Milano, al Niguarda assistenza negata a una donna durante un aborto terapeutico
La rivolta della Cgil contro l´ospedale e un anestesista Il primario: quel medico ha sbagliato
LAURA ASNAGHI
MILANO - Succede all´ospedale di Niguarda, uno dei colossi della sanità lombarda, dove Cl ha conquistato i vertici dell´ente. Un medico anestesista si è rifiutato di somministrare un antidolorifico a una giovane donna ricoverata per un aborto terapeutico. "Mi spiace, sono un obiettore di coscienza, non posso farlo" ha risposto alla donna, una giovane ucraina di 30 anni, in preda a dolori fortissimi, causati dai primi interventi per l´induzione dell´aborto terapeutico. L´antidolorifico in questione non era una semplice pillola che qualsiasi medico avrebbe potuto dare alla donna: si trattava di un forte anestetico, la somministrazione compete appunto a un anestesista.
"Questo è´ un fatto gravissimo" dice la Cgil di Milano che ha raccolto la denuncia presentata dal marito. L´uomo, un italiano che ha chiesto di mantenere l´anonimato, è rimasto molto scosso e amareggiato per quello che è successo a sua moglie l´8 luglio scorso, in ostetricia, al Niguarda. Il giorno dopo, mentre lei era ancora ricoverata, è andato al sindacato a denunciare il medico obiettore che "si è rifiutato di alleviare il dolore di mia moglie". Secondo la Cgil, il caso milanese si configura come "omissione di assistenza" e si sollecita l´ospedale ad aprire una inchiesta nei confronti del medico. «È assurdo parlare di scandalo, la Cgil esagera - replica Pasquale Cannatelli, il direttore generale del Niguarda, ciellino doc - adesso verificheremo come sono andate le cose». Ma in reparto Maurizio Bini, il primario, noto medico non obiettore, non ha problemi a dichiarare che secondo lui "il medico avrebbe dovuto assistere la donna". Ma non l´ha fatto e così Bini nei giorni scorsi ha riunito i suoi medici, 19 in tutto, di cui solo 5 praticano gli aborti (830 in un anno). «Ci siamo confrontati - dice - per capire se è possibile che un medico obiettore possa rifiutare un antidolorifico a una donna sottoposta ad aborto terapeutico alla 21esima settimana. Io sono dell´idea che non lo possa fare. Però, di fronte a pareri discordanti, abbiamo deciso di porre la questione al comitato etico dell´ospedale». Bini, comunque, non si è limitato ad aprire un dibattito. Quando ha saputo che la donna stava male e in corsia si era scatenata la bufera per l´obiezione fatta dal medico anestesista, al letto della paziente è arrivato lui. «Prima l´ho curata e poi mi sono scusato con lei - spiega - il marito era così infuriato che la voleva portare in un altro ospedale. Ma si è calmato quando ha visto che dopo un´iniezione di morfina sua moglie stava meglio. Certo, non era compito mio fare quella iniezione, ma i medici abortisti nel mio reparto sono così pochi che spesso mi capita di rimboccarmi le maniche e fare da solo»
La vicenda del Niguarda riapre lo scontro sull´aborto e, in particolare, sull´uso che i medici possono fare dell´obiezione di coscienza. Ma Fulvia Colombini che ha denunciato l´episodio milanese, insieme a Marzia Oggiano della Cgil Funzione pubblica, chiede "che l´Ordine dei medici si pronunci sul tema dell´obiezione di coscienza che non può essere invocata in questo caso, perché alleviare il dolore è un preciso dovere del medici". La Cgil chiama in causa anche la Regione: "Si definisca un codice etico di comportamento che tuteli i medici e le donne sul fronte della 194". E se la risposta sarà il silenzio, si minacciano proteste in piazza.
Fonte: repubblica.it
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