tag:blogger.com,1999:blog-37731778935007768652024-03-05T20:19:34.648+01:00Nata FemminaSerbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.comBlogger980125tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-22969875354400184692017-01-22T14:02:00.002+01:002017-01-22T14:02:31.755+01:00Diventare Uomini. Relazioni maschili senza oppressioni al Perditempo di Napoli<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNbwbBF-45bGVMIp6vL1AJfbcats-dxF_wedU42kJQQklphXhdKwG-Tv07BPeJ8RjdY0GC28I9ytasQ-uJdmI-l0XeLifHgc47n1ozMy2kN1MuRHgqXuioDZUchW1-o0Aiynyq4Mam-C0/s1600/diventa.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNbwbBF-45bGVMIp6vL1AJfbcats-dxF_wedU42kJQQklphXhdKwG-Tv07BPeJ8RjdY0GC28I9ytasQ-uJdmI-l0XeLifHgc47n1ozMy2kN1MuRHgqXuioDZUchW1-o0Aiynyq4Mam-C0/s1600/diventa.jpg" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il <b>30 gennaio 2017 alle ore 18.15</b> si terrà presso il caffè libreria <b>Perditempo</b>, in via san Pietro a Maiella
n. 8 a Napoli, la presentazione del libro “Diventare Uomini. Relazioni maschili
senza oppressioni” di Lorenzo Gasparrini, edito da Settenove. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La presentazione vedrà la partecipazione
dell’autore, della professoressa Elena Tavani (l’Orientale, Napoli) e dei
promotori dell’evento, la lettura del testo e un dibattito sulle tematiche del
libro stesso animeranno la serata.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Diventare Uomini. Relazioni
maschili senza oppressioni è un agile saggio sulla maschilità, scritto da un
punto di vista femminista ossia "a partire da sé" che, tenendo conto
degli studi femministi e sull'identità di genere, individua, ripercorrendo le
varie fasi della crescita di un uomo, i modi attraverso cui il patriarcato
opprime non solo le donne e tutte le altre soggettività inferiorizzate, ma
anche gli uomini fin dall'infanzia.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
L’analisi della maschilità, della
costruzione dell’identità e del ruolo di genere, rappresentano la guida alla
comprensione del sistema di potere che genera disparità e violenza con ricadute
negative per tutta la società.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La scarsa bibliografia in lingua
italiana sull’antisessismo maschile si arricchisce con Diventare Uomini.
Relazioni maschili senza oppressioni, di un testo che con la sua prosa
divulgativa chiara e diretta, senza mai cedere a banalizzazioni, fornisce un
prezioso contributo. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
In questo momento storico di
apertura dei movimenti femministi, con la quarta ondata, l’inclusività è la
chiave per l'avanzamento verso la conquista di una reale parità. Uomini
antisessisti che decostruiscono il proprio privilegio e il costo che questo
privilegio ha per ognuno dovrebbero essere la norma nel panorama culturale
italiano, invece il libro di Lorenzo Gasparrini risulta essere una grande
novità da questo punto di vista.</div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Lorenzo Gasparrini è dottore di
ricerca in Estetica, attivista e blogger. Ha fatto parte e scritto con il
collettivo Femminismo a sud e Intersezioni. I tanti blog e luoghi virtuali nei
quali scrive sono raccolti in <a href="https://lorenzogasparrini.noblogs.org/">lorenzogasparrini.noblogs.org</a> e da due anni porta
avanti il gruppo di discussione sulla maschilità "Gentlemen's Club"
(un nome ironico) presso il collettivo Cagne sciolte di Roma.<br /><br />Per acquistare il libro via internet: <a href="http://www.settenove.it/articoli/diventare-uomini/333">http://www.settenove.it/articoli/diventare-uomini/333</a></div>
Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-48010361125747503202015-04-29T19:19:00.000+02:002015-04-29T19:19:00.057+02:00Alcuni miti attorno all'industria del sesso<div style="text-align: justify;">
Quella che segue è la traduzione apparsa su Intersezioni di un articolo tratto da <a href="http://everydayfeminism.com/2014/11/myths-people-sex-industry/" target="_blank">http://everydayfeminism.com/2014/11/myths-people-sex-industry/</a> a cura di feminoska e Lorenzo Gasparrini, revisionato da Eleonora.<br />
L'articolo tratta dei miti che ruotano attorno alla prostutizione e, non solo inquinano la discussione su questo fenomeno, ma spesso mettono in pericolo le persone che attraversano quest'esperienza, per volontà o costrizione. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://intersezioni.noblogs.org/traduzioni/sfatiamo-sei-miti-sulle-persone-che-lavorano-nellindustria-del-sesso/">Sfatiamo sei miti sulle persone che lavorano nell’industria del sesso</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Vivono barcamenandosi tra visibilità e invisibilità,
criminalizzazione e cittadinanza, sicurezza e pericolo, sfruttamento e
autodeterminazione.<br />
Le persone coinvolte nell’industria del sesso oscillano costantemente
tra questi estremi. Tra stigma e invisibilità, subiscono violenze e
discriminazioni fortissime, e ciononostante finiscono troppo spesso per
essere tagliate fuori dal discorso della violenza sulle donne. A causa
della rappresentazione miope e poco accurata che ne danno i media e
dello stigma culturale che circonda il commercio del sesso, troppi sono i
preconcetti che circondano le persone coinvolte nell’industria del
sesso. Storicamente, il femminismo ha semplificato (e continua a
semplificare) la questione, non si fa fatica a imbattersi in una delle
cosiddette “guerre del sesso” delle femministe. Troppo spesso non
riusciamo a vedere la complessità e la varietà dei soggetti coinvolti
nel commercio del sesso, le motivazioni che stanno alla base della loro
scelta, e il grado di autodeterminazione o, al contrario, coercizione
vissute. Forse anche tu, o qualcun@ che conosci, sei stat@ coinvolt@
nell’industria del sesso. O magari, quello che sai in proposito
rispecchia le rappresentazioni ipersemplicistiche del traffico sessuale e
delle sex worker sui media, e non sei sicur@ di capire che differenza
c’è tra le due cose. Malgrado ciò, puoi essere un alleat@ delle persone
coinvolte nell’industria del sesso. Ma dato il numero di luoghi comuni
esistenti relativi all’industria del sesso, è utile sfatare alcuni dei
miti che impediscono di vedere il fenomeno per quello che è in realtà.
</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Mito#1: Le parole che usiamo per descriverle non contano granché.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
La nostra cultura descrive le persone coinvolte nell’industria del
sesso come prive di valore, sporche, tossiche, vittime, sopravvissute,
portatrici di malattie, poco raccomandabili, criminali, come “troie” e
“puttane”. Anche coloro che non vogliono utilizzare etichette
deumanizzanti spesso non sanno come riferirsi alle persone che lavorano
nell’industria del sesso. Molto spesso ti sarà capitato di sentire la
parola ‘prostituta’. E anche se alcune di queste persone potrebbero
identificarsi proprio così, questa parola ha forti connotazioni
negative, e molte preferirebbero non sentirsi chiamare così. Dal momento
che esistono differenze enormi tra le persone che entrano
volontariamente nel commercio del sesso, quelle costrette a farlo e
tutte le variegate situazioni che stanno in mezzo a questi due estremi, è
importante utilizzare il linguaggio in modo da riflettere questo
aspetto. Per questa ragione, coloro che entrano volontariamente nel
commercio sessuale generalmente preferiscono il termine ‘sex work’ e
spesso si identificano come sex worker. Questo termine è stato coniato
dalle sex worker per potersi rinominare e per riformulare il concetto
per sé stesse – e definirlo in quanto attività professionale e scambio
economico. Il termine ‘tratta’, invece, fa riferimento a persone
costrette con la forza, l’inganno e/o la coercizione a vendere
prestazioni sessuali. Se sono minori, sono vittime sopravvissute allo
sfruttamento commerciale sessuale di minori, e/o alla tratta. Per via
della loro età, non è necessario l’uso di forza, inganno e/o coercizione
perché venga considerata tratta, secondo le leggi federali statunitensi
e alcune leggi nazionali.<br />
Queste categorie non sono in realtà così semplici come sembrano, né sono
fisse. Spesso le esperienze delle persone si situano in qualche punto
lungo questo spettro, e le ragioni per cui le persone si trovano
nell’industria del sesso possono cambiare nel corso del tempo. Ora stai
facendo le ipotesi più disparate riguardo alle persone che rientrano in
queste categorie, anche ora che stai leggendo? Nel discutere questo
problema, può essere utile esaminare i propri pregiudizi e preconcetti
sulle le persone coinvolte in questa industria.<br />
In questo articolo, si fa riferimento all'”industria del sesso”, cioè
alle persone e alle attività coinvolte nello scambio di atti sessuali in
cambio di soldi, riparo, cibo, vestiti e altri beni. Questo termine è
usato qui in senso più ampio per includere non solo prostituzione di
strada, bordelli e agenzie di escort, ma anche coloro che sono coinvolti
nel sesso di sopravvivenza, nell’industria del porno, negli strip club,
e nel sesso con contatto indiretto (via telefono o Internet).<br />
Usiamo il termine “persone nell’industria del sesso” per riferirci a
persone che offrono sesso a pagamento. Tuttavia, di solito vi sono altri
soggetti coinvolti con molto più potere e privilegi nell’industria del
sesso – sono soprattutto trafficanti e acquirenti.</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Mito#2: Le persone nell’industria del sesso sono tutte etero,
povere, adulte, donne americane di colore che lavorano nelle strade.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Quando immagini una persona che fa parte dell’industria del sesso,
che aspetto ha? Anche se c’è un buon numero di persone nell’industria
del sesso che rientra nelle categorie elencate sopra, al suo interno c’è
anche un’ampia e varia gamma di identità, e molte persone vivono e
lavorano dove si intersecano molteplici forme di oppressione.<br />
Dal momento che la povertà e la mancanza di opportunità di lavoro sono
spesso fattori che favoriscono l’ingresso di molte persone
nell’industria del sesso molte persone nell’industria del sesso sono
povere e di colore, ma molte altre provengono da ambienti borghesi, e
tante sono bianche.<br />
Troppo spesso, però, sono soprattutto donne e bambini di colore poveri a venire criminalizzati e incarcerati.<br />
Nel settore del sesso, molte sono le donne eterosessuali (sia cis che
trans), e la maggioranza delle persone che comprano sesso sono uomini
eterosessuali, ma all’interno dell’industria del sesso consumano e si
muovono persone di ogni genere e sessualità. L’immagine stereotipata del
lavoratore del sesso è quella di una persona che “lavora sulla strada”,
ma la tecnologia e Internet hanno un ruolo importante nell’industria
del sesso e infatti, sempre più spesso, il sesso a pagamento passa
attraverso la rete, mentre si continua a utilizzare altre forme di
tecnologia come il telefono e i film. I minorenni costituiscono una
parte importante dell’industria del sesso, e tendono ad essere bersagli
facili dei trafficanti americani. Per via della loro età, i minori sono
spesso marginalizzati e più vulnerabili, e questo vale per bambini e
adolescenti di qualsiasi genere e razza. Inoltre, a causa dell’omofobia e
della transfobia, molti giovani LGBTQIA+, in particolare di colore,
scappano o vengono cacciat@ di casa, e lasciat@ senza un tetto. Ciò
significa un rischio maggiore che debbano dedicarsi al sesso a pagamento
per sopravvivere, o allo sfruttamento sessuale a pagamento. Anche se la
maggior parte dell’industria del sesso negli Stati Uniti riguarda
cittadini statunitensi, esistono molte reti nazionali straniere che
fanno entrare negli USA donne da altri paesi per inserirle nel commercio
del sesso a pagamento. Alcune di loro devono anche affrontare i
pericoli derivanti dall’essere senza documenti e dall’incapacità di
esprimersi in lingua inglese o di comprendere la società americana, che
sono spesso ulteriori mezzi di controllo su di loro. L’industria del
sesso esiste, come è evidente, in forme molto diverse e coinvolge
soggettività assai differenti e, nonostante tutte queste differenze,
coloro che sono già esclus@ e marginalizzat@ a livello sociale devono
affrontare livelli assai più elevati di violenza individuale e
strutturale rispetto alle loro controparti privilegiate.<br />
Le soggettività che si trovano all’incrocio di identità privilegiate –
come coloro che sono bianch@ e/o benestanti a livello sociale e/o
economico – tendono a offrire sesso a pagamento attraverso mezzi meno
visibili (per esempio, la rete) e sono meno esposte alla possibilità di
venire arrestate. Nel contempo, coloro che sono più visibili e che sono
soggett@ a livelli di controllo più alti – come le persone trans, nere e
latin@, senza documenti, o con precedenti criminali, sono prese di mira
e si trovano ingiustamente ad affrontare arresti e incarcerazioni in
percentuali molto più elevate.</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Mito#3: Le persone nell’industria del sesso? O sono tutte vittime o sono tutte autodeterminate!</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Troppo spesso il discorso che ruota intorno all’industria del sesso
si riduce alla nozione semplicistica che dipinge l’industria del sesso
come un’attività sessista e vittimizzante, o al contrario come
un’attività che dà forza e autodeterminazione alle donne. In realtà è
ambedue le cose, nessuna delle due, e molto altro ancora. Le persone
entrano nell’industria del sesso per vari motivi, che potremmo
raggruppare in tre macro-categorie:<br />
– Tratta: persone costrette ad entrare nell’industria del sesso tramite
l’uso della forza, la frode o la coercizione se adulte, o semplicemente
costrette a fare sesso a pagamento se minori (sfruttamento sessuale di
minori).<br />
– Necessità economica: persone convinte che il sesso a pagamento sia
l’unica o la più percorribile modalità di guadagno per sopravvivere e
soddisfare i propri bisogni.<br />
– Sex work per scelta: persone adulte che scelgono di offrire sesso a pagamento.<br />
Anche se abbiamo voluto semplificare utilizzando queste tre categorie,
ciò non significa che per le singole persone il procedimento sia sempre
così semplice e lineare. Molte delle persone nell’industria del sesso ci
si sono trovate per ragioni o motivazioni diverse, che possono anche
cambiare con il passare del tempo. Per esempio, molte donne cis e trans
che si trovano ad affrontare una società transfobica e sessista, possono
decidere di vendere sesso a pagamento perché è l’unico modo che hanno
di sopravvivere e di sostenere le proprie famiglie. Alcune sono
costrette da persone che hanno potere su di esse. Altre scelgono di
entrare nell’industria del sesso e la vedono come un’altra forma di
lavoro possibile. Alcune ancora la trovano un’esperienza arricchente e
sono contente di dedicarsi al sesso a pagamento.<br />
Una minorenne che venda sesso a pagamento viene considerata
automaticamente una vittima di tratta e/o di sfruttamento sessuale di
minori secondo le leggi federali (sebbene storicamente, e spesso ancora
oggi sia considerat@ alla stregua di criminale dalle leggi dello stato).
Ma spesso, dalla sua prospettiva, questa attività è percepita come
autodeterminata poiché svolta per il proprio “fidanzato” adulto (ovvero
il pappone).<br />
A causa di questa vasta gamma di esperienze e delle differenze nel
passato e nelle prospettive delle diverse persone nell’industria del
sesso, la dicotomia vittimizzazione/autodeterminazione è chiaramente
falsa e semplicistica.</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Mito#4: Le persone nell’industria del sesso non possono essere stuprate.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Perché supponiamo che vi siano persone che “non possono essere stuprate”? Questo mito deriva da idee perpetuate dalla <a href="http://liadiperi.blogspot.it/2014/08/la-cultura-dello-stupro-guida-per-i.html" target="_blank">cultura dello stupro</a>,
che considera determinate categorie di persone – coloro che fanno sesso
per denaro o altro – come impossibili da forzare ad avere un rapporto
sessuale. Secondo questo preconcetto, le persone all’interno
dell’industria del sesso non pongono confini né hanno potere decisionale
sui propri corpi, e pertanto non possono rivendicare (o non
rivendicare) il proprio consenso. Se una cultura considera una persona
come priva della proprietà del proprio corpo, allora quel corpo diventa
un corpo altrui, che non ha la possibilità né la capacità di dire sì o
dire no.<br />
Questo è un problema non solamente collegato allo stigma, ma che ha
conseguenze reali nei rapporti con i clienti, la polizia e altri
soggetti.<br />
Secondo due studi del Sex Workers Project, il 17% delle sex worker
intervistate ha denunciato molestie sessuali, abusi e stupri da parte
della polizia. Ma dal momento che le persone all’interno dell’industria
del sesso sono tanto marginalizzate e possono essere venire incarcerate,
questi equilibri di potere permettono che sulle violenze compiute dalla
polizia non vengano effettuate indagini. In realtà, la costrizione agli
atti sessuali da parte dei poliziotti, così come la “scelta” tra il
fare sesso o andare in galera, è un’esperienza assai comune. Denunciare
questi eventi (ed essere prese seriamente) è abbastanza fuori questione.
Al contrario, quando subiscono violenze sessuali, la nostra società
tende a incolpare le persone nell’industria del sesso dichiarando che
“se la sono cercata”. Ma la necessità del consenso nel sesso non
scompare solo perché una persona fa sesso in cambio di soldi o altri
beni.</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Mito#5: le persone nell’industria del sesso dovrebbero vergognarsi di vendere i propri corpi.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Sappiamo bene che la nostra cultura fa sentire in colpa le donne che
fanno sesso e ciò si applica ovviamente anche all’industria del sesso.
Lo stigma e l’idea che le persone nell’industria del sesso dovrebbero
vergognarsi, o che sia necessario farle sentire in colpa in maniera da
farle uscire dall’industria, è completamente sbagliata. All’interno
della categoria della tratta, questa stigmatizzazione ha condotto ad un
altra dicotomia falsa eppure molto diffusa: quella che distingue tra
vittima buona/vittima cattiva. Una “vittima buona” è qualcun@
(solitamente bianca, etero e giovane) che non aveva assolutamente alcuna
idea del fatto che avrebbe dovuto vendere sesso e che è stata portata a
farlo con l’inganno. Una ” vittima cattiva” è una persona (solitamente
di colore) che sapeva che avrebbe dovuto vendere sesso e “ciononostante”
ha deciso di dedicarcisi – anche quando vi è abuso per costringerla a
restare.<br />
Janet Mock, discutendo della sua esperienza nell’industria del sesso,
trattò eloquentemente il tema della vergogna nel suo libro “Ridefinire
la realtà”: “non credo che utilizzare il proprio corpo – spesso l’unico
bene posseduto dalle persone marginalizzate, specialmente nelle comunità
di colore povere e a basso reddito – per prendersi cura di sé sia
vergognoso. Trovo vergognosa una cultura che esilia, stigmatizza e
criminalizza coloro che sono coinvolte in economie sotterranee come il
sex work quale mezzo per passare dall’indigenza alla sopravvivenza.”
Indipendentemente dalla ragione che le ha portate a compiere quella
scelta, le/gli alleat@ dovrebbero supportarle e lavorare per distruggere
lo stigma che grava sulle persone nell’industria del sesso. Se vogliono
lasciare il commercio sessuale, dovremmo fornire loro servizi di
supporto che le aiutino nella transizione. E se non vogliono, dovrebbero
comunque essere sostenute. I servizi destinati alle persone
nell’industria del sesso dovrebbero essere organizzati in una maniera
tale da rispettare la loro umanità e sostenere la loro capacità di
iniziativa.</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Mito#6: Le persone coinvolte nell’industria del sesso sono criminali.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Correzione: sono ‘criminalizzate’. Le persone nell’industria del
sesso sperimentano un’intera gamma di violenze e minacce emotive,
culturali e fisiche nelle proprie comunità e molto più spesso da parte
della polizia. E chi è il bersaglio preferito della polizia e del
sistema penale? Le donne di colore. Le donne trans. Le persone che
vendono sesso per strada alla luce del sole. Le persone minorenni. Le
persone con crimini o uso di droghe alle spalle. Le persone povere. Le
persone straniere o senza documenti. In altre parole, le persone che si
trovano già in una situazione di marginalizzazione e oppressione.
Nonostante vengano criminalizzate anche le persone che comprano sesso a
pagamento e i trafficanti, le forze di polizia non si focalizzano su
questi soggetti tanto quanto su coloro che forniscono sesso a pagamento.
Al contrario sono trattati con un’attitudine buonista stile ” i ragazzi
sono pur sempre ragazzi” anche quando sono coinvolti dei minori. Le
donne trans di colore sperimentano la discriminazione della polizia, sia
che siano coinvolte o meno nell’industria del sesso. le donne Trans di
colore spesso vengono schedate, arrestate e trattenute per adescamento
poiché vengono considerate, da parte delle forze dell’ordine, attraverso
la lente degli stereotipi razziali e sessuali. Fino a poco tempo fa, in
ogni stato USA, i minori sotto i 18 anni coinvolt@ nell’industria del
sesso venivano criminalizzat@ nonostante esistano leggi contro lo stupro
e gli abusi sessuali su minori. Grazie alla legge “New York Safe Harbor
Law” del 2008 e alle leggi di altri stati che sono seguite, stiamo
assistendo ad una minore criminalizzazione e a una maggiore offerta di
servizi a loro sostegno, anche se molto va ancora fatto.</div>
<div style="text-align: justify;">
***</div>
<div style="text-align: justify;">
Nonostante tutti i miti che circondano le persone nell’industria del
sesso, è chiaro che esiste un ampio spettro di esperienze vissute, e
quell@ di noi che scelgono di essere alleat@ hanno molto da imparare.
Possiamo stare al fianco delle persone nell’industria del sesso lottando
contro lo stigma, per la depenalizzazione, e fornendo servizi per
aiutarle ad essere più sicure. Indipendentemente dal fatto che qualcun@
voglia lasciare il settore o rimanervi, possiamo lottare per difendere i
diritti delle persone nell’industria del sesso e farlo attraverso
modalità che ne favoriscano l’ autonomia e siano rispettose delle loro
scelte. E quando le voci della gente nell’industria del sesso sono messe
a tacere e le loro storie ignorate, è molto importante che noi
lavoriamo per ascoltarle e per contribuire a farle risuonare.</div>
<div style="text-align: justify;">
Per ulteriori informazioni, si prega di fare riferimento a queste
organizzazioni che sono impegnate a sostenere le persone coinvolte in
diversi settori dell’industria del sesso:</div>
<div style="text-align: justify;">
• <a href="http://www.gems-girls.org/">GEMS </a>e il loro film, <a href="http://www.gems-girls.org/get-involved/very-young-girls">Very Young Girls</a>, sullo sfruttamento sessuale commerciale delle ragazze a New York<br />
• <a href="http://hips.org/">HIPS </a>e il loro documentario, <a href="http://healthequity.sfsu.edu/doc/title/be-nice.html">Be Nice To Sex Workers</a>, sul sesso di sopravvivenza in strada a Washington, DC<br />
• <a href="http://www.polarisproject.org/">Polaris</a>: Lotta contro la tratta di esseri umani e la schiavitù moderna e il loro video, “<a href="https://www.youtube.com/watch?v=aTAVZChvLR4">America’s Daughters</a>” , che è una poesia scritta da una sopravvissuta alla tratta<br />
• <a href="http://sexworkersproject.org/campaigns/">Sex Workers Project</a></div>
<div style="text-align: justify;">
Condividi questo articolo!</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Laura Kacere</b> scrive su Everyday Feminism ed è
attivista femminista oltre che organizzatrice, volontaria in una clinica
per aborti, studentessa e insegnante di yoga che vive e va a scuola a
Chicago. Quando non studia o pratica yoga, pensa agli zombie, suona,
mangia cibo Libanese e sogna di essere circondata da alberi. Seguila su
Twitter @Feminist_Oryx.<br />
<b>Sandra Kim</b> è fondatrice, amministratrice delegata ed
editrice capo di Everyday Feminism. Integra esperienza personale e
professionale su trauma, trasformazione personale e cambiamento sociale
attraverso un’ottica femminista.
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-61345606445510461852015-03-10T10:00:00.000+01:002015-03-10T10:00:02.853+01:00Deconstructing Zecchi di Lorenzo Gasparrini<div style="text-align: justify;">
In <a href="https://intersezioni.noblogs.org/personalepolitico/attenzione-alla-genderdittatura-deconstructing-zecchi/" target="_blank">questo post</a> Lorenzo ci propone la decostruzione di un articolo apparso su “Avvenire”, scritto da Stefano Zecchi. L'articolo è tratto da Intersezioni.</div>
<div style="text-align: justify;">
<em><br></em></div>
<div style="text-align: justify;">
<br></div>
<div style="text-align: justify;">
<em>Sì lo so, è facile divertirsi a decostruire “Avvenire”. In questo caso non so veramente resistere: <a href="http://dipartimento.filosofia.unimi.it/index.php/stefano-zecchi" target="_blank">Stefano Zecchi</a>
ha scritto cose molto belle sulle quali ho studiato – roba di Estetica,
non vi state a preoccupare – e poi ha scelto un rincretinimento
mainstream adatto a una carriera televisiva tutta fuffa e letteratura
amena. Il suo esempio mi è molto utile: dimostra come anche un ordinario
di filosofia riesca a dire delle panzane clamorose se il suo obiettivo –
piacere a un vasto pubblico – è sufficientemente ipocrita. <a href="http://www.avvenire.it/Vita/Pagine/zecchi-vigilare-sui-gender-e-la-nuova-dittatura.aspx" target="_blank">L’articolo è questo</a>.</em></div>
<div style="text-align: justify;">
<strong>Zecchi: «Vigilare sui figli<br>
Il gender è la nuova dittatura»</strong></div>
<div style="text-align: justify;">
Si dice «d’accordissimo» che l’educazione comprenda anche il tema
dell’omosessualità e che nessuna discriminazione sia accettabile,
soprattutto a scuola, «ma [<em>lo avete riconosciuto? E’ il noto “non sono razzista ma”</em>] il trasformare questa convinzione in una battaglia politica è mistificatorio è violento nei confronti dei bambini [<em>certo, non va fatta diventare una </em>battaglia politica<em>. Sono cose che ti devi tenere per te: sei favorevole alla parità dei diritti? Tienitelo per te</em>]. Occorre reagire, là dove è possibile bisogna creare argini di confronto pacifico [<em>notate bene, </em>pacifico<em>,
perché di solito chi si batte per i diritti di tutti è violento. Visto
quanto ci vuole poco a fare passare un’idea falsa e tendenziosa?</em>]».
Tra i genitori sconcertati dalle linee guida dell’Unar (i tre ormai
famigerati volumi dedicati alle scuole elementari, medie e superiori,
poi ritirati dal web) e dall’ideologia del gender imposta come
indottrinamento fin dalla tenera età [<em>ma sì, diciamolo, chissenefrega se è vero</em>], c’è Stefano Zecchi, ordinario di Filosofia alla Statale di Milano e scrittore, ma anche [ma anche<em>, attenzione, ciò che lo qualifica a parlare di un fantomatico “gender” è questo</em>] padre di un bimbo di 10 anni.</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<a href="http://natafemmina.blogspot.com/2015/03/deconstructing-zecchi-di-lorenzo.html#more">Continua a leggere...»</a>Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-84382573609955330262015-02-25T10:00:00.000+01:002015-02-25T10:00:01.651+01:00Decostruzione di "MicroMega, dedicato a Il corpo della donna"<div style="text-align: justify;">
Quella che segue è lindicazione di una serie di post scritti da Lorenzo Gasparrini e Sara Pollice, nei quali si analizza il numero della rivista MicroMega dedicato a "Il corpo della donna tra libertà e sfruttamento". Attraverso il metodo della decostruzione, si evidenziano le incongruenze e le logiche fragili di un discorso che non sembra avere solide fondamenta, e non si comprende a cosa miri esattamente. I post sono disponibili sul blog <a href="https://intersezioni.noblogs.org/" target="_blank">Intersezioni</a>. Questo post verrà aggiornato a ogni nuovo articolo.</div>
<h2 class="post-title entry-title">
<span style="font-size: small;"><a href="https://intersezioni.noblogs.org/satira/deconstructing-la-bomba-a-orologeria-micromega-6/">Deconstructing la bomba a orologeria – Micromega #6</a></span></h2>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<h2 class="post-title entry-title">
<span style="font-size: small;"><a href="https://intersezioni.noblogs.org/satira/deconstructing-le-birkenstock-micromega-5-giulia-sissa/">Deconstructing le Birkenstock – MicroMega #5 (Giulia Sissa)</a></span></h2>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<h2 class="post-title entry-title">
<span style="font-size: small;"><a href="https://intersezioni.noblogs.org/personalepolitico/deconstructing-il-mignolo-alzato-origgi-micromega-3/">Deconstructing il mignolo alzato (Origgi) – MicroMega #3</a></span></h2>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<h2 class="post-title entry-title">
<span style="font-size: small;"><a href="https://intersezioni.noblogs.org/satira/deconstructing-micromega-2-nappi-latella/">Deconstructing MicroMega #2 – Nappi, Latella</a></span></h2>
<h2 class="post-title entry-title">
<span style="font-size: small;"><a href="https://intersezioni.noblogs.org/satira/deconstructing-micromega-1-siffredi-torre-ardovino/">Deconstructing MicroMega #1 – Siffredi, Torre, Ardovino</a></span></h2>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"></span></div>
<h2 class="post-title entry-title">
<span style="font-size: small;"><a href="https://intersezioni.noblogs.org/critica-femminista/deconstructing-micromega-0/">Deconstructing MicroMega #0</a></span></h2>
Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-45059312652043404942015-02-21T15:04:00.001+01:002015-02-21T15:23:17.220+01:00Il capitalismo ci ingabbia e non ci permette di godere degli affetti<div style="text-align: right;">
Se la giornata lavorativa media,<br />
preparazione e trasporto inclusi, è di dieci<br />
ore, e se le esigenze biologiche di dormire e alimentarsi<br />
richiedono altre dieci ore, il tempo libero sarà di quattro<br />
ore ogni ventiquattro per la maggior parte della<br />
vita di un individuo. Questo tempo libero sarà potenzialmente<br />
disponibile per il piacere.</div>
<div style="text-align: right;">
Herbert Marcuse, Eros e Civilizzazione</div>
<br />
<a href="http://www.pikaramagazine.com/2014/09/sin-tiempo-para-el-amor-el-capitalismo-romantico/" target="_blank">Sin tiempo para el amor: el capitalismo romántico</a>
(<a href="https://intersezioni.noblogs.org/traduzioni/non-ce-tempo-per-lamore-il-capitalismo-romantico/">Non c’è tempo per l’amore: il capitalismo romantico.</a>) è un articolo di Coral Herrera Gómez, comparso su pikaramagazine.com.
L'ho tradotto dallo spagnolo, feminoska ha revisionato la traduzione.<br />
Lo trovate su Intersezioni con il titolo<a href="https://intersezioni.noblogs.org/traduzioni/non-ce-tempo-per-lamore-il-capitalismo-romantico/"> Non c’è tempo per l’amore: il capitalismo romantico.</a>Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-42977449068628763962014-12-19T08:00:00.000+01:002014-12-19T15:18:09.294+01:00#GiornalismoDifferente<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3-F9jMCxnZUoETVC1qo1r5QSpa7S3ZOBKfZGYOyDTYhkL77lt63VehZdGz_uNToULfnnNoWRC5mNPyYQkLsx8I-LDnd49VfPQjYyvVABMSHrNzbjJOi_zwvNoW0vor4Xf5HhYHzZS7Y0/s1600/giornalismo-differente-300x188.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3-F9jMCxnZUoETVC1qo1r5QSpa7S3ZOBKfZGYOyDTYhkL77lt63VehZdGz_uNToULfnnNoWRC5mNPyYQkLsx8I-LDnd49VfPQjYyvVABMSHrNzbjJOi_zwvNoW0vor4Xf5HhYHzZS7Y0/s1600/giornalismo-differente-300x188.jpg" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Aderisco alla campagna #GiornalismoDifferente, perché nessun <a href="http://www.ilmattino.it/PRIMOPIANO/CRONACA/pap-amp-agrave-fa-sesso-con-figlie-maxi-condanna-bergamo/notizie/1043013.shtml" target="_blank">Papà di 56 anni fa sesso con la figlia di 6 anni e con la sorellina</a>, quello non è "sesso" è stupro, abuso e lui è un pedofilo con l'aggravante dell'essere anche il padre. No un padre non <u></u> <a href="http://www.leggo.it/NEWS/ROMA/quot_non_dire_alla_mamma_del_gioco_del_dottore_quot_._fa_sesso_con_la_figlia_di_8_anni_e_filma_le_violenze_12_anni_di_galera_al_pedofilo/notizie/721216.shtml" target="_blank">fa sesso con la figlia di 8 anni<b> </b>e filma le violenze</a> si tratta di stupro. L'url di quest'ultimo articolo è schifosa: "http://www.leggo.it/NEWS/ROMA/quot_non_dire_alla_mamma_del_gioco_del_dottore_quot_._fa_sesso_con_la_figlia_di_8_anni_e_filma_le_violenze_12_anni_di_galera_al_pedofilo/notizie/721216.shtml". Il gioco del dottore? si chiama pedofilia.</div>
<div style="text-align: justify;">
Gli adulti non fanno "sesso" con i bambini e le bambine, <b>stuprano</b>. Lo stupro, di chiunque, è tortura sessuale, non "fare sesso", quando si tratta di un/a bambina/o è anche pedofilia.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Siete complici della cultura dello stupro.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Incollo qui sotto l'articolo di rifermento della campagna dal blog<a href="http://narrazionidifferenti.altervista.org/campagneprogetti/giornalismodifferente/" target="_blank"> http://narrazionidifferenti.altervista.org</a></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
<br />
<header class="entry-header">
<h1 class="entry-title">
#GiornalismoDifferente</h1>
</header><b>Il giornalismo italiano sembra completamente sordo ai
progressi della società in fatto di questione di genere continuando a
usare un linguaggio, delle immagini e un immaginario retrogrado,
violento e discriminante.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>E’ tempo di pretendere un cambiamento.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
E’ tempo di pretendere che <b>il giornalismo italiano si metta al passo coi tempi</b>
di cambiamento della società, della realtà, che rappresenti il meglio
di questa e superi i retaggi della cultura patriarcale, maschilista e
omo-transfobica.</div>
<div style="text-align: justify;">
E’ tempo di pretendere un <b>Giornalismo Differente</b>, perché del valore di informare rimanga anche quello di innovare.</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>La realtà dipende dalle sue rappresentazioni.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Di pari passo vanno le modifiche di una e delle altre, a specchio.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ma se la realtà inizia a usare vocaboli, idee, immaginari che non
trovano mai una rappresentazione massiccia, lo scollamento è
inevitabile.</div>
<div style="text-align: justify;">
Solo da poco il giornalismo ha introdotto il termine <i><b>femminicidio</b> </i>nel proprio vocabolario.</div>
<div style="text-align: justify;">
Un passaggio fondamentale per ripristinare una rappresentazione che rispondesse alla realtà: donne uccise in quanto donne.</div>
<div style="text-align: justify;">
Eppure a questo non è seguito un miglioramento complessivo del
linguaggio o dell’approccio giornalistico al genere, soprattutto per
quello che riguarda i giornalisti di cronaca, specialmente di cronaca
nera.</div>
<div style="text-align: justify;">
E’ tempo di suggerire quindi al giornalismo italiano tutto, alcune
semplici regole di linguaggio e approccio, che nel 2014 sarebbe proprio
il caso di applicare.</div>
<div style="text-align: justify;">
Oggi è<b> il 25 novembre, giornata internazionale della lotta alla violenza sulle donne.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Abbiamo deciso di lanciare oggi questa campagna perchè crediamo che dal
linguaggio mediatico passi la cultura che ci rispecchia e consolida la
nostra visione del mondo e che per questo il giornalismo italiano debba
cambiare, migliorare, evolvere.</div>
<div style="text-align: justify;">
Chiediamo un Giornalismo Differente, lo facciamo lanciando un hashtag<b> <i>#giornalismodifferente</i> e delle prime rivendicazioni:</b></div>
<div style="text-align: justify;">
1. <i><b>U</b><b>n femminicidio non è colpa della disoccupazione / della depressione / della passione.</b></i></div>
<div style="text-align: justify;">
La violenza sulle donne è sempre esistita, con o senza crisi economica.</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Un uomo non picchia, umilia o uccide una donna perchè è rimasto
disoccupato. Lo fa perchè la sua cultura lo autorizza a sentirsi
superiore alle donne, a sentirsi padrone delle loro vite, a dominarle
psicologicamente e fisicamente.</b> Anche le donne rimangono
disoccupate ed entrano in depressione, anche le donne, anzi soprattutto
le donne soffrono la crisi dentro e fuori casa, ma per un uomo queste
diventano possibile “giustificazioni” ad un femminicidio, autorizzato
invece dalla sua cultura patriarcale.</div>
<div style="text-align: justify;">
Quella stessa cultura insegna alle donne a subire, passivamente, perchè
in nome dell’accoglienza e la mitezza a cui per cui è programmata.</div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Ecco tre esempi tratti da Corriere della Sera, AGI – agenzia giornalistica Italia, e Repubblica.it</i></div>
<div style="text-align: center;">
<a href="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/disoccupato.png"><img alt="disoccupato" class="aligncenter wp-image-1244 size-full" src="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/disoccupato.png" height="293" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<a href="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/agi.png"><img alt="agi" class="aligncenter wp-image-1245 size-full" src="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/agi.png" height="185" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<a href="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/depressione.png"><img alt="depressione" class="aligncenter wp-image-1246 size-full" src="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/depressione.png" height="400" width="298" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
2. <i><b>Non è il raptus che uccide!</b></i></div>
<div style="text-align: justify;">
Allo stesso modo,<b> il raptus è un alibi che il giornalismo fornice a chi uccide</b> la propria compagna, moglie, fidanzata, amica.</div>
<div style="text-align: justify;">
La violenza sulle donne è un fenomeno strutturale. Ha radici profonde e
non può essere ricondotta a un momento di violenza improvviso.
Piuttosto, si tratta di<b> anni di piccole avvisaglie, di
atteggiamenti psicologicamente o fisicamente violenti, di affermazione
di cultura maschilista, o spesso si stalking e intimidazioni</b> che sfociano in maniera assolutamente premeditata nell’uccisione della donne che si è sottratta al possesso patriarcale.</div>
<div style="text-align: justify;">
<i>In questo articolo ad esempio, Repubblica.it usa il termine
raptus, per poi specificare però che i due avevano spesso litigi
violenti.</i></div>
<div style="text-align: center;">
<a href="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/raptus.png"><img alt="raptus" class="aligncenter wp-image-1213 size-full" src="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/raptus.png" height="327" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
3.<b><i> N</i><i>o alle pornovittime!</i></b></div>
<div style="text-align: justify;">
Una donna rimane un oggetto sessuale anche da morta. Così non mancano
gli esempi di vittime di femminicidio o violenza sessuale, anche
giovanissime, ritratte dai giornali in bikini, sottolineandone
l’avvenenza.</div>
<div style="text-align: justify;">
Come se da quella dipendesse la sorte di una violenza, di un’aggressione.</div>
<div style="text-align: justify;">
Se poi la donna uccisa è una donna famosa anche per la sua avvenenza,
non le si risparmiano gallery su gallery della sua immagine<b>ammiccante, anche da morta.</b> Pensiamo ad esempio allo sciacallaggio mediatico su <b>Reeva Steenkamp</b>, la donna uccisa dal campione paraolimpico Pistorius.</div>
<div style="text-align: justify;">
Anche le foto di repertorio scelte dai giornali per parlare di violenza sessuale e femminicidio rimandano spesso a un<b> immaginario sessualizzato</b>:
minigonne cortissime, calze autoreggenti, magliette scollate. E poi
pose rannicchiate nel buio, mani sulla faccia. Come se la vergogna fosse
la loro e non quella di chi le ha aggredite.</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Porno + vittimizzazione, un pessimo risultato.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Le immagini che seguono sono alcune tra le più utilizzate dai
giornali quando si parla di stupro, rintracciabili dai free press come
Leggo fino a Il Messaggero.</i></div>
<div style="text-align: center;">
<a href="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/pornovittima.jpg"><img alt="pornovittima" class="aligncenter wp-image-1216 size-medium" src="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/pornovittima-300x224.jpg" height="149" width="200" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
<a href="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/pornovittima2.jpg"><img alt="pornovittima2" class="aligncenter wp-image-1217 size-medium" src="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/pornovittima2-300x300.jpg" height="200" width="200" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
4. <b><i>Cosa indossa una vittima di violenza? Chissenefrega!</i></b></div>
<div style="text-align: justify;">
Più chiare di così non si poteva essere. Ancora oggi spesso i
giornalisti specificano oltre all’aspetto fisico anche l’abbigliamento
di una vittima di violenza di genere.<b> Perchè? A cosa serve dirci che indossava una minigonna? O che era bella? A nulla.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Perchè la violenza è trasversale e non colpisce solo donne avvenenti o vestite in modo succinto.</div>
<div style="text-align: justify;">
Anzi, per lo più avviene dentro le case, in famiglia, dove davvero nulla importa come si è vestite.</div>
<div style="text-align: justify;">
Se la vittima di una violenza sessuale di qualsiasi tipo è una donna
avvenente si susseguono nell’articolo le sue immagini, persino in
bikini, per attirare lettori, altrimenti si allude al suo aspetto e al
suo abbigliamento, se si tratta di una sex worker, anche al suo lavoro
ovviamente, nel quadro di un generale <i><b>slut shaming,</b> </i>ovvero di una colpevolizzazione costante delle donne.</div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Così la notizia di una donna molestata sessualmente diventa
“giustificata” da come quella, per di più ballerina di un night, andava
vestita, nell’articolo di <a href="http://www.trevisotoday.it/cronaca/ballerina-lap-dance-molestata-oderzo.html">Treviso Today</a>.</i></div>
<div style="text-align: center;">
<a href="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/lap-dance.jpg"><img alt="lap dance" class="aligncenter wp-image-1219 size-full" src="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/lap-dance.jpg" height="346" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
5. <i><b>Il capofamiglia non esiste più!</b></i></div>
<div style="text-align: justify;">
Il capofamiglia. Una parola usata molto spesso dal giornalismo
italiano, ma che ci riporta indietro a quando l’Italia rispettava ancora
la norma contenuta nell’art. 144 del Codice civile, che prevedeva il
ruolo di capofamiglia e lo attribuiva al marito, abrogata poi dalla
legge 19 maggio 1975, n. 151 con la Riforma del diritto di Famiglia.</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Il capofamiglia non esiste più da 40 anni, ma il giornalismo italiano continua a usare questa espressione.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Come continua a usare la <b>giustificazione dell’onore e della
gelosia maschile per parlare di violenza, riportandoci a un’altra pietra
miliare del nostro diritto, il delitto d’onore, abrogato solo nel 1981.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Questi retaggi maschilisti, seppur eliminati dal diritto ufficiale,
persistono nel linguaggio giornalistico, tradendo la sostanziale
adesione a un modello culturale da cui sarebbe anche tempo di
affrancarsi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Ancora Repubblica.it ci fornisce un esempio dell’uso improprio di “capofamiglia”. In <a href="http://narrazionidifferenti.altervista.org/capofamiglia-parole-importanti-repubblica-it-vocabolario/">questo articolo </a>usato
per intendere l’uomo del nucleo familiare dove, tra l’altro, era invece
la donna a provvedere al mantenimento della famiglia.</i></div>
<div style="text-align: center;">
<a href="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/capofamiglia1.png"><img alt="capofamiglia" class="aligncenter wp-image-1214 size-full" src="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/capofamiglia1.png" height="296" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
6.<i><b> unA transessuale, al femminile</b></i></div>
<div style="text-align: justify;">
Alla condizione femminile, non può non essere associato il trattamento linguistico-mediatico riservato anche a persone <b>LGBTQI</b>, soprattutto per quel che riguarda <b>LE transessuali</b>, relegate tanto alla macchietta che a cui i media le condannano da non meritare nemmeno l’articolo femminile.</div>
<div style="text-align: justify;">
Una piccolezza, risponderà il/la giornalista dalla sua scrivania.</div>
<div style="text-align: justify;">
Invece no. <b>Perchè il genere maschile e femminile non sono solo
acquisizioni basate sul sesso biologico, ma anche faticose conquiste
identitarie. E ciò va rispettato.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Il transessualismo indica l’esperienza vissuta da tutte quelle persone
che non sentono di appartenere al sesso biologico acquisito con la
nascita e che quindi intraprendono un percorso di adattamento del
proprio fisico alla percezione psicologica ed emozionale che hanno di
sé. <b>Dunque se quella persona ha scelto di appartenere al sesso e
al genere femminile,i media dovrebbero evitare di rimetterle addosso
un’etichetta maschile ( e viceversa )</b>, allo stesso modo in cui
la società tutta dovrebbe acquisire la capacità di relazionarsi alle
persone in base alle scelte che compiono e non ai ruoli precostituiti
che si vogliono imporre loro.</div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Così il Corriere della Sera è solo uno dei giornali indeciso sul
genere da attribuire a persone transgender, in questo articolo sulla
morte di Brenda, trans tristemente nota per il suo coinvolgimento nello
“scandalo” Marrazzo, alterna il maschile al femminile.</i></div>
<div style="text-align: center;">
<a href="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/brenda.png"><img alt="brenda" class="aligncenter wp-image-1221 size-full" src="http://narrazionidifferenti.altervista.org/wp-content/uploads/2014/11/brenda.png" height="332" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
7. <i><b>Vogliamo parlare di donne vive ( e fuori dai ghetti rosa )?</b></i></div>
<div style="text-align: justify;">
Più in generale, il giornalismo tende a narrare e rappresentare le
donne solo come vittime di violenza. Affollano le pagine dei quotidiani e
le schermate dei pc tutte le donne stuprate, uccise, aggredite,
sfgurate. Di donne forti, uscite dalle difficoltà, capaci di reagire o
che propongono un immaginario differente da quello descritto finora non
c’è quasi traccia.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>COME ADERIRE A #GIORNALISMODIFFERENTE</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Per aderire alla campagna inviateci la vostra adesione, singola o collettiva a <i><b>narrazionidifferenti@gmail.com</b></i></div>
<div style="text-align: justify;">
Questo manifesto per il Giornalismo Differente, con tutte le sue
adesioni, sarà inviato all’attenzione delle principali testate
nazionali.</div>
<div style="text-align: justify;">
Diffondete l’hashtag <b>#giornalismodifferente</b> su Twitter unito alle nostre e alle vostre rivendicazioni, taggando le principali testate italiane.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>#giornalismodifferente Un femminicidio non è colpa della disoccupazione!</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b> Non è il raptus che uccide!</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b> No alle pornovittime!</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b> Cosa indossa una vittima di violenza? Chissenefrega!</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b> Il capofamiglia non esiste più!</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b> UnA trans, al femminile!</b></div>
Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-84320562578169416102014-11-14T11:21:00.000+01:002014-11-14T12:02:45.596+01:00L'opportunità di Mina, la realizzazione di un sogno: poter studiare<div style="text-align: justify;">
Questo è un post personale, che chiede qualcosa alle persone, vi prego di leggerlo. <br />
Ho un'amica che è stata presa per un dottorato internazionale, capite
che è una cosa bellissima. Lei è davvero brava. Voglio dire, è una
persona che ha sempre lavorato, gestito la famiglia e studiato
contemporaneamente. Si chiama Guglielmina, per gli amici Mina, è di Cosenza. <span class="text_exposed_show">Dopo aver
tentato i dottorati nell'università più vicina a lei, si è vista passare
avanti da altri personaggi</span>, una cosa alquanto comune.<br />
Quest'università che l'ha scelta, dopo una ser<span class="text_exposed_show">ie di prove abbastanza complesse, si trova in Ecuador.</span> Si tratta di un <i>dottorato in Sociologia e Studi di Genere presso la <a href="https://www.flacso.edu.ec/portal/" target="_blank">FLACSO Ecuador</a>,
un'università dedicata alle scienze sociali e presente in 17 Paesi di
America Latina e Caribe</i>.<br />
<span class="text_exposed_show">Lì è tutto spesato, vitto e alloggio. Lei però si deve pagare i visti
di ingresso e il viaggio. </span><span class="text_exposed_show">Adesso si trova disoccupata perché, per dedicarsi allo studio e superare
le prove, è uscita fuori dal giro dei lavoretti che faceva.<br /> Ha spammato il suo curriculum ovunque, per settimane, non voleva chiedere prestiti o fare debiti. <br /> Niente, nessuno l'ha chiamata.<br />
I tempi stringono. Così le abbiamo suggerito di fare una raccolta fondi. Si fanno raccolte per
qualsiasi cosa, vuoi vedere che per una cosa come questa non si trova
un poco di quella solidarietà che tanti sbandierano?<br />Ci hanno detto che in altri paesi è assai comune fare raccolte fondi per sostenersi negli studi.<br /> Garantisco personalmente che non si tratta di una bufala, che Mina è una ragazza che lo merita davvero, come lo meriterebbero di certo tante persone che vedono i loro sogni spezzarsi perché non hanno abbastanza soldi per partire o restare. <br />Questa è l'opportunità di Mina.<br /> Questo è il sito della raccolta: <a href="http://l.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.kapipal.com%2F2a9ae8003b874c55afed1cec3efd30b6&h=mAQEQtKsb&enc=AZMwOFwAq2AujFa3Qa1YxapT00L7Dd7se1XIIHq2xiKToeAI63fEPYrpuECpni6pwhxjwacvrvK4jrMCxxMbMwJ832x-ZuMXKRIagG9-pw23fpAHk92Ol5W0wGg04Jtl-pxBB_mWkPAZYLP1zPKW5S4q8-hd4k_P437O-gBkUFwVvA&s=1" rel="nofollow" target="_blank">http://www.kapipal.com/2a9ae8003b874c55afed1cec3efd30b6</a></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="text_exposed_show">Bisogna raggiungere i 1500 euro. </span></div>
Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-56065003673121648562014-10-13T23:27:00.001+02:002014-10-13T23:27:24.380+02:00Casa Fiorinda sta chiudendo<div style="text-align: justify;">
A Napoli c'è una sola casa per donne vittime di violenza. Sta chiudendo <br /><br />Fonte <a href="http://www.napolicittasociale.it/portal/punto-di-vista/4733-a-napoli-c-%C3%A8-una-sola-casa-per-donne-vittime-di-violenza-sta-chiudendo.html" target="_blank">NapoliCittàSociale</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="occhiello">La coordinatrice Tania Castellaccio ci racconta il paradosso di Casa Fiorinda</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
E'
l'unica casa che accoglie donne vittime di violenza con o senza figli a
Napoli e sta per chiudere. Fiorinda, casa di accoglienza e centro
antiviolenza per donne maltrattate,nasce nel 2011, su volontà del Comune
di Napoli, dedicata a Fiorinda Marino, una delle tante donne morte per
mano dei loro partner. Ci racconta questa storia paradossale <strong>Tania Castellaccio</strong>,
coordinatrice del progetto gestito dalle cooperative sociali Dedalus ed
Eva in rete con il Centro Antiviolenza del Comune di Napoli gestito da
Arci Donna.</div>
<div style="text-align: justify;">
<strong>Ogni 2 giorni muore una donna per violenza da parte di un
uomo, almeno 1 donna su 3 ha subito violenza nell'arco della sua vita.
Nel 2013 in Italia sono state uccise dai loro partner 134 donne.
Partiamo dalla fine. Perché il Governo non si occupa delle donne e
perché sta chiudendo Casa Fiorinda?</strong></div>
<div style="text-align: justify;">
Il Governo ha stanziato con il decreto sul femminicidio 17 milioni
che dovrebbero passare per la Regione e o poi per gli enti locali, ma ci
vuole tempo...<br />Casa Fiorinda è finanziata dal Comune di Napoli
grazie ad un bando della Presidenza del Consiglio e attraverso un POR.
Il progetto si concludeva a maggio, ma per portare a termine percorsi
intrapresi con le donne che stavamo seguendo, il Comune di Napoli ha
stanziato 40 mila euro per 4 mesi in attesa di un nuovo avviso pubblico
per la gestione della casa, che però ad oggi non è ancora uscito. Il 18
ottobre scade la proroga ma poiché i tempi tecnici per espletare
l'avviso pubblico sono lenti il rischio, divenuto certezza, è che la
casa resti chiusa per mesi, lasciando per strada le nostre ospiti ovvero
4 donne con figli, 2 napoletane, 1 napoletana di origine rumena, e una
donna centro americana incinta. Inoltre le 15 donne "ospiti esterne" che
seguiamo come centro antiviolenza nel percorso per uscire dalla spirale
della violenza sarebbero abbandonate a se stesse. La volontà politica a
mantenere in vita Fiorinda c'è tutta ma ci si sta muovendo con estremo
ritardo. La soluzione è che il Comune sostenga il progetto nelle more
della lavorazione dell'avviso pubblico.</div>
<div style="text-align: justify;">
<strong>Qual è l'unicità di Casa Fiorinda?</strong><br />Casa
Fiorinda è l'unica casa per donne maltrattate nel Comune di Napoli e
accoglie le donne vittime di violenza sole o con figli che chiedono
ascolto, protezione e accoglienza e che da noi trovano operatrici e
professioniste che le assistono legalmente nelle separazioni e nella
denuncia per maltrattamento, e da un punto di vista psicologico. Abbiamo
6 posti (n.d.r. tanti quanti ne prevede il regolamento regionale). È
evidente che abbiamo tante richieste di posti letto inevase: spesso
inviamo le donne che necessitano un posto letto in provincia di Caserta
dove ci sono 3 case per donne maltrattate. Casa Fiorinda ha inoltre il
valore aggiunto di essere un bene sottratto alla camorra e restituito
alla società. </div>
<div style="text-align: justify;">
<strong>Ci sono però delle case famiglia per donne con figli sul territorio del Comune. Qual è la differenza?</strong></div>
<div style="text-align: justify;">
Una casa di accoglienza per donne vittime di violenza è diversa da
una casa famiglia perché accoglie donne con difficoltà socio-economiche e
con bambini perciò viene sostenuta grazie alle rette pagate dal Comune
per i minori (n.d.r. circa 93 euro al giorno per il bambino e 40 euro se
c'è la madre che lo accompagna), ma se la donna è sola non è previsto
alcun sostegno, mentre casa Fiorinda accoglie anche donne sole. Il
Comune di Napoli sta individuando una strategia per poter sostenere e
collocare anche le donne sole, ma c'è bisogno di tempo.</div>
<div style="text-align: justify;">
Noi oltre al sostegno psicologico e legale, forniamo un orientamento
al mercato del lavoro poiché l'occupazione può garantire autonomia ed
emancipazione.</div>
<div style="text-align: justify;">
<strong>Come arrivano da voi le donne?</strong></div>
<div style="text-align: justify;">
Soprattutto grazie all'indirizzo dell'Arci Donna che gestisce il
Centro Antiviolenza del Comune di Napoli che ha sede nel palazzetto
Urban; tramite il numero verde 1522 che noi gestiamo tutti i pomeriggi
dalle 15.00 fino alle 22.00. Inoltre ci inviano le donne le forze
dell'ordine che sono sempre più preparate nell'accogliere in modo
adeguato e professionale le donne vittime di maltrattamenti, gli
sportelli antiviolenza del pronto soccorso del San Paolo e del Loreto
Mare e le assistenti sociali.</div>
<div style="text-align: justify;">
<strong>Chi sono le donne ha accolto in questi anni?</strong></div>
<div style="text-align: justify;">
Dal 2011 ad oggi abbiamo accolto circa 200 persone, di cui 100 hanno
chiesto protezione perché scappavano da maltrattamenti e violenza
domestica. Nove su 10 erano napoletane. La casistica ci ha confermato
che la violenza sulle donne non ha confini spaziali o culturali, ma è
trasversale. In molti casi si trattava di donne provenienti da contesti
economici e sociali medio-alti e in più di un caso il partner violento
era un poliziotto.</div>
<div style="text-align: justify;">
<strong>Come si realizza la fuoriuscita da un vissuto violento?</strong></div>
<div style="text-align: justify;">
Quando hai subito per anni violenza psicologica, umiliazioni e
vessazioni, uscire dalla violenza è sempre difficile. È necessario molto
tempo per trovare un'autonomia e reinserirsi socialmente poiché spesso è
stato impedito alle donne di lavorare o è stato loro controllato lo
stipendio. <br />I primi 3 mesi sono quelli più delicati, le donne vivono
sensi di colpa, ripensamenti proprio perché hanno interiorizzato lo
stereotipo del dominio e del possesso maschile. Spesso subiscono le
pressioni dei parenti che consigliano "Resisti, per il bene dei figli",
mentre è un dato di fatto che i bambini che crescono in contesti
violenti sono le prime vittime e rischiano di apprendere un modello
relazionale sbagliato e di diventare adulti violenti o sofferenti. <br />Nonostante
vissuti violenti le donne, una volta passati i lividi talvolta tornano
dal marito e ricadono nella ruota della violenza: all'inizio il compagno
chiede scusa, fa qualche regalo, poi dopo un po' ritorna la violenza,
un po' forte, episodio dopo episodio, in un crescendo che può arrivare
alla morte. Ecco noi cerchiamo di rompere questo meccanismo e di
spiegare alle donne che un solo episodio di violenza è già troppo e che
dopo non si può che peggiorare. Per fortuna esistono anche tanti uomini e
tante associazioni maschili che lavorano per un processo di
emancipazione che deve riguardare sia uomini che donne.</div>
<div style="text-align: justify;">
<strong>Ma ci sono anche dei casi positivi...</strong></div>
<div style="text-align: justify;">
Certo, una volta superati i primi mesi e iniziato il percorso di
reinserimento socio-lavorativo la maggior parte delle donne seguite
riesce ad affrancarsi dalla violenza. Solo nell'ultimo anno abbiamo
attribuito 16 borse lavoro con aziende sia napoletane che casertane.<strong>AdG</strong></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<strong>Fonte <a href="http://www.napolicittasociale.it/portal/punto-di-vista/4733-a-napoli-c-%C3%A8-una-sola-casa-per-donne-vittime-di-violenza-sta-chiudendo.html" target="_blank">NapoliCittàSociale</a> </strong></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-48702215629639598922014-10-09T20:42:00.000+02:002014-10-09T20:43:12.989+02:00Sentinelle for dummies. Una guida, per chi avesse qualche dubbio su di loroDa <a href="http://intersezioni.noblogs.org/antispecismo/sentinelle-for-dummies/" target="_blank">Intersezioni</a><br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Domenica mattina, come molte altre
persone, ho contestato la manifestazione delle Sentinelle in piedi,
presenti in varie piazze delle città italiane. Ero con le compagne e i
compagni mentre una dozzina di persone, dall’altra parte di uno
schieramento a quadrilatero di poliziotti in tenuta antisommossa, se ne
stava in piedi, in silenzio con un libro aperto, alcuni lo tenevano al
contrario, a vegliare nel nome della “morale”.</div>
<br />
<figure class="wp-caption aligncenter" id="attachment_3081" style="width: 500px;"><a href="http://intersezioni.noblogs.org/files/2014/10/gi%C3%A0.jpg"><img alt="Le Sentinelle in piedi protette dalla polizia in tenuta antisommossa." class="size-full wp-image-3081" src="http://intersezioni.noblogs.org/files/2014/10/gi%C3%A0.jpg" height="240" width="320" /></a><figcaption class="wp-caption-text">Le Sentinelle in piedi protette dalla polizia in tenuta antisommossa.</figcaption></figure>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Questa che segue è una guida alle Sentinelle, per chi avesse qualche dubbio su di loro.</div>
<div style="text-align: justify;">
Le Sentinelle in piedi si ispirano apertamente ai <span class="st"><i>Veilleurs Debout</i> </span>francesi,
in italiano Vigilanti in piedi, un movimento contrario ai matrimoni tra
persone dello stesso sesso, e di quel movimento copiano modalità e
finalità, oltre che definizioni. Si definiscono infatti “una resistenza
di cittadini che vigila su quanto accade nella società e sulle azioni di
chi legifera denunciando ogni occasione in cui si cerca di distruggere
l’uomo e la civiltà”, dicono “vegliamo per la libertà d’espressione e
per la tutela della famiglia naturale fondata sull’unione tra uomo e
donna”, cito dal loro sito, si dichiarano apartitici e aconfessionali.<br />
Riporto le loro parole perché le parole sono importanti. Ma partiamo da uno degli elementi finali. Secondo <a href="http://www.bubblews.com/news/8586651-chi-c039%C3%A8-dietro-le-sentinelle-in-piedi" target="_blank">questo articolo</a></div>
<blockquote>
<div style="text-align: justify;">
Il 25 ottobre 2013 il marchio “Sentinelle
in Piedi®” è stato depositato presso l’Ufficio Italiano Brevetti e
Marchi dal sig. Rivadossi Emanuele, che ha eletto domicilio presso la
società Jacobacci & Partners S.p.A. di Torino. Presso quello studio
di consulenza presta opera in qualità di “partner” Massimo Introvigne,
reggente nazionale vicario di Alleanza Cattolica.</div>
</blockquote>
<div style="text-align: justify;">
La notizia viene confermata anche dal sito <a href="http://www.riscossacristiana.it/qualcuno-vuole-impadronirsi-delle-sentinelle-piedi-di-paolo-deotto/" target="_blank">riscossacristiana.it</a>
e dunque, nonostante a parole si definiscano aconfessionali, nei fatti
quello delle sentinelle è un movimento esclusivamente cattolico
(Alleanza cattolica è <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Alleanza_Cattolica" target="_blank">questo</a>) e, dalla fine di ottobre, è anche un marchio registrato, un <i>brand</i>.<br />
Che le Sentinelle abbiano saputo utilizzare i media a loro vantaggio,
come fanno normalmente i marchi commerciali, ce ne siamo accort@ tutt@.
Il mercato al quale si rivolgono sono i conservatori più retrivi e i
sessuofobi più spaventati.</div>
<div style="text-align: justify;">
Lo <a href="http://www.bubblews.com/news/8586651-chi-c039%C3%A8-dietro-le-sentinelle-in-piedi" target="_blank">stesso articolo riporta anche i tentativi di appropiazione da parte di Forza Nuova</a>,
che ha formato un proprio gruppo di sentinelle, ed è presente con i
suoi esponenti a tutte le manifestazioni di “veglia”. Benché vi sia
all’interno del movimento cattolico una parte che cerca di respingere i
neofascisti.</div>
<div style="text-align: justify;">
Come riporta <a href="http://gayburg.blogspot.it/2014/08/chi-e-il-proprietario-delle-sentinelle.html" target="_blank">questo articolo </a></div>
<blockquote>
<div style="text-align: justify;">
[Vi sono state delle] critiche per
impedito ai loro militanti di partecipare con libri come “Omofollia”
(che definiscono «appositamente redatto con carattere divulgativo al
fine di contribuire alla buona battaglia contro l’ideologia
omosessualista») o la rivista “Ordine Futuro”, parlando di «una vera e
propria censura, volta ad impedire la visibilità di <i>Forza Nuova</i> all’interno dell’iniziativa».</div>
</blockquote>
<div style="text-align: justify;">
Possiamo così affermare che quello delle
sentinelle è un brand, una marca commerciale, che sa sfruttare al meglio
i mezzi di comunicazione; che fa riferimento alla religione cattolica e
si trova nell’area di interesse della destra neofascista.<br />
La presenza di alcuni musulmani durante le “veglie”, così come di
sedicenti di sinistra, è spiegabile con la comunanza di intenti, intenti
che andremo ora a considerare.</div>
<div style="text-align: justify;">
La parola <i>sentinella</i> è
importante, perché “sentinella” appartiene al lessico militare e
posiziona queste persone e le loro intenzioni all’interno di un campo
semantico preciso, quello della guerra. Sentinella infatti significa <a href="http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/S/sentinella.shtml" target="_blank">“Soldato armato posto di guardia a luoghi, mezzi, persone”</a>.
Autonominatesi o nominate da chi le ha create, soldati e soldatesse,
armati di silenzio, vegliano per una guerra, una guerra contro chi? a
loro dire contro chi “cerca di distruggere l’uomo e la civiltà”,
intendendo con queste parole un’idea precisa di uomo e di civiltà,
concidenti con una morale cattolica e neofascista.</div>
<div style="text-align: justify;">
Dicono che sono lì “per tutelare la libertà di espressione”. Ma <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Libert%C3%A0_di_manifestazione_del_pensiero#Disciplina_della_libert.C3.A0_di_manifestazione_del_pensiero" target="_blank">la libertà di espressione è già tutelata nel nostro ordinamento</a>, si ferma solo davanti a fatti ritenuti comunemente pericolosi o ingiuriosi.<br />
Sostengono di essere “a difesa della libertà di espressione messa in discussione dal ddl Scalfarotto”.</div>
<div style="text-align: justify;">
Scopriamo cosa dice la proposta di legge Scalfarotto</div>
<div style="text-align: justify;">
La proposta di legge Scalfarotto riguarda l’omofobia e la transfobia. Vado a leggere <a href="http://www.ivanscalfarotto.it/2013/07/09/legge-contro-lomofobia-e-la-transfobia-il-testo-base/" target="_blank">il testo base della proposta</a>
e ci trovo, in prima battuta, i concetti di orientamento sessuale e
identità di genere, così come sono definiti anche dai manuali di
psichiatria, nulla di nuovo.<br />
All’articolo tre si parla di estendere le norme che tutelano le persone
da qualsiasi atto discriminatorio, basato sulla nazionalità, l’etnia e
la razza, ossia la <a href="http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1975-10-13;654" target="_blank">Legge Reale Mancino del 13 ottobre 1975, n. 654</a>,
a qualsiasi atto basato sull’identità di genere e l’orientamento
sessuale. Collegandosi, di fatto, a un concetto già presente nella <a href="http://www.governo.it/Governo/Costituzione/principi.html" target="_blank">nostra Costituzione all’articolo 3</a> che tratta dell’uguaglianza di tutti i cittadini.<br />
A questo punto bisogna leggere la legge <a href="http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1975-10-13;654" target="_blank">Reale Mancino</a>,
in vigore dal ’75, e le sue estensioni, per cercare di capire dove si
minacci impunemente la libertà di espressione delle persone, perché se B
estende A, allora bisogna guardare dove è guasta A. In realtà questa
legge, come si legge all’articolo 3 della stessa, punisce</div>
<pre>chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorita'
o sull'odio razziale</pre>
<div style="text-align: justify;">
e</div>
<pre>chi incita in qualsiasi modo alla discriminazione, o incita a
commettere o commette atti di violenza o di provocazione alla
violenza, nei confronti di persone perche' appartenenti ad un gruppo
nazionale, etnico o razziale.
E' vietata ogni organizzazione o associazione avente tra i suoi
scopi di incitare all'odio o alla discriminazione razziale.</pre>
<div style="text-align: justify;">
Quindi, a meno che non si consideri
“libertà di espressione” discriminare le persone per il colore della
loro pelle o la nazionalità o l’etnia, oppure costituire
un’organizzazione che abbia tra i suoi scopi quello di incitare alla
violenza contro persone di etnia o nazionalità o razza diversa dalla
propria – ad esempio il Ku Klux Klan – e quindi, per estensione con la
proposta di legge Scalfarotto, che inciti alla violenza contro una
persona che abbia un’identità di genere o un orientamento sessuale
diverso dal proprio; a meno che non si ritenga “libertà di espressione”
diffondere idee fondate sulla superiorità e sull’odio di genere, non si
capisce in quale modo si limiti la libertà di espressione delle persone
(che nel nostro ordinamento non coincide affatto con la libertà di
ingiuria) o si cerchi di “distruggere l’uomo e la civiltà” in senso
universale.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ovviamente di ogni cosa si può fare un
uso strumentale, come l’uso strumentale che l’etnia maggioritaria può
eventualmente fare di una legge contro la discriminazione etnica e
razziale nei confronti di una minoranza. Per fare un esempio, l’uso che
gli xenofobi fanno del concetto di discriminazione di fronte alle lecite
richieste di uguaglianza sociale da parte delle minoranze etniche, e la
conseguente accusa di “razzismo al contrario”, pratica e concetto
completamente scollegato dalla realtà, <a href="http://intersezioni.noblogs.org/traduzioni/perche-non-esiste-il-razzismo-al-contrario/" target="_blank">come abbiamo imparato anche da questo scritto</a>,
accusa mossa a chiunque faccia richiesta di giustizia sociale. Ogni
cosa può essere strumentalizzata, sta alla giurisprudenza correggere le
strumentalizzazioni di una legge e alla società civile contenere le
spinte manipolatorie.</div>
<div style="text-align: justify;">
D’altra parte, quella stessa legge, ha avuto diverse estensioni e <a href="http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1993;205" target="_blank">nella versione del 25 giugno del 1993 essa tutela anche dalle discriminazioni su base religiosa</a>. Ossia all’articolo 3 la stessa dice</div>
<pre>E' vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o
gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o
alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.</pre>
<div style="text-align: justify;">
Non posso, dunque, incitare all’odio
contro i cattolici o i musulmani o gli ebrei o qualsiasi credente di
qualsiasi religione, perché questo significherebbe mettere in perico la
vita delle persone per quelle che sono le loro legittime credenze. Si
configurerebbe un reato grave.</div>
<div style="text-align: justify;">
Attenzione però, incitare all’odio non
significa dire che una determinata organizzazione religiosa evade le
tasse, se questo è dimostrabile. Se una tale dichiarazione non è
dimostrabile si potrebbe configurare un reato di diffamazione. Appunto
la legge tutelerebbe quella istituzione religiosa e le persone che ne
fanno parte.</div>
<div style="text-align: justify;">
Un uso strumentale del concetto espresso
da questa legge è il richiamo alla cattofobia ogni volta che si
considera un insegnamento della catechesi niente affatto universale. Un
esempio banale, possiamo dire che l’astinenza sessuale rappresenta un
valore per la religione cattolica, ma non lo è affatto per tutte le
persone. Quindi non si può riscontrare un attacco al cattolicesimo
nell’educazione a una sessualità consapevole, la quale non esclude
l’astinenza come libera scelta.</div>
<div style="text-align: justify;">
Non bisogna dimenticare che l’odio
razziale e l’odio religioso, come quello di genere e di classe, sono dei
veri e propri ostacoli all’accesso delle persone alle risorse
economiche e sociali, come la scuola e il lavoro. Discriminare qualcuno
non significa solo non accettare che un nero, un ebreo, un rom, una
persona di ceto sociale basso o una donna svolgano un determinato
mestiere, ma anche continuare a sostenere, attraverso le strutture socio
culturali, la loro inferiorità intrinseca, cioè la loro inferiorità
dovuta alla loro natura (i neri sono ritardati perché a loro manca un
gene, le donne non ragionano correttamente a causa del ciclo). E questo
vale anche per le persone che hanno un orientamento sessuale non
corrispondente a quello eterosessuale, ossia le persone omosessuali e
bisessuali (esistono anche le persone asessuali), così come chi ha
un’identità di genere che non corrisponde a quella comunemente definita
come cisgender (<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Cisgender" target="_blank">qui</a>, <a href="https://www.princeton.edu/%7Eachaney/tmve/wiki100k/docs/Cisgender.html" target="_blank">qui</a>),
ossia una persona che non riconosce come proprio il ruolo di genere che
gli o le è stato attribuito alla nascita, cioé le persone transessuali.</div>
<div style="text-align: justify;">
Consideriamo a questo punto gli altri due
elementi che le Sentinelle in piedi dicono di difendere, quelli mutuati
direttamente dai Vigilanti francesi, il matrimonio e la famiglia
naturale.<br />
Mi è capitato di sentir dire in uno dei video che riprendono le
dichiarazioni delle Sentinelle, che la famiglia naturale è quella che si
rispecchia in Adamo ed Eva. Bisognerà ricordare, anche ai credenti
cristiani, che l’Antico Testamento, e quindi il libro della Genesi, ha
un contenuto mitico e allegorico, che Adamo ed Eva non sono mai
esistiti, non hanno vissuto centinaia di anni e non hanno generato figli
che, presumibilmente, si sono uniti tra di loro per generare l’umanità
tutta.<br />
Il mito di Adamo ed Eva racconta di una società patriarcale in cui le
donne sono destinare all’accudimento dei figli e gli uomini al lavoro,
una società in cui, forse, i concetti di violenza famigliare e incesto
non esistevano e vigeva una diversa sensibilità, scritti che determinano
e rispecchiano in questo modo una separazione netta dei ruoli di genere
a partire dalla differenza sessuale (intesa come differenza morfologica
degli organi sessuali che genererebbe anche differenze ontologiche).</div>
<div style="text-align: justify;">
Cioè, l’osservazione della riproduzione
sessuata è all’origine di una struttura sociale arcaica che, a partire
da un certo momento, si è diffusa in alcune zone del pianeta. Grazie
all’etnografia sappiamo che non tutte le società considerano la
differenza sessuale un elemento fondante per la divisione dei ruoli,
sappiamo che l’accudimento dei figli può avvenire all’interno di un
nucleo ristretto ed esclusivo, come all’interno di una comunità più
vasta, che le persone di sesso femminile e quelle di sesso maschile o
intersessuali possono svolgere le più varie attività per il
sostentamento della propria comunità, da quelle manuali a quelle
intellettuali e spirituali.</div>
<div style="text-align: justify;">
Senza dilungarci troppo, la famiglia naturale, così come è intesa dalle Sentinelle, non è altro che <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Famiglia#Tipi_di_famiglia" target="_blank">una tipologia di famiglia, tra le altre e che si affianca a esse</a>.</div>
<div style="text-align: justify;">
Bisogna specificare, ed è molto importante, che il richiamo costituzionale alla “famiglia naturale”, <a href="http://www.governo.it/Governo/Costituzione/1_titolo2.html" target="_blank">art.29 della Costituzione italiana</a>, non ha il suo fondamento in questa visione confessionale, anzi, <a href="http://www.diritto.it/docs/33483-la-famiglia-come-societ-naturale-fondata-sul-matrimonio" target="_blank">tutt’altro</a>.
La famiglia naturale come la intende la Costituzione, è quella
razionale, ossia quella che si da nella realtà, al di là di qualsiasi
ideologia che cerchi di condizionare il vivere in comune delle persone.
Infatti, il concetto di famiglia condiviso dalla collettività non
corrisponde già a quello di presunta “famiglia naturale” come è intesa
dalle Sentinelle, per di più fondata sul matrimonio che è una
istituzione storicamente determinata, un <i>artificialia</i>. Esiste
una tipologia, tra le altre, di famiglia che si riscontra frequentemente
nella nostra società, ma che si rimodella costantemente a seconda degli
eventi.<br />
Se davvero una famiglia fosse esclusivamente fondata sull’unione di una
donna e un uomo, ogni vedovo e ogni vedova si troverebbero nella
condizione di doversi immediatamente risposare, pena il non essere più
una famiglia, nemmeno alla presenza di numerosi figli, fratelli, cugini,
nonni.</div>
<div style="text-align: justify;">
Non è unicamente una famiglia quella
composta da persone unite dal contratto di matrimonio. Ad esempio io,
Serbilla, vivo con persone mie consanguinee, ma non sono sposata con
loro, e pure siamo una famiglia, nel nostro sentimento e per la legge.</div>
<div style="text-align: justify;">
Non esiste nemmeno la necessità di essere
consanguinei per poter definire il proprio nucleo associativo con la
parola famiglia, basta che delle persone abbiano un legame affettivo e
si trovino a condividere un progetto di vita in comune.</div>
<br />
<figure class="wp-caption alignleft" id="attachment_3080" style="width: 300px;"><a href="http://intersezioni.noblogs.org/files/2014/10/padrino_brando_famiglia-e1412688515456.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Il Padrino: l'album di famiglia." class="wp-image-3080 size-medium" src="http://intersezioni.noblogs.org/files/2014/10/padrino_brando_famiglia-300x187.jpg" height="187" width="300" /></a><figcaption class="wp-caption-text">Il Padrino: l’album di famiglia.</figcaption></figure>
<br />
<div style="text-align: justify;">
La rigidità dell’idea di famiglia
naturale fondata sul matrimonio eterosessuale, proposta dalle
Sentinelle, si scontra costantemente con la realtà degli stessi suoi
sostenitori, dato che ad accedere al divorzio non sono certamente solo
gli atei o gli acattolici.<br />
Nessuno vieta a queste persone di vivere secondo la loro idea di famiglia naturale, sarebbe una discriminazione.</div>
<div style="text-align: justify;">
L’approvazione del matrimonio tra persone
dello stesso sesso non comporta alcun pregiudizio per la pratica del
matrimonio in sé, anzi, la rafforza e avvalora come legame
significativo.<br />
Nessuno, poi, vieterà alle persone eterosessuali di sposarsi, dato che
si tratta di una estensione del diritto a persone precedentemente
escluse per via di una discriminazione su base sessuale; semplicemente
potranno farlo anche le persone dello stesso sesso, quelle che
decideranno di contrarre il contratto di matrimonio e di ufficializzare
la loro unione di fronte alla collettività.</div>
<div style="text-align: justify;">
Una <span style="text-decoration: underline;">nota</span>
per quelli che temono di vedere matrimoni interspecie. Il matrimonio è
un contratto che può essere stipulato esclusivamente sulla base della
consensualità, infatti durante le dichiarazioni si chiede un “sì” nel
pieno della propria volontà.<br />
Per quanto una persona e un cane possano sentire di essere una famiglia,
per il legame affettivo che li lega, non potranno mai contrarre
matrimonio, perché il cane non può acconsentire con esplicitezza, di
fronte alla legge, a contrarre matrimonio.</div>
<div style="text-align: justify;">
Il passo successivo è ovviamente
l’omogenitorialità. Le Sentinelle affermano che un bambino debba essere
cresciuto da una madre e un padre, continuando a fare affidamento a
quell’idea di famiglia naturale che parte da Adamo ed Eva.<br />
Nella realtà quotidiana ci troviamo continuamente davanti a famiglie
composte nel più vario modo, in cui i bambini crescono sani e felici,
grazie alla soddisfazione delle loro necessità affettive, educative e di
sostentamento. Voi potreste garantire, mano sul fuoco, che
esclusivamente i bambini che hanno un padre e una madre sono felici?<br />
Volete vedere come sono le famiglie omoparentali? Nel sito delle <a href="http://www.famigliearcobaleno.org/" target="_blank">famiglie arcobaleno </a> di storie ce ne sono diverse, un punto di riferimento è anche <a href="http://www.agedonazionale.org/" target="_blank">AGEDO</a>.<br />
Vi riporto il <a href="http://www.psy.it/comunicati-stampa/allegati/2014_09_20-comunicato-stampa.pdf" target="_blank">comunicato stampa diramato dall’ordine degli psicologi</a> a seguito delle dichiarazioni della ministra Lorenzin sulla famiglia omogenitoriale:</div>
<div style="text-align: justify;">
“Non è certamente la doppia
genitorialità a garantire uno sviluppo equilibrato e sereno dei bambini,
ma la qualità delle relazioni affettive.” Da tempo infatti ‐ spiega
Giardina ‐ la letteratura scientifica e le ricerche in quest’ambito sono
concordi nell’affermare che</div>
<div style="text-align: justify;">
il sano ed armonioso sviluppo dei
bambini e delle bambine, all’interno delle famiglie omogenitoriali, non
risulta in alcun modo pregiudicato o compromesso.</div>
<div style="text-align: justify;">
La valutazione delle capacità
genitoriali stesse sono determinate senza pregiudizi rispetto
all’orientamento sessuale ed affettivo.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ritengo pertanto ‐ conclude il
presidente ‐ che bisogna garantire la tutela dei diritti delle famiglie
omogenitoriali al pari di quelle etero ‐ composte senza discriminazioni</div>
<div style="text-align: justify;">
e condizionamenti ideologici”.</div>
<div style="text-align: justify;">
Bastano cinque pubblicità in cui due
donne o due uomini fanno colazione coni propri figli in una bella casa
con giardino e la società comincia a cambiare idea. Perché le narrazioni
sono importanti, infatti anche la campagna mediatica delle Sentinelle
si regge su alcune narrazioni, che poi non corrispondono alla realtà dei
loro intenti.</div>
<div style="text-align: justify;">
Vedete, la realtà è che “<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Omosessualit%C3%A0_negli_animali" target="_blank">Negli
ultimi quindici anni sono stati documentati comportamenti omosessuali
che vanno dai giochi sessuali a comportamenti genitoriali in coppie
omosessuali in circa 1.500 specie</a>“, è quindi molto molto difficile
continuare a considerare “innaturale” la famiglia omogenitoriale e la
stessa omosessualità. A dire la verità, anche<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Cambio_di_sesso" target="_blank"> il cambio di sesso è diffuso nella natura naturale</a>.</div>
<div style="text-align: justify;">
Veniamo quindi allo svelamento dei presupposti, cioé all’acqua calda – ma questa è una guida alle Sentinelle for dummies.</div>
<div style="text-align: justify;">
La cancellazione della legge Reale
Mancino di cui ho scritto poco più sopra, quella che identifica e
punisce i crimini di odio, e la cancellazione della legge Scelba, che
vieta la ricostituzione di un partito fascista, fanno parte del
programma politico di Forza Nuova.<br />
E’ ovvio quindi che essi cerchino di sfruttare a loro vantaggio il brand Sentinelle in piedi.</div>
<div style="text-align: justify;">
Questa non è una guida al fascismo for dummies e do per scontato che sappiate perché è così importante essere antifascisti.</div>
<div style="text-align: justify;">
A dispetto delle dichiarazioni di
intenti di alcuni rappresentanti del brand (amore, libertà, rispetto e
giustizia), le reali finalità di queste persone sono la discriminazione e
l’oppressione di una parte dell’umanità. La loro si configura come una
resistenza alla tutela della libertà affettiva degli esseri umani. La
libertà di parola che essi vogliono difendere coincide con la libertà di
igiuria e di istigazione all’odio, entrambe sanzionate dalle leggi e
contrarie alla Costituzione. Le loro manifestazioni, benché si svolgano
in modo silenzioso e composto, sono atti intimidatori verso la società
civile e i legislatori che intendono adeguare alla realtà della
collettività l’ordinamento giuridico.</div>
<br />
<figure class="wp-caption aligncenter" id="attachment_3090" style="width: 432px;"><a href="http://intersezioni.noblogs.org/files/2014/10/concetto.jpg"><img alt="Tolta la maschera della Sentinella, un partecipante dà gratuita dimostrazione del proprio concetto di libertà di parola. Immagine tratta da Google." class="wp-image-3090 " src="http://intersezioni.noblogs.org/files/2014/10/concetto-e1412719972760.jpg" height="457" width="432" /></a><figcaption class="wp-caption-text">Tolta la maschera della Sentinella, un partecipante da gratuita dimostrazione del proprio concetto di libertà di parola.<br /> Immagine tratta da Google.</figcaption></figure>
<br />
<div style="text-align: justify;">
A questo punto bisogna domandarsi perché
noi, domenica mattina, siamo stat@ respint@ dalla polizia, e loro che
affermano concetti contrari alla Costituzione e alle leggi italiane, e
rappresentano un pericolo per la società, erano protett@.<br />
Perché noi dobbiamo subire minacce fisiche, come <a href="http://youmedia.fanpage.it/video/aa/VDGBneSwTQcmSCQR" target="_blank">è
evidente da alcuni video in cui uno dei rappresentanti delle Sentinelle
a Napoli, ci minaccia con una spranga, e loro vengono scortati.</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://youmedia.fanpage.it/video/aa/VDGBneSwTQcmSCQR" target="_blank">La
libertà che vogliono queste persone è quella di poter continuare a dire
“ricchione” o “invertito”, come fa una delle Sentinelle a Napoli</a>, nello stesso video, impunemente, più o meno come si può definire troia una ministra.</div>
<br />
<figure class="wp-caption aligncenter" id="attachment_3083" style="width: 400px;"><a href="http://intersezioni.noblogs.org/files/2014/10/LeoniGay.jpg"><img alt="Leoni Gay. Quando il re della foresta se la fa con un altro re della stessa foresta." class="size-full wp-image-3083" src="http://intersezioni.noblogs.org/files/2014/10/LeoniGay.jpg" height="234" width="400" /></a><figcaption class="wp-caption-text">Leoni Gay. Quando il re della foresta se la fa con un altro re della stessa foresta o della foresta vicina. Scopri di più <a href="http://gizzeta.it/10-casi-di-animali-omosessuali-in-natura/" target="_blank">qui</a>.</figcaption></figure>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Mentre ero in strada mi è tornato in mente un epitaffio di Kipling che lessi al liceo, riguardava la Grande Guerra, diceva così:</div>
<blockquote>
Faithless the watch that I kept: now I have none to keep.<br />
I was slain because I slept: now I am slain I sleep.<br />
Let no man reproach me again; whatever watch is unkept—<br />
I sleep because I am slain. They slew me because I slept.*</blockquote>
<div style="text-align: justify;">
In questo scritto, intitolato Sleepy
Sentinel, la sentinella parla di sé stessa e racconta di essere stata
uccisa perché dormiva durante la guardia, adesso che è morta dorme e
nessuno può più rimproverarla per una guardia non fatta. Alcuni
suppongono che sia morta ammazzata dal fuoco nemico, i tedeschi, perché
sonnecchiava in trincea, in realtà la sentinella è stata ammazzata dal
proprio esercito, per aver disobbedito agli ordini ed essersi
addormentata in servizio, punizione prevista dallo Stato maggiore
inglese.</div>
<div style="text-align: justify;">
La poesia di Kipling è molto ironica e
l’associazione con la sua figura non è casuale, anche se le Sentinelle
non hanno certamente il carisma della poesia. La fede di Kipling nel
colonialismo, l’idea che l’Inghilterra avesse il diritto di
impossessarsi del mondo in ragione della propria superiorità razziale,
la presunzione del ruolo educativo e morale del colonizzatore, si
ritrovano perfettamente nella violenza delle Sentinelle e di chi le
supporta.</div>
<div style="text-align: justify;">
Se qualcuno ha ancora dei dubbi può esprimerli nei commenti.</div>
<div style="text-align: justify;">
P.S.<br />
Solidarietà a <a href="http://madonnaliberaprofessionista.tumblr.com/post/99303537856/visto-i-tipo-5-ask-identici" target="_blank">MadonnaLiberaProfessionista</a>, io sto con te.</div>
Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-61405135006408552772014-09-09T00:20:00.001+02:002014-09-09T00:48:48.755+02:00Il rispetto delle regole viene prima dell'integrità fisica e morale delle persone<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHx2T7ft8vuCaJakpmunggL6THOpwvmauQe6v9k3xKTXJ-RoU0LHbRXgP79zSAA5zzWu0TZbbZLn5LjSpGnPj0bfeUkzzsfT4Y01zp4ycPc89m67_NFiecCVOI6VywylMLvBDAUFOUTkg/s1600/henriette-browne+l'oiseau+hors+de+la+cage.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHx2T7ft8vuCaJakpmunggL6THOpwvmauQe6v9k3xKTXJ-RoU0LHbRXgP79zSAA5zzWu0TZbbZLn5LjSpGnPj0bfeUkzzsfT4Y01zp4ycPc89m67_NFiecCVOI6VywylMLvBDAUFOUTkg/s1600/henriette-browne+l'oiseau%2Bhors%2Bde%2Bla%2Bcage.jpg" height="254" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Henriette Browne l'oiseau hors de la cage</td></tr>
</tbody></table>
<span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}">Settembre
è il mese in cui le bambine e i bambini tornano a scuola, dal nido al
liceo. Riempiono le classi, cominciano nuovi quaderni, iniziano progetti
di decorazione delle aule nuovi di zecca. Cartelloni con il ciclo delle
stagioni, i mestieri, i pianeti e, di solito, anche con le regole della
classe.<br /> Quando andavo a scuola io non c'era questa abitudine, ma ho fatto caso <span class="text_exposed_show">che tutte le classi hanno questo cartellone oggi. Lo scrivono bambine e bambini assieme a maestre e maestri. <br />
Le regole spesso coniugano insegnamenti della buona educazione con
quelli del vivere civile, da non si mangia con la bocca aperta a non si
prendono a calci i compagni, oppure ispirano solidarietà, bisogna
condividere la merendina con chi non ce l'ha - non manca il controllo
sul corpo, si va in bagno solo durante la pausa. <br /> La funzione è
quella di insegnare la democrazia, dicono, infatti ci sono le
discussioni, le regole vengono votate, c'è anche l'organizzazione
gerarchica, la maestra poi il/la capolcasse, il/la capofila, il/la
chiudifila.<br /> In tutto questo la maestra, da sola, fa da giudice, da
poliziotta, da guardiana, da educatrice, da direttrice, da zia e mamma,
da insegnante.<br /> Soprattutto, la maestra fa in modo che le regole che la classe si è data vengano rispettate da tutte e tutti.<br />
Non so se siete mai entrati in una classe III o V con 20 bambini/e che
passano numerose ore della giornata dentro i banchetti, bambini piccoli o
no, ma pieni di energia, curiosi, a volte stanchi, a volte un po'
svogliati, insomma bambini. Bambini e bambine che spesso sfidano il
limite, ai/lle quali viene insegnata la disciplina a colpi di divisioni e
verbi da coniugare (anche per tre ore di fila). <br /> A volte questi
bambini sono davvero difficili da gestire, a volte la disciplina non
riesce a entrargli nelle ossa, si alzano tutt@ contemporaneamente, si
lanciano cose, dicono qualche atrocità, a volte si picchiano, a volte
sputano, a volte escono dalla classe e corrono nei corridoi.<br /> E' quello il momento in cui anche le maestre, probabilmente, sono più stanche.<br />
La scuola ti porta via energie fisiche e morali, alcuni dicono che si
tratta di una missione, ma fai il missionario in territorio di guerra.<br />
Allora alcune, perché questi piccoli e piccole cittadin@ della scuola
rispettino le leggi democratiche che si sono dati, danno uno spintone
lì, l'altra trascina per un braccio qui. Si urla molto, con tono
perentorio, dicendo cose come "asino", "stupido", "cretina". A volte,
impaurite dall'euforia della classe, in quei momenti di confusione in
cui volano quaderni e sedioline, sono costrette a dare un calcio, uno
schiaffo, a tirare i capelli urlando più forte ancora.<br /> Capita che questi momenti finiscano su un video, capita che quel video venga diffuso.<br />
La prossima volta che uno di questi video in cui le maestre cercano
solo e unicamente di far rispettare le regole della classe, regole
stabilite democraticamente, verrà diffuso, mi aspetto che chi ha stostenuto l'opinione
per cui è giusto che si spari su un ragazzo, Davide, che non si ferma all'alt,
che chi ha sparato </span></span><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}"><span class="text_exposed_show"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}"><span class="text_exposed_show">stava facendo onestamente il proprio lavoro</span></span>, cioé un carabiniere addestrato che dovrebbe conoscere le leggi (</span></span><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}"><span class="text_exposed_show"><span data-ft="{"tn":"K"}" data-reactid=".4h.1:3:1:$comment10203282648401819_10203282718563573:0.0.$right.0.$left.0.0.1:$comment-body"><span class="UFICommentBody" data-reactid=".4h.1:3:1:$comment10203282648401819_10203282718563573:0.0.$right.0.$left.0.0.1:$comment-body.0"><span data-reactid=".4h.1:3:1:$comment10203282648401819_10203282718563573:0.0.$right.0.$left.0.0.1:$comment-body.0.3"><span data-reactid=".4h.1:3:1:$comment10203282648401819_10203282718563573:0.0.$right.0.$left.0.0.1:$comment-body.0.3.0"><span data-reactid=".4h.1:3:1:$comment10203282648401819_10203282718563573:0.0.$right.0.$left.0.0.1:$comment-body.0.3.0.$end:0:$0:0">l'art. 192 del CdS non prevede la pena di morte</span></span></span></span></span>), mi
aspetto che, queste persone, abbiano la decenza di essere coerenti. <br /> Evitate di scrivere status indignati, evitate di chiedere la forca per la maestra. Siate coerenti con le vostre posizioni. <br /> Le maestre che prendono a calci i bambini fanno solo il loro lavoro.<br /> Il rispetto delle regole viene prima dell'integrità fisica e morale delle persone.<br /> Lo avete detto voi in questi giorni.</span></span>Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-19938777428757612012014-07-24T16:05:00.001+02:002014-07-24T16:05:41.444+02:00Violenza domestica e crudeltà sugli animaliVARESE, "RE" DELL'ORO UMILIA LA SUA COMPAGNA E DECAPITA IL GATTO
<br />Mirko Rosa arrestato per maltrattamenti e lesioni
<br /><br />Un gatto decapitato, la compagna umiliata e costretta anche a bere dalla
scodella del micio. Emergono inquietanti dettagli sull'arresto di Mirko
Rosa, imprenditore 40enne della nota catena compro oro "MirkOro",
avvenuto nei giorni scorsi a Castellanza, in provincia di Varese.
L'uomo, accusato di maltrattamenti e lesioni, è rinchiuso nel carcere di
Busto Arsizio da giovedì scorso. Il quotidiano "La Prealpina" ha
raccolto la testimonianza di Giacomo de Luca e di sua figlia Nadia,
compagna del manager. De Luca è l'uomo che lo ha aggredito facendolo
finire all'ospedale con una ferita all'arcata sopracigliare. La versione
della giovane - riferisce il quotidiano varesino - "è la stessa fornita
agli inquirenti", che ora stanno verificando la veridicità dei fatti.
Intanto, nella notte tra domenica e lunedì, è stato dato alle fiamme il
fuoristrada di Rosa.<br />
Tutto sarebbe iniziato nella notte tra mercoledì
e giovedì, quando l'imprenditore avrebbe decapitato il gatto di casa,
un micetto di pochi mesi comprato qualche giorni prima. Successivamente
avrebbe mostrato il corpo senza vita alla convivente, minacciandola: "Ti
faccio fare la stessa fine". Questo sarebbe solo l'inizio di questa
scena da film dell'orrore. Successivamente Rosa l'avrebbe chiusa in uno
sgabuzzino, obbligandola a bere nelle scodella del micio. Poi, non
contento, l'avrebbe picchiata, minacciata di essere gettata dalla
finestra e forse anche costretta a subire un rapporto sessuale.<br />
L'incubo
della 21enne sarebbe durato fino al mattino seguente, quando la giovane
- che aveva appuntamento con il pediatra per una visita alla bambina di
un anno - avrebbe detto all'uomo di liberarla e che, se non l'avesse
fatto, si sarebbe buttata dalla finestra. A quel punto l'imprenditore
dell'oro l'avrebbe fatta uscire di casa e lei si sarebbe rifugiata a
casa di alcuni amici.<br />
Poi la lite tra il presunto aguzzino e il padre
della compagna. La prima telefonata tra Giacomo De Luca e Mirko Rosa
sarebbe stata alle 9 di giovedì. Durante la notte la 21enne aveva
mandato un messaggio al padre, prima che il compagno distruggesse il suo
telefono, ma De Luca aveva il telefono spento. Non appena Rosa e De
Luca sarebbero riusciti a parlare al telefono, la conversazione si
sarebbe subito scaldata. E, quando ha visto la figlia, il padre l'ha
subito portata dai carabinieri per sporgere denuncia. In caserma,
all'arrivo di Rosa, la colluttazione tra i due, finita con il "re
dell'oro" al pronto soccorso. <br />
Non finisce qui. Perché, nella notte
tra domenica e lunedì di questa settimana, intorno alle 3, l'Hummer
giallo - simbolo della sfrontata ricchezza del "re dell'oro" - è stato
dato alle fiamme dopo essere stato cosparso di benzina. E il mistero su
questa torbida vicenda s'infittisce.
<br /><br />Fonte: http://www.nelcuore.org/blog-associazioni/item/varese-manager-dell-oro-decapita-il-gatto-di-casa-e-umilia-la-compagna.htmlSerbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-79766163480560242952014-07-24T10:08:00.000+02:002014-07-24T10:08:19.887+02:00Massacro di donne a Bagdad<b>Iraq, massacro di donne a Bagdad. Forse uccise perché prostitute </b><br />
<br />
<i>Spedizione di un commando armato in un palazzo: 29 morti, tra cui venti donne. Le milizie sciite hanno in passato preso di mira le prostitute e i rivenditori di alcol </i><br />
<br />
BAGDAD - Almeno 29 persone, tra cui 20 donne, sono state uccise questa sera in un palazzo di Zayouna, nella zona est di Bagdad. Il massacro è stato compiuto da uomini in divisia mimetica e abiti civili.
La polizia intervenuta sul posto ha trovato i corpi delle vittime riversi sulle scale, forse nell'atto di scappare o di nascondersi: "Quando siamo arrivati - ha raccontato un poliziotto alla Reuters - sulle scale abbiamo visto i corpi di un paio di donne, e sangue che scorreva giù dalle scale. Siamo entrati in un appartamento e abbiamo trovato cadaveri ovunque. Alcuni stesi sul divano, altri per terra. Una donna forse ha cercato di nascondersi in un armadio in cucina ed è stata freddata lì".
Le milizia sciite sono state in passato accusate di aver condotto omicidi mirati e raid armati proprio in quella zona della capitale ai danni di prostituite e di rivendite di alcolici, in una campagna contro la diffusione del vizio. <br /><br />Fonte: http://www.repubblica.it/esteri/2014/07/12/news/iraq_massacro_di_donne_a_bagdad-91417373/Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-79614437531727793202014-07-12T01:21:00.001+02:002014-07-12T01:34:36.805+02:00Quando un diritto è negato e la legge che lo tutela viene svuotata di significato<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://intersezioni.noblogs.org/files/2014/07/Marion-Peck.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://intersezioni.noblogs.org/files/2014/07/Marion-Peck.jpg" height="320" width="234" /></a></div>
<div class="tr_bq" style="text-align: justify;">
Da <a href="http://intersezioni.noblogs.org/personalepolitico/grazie-a-chi-difende-la-vita/" target="_blank">Intersezioni</a></div>
<div class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<a href="http://intersezioni.noblogs.org/personalepolitico/grazie-a-chi-difende-la-vita/">Grazie a chi “difende la vita”</a></div>
<div class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="tr_bq" style="text-align: justify;">
Voglio dire grazie a tutte quelle persone che “difendono la vita”.<br />
Grazie agli obiettori e ai non obiettori <i>che ‘hanno capito tutto’</i>,
farmacisti/e, medici/he, infermieri/e, grazie alle sentinelle in piedi,
sedute e stese, grazie a chi prega per i “non nati”, grazie a chi
gestisce centri per “il dono della vita”, i quali diffondono volantini
con immagini (false) di feti abortiti o che si succhiano il dito e
depliant sulla “sindrome post aborto”. Grazie per i monumenti
cimiteriali e no, dedicati all’essere “madre di un figlio morto”. Grazie
ai preti e alle suore, laiche e consacrate. Grazie ai politici e alle
politiche che usano i “temi etici” come moneta di scambio. Grazie a
tutti quelli che nel web non mancano mai di esprimere il loro parere
contrario all’aborto delle altre – chiunque sia quell’altra – anche se
non hanno un utero… semplicemente rispondendo con un “contrario”, in un
sondaggio su facebook. E se gli fai notare che opinione per sé è diverso
da giudizio o imposizione sull’altr@, ti danno della fascista.<br />
Grazie, perché abbiamo bisogno della vostra caparbietà e costanza. Senza
di voi rischieremmo di dimenticare che, in quanto donne, la dobbiamo
pagare cara e amara sempre, e non contiamo niente, siamo solo merce di
scambio, animale umano da fatica o compagnia – fino a quando culo e
zizza restano sodi - e da riproduzione: martiri della maternità da
ricordare con cinque minuti di silenzio, poi si va al mare a vivere la
propria vita.<br />
Grazie. Senza di voi certi risultati non riusciremmo nemmeno a immaginarli.</div>
<blockquote>
</blockquote>
<blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://bari.repubblica.it/cronaca/2014/07/11/news/pizzo_per_abortire_in_ospedale-91285166/" target="_blank"><b>Pizzo per abortire in ospedale, arrestati anestesista e l’unico ginecologo non obiettore</b></a></div>
<div class="social-content" style="text-align: justify;">
Guarda il video <a href="http://video.repubblica.it/embed/edizione/bari/vuoi-abortire-subito-paga-arrestati-anestesista-e-unico-medico-non-obiettore/172013/170556?adref=http://bari.repubblica.it/cronaca/2014/07/11/news/pizzo_per_abortire_in_ospedale-91285166/&generation=onclick&autoplay=false&width=558&height=314" target="_blank">qui</a>.</div>
<div style="text-align: justify;">
“Se vuoi fare subito, due o tre giorni,
devi pagare questo. Se invece vuoi andare all’altro ospedale, non paghi
niente, ma c’è molto da aspettare”. Le intercettazioni ambientali ed il
video, che attesta anche un passaggio di denaro non lasciano spazio alle
interpretazioni. I tempi d’attesa, indefiniti, sono stati lo
spauracchio per numerose donne che hanno deciso di sottoporsi ad
intervento di interruzione volontaria di gravidanza in ospedale (quindi
una prestazione a carico del servizio sanitario nazionale), ma dietro
pagamento, pur di accorciare i tempi. Cento euro come tariffa standard
per un aborto in tempi rapidi – qualche giorno dopo la richiesta -
altrimenti bisognava attendere, non si sa quanto, rischiando di superare
il limite dei 90 giorni, termine oltre il quale non si può praticare
l’intervento. E’ quanto scoperto dai carabinieri di Cerignola
all’interno dell’ospedale “Tatarella” del centro ofantino, dove due
medici sono stati arrestati (ai domiciliari) e dovranno rispondere del
reato continuato di concussione in concorso.</div>
<div style="text-align: justify;">
Secondo l’accusa, i due – Osvaldo
Battarino e Giuseppe Belpiede, di 56 e 62 anni, il primo dirigente
medico responsabile del servizio di interruzioni volontarie delle
gravidanze del presidio ospedaliero ed il secondo quale direttore
dell’unità di anestesia e rianimazione della medesima struttura –
avrebbero chiesto alle donne che si presentavano per compiere
l’interruzione volontaria della gravidanza, di versare loro somme di
denaro in contanti (100 euro che i due indagati dividevano tra loro),
subordinando a questo pagamento l’effettuazione tempestiva dell’aborto,
il cui costo è però a carico del servizio sanitario nazionale.</div>
<div style="text-align: justify;">
L’indagine è partita alla fine del 2013
quando un uomo ha denunciato ai carabinieri di Cerignola che Battarino
(unico medico in servizio presso l’unità di ginecologia ed ostetricia di
Cerignola a non aver sollevato obiezione di coscienza all’esecuzione
degli aborti) aveva preteso il versamento di 100 euro in contanti per
effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza alla figlia. “Il
denunciante – spiegano nero su bianco i carabinieri – precisava che
nonostante avesse rappresentato al Battarino di fruire dell’esenzione
dal pagamento del ticket per la prestazione sanitaria, il professionista
aveva preteso la somma richiesta da ripartire in parti uguali con
l’anestesista spiegando che, in difetto, non avrebbe eseguito
l’intervento prima del compimento del novantesimo giorno di gravidanza”.</div>
<div style="text-align: justify;">
Le indagini hanno quindi accertato che
quello denunciato non era un caso singolo, ma che sussisteva un vero e
proprio sistema che subordinava la celere interruzione di gravidanza al
pagamento di somme di denaro. Così i due professionisti, sfruttando il
fatto di essere gli unici medici dell’ospedale di Cerignola a non essere
obiettori di coscienza, effettuavano gli aborti a pagamento, durante il
normale orario di servizio, nei locali e mediante le attrezzature
appartenenti alla struttura ospedaliera pubblica di Cerignola.</div>
<div style="text-align: justify;">
Dalle intercettazioni, inoltre, si evince
che Battarino dava ai colleghi la disponibilità ad intervenire
celermente, anche il giorno successivo alla telefonata, sempre che
pagassero la somma richiesta: “se tu vuoi io la posso fare pure domani
mattina. Se lei sa che praticamente io le faccio il certificato e la
visita di Belpiede sono cinquanta e cinquanta, non c’è problema, può
venire domani mattina”. Il Battarino riceveva, quindi, la paziente nel
suo studio e si faceva consegnare il denaro da dividere con
l’anestesista per effettuare l’intervento. L’indagine ha fatto luce su
venti casi riscontrati, tutti inseriti in un sistema di malaffare che
andava avanti da molto tempo, come dichiarato dallo stesso Battarino in
una conversazione intercettata dai militari dove il professionista
spiega al suo interlocutore il funzionamento del meccanismo: “Io faccio
500 interruzioni all’anno, da 25 anni. 500 all’anno, hai capito?”.</div>
</blockquote>
Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-37998867762730243952014-07-12T00:58:00.004+02:002014-07-12T00:58:46.365+02:00Morta di parto: Muore in clinica al Vomero subito dopo il cesareo: è giallo<br /><a href="http://www.ilmattino.it/NAPOLI/CRONACA/muore-in-clinica-dopo-cesareo-al-vomero/notizie/787742.shtml" target="_blank">Muore in clinica al Vomero subito dopo il cesareo: è giallo</a><br />di Elena Romanazzi<br />
<br />
<br />
NAPOLI - Se n'è andata poco dopo aver visto la sua bimba, la figlia
tanto desiderata e venuta al mondo con un parto cesareo. Una bimba
paffutella, grande, quasi quattro chili, bella come la sua mamma,
Alessandra De Simone, 36 anni appena, deceduta subito dopo il parto in
circostanze tutte da accertare.<br />
<br />
È entrata due giorni fa per partorire in anticipo rispetto alla data
prevista a Villa delle Querce, una clinica privata convenzionata con il
servizio sanitario nazionale, situata al Vomero e specializzata proprio
in ginecologia.<br />
<br />
La decisione di anticipare il parto è stata presa la scorsa settimana.
Giovedì ad Alessandra viene fatto il monitoraggio di rito. La ginecologa
che ha seguito tutta la gravidanza, Gelsomina Lombardi, decide che è
meglio anticipare i tempi e sospetta che i conti fatti siano sbagliati.
La piccola è grande, è già in posizione, aspettare la naturale rottura
delle acque è rischioso e si decide la data del ricovero. Lunedì entra
in clinica. Alla giovane vengono fatte tutte le analisi previste in
questi casi, prelievo del sangue, elettrocardiogramma, tutto il
necessario. Non c'è un valore che risulti sballato o che induca l'equipe
medica a soprassedere sull'intervento. Entra la mattina, fa le analisi.
Esce per poi ritornare per il ricovero nel tardo pomeriggio. Ripetono
il tracciato e a tarda sera, come raccontato dal compagno agli agenti
del commissariato Dante, viene effettuata una nuova ecografia e per i
dolori le viene praticata una iniezione di Bentelan.<br />
<br />
Per l'intervento si sceglie l'epidurale. È una prassi, questa, molto
diffusa che consenta alla puerpera di vedere subito il piccolo senza
aspettare la fine di una anestesia totale.<br />
Ad Ale, come spesso la chiamavano i suoi amici, solo per poco è stato
possibile sentire il calore della figlia. Lei e il suo compagno avevano
deciso già da tempo di chiamarla Isabell, alla francese.<br />
Cosa è accaduto? Il compagno Ivano Iacomino, Pr di professione, molto
conosciuto negli ambienti della movida, di buon ora è andato in clinica.
La coppia era stata avvertita che erano primi nella lista degli
interventi. Le vengono fatti altri esami. Un nuovo tracciato e alle
nove, con le sue gambe Alessandra è entrata in sala operatoria accolta
dalla sua ginecologa. Ma il clima era sereno. L'attesa gioiosa. Il primo
figlio era stato messo in cantiere dopo dieci anni di amore e dopo aver
acquistato una casetta a San Giorgio a Cremano.<br />
<br />
Intorno alle 9.30 portano la piccola al padre. Ivano è insieme a tutta
la famiglia, il nonno Mimmo Iacomino, la sorella Elena, i cognati e la
mamma di Alessandra, Anna e la sorella Rita. C'è una grande gioia per la
nascita di questa bimba, attesa da tempo. Ivano chiede della compagna:
«Come sta? Tutto bene?». «Non si preoccupi - rispondono - a breve esce,
tempo dieci, quindici minuti ora arriva». Risposte evasive. Rita, la
sorella di Alessandra alle 10.35, riceve un telefonata dalla ginecologa
che la avverte delle complicazioni e la invita ad andare subito in sala
operatoria.<br />
<br />
La scena è terribile. La Lombardo spiega che Alessandra ha avuto un
arresto cardiocircolatorio. Tentano, almeno questa è la scena che si
presenta davanti agli occhi del compagno e della sorella, di rianimarla
in tutti i modi. Viene utilizzato il defibrillatore e una iniezione al
cuore mentre la famiglia chiedeva l'intervento del 118 per il
trasferimento di Alessandra in una struttura con la rianimazione.<br />
Non c'è nulla da fare. I medici del 118 non possono fare nulla perchè il
cuore di Alessandra non riprende a battere e dal suo corpo continuava
ad uscire sangue come se ci fosse stata una fortissima emorragia.<br />
<br />
Ivano chiede subito l'intervento della polizia. La sua compagna era sana
ed aveva avuto l'impressione, guardando tutte le manovre effettuate per
rianimarla che in realtà fosse già morta prima. La cartella clinica è
stata sequestrata. L'uomo, accompagnato dal legale di fiducia Antimo
D'Alterio e Giuliano Russo ha presentato denuncia al commissariato
Dante. Oggi verrà deciso quando effettuare l'autopsia sul corpo della
giovane donna, madre, ma solo per pochi attimi.<br /><br />http://www.ilmattino.it/NAPOLI/CRONACA/muore-in-clinica-dopo-cesareo-al-vomero/notizie/787742.shtmlSerbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-62013325422182611812014-07-10T23:40:00.000+02:002014-07-10T23:42:26.538+02:00Primo ok Camera, cade l’obbligo del cognome del padre ai figli<div style="text-align: justify;">
<i>Non conosco il testo del documento, ma i virgolettati riportati nella sembrano indicare, con il riferimento all'ordine alfabetico, una forma razionale e paritaria.</i><br />
<br />
Da <a href="http://www.internazionale.it/news/famiglia/2014/07/10/primo-ok-camera-cade-lobbligo-del-cognome-del-padre-ai-figli/" target="_blank">Internazionale</a><br />
<br />
Roma, 10 lug. (TMNews) – Cade l’obbligo del cognome paterno, arriva
la libertà di scelta per i genitori. La commissione Giustizia alla
Camera ha approvato il testo sul doppio cognome, lunedì sarà in aula per
la discussione generale. L’obiettivo è chiudere entro la prossima
settimana.</div>
<div style="text-align: justify;">
“E’ un altro passo in avanti – commenta Donatella Ferranti – verso la
parità dei sessi e la piena responsabilità genitoriale. Il figlio ora
potrà avere o il cognome paterno o quello materno o entrambi, secondo
quando decidono insieme i due genitori. Ma se l’accordo non c’è, il
figlio avrà il cognome di tutti e due i genitori in ordine alfabetico “.</div>
<div style="text-align: justify;">
Peraltro, ha aggiunto la presidente della commissione Giustizia,
“l’obbligo del cognome paterno, simbolo di un retaggio patriarcale fuori
del tempo e assurdamente discriminatorio, è stato severamente censurato
dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, e dunque il testo che ora
andrà in aula è un atto dovuto, che ci pone finalmente in linea con gli
altri paesi europei”.</div>
<div class="isLastChild" style="text-align: justify;">
<i class="isLastChild">Questa è una notizia dell’agenzia TMNews.</i></div>
Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-71160946180333084742014-07-10T01:32:00.000+02:002014-07-12T01:33:04.861+02:00How is this painting 'pornographic' and 'disgusting'?<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0-E5rVgbJ45vF70brDxYXRBBB72ZI_TEZG3Shcap841RRvZkS53yKIzw0QQES04AMWTwWkV3eI2lcW2FCuRPHU3m1LBNvIkXpV0cUSldcJoJRrLI6zRQnEBclpIO3a1erczqQp6UaU-A/s1600/Portrait-of-Ms-Ruby-May-S-001.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0-E5rVgbJ45vF70brDxYXRBBB72ZI_TEZG3Shcap841RRvZkS53yKIzw0QQES04AMWTwWkV3eI2lcW2FCuRPHU3m1LBNvIkXpV0cUSldcJoJRrLI6zRQnEBclpIO3a1erczqQp6UaU-A/s1600/Portrait-of-Ms-Ruby-May-S-001.jpg" height="400" width="217" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: left;">Ms Ruby May, Standing by Leena McCall.</td></tr>
</tbody></table>
<div id="article-body-blocks">
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://www.theguardian.com/lifeandstyle/2014/jul/07/painting-pornographic-pubic-hair-outrage#zoomed-picture" target="_blank">How is this painting 'pornographic' and 'disgusting'?</a><br />
<br />
<i>This portrait was removed from a major gallery after it was deemed
'pornographic'. Why does women's pubic hair cause such outrage</i> <br />
</div>
<div style="text-align: justify;">
You might think that in an art world that encompasses the
Chapman brothers' phallus-nosed children and Jeff Koons' lascivious
studies of La Cicciolina (sample title: "Dirty Jeff On Top"), you would
have to sweat blood to produce a work so offensively sexual it would be
ejected from a top London gallery. This, however, was the fate meted out
to Leena McCall's <a href="http://www.society-women-artists.org.uk/gallery/non-members-galley/393-leena-mccall-portrait-of-ms-ruby-may-standing.html" title="">Portrait of Ms Ruby May, Standing</a>, which was removed from the <a href="http://www.society-women-artists.org.uk/annual-exhibition.html" title="">Society of Women Artists' 153rd annual exhibition at the Mall Galleries</a> after being deemed "disgusting" and "pornographic", according to the artist.</div>
<div style="text-align: justify;">
When I tracked down the <a href="http://www.theguardian.com/artanddesign/painting" title="More from the Guardian on Painting">painting</a>
online I was so flummoxed as to the likely cause of disgust that I
thought it must be the fact Ms May was depicted smoking a pipe. Few
things cause more umbrage now than someone wantonly enjoying tobacco.
But further investigation revealed it was the way the sitter's short
waistcoat and undone breeches framed a luxuriant dark V of pubic hair –
not to mention, the "Come hither, if you dare!" expression on May's
face, as she coolly scrutinises the viewer – that seemed to be the
problem. The painting smacks of <a href="http://www.bbc.co.uk/news/world-europe-12737335" title="">Isherwood's Berlin</a>
with its cabaret noir sensibility: Ruby May is a demi-clad femme fatale
in pantomime boy's clothing, channelling Liza Minnelli and <a href="http://www.goodreads.com/characters/56154-quaint-irene" title="">EF Benson's Quaint Irene</a> – as alluring to women as she is to men. You can just about see how it might <i>épater la bourgeoisie</i>, without feeling for a second any outrage is justified.</div>
<div style="text-align: justify;">
The
Mall Galleries have issued the following statement: "As an educational
arts charity, the federation has a responsibility to its trustees and to
the children and vulnerable adults who use its galleries and learning
centre. After a number of complaints regarding the depiction of the
subject and taking account of its location en route for children to our
learning centre, we requested the painting was removed."</div>
<div style="text-align: justify;">
You can't
help wondering if the affronted viewers frequenting Mall Galleries have
ever sauntered over to the National Gallery, where <a href="http://www.independent.co.uk/arts-entertainment/art/great-works/great-works-an-allegory-with-venus-and-cupid-by-bronzino-8096389.html" title="">Bronzino's erotically charged Allegory with Cupid and Venus</a>
(showing the boy archer fondling the naked goddess's breast) is on
display to visiting school parties; or whether they feel the Tate should
dispose of Sir Stanley Spencer's Double Nude Portrait, with its
unsparing depiction of the artist's flaccid penis and his wife's hirsute
<i>mons pubis</i>.</div>
<div style="text-align: justify;">
Mind you, the Society of Women Artists was
permitted to replace McCall's work with another less provocative nude:
one where the model wasn't tattooed and standing hand-on-hip, all
unbuttoned. It seems the Mall Galleries' clientele can cope with nudes,
so long as the model is a more passive and unthreatening recipient of
the wandering viewer's gaze. Which all seems a desperately outmoded form
of prudishness, like the wartime strippers at London's Windmill club
who were allowed to pose naked, by the Lord Chamberlain's reluctant
acquiescence, so long as they didn't move. They posed with one foot
forward, obscuring any glimpse of "the fork" (ie vulva). The
implication's clear: the minute a woman is alive and free to move, an
active agent of her own sexuality, she is a menace to society.</div>
<div style="text-align: justify;">
McCall
is understandably incensed at the censoring of her portrait, as her
avowed intention in painting it was to explore, "how women choose to
express their sexual identity beyond the male gaze". It's an added irony
that her work should be removed from an all-female exhibition, curated
by women. When I contacted the artist via her website, McCall explained
that Ruby May (who leads erotic workshops) had proudly wanted to own the
pubic hair that is so often waxed, covered or air-brushed away in
contemporary depictions of the female body – and rarely glimpsed in
classical ones, come to that. The painter can't begin to understand how a
painting that reveals no intimate flesh, other than the pelvic
triangle, could possibly be described as <a href="http://www.theguardian.com/culture/pornography" title="More from the Guardian on Pornography">pornography</a>.</div>
<div style="text-align: justify;">
My
sympathies are entirely with McCall, who has launched a Twitter
campaign asking supporters to contact @mallgalleries using hash-tag
#eroticcensorship. It seems retrogressive, bordering on insane, that any
corner of the art crowd should view a lush lady-garden as offensive at a
time when celebs such as Gwyneth Paltrow talk about sporting a 70s
vibe, while the writer Caitlin Moran writes about "finger-combing" her
"Wookiee". You could even argue that non-depilated representations of
the female body are precisely what school children should be seeing, so
they understand body hair is normal and, yes, desirable.</div>
<div style="text-align: justify;">
You
wonder if the cross-legged Puritans responsible for defenestrating the
portrait have ever seen Gustave Courbet's L'Origine du Monde at the
Musée d'Orsay, with its splendid sprawl of black-haired vulva. After
all, Courbet's carnal canvas does not include a challenging female face
to bring the sitter alive, or challenge the viewer.</div>
<div style="text-align: justify;">
• <b>Update 8 July 2014:</b>
The SWA said it selected the painting during the submissions process
for its annual open exhibition. The executive secretary, Rebecca Cotton,
said: "We thought the painting was beautifully executed and the
composition was much admired. We saw nothing wrong with it; had we, the
piece would not have been selected. We hire the gallery space from the
Mall Galleries for the period that the show is on. The gallery took it
down without seeking our approval."<br />
<br />
http://www.theguardian.com/lifeandstyle/2014/jul/07/painting-pornographic-pubic-hair-outrage#zoomed-picture </div>
</div>
Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-36468435677364362152014-07-04T23:46:00.000+02:002014-07-10T23:46:52.415+02:00Il millantato istinto maternoDa<a href="http://intersezioni.noblogs.org/condivisioni/listinto-materno-non-esiste/" target="_blank"> Intersezioni </a><br><br><b>L’istinto materno non esiste</b><br>
<br>
<div style="text-align: justify;">
<em>Essere donna non implica essere
madre, ciononostante le donne subiscono ancora una forte pressione
sociale rispetto alla maternità, un’idea che si perpetua attraverso il
celebre “istinto materno”. Tuttavia, il desiderio di essere madre (o no)
non ha alcuna causa fisiologica provata.<br></em></div>
<div style="text-align: justify;">
«No, non avrò figli», risponde Alicia
Menéndez alle impertinenti domande delle vicine, delle zie, e anche
delle amiche. Queste, sorprese, contrattaccano con un «Ma è perché non
ti piacciono i bambini?» o «fra qualche anno cambierai opinione e
sentirai la chiamata». Alicia, che ha appena compiuto trent’anni e
lavora come assistente amministrativa, assicura che “non voglio avere
figli” è il nuovo “non voglio sposarmi”, anche se sostiene che la
seconda affermazione non produce lo stesso ‘disordine pubblico’ della
prima.</div>
<div style="text-align: justify;">
«Ho avuto un compagno per quattro anni ma
da poco più di un anno abbiamo deciso di rompere. Lui sapeva di volere
dei figli, io sapevo di non volerne. Rispetto, ma a volte mi sorprende –
e mi spaventa – la capacità di alcune persone di provare più amore per
qualcosa che in ogni caso è un progetto a lungo termine nella propria
vita, che per qualcosa che già hanno, qualcosa di reale». Alicia ricorda
che giunse un momento in cui l’arrivo di un bambino avrebbe
rappresentato una catarsi, il sollievo dopo mesi di discussione.
«Capirei se non potessi avere figli, se fossi sterile, ma non
accetto che tu non voglia averne potendoli avere», le ripeteva lui.</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<a href="http://natafemmina.blogspot.com/2014/07/il-millantato-istinto-materno.html#more">Continua a leggere...»</a>Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-42495844288045807112014-05-31T23:48:00.000+02:002014-07-10T23:49:29.261+02:00Trans e maternitàDa <a href="http://intersezioni.noblogs.org/condivisioni/maternita-e-identita-trans/" target="_blank">Intersezioni</a><br>
<a href="http://intersezioni.noblogs.org/condivisioni/maternita-e-identita-trans/">Maternità e identità Trans</a><br>
<br>
<div style="text-align: justify;">
di Frieda Frida Freddy, transfemminista (e lesboterrorista) in cammino. <a href="http://altersexual.net/2014/05/04/la-maternidad-y-lo-trans/">Traduzione </a>e revisione di Serbilla, Elena Zucchini e feminoska.</div>
<div style="text-align: justify;">
Il giorno in cui mi dichiarai Trans fu il
giorno nel quale vidi e compresi chiaramente che non mi era necessario,
né vitale, essere donna o uomo per esistere. Ancora di più, capii
perfettamente che non desideravo in alcun modo esserlo per ancorarmi in
una delle due categorie sociali, poiché mai mi ero sentit@ felice o a
posto in nessuna delle due. Mi rinominai Frieda perché sono più
femminile che mascolina, e perché comprendo che mascolinità e
femminilità sono solo due poli di indottrinamento che non determinano
nulla, e tanto meno definiscono questo “essere uomo” o “donna” che si
conoscono nel nostro mondo sociale. Inventai pertanto questo nome, per
il potente dittongo che per me rappresenta il ponte sulla dicotomia dei
generi, il mio transitare tra Frida e/o Freddy che sono il passato al
quale sono stat@condannat@: ragazzo o ragazza. E dal quale sono fuggit@…</div>
<div style="text-align: justify;">
E dunque ora sono liber@, sono Trans. Non
transgenere né transessuale. Vedete: c’è una percezione diffusa secondo
la quale essere trans significhi, diciamo, nascere A e trasformarsi in
B, o nascere B e desiderare di essere A. Come dire, nascere
biologicamente “uomo” (per via del pene, che definisce il sesso) e
desiderare di essere percepit@ socialmente come una donna. O viceversa.
Nascere biologicamente “donna” (per via della vulva che definisce il
sesso) e desiderare di essere percepit@ socialmente come un uomo. Senza
dubbio questo avviene spesso, ma non rappresenta tutte le esperienze.</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<a href="http://natafemmina.blogspot.com/2014/05/trans-e-maternita.html#more">Continua a leggere...»</a>Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-54248894516644182742014-04-30T00:32:00.000+02:002014-07-11T00:32:51.442+02:00Storie di un paese violento Da <a href="http://intersezioni.noblogs.org/critica-femminista/limportanza-dellaborto-tra-diritto-negato-e-strumentalizzazioni/" target="_blank">Intersezioni</a> <br>
<a href="http://intersezioni.noblogs.org/critica-femminista/limportanza-dellaborto-tra-diritto-negato-e-strumentalizzazioni/">L’importanza dell’aborto, tra diritto negato e strumentalizzazioni</a><br>
<br>
<div style="text-align: justify;">
Chi legge questo blog probabilmente già è
al corrente del fatto che per promuovere il proprio libro Mario
Adinolfi ha fondato, nel nome della <i>mamma,</i> dei circoli. <a href="http://abbattoimuri.wordpress.com/2014/04/26/adinolfi-do-you-know-la-liberta-di-scelta/" target="_blank">Uno scritto e dei circoli contrari ai diritti umani</a>,
nello specifico contrari al diritto a un aborto in sicurezza, contrari
al diritto a non subire discriminazioni in base al proprio orientamento
sessuale e alla propria identità di genere, e contrari al diritto di
poter morire senza subire accanimento terapeutico.<br>
Le stesse idee misogine, omofobe e autoritarie espresse negli anni
passati da Giuliano Ferrara, dalle destre (e pseudosinistre) più o meno
organizzate in partiti, movimenti e associazioni, assieme a fanatici
religiosi di ogni credo e credenza. In difesa di una presunta “famiglia
naturale”. “Famiglia” significa “comunità umana” e, in quanto tale, non
può essere “naturale”, con lo stesso significato che diamo all’aggettivo
“naturale” quando lo usiamo per descrivere le piante; ormai non esiste
neanche più il “paesaggio naturale”, dato che anche ciò che appare come
frutto della natura è, in qualche modo, stato oggetto di modificazione
da parte dell’essere umano; anche un prato è un paesaggio antropizzato.
Il concetto stesso di paesaggio o di pianta è antropico, culturale. La
famiglia è, unicamente, culturale. Essa assume forme diverse a seconda
del momento storico, in base al quale può fondarsi su valori del tutto
estranei alla contemporaneità di chi scrive. Siamo ai fondamentali del
ragionamento attorno all’essere umano.</div>
<div style="text-align: justify;">
Purtroppo queste persone hanno già
segnato punti a loro favore nel momento in cui ci occupiamo delle loro
uscite populiste, della loro bassezza umana e pochezza culturale. In
più, spararla grossa per creare scompiglio, è una tecnica di
imbarbarimento del dibattito, in questi casi il dibattito non esiste
nemmeno, siamo ben oltre.<br>
<br>
</div><a href="http://natafemmina.blogspot.com/2014/04/storie-di-un-paese-violento.html#more">Continua a leggere...»</a>Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-5473840766305364482014-03-23T23:54:00.000+01:002014-07-10T23:56:45.715+02:00Intervista a Dolores Juliano di Itziar Abad<br>
<br>
<br>
Da <a href="http://intersezioni.noblogs.org/traduzioni/se-la-prostituzione-non-fosse-accompagnata-dal-rifiuto-sociale-potrebbe-risultare-allettante-per-molte-persone-2/" target="_blank">Intersezioni</a><br>
<br>
<a href="http://intersezioni.noblogs.org/traduzioni/se-la-prostituzione-non-fosse-accompagnata-dal-rifiuto-sociale-potrebbe-risultare-allettante-per-molte-persone-2/">Se la prostituzione non fosse accompagnata dal rifiuto sociale, potrebbe risultare allettante per molte persone</a><br>
<br>
<div style="text-align: justify;">
Intervista a Dolores Juliano di Itziar Abad. Traduzione di Serbilla Serpente revisione di feminoska, articolo originale <a href="http://www.pikaramagazine.com/2014/03/si-la-prostitucion-no-fuera-acompanada-del-rechazo-social-podria-resultar-atractiva-para-mas-personas/">qui</a>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Se la prostituzione non fosse accompagnata dal rifiuto sociale, potrebbe risultare allettante per molte persone</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>L’antropologa Dolores Juliano sostiene
che, siccome “il modello di sposa e madre devota è davvero poco
attraente, l’unico modo per ottenere che le donne vi si adeguino è
assicurarsi che l’altra possibilità sia peggiore”.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Dolores Juliano</b> (Necochea,
Argentina, 1932) ha studiato a fondo le strategie culturali e di
dominazione di genere contemporanee, così come i saperi e le pratiche
delle collettività oppresse che le fronteggiano. <i>El juego de las astucias. Mujer y construcción de mensajes sociales alternativos</i> (1992); <i>La prostitución: el espejo oscuro</i> (2002); o <i>Excluidas y marginales: una aproximación antropológica </i>(2004) ce
lo raccontano bene. Questa dottora in Antropologia e professora
dell’Università di Barcellona ha fatto parte, fino al suo
pensionamento, del progetto ‘<a href="http://www.pikaramagazine.com/2013/01/sumisas-o-sospechosas/" target="_blank">Mujeres bajo sospecha. Memoria y sexualidad (1930-1980)</a>’
condotto da Raquel Osborne. In esso, Juliano analizza i modelli di
sessualità vigenti durante il franchismo e come l’omosessualità
femminile fosse condannata al silenzio e all’invisibilizzazione.</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>I modelli di sessualità femminile sono
cambiati rispetto a quelli dell’epoca della dittatura, oppure è
cambiata la forma ma la sostanza è la stessa?</b></div>
<div style="text-align: justify;">
E’ cambiata la società. La chiesa
cattolica mantiene i modelli sessuali tradizionali. L’idea di peccato o
di devianza è molto presente in essa e nelle religioni monoteiste. Nel
protestantesimo ci sono modelli puritani assolutamente
fondamentalisti. Il dettato delle leggi religiose sembra ugualitario, ma
nella pratica non è mai stato così.</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Queste religioni sono più permissive con la sessualità maschile?</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Sì, e ciò ha a che vedere con i modelli
religiosi e l’organizzazione sociale. Le società patrilineari e
patrilocali sono molto restrittive rispetto alla sessualità femminile.</div>
<div style="text-align: justify;">
<span id="more-2433"></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Patrilineari e patrilocali?</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Intendo dire che l’eredità, i beni,
l’appartenenza al gruppo e il cognome si trasmettono per linea maschile e
la patrilocalità, per parte sua, significa che le nuove coppie si
stabiliscono, lavorano o convivono con il gruppo dell’uomo e non con
quello della donna. E’ il modello che si è imposto attraverso conquiste e
colonizzazioni. Lo status sessuale della donna è sempre sospetto, ed è
soggetto a controllo. Dalla sua fedeltà dipende, ad esempio, che il
titolo nobiliare venga trasmesso al figlio biologico del marito.
Attraverso la donna si trasmettono i mezzi e l’appartenenza,
ma resta sempre una straniera ambigua, una donna aliena che si è
introdotta nella famiglia dell’uomo. Esiste un doppio standard di
moralità.<br>
<br>
</div><a href="http://natafemmina.blogspot.com/2014/03/intervista-dolores-juliano-di-itziar.html#more">Continua a leggere...»</a>Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-77241558200683923512014-03-20T11:36:00.000+01:002014-03-20T11:36:16.183+01:00Partecipa al crowdfunding Pornoterrorista!Partecipa al crowdfunding pornoterrorista così da
finanziare il tour della performer Diana J. Torres in Italia, in
occasione dell’uscita del suo libro in italiano. Qui tutte le info: <a href="http://www.verkami.com/locale/it/projects/8362-pornoterrorismo-diana-j-torres-in-italia" rel="nofollow">http://www.verkami.com/locale/it/projects/8362-pornoterrorismo-diana-j-torres-in-italia</a>
<br>
<div style="text-align: justify;">
<br>L’intervista a Diana tradotta da <a href="http://intersezioni.noblogs.org/condivisioni/sesso-dellorrore-intervista-a-diana-pornoterrorista/" target="_blank">Intersezioni</a>:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br>Sesso dell’orrore – Intervista a Diana Pornoterrorista</div>
<div style="text-align: justify;">
<br>“Là fuori c’è una guerra”, dichiara il
manifesto Pornoterrorista sottoscritto da Diana J. Torres: una guerra
contro l’ordine sessuale e l’imposizione di genere, nella quale si vince
solamente combattendo il nemico con la stessa violenza. La performer
spagnola, oltre a dire questo e molto altro nel suo libro
Pornoterrorismo, ci mette il corpo, per chi desidera vederlo e anche per
chi non vuole.</div>
<div style="text-align: justify;">
di Laura Milano e Nico Hache, (traduzione di feminoska, revisione di Lafra e Serbilla. Articolo originale qui).</div>
<div style="text-align: justify;">
La donna nuda con il passamontagna in
testa e la granata-dildo in mano non esita ad affermare che “quando
dall’altra parte non hai nessuno con cui dialogare, ciò che resta è il
terrorismo. Il pornoterrorismo attacca la violenza contro ciò che è
fuori dalla norma. Cioè, mette in scena – come tutta la postpornografia –
sessualità sovversive. Questo è terrorista”. Lei è Diana
Pornoterrorista, un mostro sessuale meraviglioso e inquietante dalla
testa ai piedi (o, per meglio dire, dagli anfibi alla cresta). Il suo
lavoro come artista di performance iniziò dieci anni fa nella nativa
Madrid, con il gruppo di cabaret gore-porno-trash Shock Value e oggi è
uno dei punti di riferimento del postporno in Spagna. Attualmente
risiede nella città di Barcellona, da dove gestisce la sua centrale
operativa postporno e di attivismo queer con un collettivo di artisti
locali.</div>
<div style="text-align: justify;">
Diana è una guerriera esperta ai margini
del genere, una donna che ama pensarsi come costruita alla periferia di
quello che è il prototipo di donna (e anche di uomo). E’
un’esibizionista dichiarata, che sale sul palco per recitare le proprie
poesie al ritmo di orgasmi terrificanti. Un corpo e una voce determinata
a combattere per la liberazione dei corpi, la riappropriazione e il
riscatto dei loro desideri più profondi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<span id="more-19797"></span></div>
<div style="text-align: justify;">
Che ruolo ha il corpo nel pornoterrorismo?</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<a href="http://natafemmina.blogspot.com/2014/03/partecipa-al-crowdfunding.html#more">Continua a leggere...»</a>Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-85768408838332404722014-02-23T13:33:00.000+01:002014-02-23T18:08:03.844+01:00Costruendo un discorso antimaterno<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="wp-caption aligncenter" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; width: 705px;">
<img alt="" class=" " src="http://djd9pi028g05f.cloudfront.net/wp-content/uploads/2014/02/antimaternal-870x869.jpg" height="399" width="400"><br>
<div class="wp-caption-text">
Señora Milton</div>
</div>
<br>
<br>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 1em; line-height: 1.5em;">Da <a href="http://intersezioni.noblogs.org/post/2014/02/20/costruendo-un-discorso-antimaterno/" target="_blank">Intersezioni</a>.</span><b style="font-size: 1em; line-height: 1.5em;"><br>Il
femminismo tende a ignorare la natura compulsiva della maternità,
l’importanza del suo ruolo nella comprensione della discriminazione
strutturale e ideologica delle donne e a perpetuare il tabù verso
qualsiasi discorso contrario. </b><br>
<b style="font-size: 1em; line-height: 1.5em;"><br></b></div>
<div style="text-align: justify;">
L’altro giorno, nella penombra di una
riunione notturna, parlando di quelle cose che non si suole menzionare
alla luce del giorno, finimmo col parlare di maternità tra amiche, con
grande sincerità. E dopo le chiacchiere, fummo in molte a concordare che
al femminismo resta molto da dire sulla maternità, anche quando si
potrebbe pensare che in merito abbia già detto tutto; in fin dei conti,
la maternità è uno dei suoi temi da sempre. Possiamo constatare che, a
dispetto del fatto che la maternità è stata studiata, analizzata e messa
in questione, e che la rivendicazione dei diritti riproduttivi è una
costante all’interno del femminismo, non esiste all’interno di esso una
discorso chiaramente antimaterno.</div>
<div style="text-align: justify;">
Sebbene la maternità apparentemente
sembri essere molto cambiata, abbiamo il diritto di domandarci se questo
mutamento sia stato qualcosa di più di una semplice modernizzazione per
continuare ad essere, nel profondo, un discorso prescrittivo che
pretende di continuare a mantenere pienamente operativo il binomio
donna-madre, nonostante oggi si tratti di una donna moderna e anche di
una madre moderna. Il femminismo, a mio parere, tende a ignorare la
natura compulsiva della maternità e a sottovalutare il suo ruolo nella
comprensione della discriminazione strutturale e ideologica delle donne.
Il tabù che incombe su qualsiasi discorso antimaterno all’interno del
femminismo evidenzia il carattere conflittuale di una questione che non
riguarda solamente la configurazione dell’identità delle donne, ma il
mantenimento stesso dell’ordine sociale nel suo complesso.</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<a href="http://natafemmina.blogspot.com/2014/02/costruendo-un-discorso-antimaterno.html#more">Continua a leggere...»</a>Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-26805243618151493182014-01-23T21:08:00.001+01:002014-01-23T21:09:34.968+01:00La libertà di scelta riguarda tutt@<div style="text-align: justify;">
<span class="userContent">Dice Mark Ruffalo, più o meno: Non sono sicuro
di poterne parlare, perché riguarda le donne, ma dopo le cose che mi ha
raccontato mia madre, di quel periodo (quello prima della legge sul
diritto a un aborto sicuro), se ne parlo forse questo<span class="text_exposed_show">
spingerà altri uomini a farlo. Non possiamo tornare indietro di 30
anni, indietro sul diritto all'aborto. La libertà di scelta riguarda
tutt@.</span></span></div>
<div style="text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="//www.youtube.com/embed/Rcy2QmAsfbs" width="560"></iframe></div>
Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-2852179682923983412014-01-14T23:12:00.000+01:002014-02-23T18:14:09.973+01:00Hackeriamo i fondamentalisti misogini contro la maternità obbligatoria<span class="edit"></span>
<br />
<div class="entry-content">
<div class="wp-caption aligncenter" style="width: 579px;">
<img alt="" class=" " height="398" src="https://24.media.tumblr.com/5302e6344abce2173923897457525d67/tumblr_mzcupwYrh81sy1sslo1_1280.jpg" width="579" /><br />
<div class="wp-caption-text">
ph eldiario.es</div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
Da <a href="http://intersezioni.noblogs.org/post/2014/01/14/hackeriamo-i-fondamentalisti-misogini-contro-la-maternita-obbligatoria/" target="_blank">Intersezioni</a>.<br /> <br />
Ieri, attorno alle 19.30, un hacker parte del movimento <a href="http://www.ideal.es/granada/20140113/local/granada/anonymous-hackea-pagina-arzobispado-201401131219.html" target="_blank">#Anonymous,</a>
ha avuto l’idea di hackerare il sito dell’Arcivescovo di Granada,
inserendo nel sito il video dell’artista e attivista colombiana Nadia
Granados, in arte <a href="http://www.lafulminante.com/">La Fulminante Roja</a>, nella performance <i>Maternidad Obligatoria</i> [Maternità obbligatoria], accompagnandolo all’hashtag #NiDevotaNiSumisa.<br />
Nel video, realizzato nel 2011 e recentemente rimosso da youtube, La
Fulminante interpreta un monologo sulla libertà sessuale e di aborto,
giocando con un preservativo pieno di sperma.</div>
<div style="text-align: justify;">
L’azione di #Anonimous è una risposta
diretta alle posizioni antiabortiste e misogine dell’arcivescovo
Martínez, diventato famoso, in novembre, per aver promosso la
pubblicazione in Spagna del <a href="http://intersezioni.noblogs.org/post/2014/01/13/deconstructing-la-costanza-di-miriano/" target="_blank">libro di Costanza Miriano “Sposati e sii sottomessa” (in spagnolo “Casate y sé sumisa”</a>)
e noto per le sue dichiarazioni su aborto e stupro.
Secondo l’arcivescovo Martínez quando abortisci non puoi lamentarti se
qualcuno ti stupra: <a href="http://www.elmundo.es/andalucia/2014/01/13/52d3df5be2704e82578b4575.html" target="_blank">“no podían quejarse si abusaban de ellas”.</a>
L’azione è diretta anche al PP di Gallardón, il Partito Popolare
spagnolo che ha modificato la legge sull’aborto, rendendola molto più
restrittiva e riportando il paese alla condizione degli anni Settanta,
cancellando il diritto all’autodeterminazione delle donne. L’anonim@
hacker <a href="http://www.eldiario.es/andalucia/Anonymous-hackea-web-Arzobispado-Granada_0_217678323.html" target="_blank">mette in relazione le alte sfere del PP con la setta cattolica dell’ Opus Dei</a>.</div>
<a href="http://www.dailymotion.com/video/xl1bm0_maternidad-obligatoria_webcam" target="_blank">MATERNIDAD OBLIGATORIA</a> <i>di <a href="http://www.dailymotion.com/LaFulminanteRoja" target="_blank">LaFulminanteRoja</a></i><br />
<i><br /></i>
<i><br /></i>
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="270" src="http://www.dailymotion.com/embed/video/xl1bm0" width="480"></iframe><br />
<a href="http://www.dailymotion.com/video/xl1bm0_maternidad-obligatoria_webcam" target="_blank">MATERNIDAD OBLIGATORIA</a> <i>di <a href="http://www.dailymotion.com/LaFulminanteRoja" target="_blank">LaFulminanteRoja</a></i>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Maternità Obbligatoria di La Fulminante Roja, traduzione di Serbilla.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
La copula ci permette di trascendere i
limiti del nostro corpo fisico. Necessario incontro orgasmico e
libertario!! Fonte illimitata di forza emancipata!! Ci sono milioni di
ragioni per voler copulare, sono personali e intime e tanto diverse per
quante persone sono sulla terra. Di solito godiamo senza fine
riproduttivo, piacere fine a sé stesso.</div>
<div style="text-align: justify;">
Prendere una gravidanza accidentale e
trasformarla in maternità è un diritto e non un obbligo, come dovrebbe
esserlo interromperla nel caso in cui non la si possa accettare. Quando i
moralisti affermano che “La vita inizia con il concepimento” stanno
mettendo sullo stesso piano l’ovulo fecondato e una persona con diritti e
libertà. Agli spermatozoi con cinque ore di vita dentro questo
preservativo non è stato permesso di fecondare ma, se questo cappuccio
si fosse rotto, tutto questo seme sarebbe dentro il mio grembo fertile e
potrebbe essere un piccolo zigote “Figlio di Dio” e, nel caso volessi
tirarlo fuori dal mio corpo, si direbbe che questo è un delitto, perché è
mio obbligo trasformarlo in bambino.</div>
<div style="text-align: justify;">
La “voce” di questi anziani cattolici e
misogini, che mai correranno il rischio di restare incinti senza
desiderarlo, incide maggiormente sulle leggi della voce di milioni di
donne in età riproduttiva molte volte obbligate a procreare, soprattutto
le più povere, le più indifese. Perché, nonostante si dica che è
“illegale”, se una donna lo può pagare, può procurarsi un aborto, può
prendere del Cytotec. E se vuole abortire ma non ha soldi? Se non ha
nemmeno di che mangiare? Allora questa donna, che non ha alcuna garanzia
di vita degna, come la si può obbligare a essere madre? A essere madre?</div>
<div style="text-align: justify;">
La maternità non può essere considerata un dovere, è una decisione personale.<br />
Mai più crocifissi nei nostri uteri!!<br />
Vogliamo il diritto a decidere sul corso delle nostre vite!!</div>
</div>
Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3773177893500776865.post-13361439952339859892014-01-11T15:09:00.002+01:002014-01-11T15:10:59.399+01:00Nel COGNOME della MADRE e del PADRE<div style="text-align: justify;">
Nel COGNOME della MADRE e del PADRE - richiesta di emendamento necessario - NO alla casualità e NO alle DONNE SOTTO TUTELA
firma <a href="http://www.change.org/it/petizioni/nel-cognome-della-madre-e-del-padre-richiesta-di-emendamento-necessario-no-alla-casualit%C3%A0-e-no-alle-donne-sotto-tutela" target="_blank">qui</a>.<br />
<br />
Condivido la petizione promossa da Iole Natoli che richiede l'emendamento necessario e urgente al Ddl di modifica delle regole di attribuzione del cognome ai figli.
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
Il testo della petizione:
<br />
<br />
All’attenzione di firmatarie e firmatari di tutti i Ddl sul cognome della famiglia e dei figli
Nel COGNOME della MADRE e del PADRE - richiesta di emendamento necessario
NO alla casualità e NO alle DONNE SOTTO TUTELA
<br />
<br />
Con assoluta serietà d’intenti, chiediamo alle e ai firmatari di tutti i Ddl sul cognome della famiglia e dei figli, già esistenti in Parlamento e di cui si calendarizzerà la discussione, di includere nei loro progetti un emendamento che andiamo adesso a specificare.
Ci riferiamo alla necessaria modifica di una regola presente in diversi progetti e totalmente priva di credibilità logica e umana, che affida la priorità nella scelta del cognome o nella sequenza dei cognomi a ordini alfabetici e sorteggi, che allo stato attuale appaiono solo per quel che in sostanza sono: la continuazione nascosta della rimozione infinita del ruolo particolare della donna nella generazione dei figli. Questa rimozione volontaria, che ha condotto al sistema patriarcale della patronimia, è la radice del male sociale che induce altre discriminazioni più profonde, fondando occultamente il presunto diritto di sopraffazione dell’essere maschile sul femminile.
Noi riteniamo che una riforma debba fare qualcosa di più di garantire il legittimo desiderio di dare ai figli il proprio cognome solo alle donne più forti o fortunate (quelle cioè che hanno un cogenitore immune da vizi ideologici); riteniamo che debba contribuire a modificare un sistema sociale bacato e ciò può accadere solo col riconoscimento di una parità che non neghi la diversità, ovvero di una parità basata su un pari contributo in termini di impegno psicofisico e relazione tra genitori e figli.
La registrazione anagrafica di un figlio avviene in concomitanza con la nascita e poiché il cognome sancisce la relazione di appartenenza a un’area familiare e questa è inizialmente configurabile ESCLUSIVAMENTE mediante la relazione psicofisica col genitore gravido che partorisce, chiediamo che PER PROSSIMITÀ NEONATALE il cognome di quel genitore sia il primo dei cognomi del figlio, senza che tale posizione possa incidere sulla futura libertà del figlio di scegliere quale dei suoi cognomi attribuire alla propria discendenza.
Ci si dirà: ma quel genitore è sempre e soltanto la donna. Verissimo e ce ne dispiace. Ove pertanto si voglia evitare di sopraffare nuovamente benché tacitamente le donne e al tempo stesso scongiurare il rischio che i padri possano ritenere non equa per loro tale norma, dichiariamo che riterremo per parte nostra accettabile la regola dell’ordine alfabetico o del sorteggio, a condizione che tale sistema sia stato posto in essere anche prima ovvero nell’assegnazione di gravidanze e parti tra i due genitori, ricorrendo a tutte le procedure biologiche del caso.
Certe del favorevole accoglimento di quest’ultima richiesta, auguriamo alle e ai parlamentari interessati un sereno e proficuo lavoro.
<br />
Milano, 10 gennaio 2014 <br />
Iole Natoli
e coloro che appresso firmeranno
<br />
<br />
A:
Valeria Fedeli, Vicepresidente del Senato
Alessandra Mussolini, Senatrice
Riccardo Nencini, Senatore
Laura Garavini, Deputata
Fabrizia Giuliani, Deputata
Enrico Letta, Presidente del Consiglio
Michela Marzano, Deputata
Marisa Nicchi, Deputata
Pia Locatelli, Deputata
Barbara Pollastrini, Deputata
Donatella Ferranti, Deputata
Titti Di Salvo, Deputata
Maria Cecilia Guerra, Senatrice
Laura Puppato, Senatrice
Giuseppe Civati, Deputato
Anna Finocchiaro, Senatrice
Rosy Bindi, Deputata
Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputali
Pietro Grasso, Presidente del Senato
All’attenzione di firmatarie e firmatari di tutti i Ddl sul cognome della famiglia e dei figli
Nel COGNOME della MADRE e del PADRE
richiesta di emendamento necessario
NO alla casualità e NO alle DONNE SOTTO TUTELA
Con assoluta serietà d’intenti, chiediamo alle e ai firmatari di tutti i Ddl sul cognome della famiglia e dei figli, già esistenti in Parlamento e di cui si calendarizzerà la... </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Firma <a href="http://www.change.org/it/petizioni/nel-cognome-della-madre-e-del-padre-richiesta-di-emendamento-necessario-no-alla-casualit%C3%A0-e-no-alle-donne-sotto-tutela" target="_blank">qui</a> </div>
Serbillahttp://www.blogger.com/profile/15224381095272906353noreply@blogger.com0