Il tassista: "Al bar di fianco un centinaio di clienti ha continuato a chiacchierare tranquillamente"
«IO UN EROE? Mo valà, ho preso un po' di pacche, ho salvato una ragazza da uno stupro, e ho solo fatto il mio dovere. Chiunque avrebbe fatto altrettanto. Oddio, magari tutti quanti proprio no. In piazza Malpighi, mentre lottavo con quel tipo, c'erano un'ottantina di persone davanti a un bar. S'è mossa solo una ragazza. Una punkabestia. Mi ha detto "Hai bisogno d'aiuto? Se vuoi gli aizzo contro il cane". Gli altri non hanno fatto niente».
Chissà, forse nessun altro s'è mosso solo perché Hendrick Atti, 28 anni, il tassista della Cat che ha salvato una giovane donna da uno stupro la notte scorsa, è un ragazzone grosso come un armadio. A Bologna lo conoscono tutti come "Ricky", il nomignolo col quale è noto dal '96 nel corpo delle Pattuglie Cittadine. Volontario. Uno che non dorme mai, insomma, e col pallino della sicurezza. Niente eccessi, però. Nessuna cultura ossessiva del corpo, palestra o arti marziali. «Solo tagliatelle e tortellini», scherza. Ma la sua è stata una notte difficile. «Poco dopo mezzanotte - racconta - ero in piazza Malpighi e stavo tornando verso la stazione. All'altezza del Sushi Bar, dove c'è una fermata del bus poco illuminata, ho visto una ragazza minuta che lottava con un uomo. Bruttissima scena. Lui le è saltato addosso, l'ha stretta al collo con un braccio, ho visto che avvicinava il suo viso a quello di lei, come se volesse baciarla. Ho accostato di botto. Lei piangeva, lui l'insultava. Diceva "stai tranquilla, voglio solo parlarti". Bel coraggio».
La portiera della Multipla che s'apriva è stata la salvezza per la donna, che s'è buttata a capofitto in macchina piangendo e tremando. «Ho chiuso subito le portiere - racconta Rikcy, evidentemente affetto dalla "sindrome del salvatore": fu sempre lui, anni fa, a trarre in salvo alcuni automobilisti rimasti intrappolati da un allagamento sull'asse attrezzato - e ho cercato di tranquillizzarla. L'uomo invece ha attraversato la piazza, ha raggiunto il portico di fronte e s'è incamminato verso via Sant'Isaia. Ho fatto un'inversione "a urlo", ho raggiunto il semaforo, ho fermato la macchina di traverso all'incrocio e l'ho guardato negli occhi. "Adesso tu te ne stai fermo qua - gli ho detto - perché ho chiamato la polizia". "Fatti i c... tuoi", ha risposto. Impaurito? Direi proprio di no, semmai era arrogante. Eppure doveva sentirsi in pericolo, visto quello che aveva fatto».
Prima di scendere dall'auto Ricky ha lanciato il telefonino alla ragazza seduta dietro, dicendole di chiamare il 113. A quel punto, il "contatto" col bruto. Le botte. «Si è scagliato contro di me colpendomi a calci e pugni, siamo caduti a terra, ma sono riuscito a immobilizzarlo. L'ho dovuto fare, per la mia incolumità e per quella della ragazza. Temevo che potesse farle ancora del male. E lì, mentre lottavo, è successa una roba assurda. Passa una donna e mi fa "Lascialo, lascialo stare". Insomma, il cattivo ero io. Quello menava, aveva cercato di violentare una ragazza, ma io sono passato per un picchiatore. Buffo, no?».
Ma non era una battuta. A due passi da lì, da due uomini avvinghiati che si pestano sull'asfalto, la solita folla ai tavolini del bar. Dehors, birra, chiacchiere e candele. «Saranno stati almeno 80 ragazzi - racconta il tassista - ma solo quella col cane, e poi un altro tizio, son venuti a chiedermi se avevo bisogno di aiuto. Per fortuna la polizia è arrivata in un attimo. Due volanti. Gli agenti sono scesi e hanno ammanettato l'indiano. Io? Dodici giorni di prognosi: ho lividi al petto, sulla pancia e le braccia graffiate. No, non voglio pensare a chi non mi ha aiutato. Preferisco ricordare la ragazza che mi ha abbracciato quando lui è stato portato via. Piangeva, tremava come una foglia, ma non la finiva più di ringraziarmi. "Se non c'eri tu finiva male - diceva - ce ne vorrebbe di più di gente come te".
Certo, mi ha fatto piacere». Non solo ringraziamenti, però. «Era sconvolta. Ha visto l'aggressore in manette e mi ha chiesto cosa sarebbe successo. "Ho paura che esca dal carcere e mi venga a cercare - diceva - io lavoro in centro, faccio la commessa. Ho il terrore di rivedermelo davanti un giorno o l'altro». Lunga notte in Questura, la denuncia, il pronto soccorso. Mica facile, la vita dei tassisti. «Mio padre, anche lui fa il tassista, due settimane fa è stato aggredito da due uomini che si erano fatti portare a porta Saffi ed erano scesi senza pagare la corsa. Ne ha afferrato uno, quello s'è rivoltato e l'ha preso a calci nella schiena. Sì, è cambiata, Bologna».
(14 giugno 2007)
Fonte: repubblica.it
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