sabato 31 luglio 2010

Festeggia a Venezia i 18 anni violentata in hotel dal cameriere

L'iraniano autore dello stupro di cui si da notizia bisogna rispedirlo nel suo paese, dove riceverà una condanna adeguata, gli stupratori italiani invece dove li mandiamo perchè ricevano una condanna adeguata?

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Una turista norvegese, rientrata dopo una festa per il compleanno, è stata raggiunta in camera nel cuore della notte e violentata da un cameriere del bed and breakfast in cui alloggiava. L'uomo, un iraniano di 31 anni, è stato arrestato
Aveva appena festeggiato a Venezia il suo diciottesimo compleanno la giovane turista norvegese violentata la notte tra giovedì e venerdì da un cameriere del bed & breakfast in cui alloggiava. L'uomo, un iraniano, K.S.M., 31 anni, regolare, è stato arrestato dalla polizia della questura lagunare.

La giovane, sotto choc, è stata ricoverata in ospedale. Era arrivata a Venezia con tre amici il 27 luglio scorso e giovedì sera tutti assieme erano andati a festeggiare i suoi 18 anni in un ristorante veneziano. Poi sono rientrati nel bed and breakfast "Absolute Venice", ognuno nella propria camera.

La ragazza, ha preso sonno subito. Alle 3,30, si è svegliata di soprassalto, trovandosi un uomo nel letto. Non ha potuto sottrarsi alla violenza. La giovane ha tentato invano di divincolarsi, chiedendo aiuto a squarciagola: l'appello è stato raccolto dai suoi amici che però non sono riusciti ad entrare nella camera della connazionale perchè l'iraniano, entrato usando un passpartout, aveva chiuso a chiave la porta.

La reazione decisa della vittima ha fatto infine fuggire il cameriere che, aperta la porta, ha travolto i soccorritori trovando riparo in una foresteria accanto. Sul posto sono arrivati agenti delle 'volanti' e della squadra mobile di Venezia che hanno bloccato il violentatore nel suo alloggio, in un edificio attiguo al b&b, portandolo in carcere a disposizione dell'autorità giudiziaria.

Il senatore Piergiorgio Stiffoni, Lega Nord, commentando la vicenda, ha chiesto alla magistratura veneziana "di adempiere in tutto e per tutto contro il cameriere iraniano". "La magistratura deve dare un segnale alla cittadinanza - ha aggiunto Stiffoni- e rispedire l'iraniano al suo paese dove sicuramente troverà la giusta pena per questi delitti".
(30 luglio 2010)

Fonte:nuovavenezia

giovedì 29 luglio 2010

La reazione mascolinista e la violenza contro le donne

L'articolo originale in francese ["La réaction masculiniste et les violences contre les femmes" del quale via avevamo parlato nel post sulla guerra alle madri (2°)] è leggibile qui: http://www.topicsandroses.com/spip.php?article465

Si tratta
di un documento prodotto da un collettivo canadese maschile contro il sessismo.

Ringraziamo Olympe per aver scovato questo ottimo materiale e per averlo tradotto in pochissimo tempo:

(nota: alcune parti molto specifiche sulla situazione canadese sono state tralasciate nella traduzione, gli/le interessate/i possono fare riferimento all'originale)


La reazione mascolinista e la violenza contro le donne

In questa conferenza, svoltasi davanti al Consiglio federale della Federazione interprofessionale della sanità del Quebec il 6 dicembre 2007, all’occasione della commemorazione del tristemente celebre “massacro del Politecnico” (compiuto da un pazzo assassino che voleva dimostrare il suo odio nei confronti del femminismo ammazzando quattordici donne), l’autore dimostra come il mascolinismo, il quale si fonda sul malessere identitario che sarebbe generato negli uomini dalle rivendicazioni di parità tra uomini e donne e dei diritti delle donne, sia un discorso di destra: un integralismo che bisogna analizzare politicamente e globalmente, e non come una resistenza psicologica e personale. Inoltre, in quest’occasione, l’autore analizza diverse manifestazioni della resistenza antifemminista nell’ambito della sanità.

Voglio innanzitutto ringraziarvi per l’immenso onore che fate a un semplice militante come me nell’invitarmi qui. La FIQ è un sindacato modello in Quebec per ciò che riguarda la sua pratica rispettosa dello spazio delle donne e allo stesso modo solidale circa le rivendicazioni pertinenti.

Quando gli antifemministi hanno cercato di far “cadere” il Consiglio dello statuto della donna, tre anni fa, l’Intersindacale delle donne lanciò una petizione, e noi, del Collettivo maschile contro il sessismo – con qualche alleato in Quebec –, una petizione per affermare che il movimento mascolinista non parlava in nome degli uomini, non in nostro nome. Siete stati più di quattrocento uomini della FIIQ a firmare questa petizione e ci tengo a ringraziarvi calorosamente per l’appoggio. Questo fece la differenza e forzò il governo Charest a fare un passo indietro, come fa sempre quando gli si tiene testa con abbastanza forza. Gli uomini della FIIQ hanno avuto l’intelligenza di fidarsi della leadership delle donne, come l’hanno fatto altri sindacati in altre centrali. Voi siete, a questo titolo, un modello per il sindacalismo quebecchese e una forza per bloccare la deriva verso la Destra.

Presentazione del collettivo maschile contro il sessismo

Noi abbiamo innanzitutto tentato di sensibilizzare altri uomini sul ruolo giocato dalla pornografia nelle dinamiche di stupro. Abbiamo incontrato uomini che sapevano molto bene quello che facevano, degli uomini che si organizzavano con altri uomini per una politica antifemminista portata avanti in nome della “condizione maschile” – non tutti gli uomini, assolutamente, ma abbastanza uomini da nuocere gravemente alla parità tra i sessi, soprattutto grazie all’aiuto dei mass media. Degli uomini organizzati in reti a scala internazionale, che lavorano allo scopo di invalidare e bloccare i progressi delle donne e, soprattutto, per proteggere i privilegi degli uomini i più egoisti e violenti, certamente i meno meritevoli. Questi uomini lavorano per rinforzare e accrescere alcuni privilegi maschili abusivi. Per esempio, reclamano l’immunità per la violenza maschile all’interno della famiglia, per i pedofili soprattutto, e il “diritto” di tagliare i viveri alle donne e ai bambini dopo un divorzio.

I loro gruppi reclutano adepti anche in prigione, e se ne vantano; noi l’abbiamo costatato assistendo – a rischio della nostra vita – alle loro riunioni, dove uomini si vantavano di aver stuprato la loro moglie perché affermavano di averne il diritto, nello spazio privato della loro dimora.

I media parlano poco di questa natura iperaggressiva del movimento. A credere ai messaggi che ci indirizza la televisione, questi uomini sarebbero semplicemente “destabilizzati”: vivrebbero un “malessere” e sarebbero spinti all’angoscia e al suicidio dalla richiesta di un po’ più di equità tra uomini e donne. A credergli – e voi riconoscerete certamente in questo lo stesso discorso dei tenori della Destra –, sarebbe arrivato il tempo di invertire il corso e di opporre al femminismo un valore che si pretende simmetrico, la “parola degli uomini”, il “mascolinismo”. Ma, strano paradosso: i mascolinisti, che pretendono di parlare nel nome di tutti gli uomini, rappresentano soprattutto dei criminali…! Ammettiamo che non si tratta certo del ritratto il più lusinghiero degli uomini… e, contrariamente a ciò che spesso si spaccia, a proposito delle femministe che odierebbero gli uomini, queste associazioni di stupratori e picchiatori non vengono certo dal femminismo, ma dai loro oppositori. Bizzarro…

Per coloro i quali, tra voi, che sono genitori o che hanno intenzione di diventarlo, cercano di agitarvi insinuando che i vostri figli lasceranno la scuola o, quanto meno, avranno performance basse; e questo a causa delle donne, dominanti nel mestiere dell’insegnamento, e favorite da questo clima femminile nello studio e nel rendimento scolastico.

Ma se sono le donne a ritrovarsi insegnanti alle primarie e alle secondarie – come d’altra parte negli impieghi che implicano le cure degli altri – non è forse perché questi posti sono ancora sottopagati e che gli uomini sono abituati ad interessarsene molto meno, a trascurare questi “lavori da donne”? Questa è un’altra buona ragione per lottare – come voi lo fate – per una reale uguaglianza salariale, piuttosto che lasciare che gli antifemministi tolgano degli impieghi a delle insegnanti qualificate e calorose – delle eroine della vita quotidiana, che si spendono tutti i giorni generosamente per evitare che ragazzini e ragazzine lascino la scuola – e pagare di più degli uomini con idee maschiliste per convincerli ad insegnare alle primarie e alle secondarie.

D’altra parte, mi sembra che i vostri posti di lavoro siano minacciati da un discorso reazionario simile, a proposito della rete di cura della salute mentale. I mascolinisti pretendono che gli uomini non riescono a trovare aiuto oggi, sotto il pretesto che un vero uomo sarebbe incapace di parlare dei propri problemi ad una semplice donna – una notizia certamente sorprendente per tutte le donne che aiutano, incoraggiano, sostengono i loro compagni o mariti da anni…

Comprendiamo come, sotto l’involucro umanista e liberale, il mascolinismo è effettivamente un integralismo – un fondamentalismo come quello denunciato a proposito dei gruppi religiosi che vogliono riservare a un sesso piuttosto che all’altro i rapporti professionali con i loro adepti. A credergli, solo un uomo potrebbe rispondere ai bisogni di un uomo. Questi uomini reclamano, in quanto gruppo di pressione, degli accomodamenti irragionevoli contrari alle libertà fondamentali delle lavoratrici. Risultato: alcuni e alcune tra di voi, che siete realmente qualificati, rischiate di perdere il vostro lavoro a profitto di presunti specialisti della “condizione maschile”, per i quali bisognerà liberare dei posti, i vostri, quelli che vi siete meritati con la vostra reale esperienza e le vostre lotte sindacali nella rete sanitaria.

Questo movimento funziona così come alibi della strategia della privatizzazione della sanità, poiché il travaglio di ascolto e sostegno, oggi svolto da donne impiegate, rischia di essere rinviato ai privati: questo si farà in cliniche private, dove il medico ritroverà la sua posizione tradizionale di re e maestro, allora che il suo personale si ritroverà con un salario minimo e nell’impossibilità di negoziare le sue condizioni di lavoro. Un sistema privato. Private di diritti, di denaro e, sempre più, private d’aiuto contro la violenza domestica, poiché – voi lo sapete meglio di me – la rete sanitaria è, per donne isolate e terrorizzate, uno sportello d’accesso necessario alle risorse che possono salvare loro la vita.

Se gli antifemministi devono oggi giocare la carta della psicologia, è perché altri ostacoli, più concreti, si sono posti: alcuni ambiti hanno finalmente ceduto di fronte alle lotte delle donne. Accesso al lavoro salariato, al voto, alla contraccezione, all’educazione superiore, alle professioni liberali, ad un reddito garantito (anche se relativo), alla giustizia e ad un riconoscimento professionale per il lavoro d’educazione e di cura.

L’antifemminismo inizia a quest’epoca, come movimento di reazione a questi avanzamenti. Una resistenza prima passiva – poi attiva e violenta come quella di cui commemoriamo oggi il ricordo, rilevando come siano 850 – 665 donne e 185 minori – e non solamente 14, i decessi che bisogna imputare alla violenza sessista a partire dal 6 dicembre 1989 [N.d.R., il Quebec è una provincia canadese francofona autonoma che conta meno di 8 milioni di abitanti].

Per comprendere e disinnescare questa resistenza, credo che sia utile evitare di vederla come unicamente psicologica o personale – messaggio martellato dai media ad ogni nuovo omicidio. Quello che vi sto proponendo, è che non sia veramente a causa dello stress o di qualsiasi altra incomprensione, o di una cattiva educazione – ancora colpa delle madri – ma di uomini che resistono e si sono organizzati politicamente.

Come i padroni nel mondo del lavoro, il ricorso alla violenza – qui compresa la violenza verbale del discorso antifemminista – si spiega molto meglio – il film Nel nome del padre lo dimostra chiaramente – attraverso la volontà di non voler dividere il potere e il denaro, di non lasciarsi imporre nulla, di non voler negoziare insieme e rispettosamente il lavoro domestico – compresi i rapporti sessuali -, ecco che gli uomini riconoscono loro stessi nei gruppi dove si riuniscono per opporsi aggressivamente ai diritti delle donne. A cominciare dal diritto agli alimenti per i bambini.

Questo si è dimostrato particolarmente evidente quando abbiamo assistito alle riunioni di gruppi come Fathers for justice o il Mouvement pour le respect et la dignité o L’Après-Rupture.

Queste organizzazioni reclutano i loro membri nelle prigioni, ma anche attraverso i media e gli organismi comunitari. Insieme, si scambiano avvocati, tattiche, appoggi, statistiche e pseudo teorie menzognere – come la “sindrome del falso ricordo” o la “sindrome d’alienazione genitoriale” – che servono loro a discreditare in tribunale e nei media coloro che denunciano incesti o, semplicemente, le madri che chiedono l’affido.

I leaders di questi gruppi preconizzano una politica d’intolleranza e di rifiuto per il congiunto aggressore da qualsiasi riconoscimento dei propri torti. Ossessionati da una guerra dei sessi – una nozione che hanno inventato loro ma che attribuiscono al femminismo – gli antifemministi cercano dei soldati da inviare al fronte. Arrivano fino ad inserire nei loro siti web delle immagini pornografiche di donne presentate come minacciose, che “utilizzano i loro corpi per controllarci”.

Questi discorsi deliranti sono dannosi, per gli uomini stessi. Ne abbiamo visti suicidarsi perché mal consigliati da avvocati improvvisati, nella più completa illegalità, per i quali nessun accomodamento è mai ragionevole, di fronte alla “nemica”… addirittura nemmeno firmare un riconoscimento delle botte inflitte alla moglie. Degli uomini sono stati così spinti al suicidio da attese chimeriche, dal sentimento irreale di essere dalla parte della ragione che è stato loro inculcato da microgruppi mascolinisti.

Ma gli antifemministi recuperano anche i suicidi maschili. Sfruttano grossolanamente la condizione di uomini marginalizzati – giovani gay con problemi, autoctoni, giocatori compulsivi, uomini sofferenti di malattie mentali o croniche, anziani – per reclamare ancora più privilegi per i maschi alfa dominanti: gli adulti etero non immigrati, il cui unico problema è una pensione alimentare che rifiutano di versare ai loro figli o dei diritti coniugali che rifiutano di condividere.

Uno dei problemi peggiori, è che anche se questi gruppi non riuniscono che una manciata di paranoici, sempre più giornalisti, giudici, politici li riconoscono: la cantilena sulla mancanza affettiva che propagano nei media fornisce un alibi comodo al sistema, che si dà da fare anche lui – più discretamente ma anche più efficacemente – a bloccare i progressi delle donne verso una maggiore giustizia.

In effetti gli antifemministi guidano e definiscono le politiche dei partiti conservatori e di destra. La nozione di una discriminazione che subirebbero gli uomini nel momento in cui si appoggia una donna – stuprata dal compagno, per esempio – viene ad aggiungersi al mito di una parità che è andata già troppo oltre, messaggio ripetuto senza sosta dai media per scoraggiare le donne e soprattutto le ragazze da ogni lotta per i loro diritti.

Possiamo anche domandarci come gli uomini ordinari “ricevano” la propaganda mascolinista, la quale tenta di convincerli che sono vittime dei privilegi accordati ingiustamente alle donne. Noi sappiamo, grazie al messaggio di odio che ha lasciato, che è proprio per l’aver sposato quest’ideologia che un antifemminista armato è andato all’università di Montreal e ha ucciso 14 donne, il 6 dicembre 1989.

In seguito, altri antifemministi hanno moltiplicato le minacce e le aggressioni, senza essere realmente sanzionati. Il massacro del politecnico potrebbe riprodursi domani. La femminista americana Andrea Dworkin pone la questione della responsabilità collettiva, di ciò che possiamo fare, in Controllo e violenza sessista, un libro appassionante che ho tradotto quest’estate e di cui vi ho portato una ventina di esemplari.

Si presenta spesso il maschilismo come una reazione giustificata al femminismo… lo sapete da dove nasce questa propaganda d’odio indirizzata agli uomini? La scrittrice americana Barbara Ehrenreich ha scoperto che è nelle riviste per soli uomini – Playboy, Penthouse e Hustler – che questo discorso emerse a partire dal 1957, quindi PRIMA del movimento femminista attuale. Ehrenreich scrive, in The Hearts of Men (1987) che, ogni mese, dei cronisti mascolinisti invitavano gli uomini a ritrovare la loro vita da “playboy”, a pagarsi una Mustang o una Porsche piuttosto che una familiare, e a pagarsi un buon avvocato per far saltare gli obblighi di mantenimento o per far saltare un’accusa d’incesto. Nel suo sostegno esplicito agli aggressori sessuali, il magazine Hustler di Larry Flint ha addirittura pubblicato una lista di indirizzi di tutti i rifugi antiviolenza degli Stati Uniti. Pensateci la prossima volta in cui vi si dirà che la pornografia è inoffensiva… […]

Ci sono uomini pronti a tener testa, insieme alle donne, all’antifemminismo? Sì, e ne avete dato la prova quando il vostro appoggio ha salvato il Consiglio dello statuto della donna qualche anno fa. […] Merci. Martin Dufresne.

Annessi. Qualche esempio nella rete sanitaria

Ecco qualche esempio di dossier dove possiamo osservare chiaramente gli effetti dell’antifemminismo nella rete sanitaria.

--->>>La lotta contro l‘accesso all’interruzione di gravidanza. 19 anni fa, un picchiatore di donne di Montreal, Jean-Guy tremblay, trascinò in giustizia Chantale Daigle per imporle di portare a termine la gravidanza quando lei aveva deciso di abortire. Quello che poche persone notarono all’epoca, è che le spese processuali furono pagate dalle lobby antiabortiste. I Chevalier de Colomb (gruppo antiabortista) aveva dodici anni prima finanziato un altro ricorso giudiziario – il tentativo di censura di una pièce teatrale femminista che fu ritirata dai cartelloni per due settimane nel 1977. Con questo voglio dire che la lobby antifemminista non si limita a qualche strampalato; è ben finanziata e non possiamo esimerci dal combatterla. Ancora oggi sei ospedali canadesi su sette rifiutano di offrire servizi di contraccezione e aborto. Un’inchiesta della Coalizione per il diritto all’aborto segnala che questi ospedali portano spesso le richiedenti su false piste, dandogli informazioni errate o mandandole da gruppi antiabortisti. Il diritto all’aborto quindi, in Canada, non è fruibile che in qualche ospedale e cliniche autonome, costantemente molestate da militanti antifemministi organizzati, e che queste trovano sempre più difficoltà a reclutare nuovi medici, poiché le procedure d’aborto sono boicottate dalla maggior parte delle nostre facoltà di medicina, nelle nostre università cattoliche.

--->>>Si continua a combattere la presenza delle donne nella medicina in nome dello stereotipo virile del medico. Qualche anno fa, il rettore della facoltà di Medicina dell’Università di Montreal, si lamentò pubblicamente del “numero troppo elevato” di studentesse selezionate. Sentiamo dire regolarmente che le donne sono dei medici meno buoni, tenuto conto delle loro responsabilità familiari. Un modo indiretto di riconoscere che i mariti sono ancora lontani dal fare la loro arte a casa, nonostante il mito della “parità spinta troppo oltre”. Si accusano addirittura di essere troppo sensibili ai bisogni dei loro pazienti […].

--->>>Una delle tattiche antifemministe, a destra come a sinistra d’altra parte, è quella di contestare alle donne il diritto di associazione, il diritto a spazi non misti, la possibilità di esprimersi, discutere, scambiare informazioni e prendere decisioni fuori dal controllo degli uomini. Questo è un problema che emerge, tra l’altro, quando una vittima di violenza coniugale arriva in sala d’urgenza con suo marito e che questo insiste per ascoltare tutto quello che lei dice o addirittura per parlare al suo posto. […].

--->>>A questo proposito, è significativo come tutto il discorso “sostegno ai padri e ai coniugi violenti” sia stato messo in piedi dai primi ideologi dell’antifemminismo in Quebec, raggruppati attorno alla rivista Hom-Info durante gli anni ’80. La loro lotta inizia, all’epoca contro ogni tipo di sanzione giuridica per i padri e i coniugi aggressori, e prosegue ancora oggi tra gli antifemministi. Questo si fa, tra le altre cose, appoggiandosi alle “false accuse”. I gruppuscoli mascolinisti e in particolare uno di loro, installato all’Istituto di Statistica del Quebec, diffondono nei tribunali delle statistiche erronee, dove si fanno passare tutti i dossier che si chiudono senza un condanna per un caso di accusa menzognera, un procedimento di rara grossolanità.

--->>>Queste tecniche, per discolpare gli aggressori sessuali, si mettono in atto anche attraverso delle cosiddette “terapie per coniugi violenti”, sostituitesi alla giustizia un po’ ovunque, improvvisate da mascolinisti in Nord America da 25 anni. Tuttavia, i numerosi studi obiettivi che sono seguiti dimostrano l’inefficacità di questi programmi, tra le altre cose, a causa dell’assenza di patologie comuni tra gli uomini che picchiano le mogli. La lista di donne e bambini uccisi dagli uomini in Quebec dimostra che gli aggressori continuano a beneficiare di un’enorme tolleranza, un lassismo assassino per le vittime. Questa tolleranza emerge dall’antifemminismo di certi “terapeuti” ben impiantati nella rete sanitaria. Conoscete senza dubbio, come me, delle storie orribili a questo proposito. È ora di farne altrettanti scandali.

--->>>L’immunità reclamata per le violenze contro le donne non si limita alla famiglia. In parlamento, alcuni libertari di tre partiti d’opposizione federale sparano a zero sulle femministe che resistono alle nuove libertà reclamate dall’industria del sesso per vendere agli uomini delle donne povere e vittime di razzismo, costrette alla prostituzione. Si reclamano infatti per questi clienti-re nientemeno che la legalizzazione dello sfruttamento della prostituzione e dei bordelli. A quando il lavoro forzato di escort o massaggiatrici per le donne ridotte alla disoccupazione a causa della privatizzazione? Quando far prostituire la gente cesserà di essere illegale, nulla farà più ostacolo. La domanda maschile è là.

--->>>Vediamo poi degli antifemministi lottare con le unghie e con i denti contro le proposte e le modeste leggi di parità salariale. André Gélinas, autore de L’equità salariale e altre derive e danni collaterali del femminismo in Quebec, fa parte del gruppo antifemminista l’Après-Rupture (il Dopo-Rottura). Questo gruppo, che si dice un “gruppo d’aiuto”, attacca continuamente i finanziamenti, già insufficienti, ai centri per le donne stuprate.

--->>>Incesto. Un antifemminista americano, Warren Farrel, ha proposto all’Associazione dei sessuologi americani di rimpiazzare la parola “incesto”, con l’espressione “family sex”, col pretesto che il 50% dei “partecipanti” ad un incesto avrebbero trovato l’esperienza piacevole. Qualche anno prima, nel 1977, aveva fatto delle dichiarazioni inquietanti sull’incesto (“genitally caressing children”) a un giornalista di Penthouse.

--->>>Farrel non riuscì ad imporre questo cambiamento di nome, ma altri mascolinisti più abili sono riusciti a togliersi dai piedi la giustizia in gran parte dei casi d’incesto: fanno finanziare dalla rete sanitaria, in nome del “Giaretto model”, dei programmi di riunificazione familiare forzata, sotto il pretesto che questo genere di aggressioni implica sempre almeno due persone e che bisogna insegnare a perdonarsi e a vivere insieme perché, dopo tutto, un padre è essenziale e conserva dei diritti anche dopo uno stupro di un bambino o l’omicidio di una madre. Altrimenti, arriva la minaccia dei traumi provocati al figlio dall’assenza paterna.

Annessi. Uno smantellamento progressivo delle misure accordate alle donne divorziate

In reazione alla riforma che ha innalzato le tabelle delle pensioni alimentari dieci anni fa, la lobby dei padri ha già ottenuto – con l’aiuto di alcune donne presentate come l’Associazione delle nuove mogli del Quebec – uno smantellamento progressivo delle misure accordate alle donne divorziate:

--->>>è stata soppressa ad ogni fine pratico la cessione di una pensione alimentare alla sposa (anche nel caso in cui un lungo matrimonio l’abbia allontanata dal lavoro professionale;

--->>>se la prendono oggi con le pensioni alimentari per i bambini sostituendole con l’affido condiviso (che resta spesso al livello di principio, essendo la madre spesso forzata a recuperare ai mancamenti del padre);

--->>>si accorda un carattere sempre più assoluto ai diritti d’accesso paterni ai bambini e soprattutto al controllo di ogni spostamento dell’ex moglie, e questo per qualsiasi padre lo reclami, anche se disinteressato nei confronti dei figli o violento. La violenza dell’ex coniuge è raramente presa sul serio, le segnalazioni di minacce di morte si urtano al sacrosanto “diritto del padre” – una politica che è già stata sancita da numerosi morti, tutte scusate d’ufficio dai media in nome dello “stress maschile”;

--->>>infine, sapendo che il governo non vuole sanzionare i padri, il movimento antifemminista tenta sempre più di sostituirsi all’autorità poliziesca e giudiziaria con dei “rifugi” per questi uomini stressati, dei luoghi che non offrono alcun tipo di sicurezza alle persone minacciate, ma evitano agli aggressori qualsiasi perdita di libertà o privilegi.



Fonte: femminismo a sud

lunedì 12 luglio 2010

Litiga con moglie e poi strangola figlio di 2 anni


Il piccolo di soli due anni 30 giugno, 22:15

(di Paolo Melchiorre)

UGENTO - Incomprensioni nella coppia, incomprensioni tra le loro famiglie. Tante, troppe, sino a diventare una sorta di 'mix' esplosivo per un giovane di 25 anni, laureatosi in Economia nel marzo scorso e con un lavoro ancora saltuario. Oggi un semplice battibecco al telefono, l'ennesimo, con la convivente, ha scatenato in lui la follia omicida. E' andato in camera da letto, ha strangolato con una corda il figlioletto di due anni, che forse dormiva, e poi lo ha sgozzato con un coltello da cucina. Prima di compiere quel gesto il giovane aveva scritto una lettera ricordando le continue incomprensioni famigliari. Difficile al momento dire se avesse premeditato tutto. Tragedia consumatasi nell'abitazione estiva dell'omicida, in via Monte Pollino a Torre San Giovanni, sul litorale di Ugento. E' stato lo stesso giovane a far scattare l'allarme.

Dopo aver strangolato e sgozzato il figlioletto, infatti, ha telefonato alla convivente, ventitreenne, che era al lavoro e con la quale poco prima aveva avuto, sempre al telefono, un battibecco. "Vieni, ho ucciso tuo figlio" ha detto, poi ha riposto la cornetta e ha tentato di togliersi la vita. Si è tagliato le vene con lo stesso coltello da cucina usato per il delitto, ha ingerito dell'acido, infine si è cosparso il corpo di liquido infiammabile con l'intenzione di darsi fuoco. Tra i primi a raggiungere l'abitazione, il padre della ragazza e nonno del piccoletto, militare della Guardia di finanza. L'uomo aveva ricevuto la telefonata della figlia, terrorizzata dall'idea che al piccolo fosse stato fatto del male. Ma quando sul posto sono giunti i carabinieri e i primi soccorritori, per il bimbo non c'era più nulla da fare.

Agli investigatori l'omicida inizialmente non avrebbe detto la verità, raccontando che il bimbo aveva avuto un malore. Ma è bastato poco per capire cosa realmente fosse accaduto. L'omicida è stato trasportato all'ospedale di Casarano (Lecce), ma in serata era previsto il trasferimento al 'Vito Fazzi' di Lecce per ulteriori accertamenti clinici. Non è in pericolo di vita; è in stato di arresto con l'accusa di omicidio volontario. Una imputazione che, sulla base delle indagini dei carabinieri della Compagnia di Casarano, potrebbe anche diventare più pesante se si dovessero trovare riscontri all'ipotesi della premeditazione. La piccola vittima, infatti, si trovava dai nonni materni, e il padre l'ha prelevato nella tarda mattinata dalla loro abitazione portandolo nella sua casa estiva ad Ugento. Un semplice gesto affettivo oppure nella mente del giovane era già programmato il folle gesto? E poi c'é la lettera trovata in casa dai carabinieri e scritta dall'omicida, nella quale si parla delle incomprensioni che accompagnavano da oltre due anni quella convivenza. Frasi che farebbero capire che il giovane non ce la faceva più a reggere quella situazione.

Il pm della Procura di Lecce Guglielmo Cataldi disporrà nelle prossime ore l'autopsia sul corpo del bimbo, innanzitutto per accertare se al momento del delitto il piccolo stesse o no dormendo. Un eventuale elemento investigativo in più; un elemento che potrebbe rendere ancora più crudele la ricostruzione di quei terribili secondi.
(paolo.melchiorre@ansa.it)

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2010/06/30/visualizza_new.html_1848347346.html

Follia?

Stuprava convivente con martello, arrestato

Manovale di 39 anni in manette ad Enna, con l'accusa di violenza sessuale, lesioni e maltrattamenti
30 giugno, 21:46

ENNA - Violentava la sua convivente con un martello e per pagare i debiti di gioco la costringeva anche a prostituirsi per poche decine di euro. Gli uomini della Squadra Mobile di Enna hanno arrestato un manovale di 39 anni, A. B., con l'accusa di violenza sessuale, lesioni e maltrattamenti. La sua convivente sarebbe stata sottoposta a continue aggressioni fisiche e verbali, minacce, sevizie e crudelta' di ogni genere. In particolare il manovale avrebbe violentato ripetutamente la giovane donna con i suoi attrezzi da lavoro, obbligandola a prostituirsi sotto la minaccia di farle togliere i figli. L'uomo, che ha il vizio dell'alcool e del gioco d'azzardo, avrebbe contattato alcuni anziani disposti ad elargire lauti compensi in cambio di rapporti sessuali con la sua convivente. Alla ennesima sfuriata, e davanti alla minaccia di essere sfregiata al volto con un taglierino, la vittima ha trovato il coraggio di fuggire e, dopo essere stata soccorsa dai medici dell'ospedale Umberto I, di denunciare il suo aguzzino. Gli investigatori hanno trovato numerose conferme al terribile racconto: oltre al contenuto di alcune intercettazioni telefoniche e' stato infatti riscontrato dalla scientifica il Dna della donna su un martello utilizzato per le violenze. L'attrezzo da lavoro, nascosto dall'uomo, e' stato trovato dalla Polizia durante una perquisizione.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2010/06/30/visualizza_new.html_1848308933.html

martedì 22 giugno 2010

Violenza sessuale, la vittima si costituisce parte civile

CATANZARO. Per sapere se i suoi presunti aguzzini saranno condannati o meno, potrebbe dover aspettare solo fino a oggi V. B. P., polacca di 30 anni, da tempo stabilitasi a Santa Maria di Catanzaro, costituitasi parte civile nel procedimento in cui figura come vittima di violenza sessuale. La donna, che con la sua denuncia ha fatto finire in cella Saverio Pungillo, macellaio catanzarese di 35 anni, accusato di stupro, ed ai domiciliari Cosimo Passalacqua, catanzarese di etnia rom, di 40 anni, coindagato nella stessa inchiesta con accuse più lievi, per il tramite del suo avvocato Gioconda Soluri ha voluto prendere parte ai giudizi abbreviati chiesti dai due imputati, che si stanno celebrando davanti al giudice dell’udienza preliminare Abigail Mellace. Quest’ultima ha affidato all’esperto di genetica forense dell’Ateneo Magra Graecia di Catanzaro l’incarico di rispondere ad un unico quesito, che possa fornirle una lettura super partes sulla possibilità o meno di considerare i fatti denunciati dalla vittima come uno stupro, considerate le opposte conclusioni cui sono fin qui giunti i consulenti del pubblico ministero Simona Rossi, e dei difensori degli imputati, gli avvocati Antonio Servino, Nicola Cantafora e Massimo Scuteri per Pungillo, ed Antonio Rania per Passalacqua. Oggi alle 12.30 il medico tornerà in aula, al quarto piano del palazzo di giustizia, dove si procederà con i riti alternativi (che in caso di condanna comportano lo sconto di pena di un terzo). Pungillo e Passalacqua sono finiti sotto inchiesta, e poi in manette in esecuzione di un provvedimento cautelare nel marzo 2009, a seguito della denuncia sporta ai carabinieri da V. B. P.. Secondo le accuse, la giovane donna, sola ed in cerca di una sistemazione, aveva chiesto aiuto a Pungillo che, a sua volta, le aveva trovato un appoggio presso Passalacqua. Da casa di quest’ultimo lei, stando alla sua denuncia, sarebbe andata via a causa delle pesanti avanches riservatele dall’uomo, quando moglie e figlia non c’erano. Recatasi da Pungillo per chiedergli nuovamente aiuto, la donna, per tutta risposta, sarebbe stata violentata dietro il bancone della macelleria di questi, la sera del 13 agosto 2008, dopo la chiusura del negozio.

http://www.giornaledicalabria.it/index.php?section=news&idNotizia=12306

giovedì 27 maggio 2010

Napoli: sospesa prenotazione Ivg al Vico Equense

"Nell’ospedale di Vico Equense viene, in questi giorni, sospesa la prenotazione degli interventi di IVG, a causa della mancanza del personale che effettua le anestesie.

Nel clima creato dalle “necessità” del rientro sul debito sanitario, incomprensibilmente, le regioni ancora temporeggiano sull’introduzione della pillola RU486, che costituisce un’occasione di alleggerimento delle strutture ospedaliere. Nel caso di Vico Equense, che per altro ha fatto la richiesta di poter offrire questa soluzione alle utenti, sarebbe un evidente contributo alla riduzione delle spese di anestesia.

La nostra domanda è principalmente al Ministero ed ai nuovi governi locali regionali, tra i quali molti, immediatamente dopo la chiusura delle urne, hanno impugnato come una bandiera la “questione” pillola, la cui commercializzazione era stata appena approvata.

La nostra domanda è: a quando le linee guida per la regolamentazione del farmaco già introdotto dall’AIFA?

Sul debito della Campania e sulla mancata corresponsione dei finanziamenti statali, di fronte al poderoso rientro già attuato, abbiamo le nostre convinzioni, ma gli effetti che vediamo non sono opinabili.

Di fronte ad una legge dello stato che va applicata, l’argomento del debito viene usato per scoraggiare l’accesso al diritto sancito da quella legge stessa .

I reparti di IVG sono vessati, non a caso, perché il disvalore e la colpevolizzazione “sociale” delle utenti viene indotto anche con l’argomento dei costi.

Ma se è questo il servizio che lo Stato vuol rendere alle cittadine, a fronte di un suo preciso obbligo, diciamo che c’è un mezzo per ridurre costi e al contempo rispondere all’art. 15 della legge 194 (che prevede l’aggiornamento delle tecniche, e la ricerca di mezzi sempre meno invasivi).

La legge Italiana sull’interruzione di gravidanza non prevede il ricorso al privato ed anzi lo punisce, la sua applicazione è una responsabilità precisa delle Istituzioni, eppure da più di vent’anni si fa ostruzionismo, si inducono difficoltà inventate, si discute di convinzioni morali già sconfitte da un referendum.

Tutto questo con un insopportabile intento, portato avanti con costi anche economici: trasformare una facoltà in una vergogna, riportare “le colpevoli” ad essere merce di un affare clandestino."

Comitato 194, Udi di Napoli
Napoli 25/05/10"

Fonte: femminismo a sud

sabato 22 maggio 2010

194


Nessun* può essere favorevole all'aborto in senso stretto, si è favorevoli alla libertà di scelta, ad una sessualità consapevole, ad una maternità consapevole e quindi all'autodeterminazione.

Per questo festeggio la legge 194 che, pur nei limiti del compromesso, ci salva la vita ogni giorno. L'unica via per un ulteriore abbattimento del ricorso all'aborto è la diffusione dei contraccettivi, un'educazione alla diversità e al rispetto.

Legge 194, donne in piazza per festeggiare 32 anni di lotta

Sabato prossimo appuntamento a piazza Trastevere per la libertà di scelta. Femministe e lesbiche insieme, per ricordare i diritti negati, al grido: "Benvenuta Ru486"
"A 32 anni dall'entrata in vigore della legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza difendiamo la nostra libertà di scelta". Così i collettivi di donne fanno sentire la loro voce, pronte a scendere di nuovo in piazza. L'appuntamento è per sabato 22 maggio a Trastevere, in piazza Trilussa, per una festa di compleanno da celebrare insieme. A darsi appuntamento sono i collettivi di donne, femministe e lesbiche, associazioni e donne singole che ricordano quanto ancora sia importante lottare per i diritti delle donne.

Sarà una festa - assicurano le organizzatrici dell'evento - ma anche un "momento di riflessione e di lotta contro i continui attacchi di chi vuole le donne precarie, disoccupate, imprigionate in casa e ridotte a meri contenitori di gravidanze". E concludono: "Nessun compromesso politico sul corpo delle donne".

L'iniziativa del 22 maggio lancia anche un altro messaggio: 'Benvenuta Ru486'. Le organizzatrici della manifestazione dicono basta a "chi afferma di difendere la vita e poi è pronto ai compromessi politici sui corpi delle donne; chi afferma di difendere la vita e poi la violenta nell'infanzia; chi afferma di difendere la vita e poi nega il diritto a lavoro, casa e asili nido; chi afferma di difendere la vita e poi la nega con la legge 40, quella sulla fecondazione assistita; chi afferma di difendere la vita e poi nega i diritti delle immigrate e degli immigrati e li rinchiude nei centri di detenzione; chi afferma di difendere la vita e poi promuove la guerra".

repubblica.it

Pillola del giorno dopo negata: "Incinta, chiedo i danni"

Parla la donna di Teramo che ha fatto causa all'Asl per una gravidanza non voluta dopo che tre medici hanno rifiutato di prescrivere il contraccettivo d'emergenza. "Amo mio figlio, ma mi batto per le donne che si vedono negare un diritto"
Di Cristina Bassi

Una sera di quattro anni fa Lucia (il nome è di fantasia) ha avuto un incidente di percorso, ha chiesto ai medici, ripetutamente, la pillola del giorno dopo ma loro si sono rifiutati di prescriverla. Ci sono buone probabilità che per questo motivo sia rimasta incinta di un bambino che oggi ha tre anni. La 38enne abruzzese, che fa l’operaia, ha quindi citato in giudizio l’Asl di Teramo, chiedendo un risarcimento di 500 mila euro. È un caso unico nel suo genere. Per lei e il suo avvocato, Felice Franchi, è stato negato un diritto, con danno morale, biologico, patrimoniale e sulla vita di relazione di una giovane donna che ha dovuto affrontare da sola la gravidanza e il parto e che ora sta crescendo suo figlio senza un compagno. Il padre del bambino non l’ha voluto riconoscere.

La pillola del giorno dopo è un contraccettivo d’emergenza, si usa cioè dopo il rapporto non protetto, nel dubbio di poter rimanere incinte. È efficace se presa entro 72 ore dal rapporto a rischio, tuttavia non dà una sicurezza al cento per cento. L’efficacia è più alta, più è tempestiva l’assunzione. In Italia la pillola del giorno dopo può essere venduta dietro prescrizione medica, per poter assumerla è quindi necessario rivolgersi a un consultorio, al proprio medico, a un ginecologo, al pronto soccorso o a un presidio di guardia medica. Il contraccettivo d’emergenza agisce bloccando l’ovulazione, prima che questa si realizzi, non è quindi un farmaco abortivo.

Non va confuso con la cosiddetta pillola abortiva, la Ru486, diversa per principio attivo, effetto, tempi e modi di somministrazione. Sulla possibilità degli operatori sanitari obiettori di coscienza di rifiutarsi di fornire la pillola del giorno dopo il dibattito è aperto. La legge sull’aborto non prevede questa eventualità, visto che il contraccettivo d’emergenza non è abortivo, ma l’ordine dei medici si è espresso a favore. Nel concreto succede spesso che medici, infermieri e farmacisti contrari all’aborto non diano la pillola del giorno dopo e che le donne facciano fatica a procurarsela.

Nel nostro Paese i ginecologi obiettori sono circa il 70 per cento del totale (il dato è del ministero della Salute ed è relativo al 2007. Nel 2005 i ginecologi obiettori erano il 58,7%). In tutte le regioni (tranne la Valle d’Aosta, dove la percentuale è del 16,7%) gli specialisti che non praticano aborti sono più della metà, in Lombardia sono il 65,6 per cento, molti di più in Lazio (85,6%), Molise (82,8%), Campania (83,9%), Basilicata (84,1%) e Sicilia (83,5%). Queste percentuali rendono in molti casi difficilmente applicabile la legge 194.

Lucia, come sono andate le cose la sera del concepimento?
Uscivo con un ragazzo, non era un vero fidanzamento. Mi stavo ancora riprendendo da una lunga relazione finita male e con quest’uomo non avevo una relazione stabile. Dopo una pausa di circa un mese ci siamo rivisti e durante un rapporto si è rotto il preservativo. Nel dubbio di rischiare una gravidanza non voluta, sono andata alla guardia medica e al pronto soccorso di due ospedali, nella mia città e nella città vicina, per avere la pillola del giorno dopo. Si è trattato sempre di strutture pubbliche, ma in tutti i casi il farmaco mi è stato negato.

Perché?
Nessuno dei tre medici che ho consultato mi ha detto espressamente di essere obiettore di coscienza, tutti però si sono tirati indietro. Ero in evidente difficoltà, ma pur avendo bisogno di aiuto qualcuno di loro mi ha trattata male e mi ha guardata come se invece di una donna consapevole fossi stata una ragazzina che non sapeva cosa stesse facendo. In un caso mi è stato detto che avevano finito i moduli per sollevare la struttura dalle responsabilità per gli effetti collaterali. Una dottoressa mi ha invece spiegato che per prescrivermi il farmaco doveva farmi una visita ginecologica. Io ho obiettato che non volevo farmi visitare da un ginecologo che non fosse il mio e lei ha risposto che allora non poteva fare nulla per me (per avere la pillola del giorno dopo non è obbligatorio sottoporsi a visita ginecologica, ndr). Alla fine ho trovato una ginecologa che mi ha dato la pillola, ma a quel punto era troppo tardi.

Ed è rimasta incinta.
Incinta e sola, perché il mio ex partner non voleva che tenessi il bambino. Ho rifiutato di abortire e lui non ha voluto riconoscere il figlio. Il bambino porta il mio cognome, anche se somiglia tutto al padre.

La controparte sostiene che ci sono dubbi sulla paternità e, quindi, sul legame di causa-effetto tra quella pillola negata e la gravidanza.
Sono sicura che il padre sia lui e che il concepimento sia avvenuto in quella occasione. Non uscivo con nessun altro in quel periodo. Non avrei alcun problema in caso di test del dna, a condizione però che quell’uomo non rivendichi in futuro la paternità. Non c’è più posto per lui nella nostra vita, io e mio figlio stiamo bene e ce la caviamo grazie alle nostre forze e al sostegno della mia famiglia.

Perché non ha abortito?
Sono contro l’aborto, non avrei mai potuto farlo. La pillola del giorno dopo è un contraccettivo d’emergenza, che si prende nel dubbio di poter rimanere incinte. Sono due cose molto diverse. Sono felice di non aver interrotto la gravidanza: il mio bambino è la gioia della mia vita.

Ma non ha paura che questa storia possa mettere in dubbio il suo amore per lui?
Nessun timore. Il punto non è che ho avuto un bambino, ma il fatto che mi è stato negato un diritto. Se non avessi voluto mio figlio, avrei potuto abortire. Siccome faccio un lavoro pesante, mi sono messa subito in maternità per non rischiare di perderlo. E l’ho amato dal primo momento. È venuto al mondo nonostante quello che è successo, vuol dire che il mio destino era di diventare mamma.

Perché ha deciso di fare causa all’Asl?
Per creare un precedente che garantisca qualche tutela in più alle donne, magari giovanissime, che si troveranno nella mia situazione. Capita troppo spesso che una ragazza, vedendosi rifiutare la pillola del giorno dopo o trovandosi davanti un medico che con un pretesto cerca di dissuaderla, debba poi affrontare il trauma dell’aborto. Il contraccettivo d’emergenza dovrebbe essere prescritto senza alcun problema, le strutture che si rifiutano di farlo violano la legge.

tg24.sky.it

martedì 11 maggio 2010

FINTI POLIZIOTTI RAPINAVANO E VIOLENTAVANO SQUILLO: 7 ARRESTI

Fingendosi poliziotti derubavano e rapinavano prostitute, talvolta violentandole. La presunta banda di criminali, di origine calabrese con base operativa a Rho (Milano), che agiva in Trentino Alto Adige, Lombardia, Emilia Romagna e Lazio, è stata individuata dalla Polizia che ha arrestato sette persone. Oltre 50 gli episodi contestati. Secondo quanto accertato dalla squadra mobile di Trento, i componenti della banda contattavano telefonicamente le prostitute presentandosi come clienti. Dopo aver preso l'appuntamento si presentavano a casa delle donne dicendo di essere poliziotti impegnati in un controllo. A questo punto entravano in azione effettuando furti e rapine e in alcuni casi abusavano sessualmente delle loro vittime. L'individuazione della banda è stata possibile grazie alla collaborazione di alcune prostitute di Trento. Dopo l'arresto in flagranza di reato di tre persone collegate alla banda, bloccati a Brescia dalla locale squadra mobile, quella di Trento ha concluso l'operazione, denominata 'Fake Cops', e ha arrestato gli altri quattro presunti componenti della banda colpiti da provvedimenti restrittivi emessi dalla Procura di Trento. Perquisizioni sono state eseguite in provincia di Milano e Brescia.
Fonte:leggo.it

UCCIDE PER GELOSIA MOGLIE 21ENNE E FUGGE CON FIGLIA

È stato arrestato a Gela dalla polizia Nicola Incorvaia, 25 anni, la guardia giurata che in nottata ha ucciso con alcuni colpi di pistola la moglie, Emanuela Vallecchi, di 21, per gelosia, fuggendo con la sua figlioletta di due anni. L'omicidio è avvenuto nell'abitazione della coppia in via Canaletto, nel quartiere Olivastro. Il metronotte ha sparato cinque colpi con la sua pistola d'ordinanza calibro 7,65; subito dopo ha lasciato l'arma sull'asse da stiro e si è allontanato con la bimba a bordo della sua Fiat Uno. L'uomo è stato intercettato dopo qualche ora da una pattuglia della polizia mentre vagava per le strade di Gela insieme con la figlioletta. La piccola è stata affidata ai nonni. Secondo le prime informazioni raccolte dagli investigatori tra i familiari, i due coniugi erano sul punto di separarsi.

Fonte:leggo.it

Gela, uccide la moglie per gelosia e fugge con la bimba di 2 anni Arrestato nella notte

Tragedia familiare: una guardia giurata ha fatto fuoco contro la donna, 21 anni, e poi ha preso la bimba: immediate le ricerche: arrestato per omicidio

Caltanissetta, 11 maggio 2010 - Tragedia familiare a Gela. Una guardia giurata di 25 anni, Nicola Incorvaia, ieri notte ha ucciso la moglie 21enne, Emanuela Vallecchi, 22 anni, nell’appartemento alla periferia di Gela,in via Canalotto, ed è fuggito con la figlia Giorgia, di 2 anni.

Secondo quando ricostruito dagli inquirenti la tragedia sarebbe stata originata da problemi familiari e di gelosia. I due sarebbero stati vicini alla separazione. Il metronotte, al culmine di una lite, ha preso la pistola d’ordinanza, una semiautomatica calibro 9, esplodendo contro la giovane cinque colpi.

Subito dopo è fuggito a bordo della propria auto, un’Alfa 147, con la figlioletta. Immediate le ricerche delle forze dell’ordine e poco dopo l’uomo è stato rintracciato dalla polizia in contrada Spinasanta e arrestato per omicidio volontario.



Nicola Incorvaia ed Emanuela Vallecchi stavano per separarsi. Questo il movente che avrebbe scatenato la furia della guardia giurata, la quale ha scaricato sulla giovane donna cinque colpi di pistola calibro 7.65, non lasciandole scampo. La gelosia e la fine del matrimonio, dunque, alla base del tragico delitto. L’uxoricidio si è verificato nella tarda serata di ieri nell’abitazione di via Canalotto, una traversa di via Butera, nei pressi di un supermercato alla periferia della città, nel quartiere Olivastro.

Prima l’ennesimo diverbio con la giovane moglie e poi Incorvaia ha perso completamente la testa. Ha estratto la sua pistola d’ordinanza e ha incominciato a sparare all’impazzata colpendo Emanuela in diverse parti del corpo.
Dopo, resosi conto di quanto fatto, ha telefonato al fratello: "Ho ucciso mia moglie", gli ha detto con la voce strozzata.


Poi, con la sua auto, si è dato alla fuga, abbandonando la pistola sul luogo del delitto e portando via con sè la figlioletta di appena due anni. Il fratello di Incorvaia si è quindi rivolto ad un agente di polizia, in quel momento fuori servizio. Il poliziotto ha rintracciato la guardia giurata e lo ha tranquillizzato dicendogli che la moglie ce l’avrebbe fatta e pregandolo di tornare indietro nei suoi passi. L’assassino avrebbe riferito al poliziotto che sarebbe voluto sparire per sempre, dicendo al tempo stesso, dopo una trattativa, dove si era nascosto.

Una volante lo ha quindi raggiunto, in contrada Spinasanta, a pochi chilometri dal centro abitato e lo ha arrestato. Ad interrogarlo per tutta la notte, alla presenza dei dirigenti del commissariato di Gela, è stato il sostituto procuratore Monia Di Marco. Nicola Incorvaia, fra le lacrime e sotto choc, ha ammesso di aver ammazzato la moglie, perchè non reggeva il dolore della separazione. L’uomo, arrestato per omicidio volontario, è stato rinchiuso nel carcere di Caltagirone.

agi
Fonte:quotidianonet

lunedì 10 maggio 2010

«Sarai mia o di nessuno»: le dà fuoco L'uomo aveva alle spalle 26 condanne

Ustionata anche l'amica. L'arrestato era stato già condannato due volte per violenza sessuale

TORINO (10 maggio) - «Se non sei mia non sarai di nessuno». Sono le parole urlate da un uomo ultracinquantenne alla ragazza di cui si era innamorato, non corrisposto, qualche attimo prima di cospargerla di benzina e darle fuoco.

Ora l'uomo è stato arrestato dai carabinieri dovrà rispondere di tentato omicidio. I fatti si erano svolti a Levone (Torino) lo scorso 25 aprile. Alcune settimane prima Cristina (il nome è di fantasia), 32 anni, lo aveva conosciuto tramite un amico comune in quanto cercava lavoro. Lui aveva raccontato di cercare un'addetta alle pulizie. All'incontro, però, aveva capito immediatamente le reali intenzioni dell'uomo, che aveva iniziato a palpeggiarla dicendole che quella del lavoro era soltanto una scusa. Da quel momento la ragazza era stata perseguitata per settimane ed era stata costretta a trasferirsi nell'abitazione in cui aveva invitato l'amica, 34 anni, e in cui si è svolta l'aggressione incendiaria.

Le ragazze hanno cercato di scappare ma sono state trattenute e scaraventate a terra. Tuttavia sono ugualmente riuscite a liberarsi, a spegnere le fiamme che avevano avvolto le loro gambe e a dare l'allarme. Le due ragazze ricoverate in ospedale hanno riportato ustioni di primo e secondo grado e hanno raccontato l'accaduto ai carabinieri della compagnia di Venaria Reale. Dopo alcune settimane di indagine, l'uomo è stato arrestato venerdì a Lanzo Torinese, mentre si accingeva a entrare in un bagno pubblico.

Già condannato per violenza sessuale. Ha alle spalle 26 condanne passate in giudicato, di cui due per violenza sessuale, Marco Langellotti, ufficialmente residente a Ciriè (Torino) ma in realtà senza fissa dimora, ha nel suo passato una lunghissima serie di reati che vanno dallo stupro alle rapine in villa, dallo spaccio alle lesioni.

Fonte:il messaggero

Forza Nuova e la Ru486. Durante la contestazione alcune grida: "Stupratele che tanto abortiscono"

Fuori dal teatro che ospitava il convegno forti momenti di tensione: scontri evitati grazie alle forze dell'ordine

Momenti di tensione, a Massa, al termine di un convegno sulla RU486, al quale ha partecipato Roberto Fiore, segretario nazionale di Forza Nuova.

Alla fine dell'incontro, fuori dal teatro, un gruppo di donne favorevoli all'aborto e che avevano contestato Fiore sono state apostrofate da alcuni giovani presenti all'iniziativa, che hanno gridato "Stupratele che tanto abortiscono".

A pochi metri di distanza dal teatro sede del convegno, si è svolto anche un sit-in di forze di centrosinistra e associazioni, per manifestare pacificamente la loro contrarietà all'incontro e alla presenza di Fiore.

Non ci sono stati scontri, anche grazie al copioso schieramento di forze dell'ordine.

Per evitare che un cameraman di una tv locale riprendesse la scena delle grida contro il gruppo di donne, altre persone hanno cercato di sottrargli la telecamera, minacciandolo di non rientrare in teatro. Fiore si era già allontanato.

gonews.it

giovedì 6 maggio 2010

Usa/ Ex star del football arrestato per stupro 15enne -rpt

Lawrence Taylor, ex Giants, arrestato questa mattina a New York


New York, 6 mag. (Apcom) - L'ex stella del football americano Lawrence Taylor è stato arrestato questa mattina in un hotel di Montebello, New York, con l'accusa di aver stuprato una quindicenne. La ragazzina è stata portata da un 'protettore' all'Holiday Inn Holidome Hotel dove si trovava l'ex linebacker dei New York Giants, secondo quanto scrive il Journal News citando fonti della polizia. La vittima, originaria del Bronx e scappata di casa oltre un mese fa, si trova ora ricoverata in ospedale.

Era scappata da marzo e c'è un 'protettore' coinvolto", ha detto l'agente Christopher Lawrence. "Ha ricevuto un pugno in faccia, ma non sappiamo chi sia stato". Oggi pomeriggio alle 15 (le 21 in Italia) la polizia terrà una conferenza stampa.

Il nome di Lawrence Taylor, 51 anni, appare nella Pro Football Hall of Fame dal 1999. E' considerato uno dei migliori difensori di tutti i tempi, ma i suoi 13 anni di carriera nei Giants sono stati spesso compromessi da problemi di droga e alcol. E' stato sospeso più volte dalla Nfl (National Football League) ed è stato arrestato in diverse occasioni per possesso di droga.

Negli ultimi anni Taylor era tornato alla ribalta come personaggio pubblico e aveva lavorato per l'emittente della Nfl. Aveva detto di essersi lasciato alle spalle i problemi di droga. Lo scorso novembre era stato accusato in Florida per non aver prestato soccorso durante un incidente. E' stato rilasciato con una cauzione di 500 dollari ma il caso è ancora aperto. Taylor vive a Pembroke Pines, in Florida, ma spesso si reca nella sua casa in New Jersey non lontana da New York.

Fonte:virgilio.it

Padova - Grave sopruso nei confronti di ragazze rom

Carabinieri denudano ragazze rom in mezzo alla gente
Venerdì pomeriggio 29 aprile è pervenuta alla redazione di Radio Sherwood una telefonata, da parte di una studentessa che ha voluto denunciare un abuso nei confronti di alcune ragazze rom a cui ha assistito di persona.

La ragazza ha raccontato quello a cui ha visto in stazione a Padova, assieme ad altre persone, tra cui una giornalista allontanata dai carabinieri.
I fatti, come raccontati alla radio, riguardano un fermo da parte dei carabinieri di alcuni rom sospettati di avere della cocaina. In particolare le ragazze fermate sarebbero state spogliate, denudate e “visitate” dalle mani dei militari per tutto il corpo...

A testimonianza delle sue parole, la studentessa ha spedito a Radio Sherwood delle foto, fatte con telefono cellulare, che alleghiamo sia alla notizia, sia alla testimonianza audio della studentessa.

UNA VISITA GINECOLOGICA IN STRADA FATTA DAI CARABINIERI


venerdì 29 aprile 2005

da http://www.meltingpot.org/articolo5294.html

Violenza sessuale: abusi su figliastra, arrestato

Dal 2006 costringeva la ragazza di 16 anni a rapporti
(ANSA) - NAPOLI, 6 MAG - Arrestato a Castellammare di Stabia (Napoli) un 58enne con l'accusa di violenza sessuale e maltrattamenti alla figliastra. L'uomo e' destinatario di una ordinanza di custodia cautelare in carcere. Le indagini sono state avviate in seguito alla segnalazione di alcuni compagni di scuola ai quali la ragazza si era confidata. Dal 2006 l'uomo violentava la figliastra 17enne, costringendola a rapporti sessuali nei momenti in cui la madre non era a casa.

domenica 2 maggio 2010

In due tentano violenza sessuale e in 15 accerchiano la polizia

Malavita notturna in via Marsala:botte e minacce a una ragazza di 20 anni e resistenza a pubblico ufficiale

ROMA - I palpeggiamenti si sono trasformati in calci e pugni per una ragazza di 20 anni, ecuadoriana, portata fuori dalla discoteca da due giovani che volevano abusare di lei. L'intervento della Polizia al momento del trambusto è stato inizialmente bloccato da un branco di 15 persone, che ha tentato di salvare i due violentatori. Infine le forze dell'ordine sono riuscite a salvare la ragazza dallo stupro e arrestare tre persone. L'accusa è di favoreggiamento, resistenza violenza e lesioni a pubblico ufficiale. Per i due responsabili della violenza alla ragazza e gli altri del branco sono in corso le indagini degli investigatori.

IL TENTATIVO DI STUPRO - Secondo la ricostruzione della Polizia, tutto è iniziato quando, nella discoteca, la giovane è stata avvicinata da due sudamericani, che prima l'hanno spinta in un angolo poi uno dei due ha estratto un coltello e l'ha minacciata di morte se non fosse uscita immediatamente dal locale per appartarsi con loro. La ragazza con una scusa ha tentato di uscire dalla discoteca ma i due giovani, dopo averla raggiunta all'esterno, hanno cominciato a palpeggiarla e, alla sua reazione, hanno cominciato a strapparle i vestiti e a colpirla con calci e pugni spingendola a terra.

L'INTERVENTO DELLA POLIZIA - All'arrivo del fidanzato della giovane, i due stranieri si sono allontanati strappandole anche un braccialetto in oro che aveva al polso destro. Pochi minuti dopo è arrivato l'equipaggio di una volante e gli agenti sono stati avvicinati da alcuni amici dei due giovani che hanno indicato il luogo dove si era diretto uno dei due aggressori. I poliziotti lo hanno inseguito e bloccato, ma improvvisamente sono stati accerchiati da un gruppo di quindici persone che li hanno aggrediti spingendoli a terra e consentendo all'uomo di fuggire. Gli agenti hanno immediatamente chiesto ausilio ad altri equipaggi e prima che il gruppo degli aggressori si disperdesse, sono riusciti a bloccare tre persone. Accompagnati in commissariato Viminale in tre sono stati arrestati per favoreggiamento resistenza violenza e lesioni a pubblico ufficiale, mentre proseguono le indagini degli investigatori per individuare i due aggressori e i partecipanti al gruppo intervenuti in loro difesa.

«GRAVE EPISODIO» - «A nome dell'Amministrazione comunale voglio esprimere la piena solidarietà alla ragazza e agli agenti di polizia aggrediti la scorsa notte a via Marsala. Si è trattato di un episodio grave che deve far riflettere». Lo afferma il delegato alla Sicurezza, Giorgio Ciardi.
Redazione online
02 maggio 2010

Fonte:corriere.it

sabato 1 maggio 2010

Mio zio | Carmen Consoli 1º maggio 2010

"L'abuso sui minori è un reato grave quanto un omicidio, bisogna abbattere questo muro di omertà e denunciare questo scempio, questo orrore, che si consuma in strade, case e chiese."





La canzone Mio zio di Carmen Consoli ha vinto il premio Amnesty International Sezione Italiana per i diritti umani.

Sostenere il progetto “Il Corpo delle Donne”

Il Corpo delle Donne è un documentario sull’uso del corpo delle donne nella tv italiana.

Il Corpo delle Donne ora è un libro, o meglio uno strumento, che innalza il nostro livello di consapevolezza. Contiene due interessanti capitoli su come guardare la tv con nuovi occhi. Offre spunti di resistenza pratica e di cambiamento.


Comperate se potete il libro: il ricavato, serve totalmente a sostenere il progetto. Che significa andare nelle scuole, continuare con il lavoro del blog, e altre iniziative che verranno.
Poche utili azioni possono fare la differenza dunque:

- acquistare il libro: online costa 10 euro
- regalarlo a un’amica/o
- mettere il banner sui vostri blog e linkarlo ai vostri amici: il Teorema della 94 puo’ diventare il motivo conduttore di una volontà di cambiare

Recensione di Loredana Lipperini su La Repubblica (anche qui)
Le donne del Mediterraneo di Lorella Zanardo.

La rassegna stampa de Il corpo delle donne

Visita il blog de Il corpo delle donne dal quale sono tratte queste informazioni.

Usa, aborto più difficile nella Bible Belt

di Elena Romanello

Malgrado la presenza alla Casa Bianca di un presidente democratico come Barack Obama, continua l'offensiva contro i diritti civili in alcune zone degli Stati Uniti, in particolare quelle appartenenti alla cosiddetta Bible Belt, zona di stati molto conservatori, i cui principi sono spesso ispirati ad un'etica e morale ispirata alle frange religiose più oltranziste.

Dopo aver attaccato a più riprese la riforma sanitaria di Obama ed aver manifestato a favore del porto libero di armi, in alcuni di questi Stati si stanno registrando prese di posizione autoritarie contro il diritto all'interruzione volontaria di gravidanza.

Il Nebraska, Stato centrale tra i più poveri, teatro l'anno scorso di numerosi attacchi alle cliniche che praticano aborti, ha messo come obbligatorio un esame invasivo da fare prima dell'intervento per capire i fattori di rischio della gestante e ha proibito le interruzioni di gravidanza oltre la ventesima settimana, usate spesso in caso di pericolo di vita per la madre e gravi malformazioni del feto. I movimenti pro choice hanno annunciato battaglia ma anche il vicino Kansas sembra intenzionato a seguirne l'esempio.

In Nebraska il governatore repubblicano Dave Heineman ha applaudito i nuovi provvedimenti, mentre in Oklahoma il governatore democratico Brad Henry non è riuscito a bloccare le modifiche restrittive alla legge sull'interruzione di gravidanza decise dal parlamento locale a maggioranza repubblicana. I medici potranno non rivelare ai futuri genitori le malformazioni del feto per motivi di coscienza senza essere perseguiti penalmente e le donne incinte in seguito a stupro e incesto dovranno essere sottoposte ad un'ecografia particolarmente invasiva per via vaginale per poter vedere chiaramente il feto.

Anche qui le associazioni per i diritti civili hanno promesso battaglia, ma ancora una volta viene chiaro come gli Stati Uniti, considerati al di fuori come una realtà omogenea, siano in realtà un insieme di stati molto diversi tra loro, dove i diritti umani e le libertà civili possono essere largamente presenti in un posto e messi pesantemente a rischio in un altro.

Fonte: nuovasocietà

SOCIETA'. Congo: in aumento lo stupro di gruppo

"Per questo mondo non esisto più"

Violenza sulle donne: Un'indagine commissionata da Oxfam rivela che nella Repubblica Democratica del Congo nel 60% dei casi si tratta di "stupro collettivo". Ecco alcune testimonianze:

* "Era una notte del 2007, io e la mia famiglia stavamo dormendo nella nostra casa. Ci fu un colpo da fuori; gli assalitori ordinarono a mio marito DI aprire la porta. Un gruppo di sei uomini in uniforme militare, quattro armati di fucili e due disarmati, è entrato in casa. Hanno cominciato a saccheggiare tutti i nostri oggetti di valore. Ci portarono fuori e ci costrinsero a seguirli nella foresta. Una volta arrivati nella foresta, hanno liberato mio marito ma hanno costretto me a continuare ad andare con loro all'interno della foresta. Il comandante aveva scelto me come sua moglie; mi ha tenuta nella foresta per sette mesi, violentandomi quando voleva. Convinto che io fossi incapace di scappare, mi ha permesso di vagare da sola e così sono riuscita a scappare ".

* "La mia famiglia ed io stavamo tutti dormendo quando sono arrivati i soldati. Hanno legato le mani di mio marito dietro la schiena e poi a turno mio hanno violentata. Poi hanno portato me e mio marito alla foresta. Quando mio marito ha tentato di opporre resistenza gli hanno sparato e l'hanno ucciso. Ho trascorso tre settimane nella foresta fino a quando una sera sono riuscita a scappare. Quando sono arrivata a casa, ho scoperto che il mio bambino era morto. "

* "Io e mio marito dormivano in casa. I bambini dormivano nella casa accanto. I soldati arrivarono ed hanno portato mia figlia a casa nostra, dove l'hanno violentata in presenza mia e di mio marito. Poi ordinarono a mio marito di stuprare mia figlia, ma egli si rifiutò e così lo uccisero. Poi andarono nella casa dove hanno trovato gli altri tre figli. Hanno ucciso tutt'e tre i miei ragazzi. Dopo averli uccisi, due soldati mi hanno violentata uno dopo l'altro ".

* "Li abbiamo trovati in casa nostra. Hanno saccheggiato tutto. Hanno messo mio marito sul letto e l'hanno picchiato. Poi, due dei soldati mi hanno violentata. E' una tragedia. Non riesco a credere che questo sia accaduto a me. Preferisco la morte invece della vita. Per questo mondo non esisto più".


Fonte:icn news

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