane, magra, sexy) non è esattamente un modo per stare dalla loro parte.

5. Evita gli stereotipi: la donna – oggetto sessuale è solo uno dei tanti stereotipi che creano pregiudizi. Anche la donna mamma chioccia/angelo del focolare o la donna in carriera fredda e scontrosa, ad esempio, lo sono. Anche per le bambine e i prodotti ad esse destinati è lo stesso (la bimba che pensa alla bellezza, che è già una piccola mammina casalinga o – cosa sempre più inquietante – che viene messa in pose ammicanti, piuttosto che il bimbo dedito all’avventura o alla guerra sono uno dei tanti esempi). Evita di usare gli stereotipi sia femminili che maschili nella tua comunicazione a meno che l’intento di critica nei loro confronti non sia più che evidente oppure affida questi ruoli ad entrambe i sessi.

6. Degradare gli uomini al posto delle (o insieme alle) donne non significa essere gender friendly, ma promuovere un finto paritarismo al ribasso che svilisce tutti, di cui le donne non hanno bisogno.

7. La sensualità e la sessualità sono cose bellissime, ma c’entrano con il prodotto e servizio che stai comunicando?

8. Ok, la sensualità c’entra con ciò che stai comunicando. Ricordati però che le donne non sono persone a disposizione di chi le guarda. Non indurre i destinatari della tua comunicazione a pensarlo dipingendole con atteggiamenti di eccessiva disponibilità sessuale.

9. Quando la comunicazione propone un’immagine d’amore (in tutte le sue forme) e le persone come soggetti e non come oggetti non significa che sia volgare. Ma se la tua comunicazione è rivolta agli adulti, assicurati che i circuiti nei quali la diffonderainon giungano agli sguardi dei più piccoli.

10. Sii coerente. Essere dalla parte delle donne vuol dire ragionare e comportarsi in termini paritari. E’ inutile essere gender friendly nella comunicazione se non lo si è anche nella vita di tutti i giorni, nel proprio lavoro e nelle proprie relazioni. Il rischio è quello di passare per ipocrita.

http://www.zerostereotipi.it/

Approfondimenti:

domenica 10 aprile 2011

Travaglio e l’attenuante della provocazione

[Il discorso che fa Travaglio nel video è paradossale, ma forse scegliere altri paradossi, che non suggeriscano femminicidi, sarebbe meglio.]
Da femminismo a sud



Travaglio non mi è simpatico. Giustizialista, di destra, ogni tanto dice delle cose per le quali meriterebbe pernacchie. Questa è una di quelle volte. Dal minuto 7.40 del video, Travaglio, con la solita ironia un po’ spocchiosa che VE lo fa amare, da quel pezzo di giornalista del “Fatto Quotidiano” (quello che ospita le perle misogine di Massimo Fini e non solo) che è, elenca le ragioni per cui ad un marito conviene sparare alla moglie invece che divorziare.

Chiaro che quello che dice lui non ha nulla a che vedere con la istigazione alla violenza praticata in modo reiterato un giorno si e uno no dai maschilisti che elencano persino i modi attraverso i quali un marito potrebbe persino far sparire il cadavere, ma ci chiediamo come mai il signor Travaglio, colui il quale parla di femmine soltanto se possono essere utili a sputtanare Berlusconi, abbia tirato fuori l’argomento così per caso.

Che non abbia mai dedicato un solo rigo alla lotta contro la violenza sulle donne lo sappiamo. Che Il Fatto Quotidiano abbia ospitato degli interventi che definiscono le donne delle megere invece è provato.

Travaglio sta forse per divorziare? Aderisce alla lobby maschilista che pur di non pagare gli alimenti alla moglie assumerebbe un mago che le facesse sparire e ricomparire in un universo parallelo?

La sua è una denuncia? Ci viene in aiuto? Sta dicendo che la legge italiana è una merda e che un uomo italiano è libero di scannare la moglie senza che poi accada nulla?

E noi siamo d’accordo. E’ vero che in Italia i mariti, soprattutto gli ex ammazzano perchè si liberano delle mogli, le massacrano, poi fanno due giorni di galera, forse nessuno, e poi si beccano perfino la pensione di reversibilità della moglie. Pretendono perfino che i giudici gli affidino i figli, così a loro potranno insegnare quanto è comodo scannare la moglie e poi camparci di rendita. Perchè si sa che per i figli l’esempio è la migliore lezione di vita.

Ma se è così che la pensi, caro Travaglio, allora dovresti spiegarla bene questa cosa perchè quello che tu hai detto fornisce una attenuante ad una lobby misogina che quelle mogli medita di ammazzarle davvero o all’altra lobby che invece ne discetta in senso “utilitaristico” come si trattasse di un argomento da salotto, tra folli scatenati che dichiarano di voler fare guerra alle donne e altri sessisti che dimenticano di essere nati di donna.

La devi spiegare perchè questo non è il tempo delle ambiguità e perchè la tua descrizione non ci ha fatto per niente ridere.

Sono #45 le vittime di violenza maschile per il 2011 e se si continua a dire che tanto agli assassini non succede niente senza che nessuno faccia nulla di alternativo, presto quella cifra raddoppierà e in definitiva non si tratta più di diffusione di notizie su una materia ma di istigazione alla violenza sulle donne.

Tra le #45 non contiamo la ragazzina di 13 anni lapidata da un diciassettenne. Lei è in coma e stranamente per “legge” non la possiamo definire morta ammazzata da un maschio violento. Dunque se un uomo che ammazza una donna non fa neppure un giorno di galera figuriamoci quale destino fantastico sarà riservato a questo diciassettenne. Gli pagheranno la crociera intorno al mondo di modo che possa lapidarne altre 1000.

Bisogna informare e controinformare. Se racconti di come è brutta la legge allora sprecati un pochino a parlare delle vittime invece di infilare la battuta misogina (il pagamento degli alimenti che è la leggenda dei tuoi colleghi maschilisti) tra un sorriso sarcastico e un ragionamento berluscadipendente.

Oppure dicci secondo il tuo parere che pena meriterebbe un uomo che ammazza la moglie. Dopodichè dicci perchè mai ancora in Italia esiste l’attenuante della “provocazione” che è solo una forma più ipocrita di giustificare il “delitto d’onore”.

Sostanzialmente, come hai detto tu, l’Italia fa schifo, per le donne lo è molto di più, e non ci sentiamo molto collaborate in termini culturali da quelli come te che sono così intenti a fare battaglie virili, l’uno contro l’altro armato, a far vedere chi ce l’ha più lungo.

Questo esercito di maschi che fanno bagni di folla come fosse viagra a noi non fa effetto neanche un po’. Ma sulle cose che dite non possiamo tacere.

Dunque, Travaglio, dicci: che cosa pensi sulla violenza maschile contro le donne?

Ps: alle donne, sorelle, compagne, NON SPOSATEVI!

mercoledì 6 aprile 2011

Giancarlo Magalli e l'istigazione al femminicidio

Secondo Giancarlo Magalli uccidere una donna che non ti ama più è lecito: " Io penso anche a quei poveri uomini, che lasciati dalla donna che amavano disperatamente cercano il chiarimento non per ammazzarla, ma per ricucire un rapporto e magari si sentono dire ‘io ti ho sempre tradito, perché tu sei uno scemo, impotente e mi fai schifo’ e in quel momento perdono la brocca e l’ammazzano. E vabbè, che gli vuoi di’? [...] esiste l’attenuante della provocazione... tante volte questo crinale si supera non perché uno è cattivo, ma perché te ce portano e quindi poi quello paga il suo debito, per carità… lo paga… però…”



Forse Magalli è tempo di lasciare spazio a uomini che pensano alle donne come a persone e non come a oggetti di proprietà, a suppellettili, a elettrodomestici che se non funzionano, se non rispondono ai tuoi comandi e desideri, "nel momento d'ira"(che "momento" non è, visto che anche un uomo dabbene come lei, che ha una moglie e una figlia, è capace a mente fredda di concepire questa metodica), fai a pezzi.


EDIT: Le scuse di Magalli tra i commenti al blog di Flavia Amabile "Mi rendo conto che quello che ho detto dalla Perego può essere sembrata una difesa di chi fa del male o uccide una persona alla fine di una storia d'amore, se provocato. Mi dispiace non essere riuscito ad essere chiaro, come in genere sono, e di non essere riuscito a chiarirmi, anche perchè assalito dalla virulenza della Boralevi. Il discorso era un altro: si discuteva del fatto se si può uccidere per amore. Sia io che li psichiatra eravamo d'accordo che non si può: uccidere è una cosa così terribile che si può fare solo per follia. Il mio discorso era volto solo a dire che qualunque uomo (ma anche una donna) normale può superare il crinale della follia e diventare un omicida se provocato. Il che non lo giustifica affatto, o meglio non giustifica l'atto di follia, ma aiuta a capire perchè la follia sia scattata. Mi dispiace essere stato poco chiaro, ma certamente non volevo nè giustificare nè difendere chi fa del male. Cordiali saluti. Giancarlo Magalli scritto da Giancarlo Magalli 6/4/2011 14:51" qui.



Mi sembra che comunque persista nella sua replica il concetto di provocazione.
Chissà cosa ne pensa Magalli di quest'uomo che ha massacrato di botte la moglie perché lei non voleva avere rapporti anali. Non lo amava abbastanza? Esprimere un'opinione contraria equivale a provocare?




Via Flavia Amabile, Femminismo a sud, Un altro genere di comunicazione
; di più: No alla violenza sulle donne, Bambini coraggiosi, Vita da streghe.

domenica 3 aprile 2011

MANIFESTO di Mia Engberg

1. Siamo belle come siamo. Al diavolo gli ideali di bellezza malati! Odiando profondamente se stesse, le donne consumano molta della loro energia e sviliscono la propria creatività. L’energia che potrebbe essere diretta all’esplorazione della nostra sessualità e del potere che abbiamo, viene prosciugata da diete e cosmetici. Non lasciare che i poteri commerciali controllino i tuoi bisogni e desideri.

2.
Difendi il diritto di essere arrapata. La sessualità maschile è considerata una forza della natura che va soddisfatta a tutti i costi. Quella delle donne viene accettata solo se si adatta ai bisogni dell’uomo. Sii arrapata a modo tuo.

3
.
Una brava ragazza è una ragazza cattiva. Ci hanno nutrite del cliché culturale per cui le donne sessualmente attive e indipendenti sono o pazze o lesbiche e quindi pazze. Vogliamo vedere e fare film in cui Betty Blue, Ophelia e Thelma & Louise alla fine non devono morire.

4.
Distruggi capitalismo e patriarcato. L’industria del porno è sessista perché viviamo in una società patriarcale e capitalista. Si arricchisce dei bisogni che la gente ha di sesso ed erotismo e nel farlo sfrutta le donne. Per combattere il pornosessismo devi distruggere capitalismo e patriarcato.

5.
Sconce quanto ci pare. Godi, decidi o lascia perdere. Di’ NO quando ti pare, per essere in grado di dire Sì quando vuoi TU.

6.
L’aborto legale e libero è un diritto umano! Tutti hanno il diritto al controllo del proprio corpo. Ogni anno milioni di donne subiscono gravidanze non volute e muoiono per aborti illegali. Fanculo la morale buona solo a predicare contro il controllo delle nascite e l’informazione sessuale.

7.
Combatti il vero nemico! La censura non può liberare la sessualità. Fintanto che le immagini sessuali sono tabù, l’immagine della sessualità delle donne non potrà cambiare. Non attaccate le donne perché mostrano il sesso. Attaccate il sessismo che cerca di controllare la nostra sessualità.

8.
Sii queer! Chi si oppone all’erotismo spesso è omofobico e spessissimo è transfobico. Noi non crediamo nella lotta tra i sessi ma nella lotta contro i sessi. Identificati col genere che vuoi e fai l’amore con chi ti pare. Sessualità è diversità.

9.
Usa protezioni. “I’m not saying go out an’ do it, but if you do, strap it up before you smack it up” [non dico di uscire e andare a scopare, ma se scopi, coprilo prima di fartelo sbattere dentro] Missy Elliot.

10.
Fai da te. L’erotismo è buono e ne abbiamo bisogno. Siamo fermamente convinte che sia possibile creare un’alternativa all’industria pornografia mainstream facendo i film sexy che ci piacciono”.

venerdì 1 aprile 2011

Vogue si ripensa?

Dopo che per anni la moda è stata accusata di essere la causa principale nei disturbi del comportamento alimentare per le ragazze di tutto il mondo, oggi il vero colpevole sembra essere Facebook (...)
Comincia così il post della direttrice di Vogue, Franca Sozzani, che introduce alla campagna contro l'anoressia intrapresa dalla rivista.
Leggi l'incipit e ti chiedi se ci fa o ci è.

Ipocrisia portami via
.

Uno scarica barile (non) senza confronti, deresponsabilizzasi quando si conosce benissimo la portata del proprio lavoro, un lavoro sull'immaginario, manipolatorio, pervasivo.
La colpa, dice poi, è delle famiglie.

E' indubbio che l'anoressia, come tutti i disturbi dell'alimentazione, abbia radici molto profonde, legate a dinamiche famigliari e fagilità soggettive. Così come è fuori di dubbio che il sistema della moda e l'informazione che ruota attorno alla moda abbiano una enorme responsabilità nella diffusione dei modelli estetici.

Il discorso non è portarsi all'estremo opposto, andare in giro col sacco di patate, ingrassare fino a stare male. E questo chi produce "moda" lo sa, perché non pecca di intelligenza, ma di onestà, quanto meno.

Vogue propone una petizione per promuovere la chiusura dei blog, profili gruppi e siti pro-ana, cioè pro-anoressia.

Cos'è allora questa petizione? Cosa rappresenta? Una tardiva presa di coscienza o solo un'ipocrita parata, una rivista di moda che presenta gallerie di donne scheletriche che fa una campagna contro l'anoressia, non è come quel marito che ti picchia dicendoti ti amo? Vogue si ripensa?

Allora via le pubblicità ed i servizi con donne scheletriche, che non rappresentano un tipo longilineo ma la fantomatica taglia zero, la gruccia umana che deve scoparire sotto l'abito. Via i continui riferimenti alla necessità d'essere magri per avere successo.

Intanto la rete continua ad essere il capro espiatorio perfetto, per tutti, ma la rete è fatta di persone, e quelle persone non vivono nel virtuale, ma fuori nel mondo ed è da quel mondo che raccolgono idee, frustrazioni, input e qui li riversano. Il loro corpo esiste nella realtà.

Ci vuole coerenza, responsabilità, etica. Mentre ciò che fa Vogue, ma non solo Vogue, è cavalcare l'onda, fino alla prossima corrente. Ma noi restiamo qui, il nostro corpo è qui e l'onda per noi non c'è, c'è la vita vera.

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