Nel video l'intervista a Cecilia Mangini che realizzò nel 1965 un documentario, della durata di 28 minuti, sulle donne al lavoro negli anni 60. Per vedere il documentario che "non piace ai pornovampirologi"basta andare su rassegna.it Il documentario si apre con le immagini patinate di donne in copertina, usate per vendere un'idea di benesse consumistico, poi si sposta sulle operaie, le impiegate e le braccianti agricole, sullo scollamento tra quella rappresentazione del femminile e la realtà delle italiane, un'analisi che, seppure con le dovute distanze storiche, in fatto di legislazioni, appare attualissima. Di seguito la trascrizione del testo narrato.
Ci guardano dalle riviste e dai manifesti ci invitano ad essere come loro, sempre più felici e fiduciosi nel rpesente e nell'avvenire. Sono leimmagine pilota del mito del benessere, dietro di esse la nostra società cerca di nascondere contraddizioni e violenze. Sono anche immagini premonitrici, segnali, avvisi. Chi può riconoscersi in queste immagini? non i sei milioni di donne che in Italia lavorano nella produzione, non i milioni di donne che restano a casa, legate alla fatica domestica, non queste ragazze di quattordici e quindici anni che lavorano in un pastificio pugliese.
"Ho quindici anni e non ti possodire il mio nome, lavoro in questo pastificio e prendo ottocentocinquanta lire al giorno. L'anno scorso prendevo cinquecento lire al giorno".
"Lavoriamo dieci ore di lavoro al giorno, c'è la caporale che ci grida sempre".
Milano tempi stretti per chi lavora alla catena di montaggio, vista, nervi, tensione continua.
"Qui alla catena per ogni cestello abbiamo un minuto di tempo, sul minuto faccio diciotto saldature, sono più di mille saldature all'ora, sono ottomila settecento saldature al giorno in otto ore. Ma quando arriva il tempista ci prende la paura che ci taglino ancora i tempi, o che ci vogliono licenziare. Siamo al limite, non c'è più margine, sono sempre gli stessi gesti calcolati aldecimo di secondo, dopo otto ore andiamo a casa rotte, le ossa non cel e sentiamo più e non ci rendiamo conto che crepiamo vent'anni prima".
Donne e uomini, operaie e operai, impiegati e impiegate donne presenti ogni mattina per la Montecatini, per la Fiat, per la Pirelli. Ogni giorno che si alza sui grattaceli come sulle case di contadini e braccianti del sud, inizia nel santo nome del monopolio, si avviano verso lunghe ore di zappa, la loro fatica sarà vanificata dall eleggi del profitto che i centri direzionali dei monopoli al nord impongono anche nel più lontano paese del meridione. Così braccianti e operaie anche per questa giornata riceveranno una paga ingiusta, come gli uomini, ma sulla donna ricade anche il peso di subordinazioni antiche addizionali.
"L'educazione sessuale delle donne, se permette, era la verginità più assoluta...e oggi se si leggono le riviste del sistema, quelle evolute, e dovrebbe essere una serie di orgasmi a non finire. E questo è falso. Noi non vogliamo costringere nessuno a scegliersi la sessualità, non è una cosa che si sceglie come un vestito".
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Ma come fanno a prepararsi a mirare al mio viso e alle mie mani, a lanciarmi delle pietre? Perché? Sono Sakineh Mohammadi-Ashtiani. Dite a tutto il mondo che ho paura di morire. Dalla prigione di Tabriz ringrazio quelli che pensano a me". Sono le ultime parole credibili con le quali la donna iraniana di 43 anni, madre di due figli, chiede aiuto. Condannata per adulterio e per complicità nell'omicidio del marito, dopo quelle frasi uscite tramite un'organizzazione umanitaria dal carcere, Sakineh è stata costretta a una finta confessione in tv e il suo avvocato, Mohammed Mostafei, è dovuto fuggire in Norvegia. Ma da quando Mostafei ha fatto conoscere al mondo la vicenda di Sakineh, si sono moltiplicati gli appelli e le richieste anche ufficiali al governo di Teheran perché la donna non venga uccisa. L'ultima iniziativa, che da oggi si può firmare su Repubblica. it, è una lettera di intellettuali francesi che chiedono a Teheran di "mettere fine a questo genere di metodi come a questo castigo iniquo e barbaro", invocando anche "il rispetto della dignità e della libertà di tutte le iraniane oppresse o minacciate". Fra i firmatari, il sociologo Edgar Morin, gli storici Elisabeth Roudinesco e Max Gallo, lo scrittore Marek Halter, i filosofi Daniel Schiffer e Michel Serres.A seguito della mobilitazione internazionale delle ultime settimane contro la sua esecuzione della, l'Ambasciata iraniana a Londra ha rilasciato una dichiarazione l'8 luglio 2010, affermando che la condanna di Sakineh Mohammadi Ashtiani non sarebbe stata eseguita tramite lapidazione. Tuttavia, la sua posizione legale non è chiara, dal momento che il suo avvocato non ha ricevuto alcuna comunicazione ufficiale sulla commutazione della sua condanna a morte. Durante il processo, Sakineh Mohammadi Ashtiani ha ritrattato una "confessione" rilasciata sotto minaccia durante l'interrogatorio e ha negato l'accusa di adulterio. Due dei cinque giudici hanno ritenuto la donna non colpevole, facendo presente che era già stata sottoposta a fustigazione e aggiungendo di non aver trovato le necessarie prove di adulterio a suo carico. Tuttavia, i restanti tre giudici, tra cui il presidente del tribunale, l'hanno ritenuta colpevole sulla base della "conoscenza del giudice", una disposizione della legge iraniana che consente ai giudici di esprimere il loro giudizio soggettivo e verosimilmente arbitrario di colpevolezza anche in assenza di prove certe e decisive. Giudicata colpevole dalla maggioranza dei cinque giudici, Sakineh Ashtiani Mohammadi è stata condannata alla lapidazione. >Come morirebbe Sakineh, condannata alla lapidazione, se la pressione dell' opinione pubblica internazionale non riuscisse a bloccare la manoai suoi carnefici (è attesa per oggi la sentenza sul riesame del caso)?Avvolta in un sudario bianco, verrebbe sepolta fino al petto e uccisa daparenti e astanti a colpi di pietre, le cui dimensioni dovrebberoessere tali da non consentirle una morte troppo rapida. Dimedia grandezza, le pietre dovrebbero garantire la durata media dell'esecuzione: circa trenta minuti. Che l'orrore senza pari suscitato daquesta esecuzione sia dovuto alla sua barbarie è ovvio: ma forse adaccrescerlo gioca anche un'altra considerazione, che come spesso accade èlegata alla storia. La lapidazione non è mai entrata a far parte dellanostra cultura giuridica. Nel mondo classico, nel quale affondano leradici del nostro diritto, «il chitone di pietre» (come lo chiamaEttore, nell'Iliade) era una forma di giustizia popolare al di fuori diogni controllo istituzionale, che non fu accolto nel «giardino deisupplizi» né greco né romano. La morte con la pietra era un'esplosionedi rabbia popolare, veniva inflitta da gruppi spontanei, senzaaccertamenti preliminari della colpevolezza. Non era un'istituzionegiuridica: a «fare giustizia» non erano dei terzi estranei. Lapartecipazione delle parti offese all'esecuzione era in insanabilecontrasto con l'esigenza dello Stato nascente di superare la fase dellavendetta e di entrare in quella del diritto. Anche per questo ilpensiero della lapidazione ci colpisce in modo particolare. Perché cirimanda a una preistoria del diritto che ci illudevamo di aver persempre superato. Secondo il comitato internazionale contro lalapidazione dal 1979 sono state effettuate 150 lapidazioni.
Questa è l'incredibile racconto di ciò che è accaduto e sta accadendo a Bruna.
-->>Vorrei raccontarvi una storia, e tramite voi avere l'opportunità di diffonderla ovunque. E' una storia che fa tristezza e rabbia: parla di violenza sulle donne, di abuso di potere, di poco rispetto per una minore, di un uomo che si nasconde dietro avvocati e carabinieri pur di far del male. Insomma una delle storie peggiori che si possano immaginare oggi, soprattutto se si pensa che tutto si svolge in un piccolo paese tra Lodi e Milano: San Colombano al Lambro.
-->>Tutto comincia nel 1994 quando Bruna da alla luce la piccola S, concepita assieme al convivente Roberto. Lui però non se la sente e più volte abbandona il suo ruolo di padre andando a vivere altrove o tradendo la compagna. Quando poi decide di fare il padre è ancora peggio: usa le mani, si impone severamente sulla bambina. Così un giorno Bruna, stufa di tutte queste angherie che lei e la figlia devono subire, chiede le chiavi di casa a Roberto per non farlo più tornare. Comincia così una lunga trafila di udienze al tribunale dei minori, dove la bambina viene affidata alla mamma prima con l'affido esclusivo, poi con il congiunto visto che purtroppo l'esclusivo oggigiorno deve essere applicato solo in casi estremi. Ma il significato di congiunto deve essere sfuggito a Roberto che si dimentica di pagare il mantenimento, si dimentica delle ricorrenze e del compleanno della piccola, e quando la incontra per strada non la saluta. Eppure avanza pretese su pretese, va a piangere dai maestri e dai professori dicendo che Bruna gli impedisce di vedere S, e ricompare a sorpresa nella vita delle due minando continuamente la loro serenità. Roberto inventa accuse che mettono la madre di S in condizione di dover dimostrare ripetutamente di non essere alcolizzata, di non drogarsi, di essere una buona mamma. Quando però lei piomba nell'agenzia immobiliare di lui per chiedere l'ennesima volta il mantenimento della figlia che era stato legalmente deciso dal giudice, lui si giustifica dicendo di essere nullatenente – possiede agenzie immobiliari e case, che sia un evasore fiscale? - e la denuncia per disturbo della quiete pubblica. Un giorno d'estate del 2006 poi, un malvivente a volto coperto entra dal balcone di casa e riempie di botte Bruna e sua mamma. 5 e 14 giorni di prognosi. Carabinieri e Scientifica non trovano nulla. Bruna pensa che gli occhi dell'aggressore siano quelli del vicino, con cui condivide il cortile e a cui sa di non essere simpatica. Quegli occhi le sono rimasti impressi. Poi un giorno Roberto le dice “la prossima volta non ti andrà così bene”. Sono solo frasi e sospetti. Non ci sono prove. E lei on può fare altro che tacere. Gli anni passano, Roberto continua a ignorare S, e Bruna rimane l'unica fonte di sostentamento della figlia assieme a sua mamma. La precarietà lavorativa e la mancanza di aiuto economico le impedisce di cambiare casa. Ma inizia a pensarci negli ultimi tempi, ora che sta per ottenere un posto fisso. A quel punto arrivo io, il suo nuovo compagno, e lei mi racconta tutto. Conosco S, una ragazzina di quasi 15 anni sveglia e intelligente, cresciuta con amore dalla madre, sola contro il mondo.
-->>Si vive però con una paura, nonostante tutto lentamente si stia aggiustando. Quella prossima volta, annunciata da quel poco raccomandabile personaggio che è Roberto, arriverà?
-->>Arriva. Una settimana prima di Pasqua, il 4 aprile 2009. Bruna è sola in casa: S è in centro a Milano con le amiche, io a casa mia con genitori e zii. Verso le 14.30 lei si accorge che la pentola in cui aveva messo l'acqua a bollire per la pasta era sporca e così apre la porta e butta il contenuto della pentola nel tombino del cortile. In quel momento passa il suo vicino di casa, Mario Luigi, da lei sospettato essere l'aggressore di tre anni prima. Luigi viene colpito probabilmente da qualche schizzo alla base del pantalone, e lui, persona ordinatissima e maniacale che mal sopporta la troppa libertà di vita della vicina, decide bene di entrarle in casa, approfittando che l'unica via di accesso, la porta, non era ancora stata chiusa col lucchetto. Le finestre dal 2006 hanno le inferriate, la porta ha un chiavistello, un lucchetto e un allarme. Ma quel sabato pomeriggio la porta non era stata ancora chiusa. Così Luigi entra in casa e riempie di botte Bruna.
-->>Lei tenta di difendersi e finalmente riesce a respingerlo fuori di casa. E chiude. Mi avvisa e io mi precipito da lei, nonostante le 2 ore di viaggio necessarie a raggiungerla. Nel frattempo lei è nel panico più totale: Luigi è rimasto di fronte alla sua porta, la aspetta al varco. Allora lei prende un coltello, esce, e si piazza sulla porta. Non fa altro. Rimane lì in posizione di difesa, pronta a colpire se minacciata ancora. Luigi da bravo vigliacco indietreggia e chiama i Carabinieri. Sì, sembra assurdo, ma di cose assurde di qui in poi ne succederanno. All'arrivo dei Carabinieri di San Colombano al Lambro, Bruna dice di essere stata aggredita. Luigi invece dice “no, è lei che mi ha aggredito”. Lei allora dice “guardate i miei segni, guardate cosa mi ha fatto”. I Carabinieri le si fanno incontro. Non la degnano di uno sguardo. La invitano a seguirli. Lì Bruna capisce: qualcosa non va. Vogliono portarla via, qualsiasi cosa sia successa. Così si rifugia in casa. Da dietro la finestra tenta di mediare, di far vedere ai Carabinieri e ai paramedici del 118, accorsi anche loro sul posto, gli ematomi. Sono anche io al telefono con lei in quei momenti e nessuno degna i suoi segni di uno sguardo. Continuano a ripeterle che si deve far controllare e che deve seguirli. Riesco a parlare con un Carabiniere e a strappargli la promessa di aspettare fino a che io, persona lucida, non fossi arrivato lì. Bruna si tranquillizza, esce di casa, si fa misurare la pressione. Al primo segno di debolezza 6 Carabinieri la prendono, la stendono sulla lettiga e la legano. Lei si oppone, ripete “la casa, il cane...”. Uno di loro allora le mette una mano sulla bocca, dicendole “ e chiudi sta bocca di merda”. Quando io arrivo nei pressi di San Colombano, oltre a non trovare i Carabinieri che avrebbero dovuto attendermi, lei mi fa sapere che l'hanno trasportata all'ospedale di Codogno. Le è stato ordinato un TSO. Un trattamento sanitario obbligatorio. Per 7 giorni dovrà rimanere chiusa contro la sua volontà nel reparto i psichiatria. In poche parole, Bruna viene creduta pazza!
-->>Contemporaneamente, con una velocità strabiliante, Roberto si presenta a casa della nonna di S con i Carabinieri per far valere il suo diritto - senza doveri - di padre, visto che la madre è stata ricoverata. Egli ha una carta del giudice che sancisce l'affido congiunto e che quindi decreta che la figlia vada con lui essendo l'unico genitore non impossibilitato a svolgere tale mansione. Certo non si capisce come faccia un nullatenente a garantire una vita serena alla figlia. E' molto strano inoltre che Roberto sapesse del ricovero di Bruna, non essendo un suo familiare ed essendo il TSO un atto privato. Il TSO viene ordinato dai medici del 118, dal sindaco, da un giudice e in seguito confermato da due medici all'interno dell'Ospedale di destinazione. Senza contare i Carabinieri che erano lì. Apparte queste persone, i medici e i familiari della paziente, nessuno potrebbe sapere di questo ricovero. Ha forse amici all'interno delle istituzioni? E in secondo luogo, di sabato pomeriggio sono riusciti a fare questa cosa nel giro di un'ora?
-->>S non ne vuol sapere minimamente di andare dal padre, piuttosto è disposta ad entrare in una casa famiglia. I Carabinieri insistono, dicono che se non viene lei POSSONO PORTARLA VIA CON LA FORZA. E intanto la nonna cerca di convincerli: che male c'è a lasciare la ragazzina a casa sua, che la conosce e la accudisce dalla sua nascita? S rimane lì e qualche sera va a dormire dai suoi amici. Come una ragazzina della sua età fa ogni fine settimana. In risposta a questo rifiuto i Carabinieri dichiarano S “SCOMPARSA”.
-->>Io arrivo in ospedale dove mi trovo di fronte ad una scena che non auguro a nessuno di vedere: la donna che ami è stesa su un letto a cui era stata legata, totalmente assente, con la faccia di chi ha perso tutte le speranze. La faccia di chi è stato picchiato, insultato da chi dovrebbe difenderci, legato e considerato pazzo. Il dottore che viene a parlarci quella sera alle 22.00 è la PRIMA PERSONA che referta i lividi. 24 ore dopo i medici sciolgono il TSO, rendendosi conto che non è un provvedimento adatto. Bruna rimane nel reparto psichiatrico da volontaria per dimostrare ulteriormente la sua buona fede.
-->>Esce mercoledì 8 aprile 2009, appena in tempo per le vacanze di Pasqua. Riabbraccia la figlia, i familiari, e la sua quotidianità, che però è lungi dall'essere tranquilla. Scopriamo infatti che il cane è stato accalappiato irregolarmente. I Carabinieri lo hanno preso e sbattuto in canile senza riferire il nome del proprietario, e ovviamente senza informare il proprietario del luogo in cui l'animale è stato portato. Loro dicono di averlo fatto per salvaguardarlo, visto che la signora era stata ricoverata. Non si spiega come non abbiano salvaguardato anche i 2 gatti però, di cui una cieca, che hanno fatto la fame chiusi in casa. La verità è che ai vicini di casa il cane non è mai piaciuto. Lui lo ha sempre allontanato in malo modo. E quando se lo sono tolto di mezzo hanno tirato a lucido il cortile. Come nuovo. Senza più quel cagnaccio. Siamo andati a riprenderlo al canile dopo che la nonna di S si è attaccata al telefono per scoprire dove fosse stato portato. 140 euro l'inutile spesa del canile, visto che il cane poteva essere preso in custodia da un conoscente, se informati come si deve dei fatti.
-->>Roberto intanto non si da pace. Chiama a scuola di S e dice che Bruna è pazza. I Carabinieri hanno coinvolto il tribunale dei minori, perchè anche secondo loro BRUNA E' PAZZA. Sul verbale di quel giorno infatti, le forze dell'ordine dicono di non aver trovato alcun segno sul corpo della donna. E non si capisce COME MAI LA SIGNORA SI SIA CHIUSA IN CASA DOPO L'AGGRESSIONE. Peccato che però i segni siano stati refertati all'ospedale dal medico e fotografati.
-->>Noi stiamo cercando un avvocato con gratuito patrocinio per portare avanti la faccenda. Anche per fare tutte le denunce del caso: quella ai Carabinieri, a chi ha ordinato il TSO, a Roberto che sapeva del TSO senza averne alcun diritto e si è presentato a ritirare S come se fosse un pacco postale in compagnia dei suoi amici tossicodipendenti. Se qualcuno volesse darci una mano gliene saremo grati. Io intanto ho faxato ai Carabinieri la mia versione dei fatti in quanto testimone telefonico dell'aggressione e del disservizio attuato dal 118. E' passata una settimana e nessuno mi ha contattato.
-->>Anche il solo diffondere questa storia al di fuori dai confini di San Colombano sarà utile per noi, per non sentirci soli contro un'ingiustizia che arriva da chi la giustizia dovrebbe farla rispettare. Io penso che le cose qui in Italia, quando c'è del marcio, si risolvono in due modi. Il primo è morire. Bruna sarebbe dovuta morire e allora sarebbe successo come ad Erba, con tanto di Vespa che si domanda come è potuto succedere. Ma siccome non ci tengo a perdere la donna che amo, scelgo il secondo: sputtanare. Quando la gente sa e parla è già una piccola vittoria per non far cadere la verità in un silenzio che sa di mafia.
-->>Amo Bruna. Voglio un bene dell'anima a S. E ciò che sta capitando è ignobile. Voglio giustizia, e che tutti sappiano come lavorano i Carabinieri del loro paese, o che il loro vicino di casa che magari ritrovano a messa picchia le donne sole in casa, o ancora che l'agente immobiliare che gli ha venduto la casa è un tossicodipendente che non mantiene la figlia e molto probabilmente evade il fisco.
Nilde Iotti fu eletta Presidente della Camera dei deputati per tre volte consecutive dal 1979 al 1992, nella sua vita politica, completamente orientata all'antifascismo, iniziata nella Resistenza come Partigiana, mettendo a rischio la vita per per gli altri, svolse mansioni di prestigio oltre che di responsabilità, probabilmente è la donna politica italiana che maggiormente si è avvicinata alla presidenza della repubblica. Non ebbe mai necessità di ingraziarsi nessuno, di fare moine, o sputare veleno sulle colleghe, perchè la sua intelligenza e l'onestà intellettuale le garantirono la stima e il rispetto di tutti. Nella vita privata ebbe una lunga relazione con Palmiro Togliatti, relazione terminata con la morte di lui nel 1964, quindici anni prima di ricoprire l'incarico di Presidente della Camera dei deputati.
Nilde Iotti per tutte le donne e tutti gli uomini italiani resta un esempio di impegno politico e sociale, un impegno che non ha trovato eredi.
La mia famiglia è una serie di monologhi che Paola Cortellesi scrisse e interpretò durante lo spettacolo televisivo "Non perdiamoci di vista", anch'esso scritto e condotto dalla stessa Cortellesi, e trasmesso in prima serata su rai2 nel 2008.
Ogni puntata ruotava attorno ad un tema centrale, tema dell'ultima puntata furono le Donne.
Questa che segue è la trascrizione del monologo di Paola Cortellesi che ha come protagonista Colacci Luciana, una giovane donna alle prese con la violenza sociale dell'Italia contemporanea.
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La mia famiglia siamo uno, mi chiamo Colacci Luciana, sto per venire al mondo, e non vedo l’ora, perché nella pancia si sta veramente strettissimi. Mamma nonostante sia incinta di nove mesi, lavora a servizio da una signora, papà lavora per un traslochi, si chiama Mario e si lamenta sempre che non c’ha una lira dice sempre: se andassi a rubare, sì che sarei ricco! La differenza tra mamma e papà è che mamma lavora e si sta zitta, e papà invece lavora e si lamenta. Appena nascerò però m’ha promesso che mi fasci adentro la bandiara della Lazio, sai che risate!
La mia famiglia siamo cinque, io sto alle elementari e i miei hanno fatto altri due figli a raffica dopo di me, alla seconda femminuccia mio padre ha rosicato, e s’è calmato soltanto quando è arrivato il maschietto, papà ci tiene al cognome, e nel nostro paese lo puoi mantenere solo se sei maschio. A casa c’è tanto rumore, la televisione, il traffico della tangenziale, i mie fratelli che stanno sempre a piangere, papà che russa. Io vorrei un po’ di silenzio, secondo me quando si fa troppo rumore le persone non riescono apensare e, così, ci si confone.
La mia famiglia siamo trenta, con i miei compagni di classe stiamo sempre insieme per strada, noi ragazze sognamo l’amore romantico sotto la luna piena, i ragazzi invece disegnano enormi peni, come si dice? Enormi peni, sul muro, di tutte le forme, certe volte pure con le variazioni sofisticate, io veramente non la capisco st’ossessione che c’hanno i maschi. L’anno prossimo vorrei tanto fare la scuola alberghiera, però non ce l’ho vicino casa, dietro casa c’è ragioneria, allora mio padre mi ha detto che devo fare ragioneria così vado a scuola a piedi e risparmiamo 36.000 lire al mese della tessera dell’autobus.
La mia famiglia siamo quattro, mi sono presa il diploma e ho cominciato a lavorare, prima a nero, e poi sono entrata nel delirio di sti contratti a termine e ho cominciato a capire come funzionano le cose, e ho capito che io un posto fisso non lo avrei avuto mai, vivo ancora a casa con i miei, ma a venticinque anni mi sento stanca come se ne avessi cinquanta, però sto lì e sto zitta. Quando è morto mio padre non è che c’aveva la pensione o l’assicurazione perché lavorava a nero come tutti quelli del quartiere nostro, c’ha lasciato quattro soldi e una 127 verde che quando arrivavo sotto casa tutti quanti strillavano : “Eccola là è arrivata Luciana col testaverde! Mia madre c’ha settantanni e sta ancora a sevizio, che ora la chiamano collaboratrice domestica, ma per tutti rimane sempre una sguattera. E, siccome che nella vita uno parla sempre del lavoro che fa, gli avvocati parlano dei processi, i medici delle malattie, mia madre parla solo di stracci e di sapone, forse è per questo che sono venuta su una ragazzetta pulita!
La mia famiglia siamo due, mi hanno fatto un contratto a termine in un’azienda, ogni sei mesi me lo rinnovano, oramai è un bel po’ che lavoro, ho conosciuto Stefano, ci siamo innamorati, ci siamo pure sposati, lui fa il muratore, mi rispetta e ci vogliamo proprio bene, viviamo in un monolocale in affitto fuori Roma a Guidonia, a 350 euro al mese, che poi è la metà di quello che guadagno. Le vacanze le facciamo a fine settembre perché costa di meno, l’altranno in calabria nella pensione ci stavamo solo noi due e una vecchia su una sedia a rotelle trascinata da una moldava scoglionata, pure il cinema all’aperto aveva chiuso. Quando non pioveva andavamo al mare alla spiaggia libera, un giorno siamo andati persiono a visitare Potenza, gli unici turisti nella storia di quella città! La gente ci guardava strano, dicevano: boh gli si sarà fermata la macchina proprio qua. E invece dei monumenti ci indicavano direttamente i meccanici, però io e Stefano ci ridevamo sopra, capito, stavamo noi due e stavamo bene. Settimana dopo tornavamo al lavoro, guardavamo le foto con gli amci, raccontavamo la vacanza, a noi ci stava bene pure così, perché un lavoro ce l’avevamo ancora, ripetitivo faticoso, mal retribuito, però almeno ci faceva sopravvivere, era una vita di merda sia ben chiaro, però era quello che ci era capitato, e a noi ci stava bene pure così.
La mia famiglia siamo due e mezzo, un bel giorno ho compiuto trentatrè anni e mi sono detta: ma mica devo morire sulla croce come Cristo, io ho ancora tutta la vita davanti, in azienda mi hanno pure promesso che se lavoro tanto, non baccaglio sullo stipendio da fame, non pretendo i buoni pasto e mi fermo quel paio d’ore in più al giorno senza che mi paghino lo straordinario, dice che sicuramente mi rinnovano il contratto e pare che l’anno dopo mi assumano in pianta stabile. E io faccio tutto, faccio tutto, faccio tutto mi sacrifico, mi spacco la schiena per settecento euro al mese, e in più sorrido sempre che manco mi era stato rischiesto, però faccio un errore solo, uno solo, in un momento di grande gioia e di allegria, decido di mettere al mondo una creatura, con Stefano c’avevamo tanta voglia, e invece di riceve una pacca sulla spalla, mi vengono a dire che non mi rinnovano il contratto, che l’azienda deve risparmiare, che mi ringrazia per il lavoro svolto ma non hanno più bisogno di me, e me lo dicono che sto al settimo mese di gravidanza, con mio marito che sta a lavorare in Germania, e mia madre che non gliela fa più manco a tenersi dritta con la schiena. E che dite? Ma come vado avanti io secondo voi? Che faccio mi vendo la 127?
La mia famiglia siamo tre milioni settecento cinquantasettemila, io faccio parte di quel 12% del paese che sta sotto la soglia di povertà, io non chiedo niente di speciale, io voglio solo essere ascoltata, io rivoglio la vita mia, rivoglio lo stipendio basso mio, voglio essere premiata perché metto al mondo una creatura. Una donna se rimane incinta e non ha il contratto protetto rimane sull’astrico, io non lo voglio il macchinone, i capelli me li tingo da sola, ma ridatemi lo stipendio mio! Io non sono pazza, io sono soltanto stanca!
Il piccolo mario è nato, pesava nemmanco due kili, però non ha versato nemmeno una lacrima, ci ha guardato dritto negli occhi, sembrava un piccolo guerriero silenzioso. Nostro signore ha detto che gli ultimi saranno i primi, non ha detto di preciso quando.
Quasi 200 ragazzine e donne violentate in quattro giorni, spesso di fronte ai loro mariti e ai loro figli, brutalizzate da gruppi di miliziani che dello stupro continuano a fare un’arma di guerra.
E’ accaduto ancora una volta nell’est del Congo (Rdc, ex Zaire) e la denuncia delle atrocità è arrivata con quasi un mese di ritardo, ad opera dell’Ente delle Nazioni Unite per il Coordinamento delle Questioni Umanitarie. Le atrocità sono state compiute nella città di Luvungi, provincia del Nord Kivu, presa d’assalto e strappata ai governativi il 30 luglio dai ribelli hutu ruandesi e dai miliziani Mai Mai. L’orrore è durato quattro giorni, la città è stata saccheggiata, molte abitazioni e villaggi dei dintorni sono stati dati alle fiamme.
”Le organizzazioni internazionali dei medici hanno riferito stupri sistematici della popolazione indifesa per quattro giorni consecutivi a Luvungi e nelle zone limitrofe”, ha riferito l’organismo dell’Onu, aggiungendo che tutti i casi di violenza sessuale sono stati compiuti contro donne e che in totale ”quelli denunciati sono stati 179”. Ma potrebbero essere molti di più. In Congo, dopo la guerra civile che tra il 1998 e il 2003 ha ucciso quasi 5 milioni e mezzo di persone, la regione del Nord e Sud Kivu non è mai tornata pienamente sotto il controllo di Kinshasa e la popolazione è rimasta alla mercè di bande armate e mercenari.
Repubblica — 20 agosto 2010 pagina 119 sezione: ROMA
HA EVITATO lo stupro consegnando 150 euro all' uomo che voleva abusare di lei. Un baratto che ha permesso a una donna di 44 anni, romena, di salvarsi dalla violenza ma che comunque ha portato all' arresto di un connazionale, rintracciato dal reparto volanti della questura. Scenario della storia una baracca nella boscaglia lungo via Cristoforo Colombo, dove la vittima vive ormai da mesi. Intorno alla mezzanotte di ieri 5 romeni armati di coltello hanno fatto irruzione nella sua dimora di fortuna. IL GRUPPO l' ha prima picchiata e poi uno di loro, puntandole un coltello alla gola, ha iniziato a palpeggiarla. «Ti offro tutto quello che ho, ma non farmi questo», ha implorato la donna, terrorizzata. E da sotto il materasso ha tirato fuori tre banconote da 50 euro. L' aggressore, inaspettatamente, ha accettato la somma e, insieme agli altri quattro, ha lasciato la baracca. La vittima ha quindi dato l' allarme al 113 e fornito agli uomini diretti dal vice questore Raffaele Clemente una descrizione dettagliata del ragazzo. L' intera area è stata pattugliata e dopo poco è stato rintracciato il romeno di 22 anni, in compagnia di altri due amici, in un' altra baracca della pineta. Era nascosto sotto una coperta con un coltello in mano quando i poliziotti sono entrati. E sperava di riuscire a scappare. Invece è stato disarmato e bloccato. Una volta ammanettato è stato portato in questura dove la vittima lo ha riconosciuto, così come ha riconosciuto il coltello a serramanico usato durante la violenza. Per lui si sono spalancate le porte del carcere di Rebibbia e dovrà rispondere di violenza sessuale e rapina aggravata. Gli investigatori del reparto volanti sono ora a caccia degli altri quattro complici. - FEDERICA ANGELI
Repubblica — 21 agosto 2010 pagina 6 sezione: MILANO
PRIMA gli ha disarticolato il polso, torcendogli il braccio. Poi lo ha disarmato del coltello, è scappata e ha dato l' allarme. Un' infermiera filippina di 61 anni, cintura nera di judo, si è salvata così, giovedì sera alle 23.30, da un tentativo di stupro da parte di un vicino di casa cingalese, di 41 anni, completamente ubriaco, sul pianerottolo di uno stabile in via Ippodromo. L' uomo ha tentato di trascinare nel suo appartamento la donna che stava rincasando, minacciandola con un coltellino. Pronta la reazione della vittima, che poi ha dato l' allarme ai carabinieri del Radiomobile che hanno arrestato l' aggressore, trovato in mutande nella sua abitazione. Per lui l' accusa è violenza sessuale.
Repubblica — 20 agosto 2010 pagina 9 sezione: ROMA
E' STATO archiviato, per mancanza di querela di parte, il fascicolo relativo alla violenza sessuale subita da una ragazza romana di 24 anni durante una festa di capodanno nel castello Costaguti di Roccalvecce, una frazione di Viterbo.
Alla luce del sole faceva il vigile e l’assessore alla Sicurezza. Ma dietro le quinte gestiva un sito di annunci per escort e girava su una Porsche Cayenne fiammante. Alessandro Costa, 38 anni, di Barbarano Vicentino, accusato di favoreggiamento della prostituzione, ha presentato le dimissioni al sindaco Roberto Boaria di Enrico Ferro
BARBARANO VICENTINO. Le tre vite dell'uomo che non ti aspetti. Il modesto vigile che ogni giorno raggiunge il posto di lavoro con un vecchio fuori strada, l'ambizioso assessore alla Sicurezza che ostenta la sua appartenenza alla Lega Nord e l'uomo d'affari che gestisce un sito di annunci per escort e prostitute e gira in Porsche Cayenne. In un colpo solo le tre vite di Alessandro Costa, 38 anni, residente a Barbarano Vicentino, si sono sgretolate sotto il peso di un'indagine per favoreggiamento della prostituzione. Dopo quello che hanno scoperto i carabinieri dell'aliquota operativa di Padova, coordinati dal tenente Luca Bordin, Costa ha dato le dimissioni. Le ha presentate al sindaco di Barbarano, Roberto Boaria, che le ha accettate.
Il primo cittadino ha assunto temporaneamente le deleghe assegnate a Costa, in attesa delle decisioni che saranno assunte nel consiglio comunale convocato per il 3 settembre. Ora Costa è un ex a tutti gli effetti: ex assessore, ex vigile sospeso da servizio, ex uomo d'affari visto che la sua attività è stata smantellata e ora anche ex leghista cacciato dal partito.
L'INDAGINE. L'indagine «Escort Ungheria» era iniziata un anno fa da un'attività informativa a Padova. Da lì è scattata la caccia ai gestori dei siti www.bestannunci.us e www.bestannunci.in. L'altro ieri, all'alba, la svolta: i militari hanno compiuto una serie di perquisizioni a carico di Costa e di uno dei suoi due collaboratori. I militari si sono spinti sull'Altopiano di Asiago, dove il vigile-assessore si trovava provvisoriamente in servizio distaccato. Le perquisizioni sono state eseguite nei locali del comando di polizia locale di Gallio, nell'abitazione che lo ospita a Cesuna e nella sua casa a Barbarano. I carabinieri hanno sequestrato due computer e alcune chiavi usb, in cui sono stati trovati archivi con nomi e foto osé delle prostitute, i contatti telefonici e gli scadenziari dei pagamenti. Nel portafogli gli sono state trovate anche carte magnetiche, tra cui un Postapay collegato ad un conto dove, secondo i carabinieri, confluivano i proventi dell'attività.
I SITI WEB. Secondo quanto ricostruito Costa sarebbe il gestore dei siti internet con sede legale in Ungheria, di qui il nome dell'operazione. Le denominazioni richiamano il sito www.bestannunci.com (che non ha nulla a che fare) già chiuso dall'autorità giudiziaria nel 2009. Costa ne avrebbe approfittato per inserirsi nel proficuo mercato degli annunci hot, proponendo canoni più bassi. Era riuscito ad accalappiare prostitute e trans stranieri di Padova e Vicenza.
IL GIRO D'AFFARI. I militari ritengono che inizialmente procacciasse le clienti in prima persona. Le contattava, da altri siti o direttamente, e siglava di suo pugno i contratti: 150 euro al mese, un prezzo vantaggioso rispetto alla concorrenza, moltiplicato per centina di clienti tra Veneto, Friuli ed Emilia. (19 agosto 2010)
È stato condannato a 15 anni di carcere dal tribunale di Cartagena, in Colombia, l'italiano Paolo Pravisani, per atti sessuali con un 14enne, istigamento alla prostituzione minorile e pedopornografia. Pravisani, condannato anche ad una multa di 56 milioni di pesos (circa 28.000 dollari) e all'espulsione dal Paese al termine della pena, deve affrontare ancora un altro processo in corso per la morte nel suo appartamento a Cartagena di un altro bambino di 15 anni, Yesid Torres Tovar. Pravisani, 72 anni, ingegnere aeronautico ed ex pilota acrobatico di Udine, era stato arrestato dalle autorità colombiane nel marzo del 2009.
La tragedia e' avvenuta ad Ardea, sul litorale romano
(ANSA) - ROMA, 20 AGO - Un sessantenne ha ucciso la moglie con un'arma da fuoco e poi si e' sparato. L'omicidio-suicidio e' avvenuto ad Ardea sul litorale romano. L'uomo, originario della provincia di Ancona, e' morto pochi minuti dopo che erano intervenuti i carabinieri della stazione di Ardea e della compagnia di Anzio. La donna era romana. aveva 47 anni. Il fatto e' avvenuto al culmine di una lite. I due, secondo le prime informazioni, erano in procinto di separarsi. L'uomo deteneva regolarmente varie armi.
Pluripregiudicato di 46 anni arrestato ieri sera a Milano con l'accusa di violenza sessuale
MILANO - Dopo essersi dichiarato sieropositivo, ha costretto lei, sua ospite, a un rapporto senza preservativo, perche' - come le ha detto picchiandola - vuole infettare tutte le donne. Per questo un pluripregiudicato di 46 anni, Roberto C., e' stato arrestato ieri sera a Milano dalla polizia con l'accusa di violenza sessuale.
La sua vittima e' una donna belga di 32 anni che, dopo un periodo trascorso nel dormitorio di Viale Ortles, si era spostata nell' appartamento dell'uomo, in via Cirie', su consiglio di amici.
Nelle due settimane trascorse insieme, come la donna non ha nascosto alla polizia, i due avevano avuto rapporti sessuali, ma sempre protetti. Nella mattinata di ieri, invece, l'uomo ha costretto la sua ospite a un rapporto senza preservativo.
Quando in serata ha cercato di ripetere la violenza, lei si e' ribellata ed e' stata picchiata. A quel punto ha chiamato la polizia ed e' scesa in strada ad aspettare l'arrivo dei soccorsi. Al suo fianco, l'aggressore semi-svestito.
La donna e' stata accompagnata al Pronto Soccorso dell'ospedale Niguarda e al Centro Antiviolenze, che hanno riscontrato la presenza di contusioni sul suo corpo. Lui, invece, e' stato arrestato per violenza sessuale. Da quanto si e' appreso dalla Polizia, la donna circa sette anni fa avrebbe gia' denunciato una violenza sessuale avvenuta nei dintorni della Stazione Centrale.
Ospita l' amica a casa e la violenta Sono sieropositivo, ti contagerò
Repubblica — 21 agosto 2010 pagina 6 sezione: MILANO MENTRE la violentava, le urlava di essere sieropositivoe che voleva contagiarla. Completamente ubriaco, ha costretto la donna, una belga di 32 anni ospite a casa sua, a un rapporto sessuale non protetto.A violentaree rischiare di infettare la donna, Roberto C., 46 anni, pluripregiudicato ed effettivamente sieropositivo, come poi hanno accertato gli agenti delle volanti dopo aver esaminato la documentazione clinica nella sua casa. L' uomo è stato fermato nella notte vicino al palazzo dove abita in via Cirié, a Niguarda. La vittima si è decisa a denunciare l' uomo dopo che, ancora ubriaco e stordito dalla marijuana, aveva ripreso a picchiarla pretendendo un altro rapporto senza il preservativo. Quando la polizia ha soccorso la povera ragazza, l' ha trovata in stato confusionale, coperta di lividi e graffi. Accompagnata prima al pronto soccorso del Niguarda e poi al centro soccorso violenze sessuali della clinica Mangiagalli, è stata dimessa dopo che gli esami hanno confermato lo stupro. «Ero da lui da una quindicina di giorni - ha detto la ragazza belga agli agenti - ci avevano presentato alcuni amici comuni, quando ero al dormitorio di viale Ortles. Con lui avevo avuto dei rapporti sessuali consenzienti, ma è stata la prima volta che mi ha costretto a uno senza protezione». La donna, incensurata, separata da un italiano, e madre di due bambini piccoli affidati ad una comunità, vive da anni come una clochard mangiando e dormendo dove capita. Sette anni fa, in stazione Centrale, aveva subito un' altra violenza sessuale, finita in una denuncia di cui ha subito informato la polizia. Ma ora la sua paura è di essere stata contagiata dal pregiudicato. Una sieropositività, quella dello stupratore, che risulta dalla documentazione clinica trovata dalla polizia in via Cirié. Nell' abitazione, trovate anche confezioni di metadone, usate dall' uomo per cura la sua tossicodipendenza. Se gli esami delle prossime settimane accertassero che la donna è stata contagiata ed è sieropositiva, la posizione dell' arrestato diventerebbe più pesante: all' accusa di violenza sessuale si aggiungerebbe l' imputazione di lesioni gravissime. Intanto, la ragazza, è stata trasferita in una comunità protetta. - SANDRO DE RICCARDIS
Per vedere tutto il video di seguito c'è il link sul sito della rai:Bellissima. La moglie dell’Est Nel reportage di Silvestro Montanaro verrà raccontato cosa c’è dietro il crescente fenomeno di giovanissime e bellissime donne dell’Est europeo, soprattutto Ucraine, le quali sono pronte a sposare anche uomini settantenni pur di fuggire da condizioni di vita ritenute inaccettabili. Un fenomeno dove sì è subito inserita la mafia del traffico di carne umana.
Hanno approfittato dell'assenza dei genitori. La violenza in un palazzo occupato per lo più da famiglie rumene
ROMA - Tre giovani romeni di 20, 21 e 30 anni sono stati arrestati nella notte tra martedì e mercoledì da carabinieri e polizia per violenza sessuale aggravata ai danni di una loro connazionale di 12 anni. Il fatto è accaduto all'interno di un immobile abbandonato e occupato abusivamente da alcune famiglie romene, in piazzale della stazione Tuscolana. I tre, appena hanno visto che i genitori della ragazzina stavano uscendo, si sono avventati sulla giovane vittima per trascinarla in un angolo e cercare di violentarla.
GRIDA DISPERATE - Le grida della 12enne, che cercava con ogni mezzo di divincolarsi dalla loro presa, sono state avvertite dai familiari usciti dalla palazzina solo pochi minuti prima. Immediato è stato il loro rientro. A quel punto è nata subito violenta una colluttazione tra i tre aggressori e i parenti della vittima. Il 20enne ha colpito e ferito alle mani la madre della vittima. Gli altri due, per evitare l'arresto dei carabinieri e della polizia, arrivati sul posto poco dopo, si sono procurati delle lesioni con un'arma da taglio, giudicate guaribili in 5 giorni dai sanitari dell'ospedale «San Giovanni Addolorata». Anche la donna è stata ricoverata presso lo stesso ospedale e ne avrà per qualche giorno. I tre, arrestati, sono stati portati nel carcere di «Regina Coeli» a disposizione dell'autorità giudiziaria.
Repubblica — 15 agosto 2010 pagina 1 sezione: NAPOLI
«DA QUELLA notte vivo sospeso nel vuoto». È la frase che G. F., il diciassettenne che una settimana fa ha stuprato una coetanea francese a Capri, ripete al consigliere regionale Giuseppe Russo, capogruppo del Partito democratico, che ieri pomeriggio ha visitato il carcere di Nisida assieme al radicale Andrea Furgiuele. Un breve colloquio con G. F., rampollo di una famiglia di commercianti del centro residenti da qualche anno a Posillipo, durante una visita nella struttura in cui sono rinchiusi 65 minorenni tra cui dieci ragazze di origini rumene. UN CARCERE minorile sovraffollato in cui dal 10 agosto, dopo la decisone del Gip di convalidare il fermo emesso dalla Procura dei minori, è rinchiuso lo stupratore napoletano G. F. «A Nisida ho avuto modo - commenta il consigliere regionale Giuseppe Russo - di incontrare anche il diciassettenne accusato di aver stuprato la minorenne francese. Un ragazzo confuso, preoccupato per l'attenzione mediatica che si è creata attorno a lui e per la sua carriera scolastica. È disorientatoe non sta studiando». Iscritto all'Istituto Iervolino, G. F è stato rimandato in una materia. All'alba del7 agosto, dopo aver bevuto l'intera notte, ha violentato la ragazza francese in via Ignazio Cerio, una traversa di via Camerelle a poche decine di metri dalla Piazzetta di Capri. Individuato grazie a telecamere e testimonianze e fermato dopo poche ore in una villa di Anacapri G. F, che tra pochi giorni compirà diciotto anni, è stato portato nel centro di prima accoglienza ai Colli Aminei e successivamente a Nisida. Russo racconta di un ragazzo preoccupato per il proprio futuro che non nomina la diciassettenne francese ricoverata sabato scorso al Capilupi dove è stato necessario intervenire con cinque punti di sutura prima che tornasse rapidamente in Francia. «Ho trovato - spiega il consigliere Russo - un ragazzo molto chiuso, terrorizzato dal suo futuro. Ho trovato anche una struttura sovraffollata con cinquantaquattro minorenni maschi in un'area che potrebbe ospitarne al massimo quaranta. Meno problemi per le donne che sono undici, di cui una sola italiana. A Nisida ci sono laboratori di ceramica e arte presepiale oltre a un biennio per pasticcieri. Presto presenterò un disegno di legge che possa costruire incentivi per aiutare questi minorenni a diventare artigiani, ma anche operatori culturali e del turismo». All'iniziativa "Ferragosto in carcere" promossa dai radicali ha aderito anche un altro consigliere regionale del Pd, Rosetta D'Amelio, che ha visitato le strutture di Bellizzi, Ariano Irpino e Sant'Angelo dei Lombardi: «Ho visto bambini di due o tre anni che vivono rinchiusi in carcere assieme alle madri. Un fatto inconcepibile. Bambini che escono per l'ora d'aria, che vivono circondati da persone in divisa, che non hanno mai visto il mare, la montagna o una strada piena di gente. Su questo aspetto tutti abbiamo il dovere di intervenire e, pertanto, preso atto della situazione presenterò proposte concrete e utili». - OTTAVIO LUCARELLI
Una studentessa trevigiana di 22 anni ha denunciato una guardia giurata, accusandolo di averla stuprata nel parcheggio di una discoteca di Jesolo. L'uomo ammette in parte, parlando invece di un rapporto sessuale con una partner ubriaca.
VENEZIA - Una studentessa trevigiana di 22 accusa un vigilantes di 39 anni di averla drogata e stuprata nel parcheggio di una discoteca a Jesolo. L'uomo, denunciato a piede libero per violenza sessuale, ha parzialmente ammesso, secondo indiscrezioni, le le proprie responsabilità, respingendo l'accusa di aver drogato la giovane donna ma ammettendo un rapporto sessuale con una partner che riteneva ubriaca.
Alla guardia giurata, come indicano alcuni quotidiani locali, i carabinieri hanno sequestrato l'arma in dotazione e la prefettura di Venezia ha sospeso licenze e autorizzazioni.
E' successo a fine luglio, ma la giovane si è decisa a sporgere denuncia ai carabinieri di Treviso solo qualche giorno fa. Ai militari ha detto di essere uscita dal locale molto stanca e di essersi addormentata nella propria auto, risvegliata da un uomo in divisa che l'ha violentata.
Repubblica — 14 agosto 2010 pagina 19 sezione: CRONACA FERRARA - Era stata una serata di festa, come tante altre nel cuore della movida a Lido delle Nazioni, sulle spiagge ferraresi: musica, le chiacchiere con gli amici del mare, forse qualche bicchiere. Ma all' alba, l' incubo: una turista milanese di 26 anni, addormentata sul lettino di un bagno in riva all' Adriatico,è stata aggredita e violentata da un immigrato. La giovane donna è stata salvata da una guardia giurata: Oreste Bulgarelli, della Securpol di Ferrara, poco prima delle cinque del mattino stava facendo il solito giro di controllo quando ha sentito le grida d' aiuto della ragazza dall' arenile del bagno Aloha. S' è avvicinato, ha visto tutto e ha tentato di bloccare l' aggressore, che ha cercato di scappare.A quel punto il vigilante ha esploso tre colpi in aria e l' uomo, spaventato, si è fermato e subito dopo è stato bloccato da una pattuglia di carabinieri. Il presunto autore dello stupro alla vigilia di Ferragosto sulla spiaggia di Lido delle Nazioni, la più frequentata dai giovani del litorale ferrarese, è un ragazzo senegalese di circa vent' anni, clandestino. Quando i carabinieri lo hanno bloccato ha detto di essere minorenne, sperando forse di limitare i danni. Ma il racconto della vittima e la testimonianza della guardia giurata sono contro di lui. Inevitabile, a quel punto, l' arresto per violenza sessuale. La ragazza, sotto choc, è stata portata all' ospedale di Lagosanto, dove gli accertamenti clinici hanno riscontrato i segni di un rapporto violento. E adesso gli investigatori hanno avviato accertamenti per verificare se il giovane, che ha nominato un legale di fiducia, fosse già stato colpito da provvedimenti di espulsione dall' Italia. Sull' episodio è intervenuto su Facebook il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. «Le testimonianze - scrive il Governatore - dicono che queste cicatrici resteranno per tutta la vita: le porterà con sé chi ha subito l' abuso, camminando silenziosamente per le nostre strade accanto a noi. Mi chiedo il perché di questo orrore e se non sia il caso di inasprire le pene».
DONNE ITALIANE, SE A FERRAGOSTO IL CELLULARE DI VOSTRO MARITO SUONA, E’ UNA DI NOI, NIGERIANA, VITTIMA DELLA TRATTA A CHIAMARE… LUI E’ UNO DEI NOSTRI CLIENTI….
Oggi, 15 agosto 2010, noi, nigeriane, vittime della tratta, clandestine, prostitute, ricordiamo che LA TRATTA NON VA IN VACANZA
Siamo in balia di almeno 10 mila maman che vivono in Italia e prendono i nostri soldi; loro non sono clandestine, non si prostituiscono. Un tempo erano come noi, ma ora no…Legate fra di loro, mettono insieme ingenti somme di denaro. Non è difficile: noi paghiamo a loro 50-60 mila euro e anche di più.
Noi rischiamo il fermo, l’arresto, l’invio in un CIE, il rimpatrio, loro NO, loro sono libere e se qualcuna di noi le denuncia, loro se la cavano in fretta. Anzitutto perché sono legali, sono italiane, al massimo sono considerate colpevoli di favorire la nostra clandestinità, ma quanto a sfruttarci… …dicono che ci lasciano in mano parte dei nostri guadagni e si prendono solo i soldi per l’affitto, la luce, il gas, le spese di condominio.
Ognuna di loro ha tante donne e uomini che le aiutano e vivono alle nostre spalle. Le associazioni e le comunità del nostro paese sanno tutto, ma non dicono e non fanno niente. Neanche i pastori delle chiese nere fanno qualcosa, anzi, molti aiutano le maman.
E così anche oggi, per noi, è una giornata di “lavoro”. Sì perché alla fin fine siamo considerate e diventiamo soltanto delle prostitute. Ce n’è poco di “lavoro” in giro: oggi i bravi maschi italiani sono in ferie con le loro famiglie e con i loro figli. Dieci milioni di clienti in giro per l’Italia…c’è la crisi, ma loro vanno in vacanza lo stesso.
I più assidui sono passati da noi qualche giorno fa e ci hanno lasciato qualche soldo, chi venti, chi 25 euro, qualcuno addirittura 50 euro, per il nostro “ferragosto”…così facciamo festa anche noi, magari un gelato, poi da lunedì torna tutto come prima.
Ma oggi noi li chiameremo ad uno ad uno questi nostri “clienti”…giusto uno squillo, tanto perché le loro mogli possano interrogarsi e chiedere “ma chi è che disturba anche oggi” e i mariti siano costretti a far finta di niente. E se qualche donna vorrà verificare il numero che ha chiamato, beh quello sarà il nostro “numero verde”, il numero di “Joy”, l’amore mio, la bellissima, la fighetta nera dei loro mariti. Siamo comunque qui, anche oggi in strada o nelle case, a disposizione dei maschi più disperati e soli e degli stranieri senza famiglia.
Oggi noi chiameremo al telefono anche tutti i numeri che ci sono stati dati dalle unità di strada, dagli operatori, dai clienti, dai preti, da persone di buona volontà con il suggerimento “chiama qui, vedrai che ti aiutano”…Non ci risponderà nessuno. Oggi, Ferragosto 2010, anche se la tratta non va in ferie, ma gli italiani si, e anche le loro associazioni contro i trafficanti e i mafiosi.
Speriamo, allora, che i giornali, le radio, le tv… trasformino questo nostro testo di protesta in una notizia di cronaca di questo Ferragosto italiano 2010.
Associazione vittime ed ex vittime della tratta - Progetto la ragazza di Benin City
Per tutte quelle donne, figlie, sorelle, amiche, madri, nipoti, nonne, amanti della musica e delle passeggiate, del gelato alle more e del pesce al cartoccio, donne che ridevano e adesso stanno in una bara, donne che avevano una vita, persone che avrebbero potuto salvarsi se qualcuno non le avesse uccise prima con l’indifferenza e poi con le botte, i calci, le coltellate, torture, fuoco. Morte di paura e poi di dolore – forse di stupore. Stuprate prima da un uomo e poi dai commenti della gente, assassinate da un marito, fidanzato, compagno, conoscente, belva inferocita, ragazzino annoiato. Assassinate dalle famiglie dei carnefici che dovrebbero solo tacere e vergognarsi, dai commenti al bar, dai commenti su facebook, nei forum, nei blog, dai commenti sull’autobus. Ogni volta che qualcuno dice: “Però poteva stare più attenta” quella donna, una qualsiasi di quelle stuprate o uccise, ritorna in vita e viene ammazzata e violata un’altra volta.
Riempiamo i nostri balconi, le nostre finestre, di lenzuola macchiate di sangue, risemantizziamo quel rito barbaro che era l’esposizione del sangue della vergine, facciamoci sentire, perchè solo mettendo un freno alla cultura maschilista, misogina e violenta che paralizza il nostro paese può accendersi la speranza del cambiamento.
Quel cambiamento di cui abbiamo così grande necessità.
La violenza di genere è alla base di tutte le violenze, smantellata quella, le smantelleremo tutte.
L’iniziativa è partita dalla mailing list di Fas, adesso c’è un gruppo su facebook che la porta avanti qui.
"Lui è un timido, non credo alla violenza" ha dichiarato il papà del ragazzo di Posillipo. Martedì l'interrogatorio. Sull'isola, dove la vendita di alcolici è vietata agli under 18, sono intanto partiti controlli per verificare il rispetto della norma 09 agosto, 2010
Lo stupro - Lei, sotto choc, è andata via. A Capri, dove ha subito una violenza sessuale a soli 17 anni, ha rivolto un ultimo sguardo, pieno zeppo di brutti ricordi. Con una promessa, di non tornare, non subito. Lui, suo coetaneo, accusato di stupro e in stato di fermo, agli inquirenti è apparso 'tranquillo'. Ha solo detto, questa la sua versione, di aver avuto un rapporto sessuale con la ragazza francese. Intanto l'isola azzurra non si spiega come tutto questo sia potuto accadere.
L'alcool - Non si spiega, tanto per iniziare, come mai due minorenni erano così ubriachi, quando agli under 18 è vietata la vendita di alcol. E' per questa ragione che già dalle prossime ore partiranno controlli a tappeto per verificare, in discoteche e in locali notturni, le modalità di vendita di alcol, soprattutto al fine di accertare se vengono messi in atto tutti i controlli necessari nei confronti di utenti minorenni.
Elementi a carico del 17enne - Ora il 17enne di Posillipo accusato dello stupro è nel Centro di prima accoglienza per i minori dei Colli Aminei, a Napoli. Già nella villa dove si trovava ad Anacapri aveva dato la sua versione dei fatti, parlando di un rapporto sessuale consumato con la francese. Poi, tono e sguardo tranquillo, lo ha ripetuto anche al commissariato. Tra gli elementi di prova della violenza sessuale, èerò, oltre alle immagini estrapolate dalle telecamere di sorveglianza dell'hotel Quisisana e di alcuni negozi, ci sarebbe anche la testimonianza di addetti alla lavanderia dell'albergo ai quali il ragazzo chiese di lavarsi le mani sporche di sangue.
Il papà: non ci credo - "Mio figlio non può aver fatto quello di cui lo accusano, almeno per come lo conosco io. E' un ragazzo tranquillo, studente che non ci ha mai dato motivo di preoccupazione. E poi, lo dicono anche i suoi amici, è stato sempre un grande timido". Lo afferma in un colloquio con il quotidiano 'Il Mattino', il padre del diciasettenne di Posillipo.E aggiunge: "Speriamo che la ragazza stia bene, ci spiace davvero che abbia avuto conseguenze fisiche così traumatiche. Volevamo vederla, parlarle, ma non è stato possibile - hanno detto Ermanno e la mdre Sonia - faremo di tutto per sapere con precisione cosa è successo, vogliamo saperlo. Ma per come conosciamo nostro figlio, rifiutiamo l'idea che possa essersi macchiato di violenze".
La giovane e' stata vittima di un stupro da parte di un suo coetaneo 08 agosto, 19:51
NAPOLI - Lei, sotto choc, e' andata via. A Capri, dove ha subito una violenza sessuale a soli 17 anni, ha rivolto un ultimo sguardo, pieno zeppo di brutti ricordi. Con una promessa, di non tornare, non subito. Lui, suo coetaneo, accusato di stupro e in stato di fermo, agli inquirenti e' apparso 'tranquillo'. Ha solo detto, questa la sua versione, di aver avuto un rapporto sessuale con la ragazza francese. Intanto l'isola azzurra non si spiega come tutto questo sia potuto accadere. Non si spiega, tanto per iniziare, come mai due minorenni erano cosi' ubriachi, quando agli under 18 e' vietata la vendita di alcol. E' per questa ragione che gia' dalle prossime ore partiranno controlli a tappeto per verificare, in discoteche e in locali notturni, le modalita' di vendita di alcol, soprattutto al fine di accertare se vengono messi in atto tutti i controlli necessari nei confronti di utenti minorenni. Ma, intanto, restano le conseguenze di una notte brava che non c'entra niente con quelle che dovrebbero essere le serate di un'allegra estate. Tutt'altro. Ieri sera la 17enne turista francese, capelli biondi, vestito nero, ha lasciato con l'ultimo aliscafo Capri. Al porto e' stata accompagnata, insieme con le sue amiche, dall'amico napoletano - compagno del 17enne accusato di stupro - che le aveva ospitate in un hotel extra lusso. Poco prima della partenza, il 'buio' dettato dallo choc, aveva ceduto il passo ai ricordi, a quanto accaduto: il vicoletto poco distante dalla storica piazzetta, la violenza sessuale, il sangue. Scene e un volto che ha descritto agli agenti di polizia, diretti da Stefano Iuorio, che hanno, anche cosi', potuto individuare il presunto autore di tutto. Fondamentali anche le immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza. E poi alcune persone, addette di un hotel, alle quali il 17enne si sarebbe rivolto per lavare le mani sporche di sangue. Elementi, centrali, che ieri sera hanno fatto scattare lo stato di fermo. Ora il minorenne e' nel Centro di prima accoglienza per i minori dei Colli Aminei, a Napoli. Gia' nella villa dove si trovava ad Anacapri aveva dato la sua versione dei fatti, parlando di un rapporto sessuale consumato con la francese. Poi, tono e sguardo tranquillo, lo ha ripetuto anche al commissariato. E dire che quella doveva essere una serata di divertimento. I due ragazzini si erano conosciuto in una delle discoteche che quella sera avevano frequentato. Poi si sono allontanati, forse entrambi ubriachi. E poi ancora lo stupro. C'e' ora attesa per la decisione della Procura dei minori sulla convalida o meno del fermo. Ma che sia stato proprio lui, ragazzo conosciuto sull'isola, figlio di persone per bene, anch'esse conosciute, ad aver fatto quello di cui e' accusato, ha scosso ancora di piu' Capri. Il 17enne, al pari della sua famiglia, ha quasi sempre trascorso sull'isola le sue vacanze. Ieri, dopo che le richieste si erano concentrate su di lui, a Capri e' arrivato anche il padre, un commerciante napoletano. Anche lui e' apparso tranquillo a chi ha avuto modo di incontrarlo. Ora saranno soprattutto le immagini delle telecamere a ricostruire quanto successo. E a dire, forse, la parola fine ad una violenza che ha segnato un'isola intera.
Quando l'artista Pippa Bacca fu violentata e uccisa mentre svolgeva la sua performance artistica in abito nuziale, molti furono indignati e dissero che c'era una ragione etnica, il fatto che lei si trovasse in turchia, un posto così retrogrado e inospitale per le donne, specialmente per quelle che come lei pretendevano di poter attraversare il mondo esigendo rispetto per sè e pace per tutti.
Questa estate fatta di delitti tutti italiani contro le donne in quanto donne, morte di violenza maschile, perseguitate, massacrate di botte e stuprate, chissà se all'estero parleranno di noi come il paese più maschilista d'europa.
Arrivano in italia, zaino in spalla, piene di sogni e convinte di poter esercitare il diritto al turismo che tutti esercitano in giro per il mondo. Un mondo nel quale puoi girare per ostelli, in bicicletta, con la tenda, senza che nessuno mai ti torca un capello.
In italia no, se arrivi con il tuo ragazzo e monti una tenda vicino alla capitale ti stuprano. Se arrivi da sola poi non ne parliamo. In campeggio, in città, a Firenze, Venezia, Capri, Roma.
Non devi essere a bordo di una strada a fare l'autostop. Figuriamoci. In quel caso i "te la sei cercata" ti seppellirebbero. Puoi essere ovunque: nella tua tenda, nella tua stanza d'albergo, in giro per un'isola votata al turismo, dentro un semplice bagno di un bar della capitale. Qualunque luogo è buono, in ogni caso, tu donna, straniera, che vieni a incrementare l'economia di questo paese strapieno di misogini, troverai nel tuo pacchetto vacanze uno stupro, una molestia, una giornata da dimenticare, una prova provata che il machismo dei cosiddetti latin lovers italiani è un vero schifo, una formula per venderti una illusione che tu sconterai sulla tua pelle, perchè il macho italiano non è un prodotto che dovresti apprezzare. Dovresti invece scartarlo a priori.
Dunque, cara turista straniera, dato che se verrai in italia e qualcuno deciderà di stuprarti ti scontrerai con i commenti più sessisti del mondo, con una difesa per lo stupratore, con la condanna per te che sei stata stuprata, con un clima culturale che giustificherebbe perfino il tuo omicidio se capitasse l'occasione e se a commetterlo fosse un uomo, cambia il luogo delle tue vacanze, scarta l'italia e chiedi a questo paese che se vuole che le donne arrivino a portare i loro soldi per fare andare avanti l'economia italiana bisogna che le turiste abbiano garanzia di civiltà e rispetto in ogni senso.
Noi qui, in un certo senso, ci siamo nate e cresciute, dobbiamo rimanere per forza, scegliamo di rimanere perchè qui abbiamo affetti e lavoro, spesso scegliamo di andarcene perchè non ne possiamo più. Ma tu, cara sorella straniera, cosa ci vieni a fare qui se quando denunci uno stupro poi c'è qualcuno che dirà sempre che eri ubriaca, che l'hai voluto tu, che sei perfino un po' puttana, e giù gli insulti e le umiliazioni?
Cosa ci vieni a fare in italia se il posto da cui provieni è sicuramente più civile di questa nazione in cui ancora gli uomini stanno a fare elucubrazioni mentali della domenica invece che partecipare concretamente alla difesa dei dirtti civili delle donne, il genere più bistrattato in assoluto in ogni parte del mondo?
Cara sorella, te lo dico con il cuore: in italia ci sono tante donne che tentano di fare qualcosa di utile, ci sono tante persone che tentano di fare del proprio meglio, tanti uomini che lavorano per tentare di costruire una alternativa sociale a quella che ti ha così disastrosamente accolto ma non è sufficiente e noi ci vergogniamo molto. Ci vergogniamo perchè sappiamo che tu potresti pensare che in italia siamo tutti così, che non c'è nessuna persona civile, che non c'è nessuno che lotta contro quello che hai subito o potresti subire.
Ci vergogniamo e ci sentiamo responsabili come dovrebbero sentirsi responsabili tutti, perchè se in italia l'unica cultura vincente è quella che fa delle donne degli oggetti sessuali da usare, è responsabilità di tutti, perfino delle persone che come noi lottano ogni giorno perchè tutto questo cambi.
Ci dispiace molto, ti abbracciamo moltissimo, siamo solidali con te e credici se ti diciamo che tutto quello che hai subito a noi succede ogni giorno e ti comprendiamo profondamente avendo piena coscienza di quali sono i nostri diritti e di quello che dovrebbe esserci garantito e che invece ci viene perennemente negato.
Ti chiediamo scusa. Lo facciamo noi perchè nessuno lo farà mai. Ti chiediamo scusa e speriamo tu possa perdonarci per non esserci state quando avevi bisogno di noi e per non aver fatto, forse, abbastanza perchè tu potessi arrivare qui in italia e fare una vacanza senza dover subire uno stupro.
ROMA 08/08/10 - 16:48 Un carabiniere, sottufficiale di 40 anni in servizio presso il palazzo di Giustizia, ha ucciso nel primo pomeriggio la moglie nella loro abitazione di via Vespucci a Pegli, nel ponente di Genova, ed è poi fuggito. La donna, 38 anni, è stata uccisa da diversi colpi di coltello. Sospettato un maresciallo dei carabinieri, che è ricercato dopo essere fuggito scalzo in moto. Secondo le prime informazioni, la coppia era in via di separazione. Il carabiniere, in base alle prime ricostruzioni, si sarebbe scagliato contro la moglie con un coltello durante un violento litigio. Sul posto i carabinieri del Nucleo investigativo di Genova. Ricerche del militare sono in corso da parte di numerose pattuglie dell'Arma.
Gentile testata ci rivolgiamo voi inoltrandole una lettera sull'omicidio commesso dalla guardia giurata domenica pomeriggio scorso. Si tratta di una lettera indirizzata a tutte le ministre del governo italiano perchè racconta il lato oscuro di questa vicenda: quello della violenza digenere. Come vicini di questa famiglia e avendo i figli più o meno della stessa eta'abbiamo avuto modo di conoscere Raffaele, Elisa e i loro due figli, difrequentarli e vedere come si deteriorava il loro rapporto, le prime botte dilui e le prime denuncie di lei. Non pensiamo di poter dire che questo delitto si sarebbe potuto evitare, ma che nella nostra Italia, nella nostra societa' civile non c'è spazio e ascolto peruna donna che ha paura e che denuncia suo marito, una donna che non ha potutofuggire al suo destino. Allora il nostro vuole essere un interrogativo per tutti, in modo che una morte assurda non cada nel nulla. Le chiediamo perciò di pubblicare la nostra lettera in qualche forma lei ritienga opportuna, non vogliamo diventare famosi ne cerchiamo notorieta' o interviste: chiediamo solo che si parli senza ipocrisia di questa vicenda!
Gentili Ministre Mara Carfagna, Giorgia Meloni, Mariastella Gelmini e Stefania Prestigiacomo,
ci rivolgiamo a voi perche’ siete donne e forse potrete comprendere il dramma che e’ successo a Torino.
Domenica pomeriggio è stata uccisa una donna di 32 anni, una mamma di due bambini. È l’ennesima assurda vittima della violenza di genere, della guerra che quotidianamente si consuma all’interno delle mura domestiche di tante troppe “famiglie”. Conoscevo Elisa Beatrice Rattazzi ho vissuto vicino a lei ed al suo assassino per anni e i nostri figli sono cresciuti assieme.
Elisa è una donna che ha subito per anni violenze e soprusi, e con lei i suoi figli, senza riuscire a ribellarsi al suo destino, senza che nessuno abbia saputo o voluto aiutarla. Per anni ha denunciato le violenze commesse dal marito su di lei e sui figli, per anni ai litigi domestici seguiva l’arrivo delle forze dell’ordine e le ambulanze, per anni le richieste disperate d’aiuto rivolte alle istituzioni a tutti i livelli (forze dell’ordine, servizi sociali, scuola), sono rimaste grida inascoltate strozzate nella gola.
Al coraggio delle denunce, si risponde con qualche pacca sulle spalle.
L’incompetenza delle nostre forze dell’ordine in materia di violenze familiari è cronica: la maggior parte delle volte qualche schiaffo alla moglie non viene neanche considerata violenza. L’Italia ha un parlamento che, si sa legifera su tutto, ma non esiste nessuna legge specifica, a differenza degli altri paesi europei e civili, sulla violenza di genere.
Quando sono chiamate ad intervenire durante le liti familiari le forze dell’ordine mostrano questa incapacità senza vergogna e sono solo un ulteriore e secco schiaffo morale per la donna: invece di essere protetta e tutelata dalla violenza, le viene indicata la via della conciliazione, del “volemmose bene” e la minimizzazione dei “battibecchi che succedono nelle migliori famiglie”.
Cosa deve fare una donna per essere creduta? A cosa servono le denunce, i referti dell’ospedale?
Ma soprattutto a cosa serve proporre di inasprire le pene per chi commette reati di violenza sulle donne, se poi una moglie che denuncia più volte suo marito per questo motivo non viene mai creduta?
Elisa aveva paura, aveva paura di quello che sarebbe diventato il suo assassino, di quello che per tanti anni è stato suo marito.
In questa sottocultura da italietta fascista i mariti sembrano intoccabili, devono fare i “mariti” e se qualche volta si arrabbiano avranno pure le loro ragioni. Non ci sono orecchie per il dolore che avviene tra le mura di casa, ma solo per le macabre notizie sangue. Credeteci anche se il delitto d’onore è stato cancellato dal codice penale, non lo è dalla testa degli italiani!
Il boomerang mediatico, cavalcando il dolore dei famigliari, sembra che abbia già voglia di trovare giustificazioni al più aberrante dei delitti. Aveva lasciato il marito, si era portata via i figli, aveva addirittura un altro uomo… e avanti con la cavalleria rusticana.
Elisa è stata uccisa in mezzo alla strada, alla luce del giorno sotto gli occhi di tutti, da una mano assassina che la tormentava da anni.
Una esecuzione in piena regola che si vorrebbe quasi far strisciare via silenziosa, senza porsi troppe fastidiose e giuste domande. Un delitto bastardo, ma talmente comune da non fare quasi notizia. Non ci sono extracomunitari ubriachi, rom alla guida di fuoristrada rubati, spacciatori negri dal coltello e dalla pistola facile in questa storia. È solo la storia di una normale famiglia tutta italiana e come dobbiamo rassegnarci a sapere quello che conta in Italia è sempre e solo la famiglia.
Questa ignoranza, questo fascismo di facciata permettono che follie come questa accadano; una stampa e un’opinione pubblica poco sensibile permettono che episodi come questo vengano letti e archiviati attraverso la griglia mafiosa del codice d’onore.
Quando capiremo che la sicurezza va costruita per prima nelle famiglie? Quante volte le statistiche e i fatti di cronaca ci dovranno ricordare che la maggior parte delle violenze sui minori e sulle donne avvengono tra le mura domestiche?
Fino a quando dovremo attendere per vedere una legge specifica, una sezione di un tribunale, dei magistrati e degli uffici di polizia con competenze specifiche sulla violenza di genere? Queste cose esistono già nel resto dell’Europa!
L’indifferenza pensa a fare il resto, in fondo vedere una donna nei panni vittima è normale perché nella nostra sudicia cultura la donna non si può difendere.
Viterbo, 8 ago. -(Adnkronos) - Violenza famigliare dentro le mura di casa, vittima una donna di origine paraguaiana residente a Montalto di Castro, in provincia di Viterbo. Dopo l'ennesima lite tra due conviventi, il compagno l'ha massacrata di botte per tutta la serata di ieri al punto che i vicini di casa sentendo le urla, hanno avvertito i carabinieri che si sono precipitati presso l'ospedale di Tarquinia, dove la donna era gia' stata trasferita dal personale medico del 118.La donna, al quarto mese di gravidanza, aveva il viso completamente avvolto da una maschera di sangue con profondi tagli. I medici hanno riscontrato alla vittima gravi lesioni al volto, tanto che e' stato necessario il trasferimento della donna presso il reparto maxillo facciale dell'ospedale Belcolle di Viterbo.
Durante la notte i carabinieri della stazione di Tarquinia che con due pattuglie presidiavano il litorale, sono intervenuti con l'ausilio dei Vigili del fuoco per riuscire ad entrare nell'abitazione dei coniugi, dove hanno trovato il compagno nel proprio letto, come se nulla fosse accaduto.Accompagnato in caserma dopo le formalita' di rito l'uomo F.M.C. 44enne e' stato arrestato e portato alla casa circondariale di Civitavecchia a disposizione dell'Autorita' Giudiziaria. Per lui gravano pesanti accuse per maltrattamenti in famiglia e lesioni gravissime. Grazie alle prime cure del reparto di ostetricia dell'ospedale di Tarquinia, il bambino in grembo alla donna e' in buone condizioni. Proseguono ora le indagini da parte dei carabinieri di Tarquinia e Montalto di Castro per delineare i precedenti retroscena riconducibili ai maltrattamenti familiari. libero