lunedì 21 gennaio 2008

Tennista brava, sexy e islamica

La numero 31 del ranking mondiale, 21 anni, è tormentata da integralisti
musulmani e conservatori indiani. In patria è un'icona di Bollywood

Dalla fatwa per "l'abbigliamento in campo" alle dichiarazioni sul sesso prima del matrimonio
Stanotte affronterà la n.8 del seeding Venus Williams nel terzo turno degli Australian Open
di CLAUDIA FUSANI
A chi le contesta l'abbigliamento in campo dice: "Guardate i miei colpi, non il mio corpo". Ha solo 21 anni ma pensieri molto saggi: "L'India ha milioni di abitanti, non mi posso preocccupare di quello che pensa ognuno di loro". Poi però tra un torneo e l'altro prende carta e penna e scrive all'imam della Mecca Masjid: "Voglio scusarmi con tutti i miei fratelli e le mie sorelle e i rispettabili anziani che si sono sentiti offesi perché ho inavvertitamente profanato un pezzetto del terreno che appartiene alla Mecca". E' successo prima di Natale. Ed era successo che Sania Mirza, 21 anni, n.31 del ranking mondiale, una ragazzina che alle capacità tecniche in campo unisce la grazia dolcissima del volto e le misure proporzionate delle forme, indiana e "fervente islamica" come si dichiara, aveva girato uno spot pubblicitario nei pressi della suddetta moschea. Era intervenuta la polizia perché "tutto ciò è illegale" e aveva preso la parola l'ulema del centro religioso Darul-Uloom Deoband situato nel distretto di Saharanpur: "Noi non abbiamo emesso una fatwa perché il seminario non si occupa delle attività della giocatrice, però girare qui uno spot è contro le leggi della Sharia".
Stanotte Sania Mirza giocherà il quarto incontro della giornata sulla Rod Laver arena, il centrale di Melbourne, contro Venus Williams, n.8 del tabellone e del mondo. Nel torneo femminile è sicuramente l'incontro clou della giornata. E la giocatrice indiana, a cui non fanno difetto la grinta e la potenza dei colpi nonostante sia assai minuta rispetto alla stazza di americane e russe, dovrà stare attenta a non farsi distrarre da un altro problemino, diciamo così, diplomatico. Pochi giorni fa infatti Sania, come ha raccontato in conferenza stampa a Melbourne, è stata denunciata da un concittadino indiano della sua regione - Hyderabad - per oltraggio alla bandiera. In una foto Sania compare con i piedi nudi appoggiati a una balaustra mentre guarda un match tennistico. E accanto ai piedi nudi - piccoli e graziosi - c'è finita per caso una bandiera indiana. Tutto assolutamente casuale, nessuno è in posa, niente è voluto ma la povera Sania s'è beccata la denuncia in base al Prevention of insult to the nation honour act. "Talvolta penso che farei meglio a mollare tutto", si è sfogata la giocatrice.

Nubi passeggere, ovviamente. Ma è un destino fastidioso quello di questa tennista che fa parlare di sé più per le polemiche che riesce a scatenare che non per il suo gioco. Il fatto è che suo malgrado Sania Mirza porta con sé tutti gli ingredienti per essere "un caso". E una storia: è bella, gioca molto bene a tennis, è la prima donna indiana che arriva ai vertici mondiali di uno sport, è musulmana e in India una specie di star contesa tra Bollywood e le copertine di tutti i magazine. Il web è pieno di siti non autorizzati di fan e simpatizzanti che mettono in rete gallerie fotografiche, video, dichiarazioni di amore eterno e sincera simpatia. E anche molta pruderie del tipo: "Guarda le sceni bollenti di Mirza dopo che ha giocato...". L'analisi più vera è quella di Rojit Brijnath, numero 1 dei giornalisti sportivi in India che prende tutte queste cose, le analizza insieme e scrive: "La ragazza che sta rompendo tutte le barriere sociali e culturali".

Non c'è dubbio che Sania diventa star più per le polemiche che per il gioco. O almeno questo è il destino, e il pregiudizio, che la segna fin dal 2005 quando entra nel circuito pro, vince un torneo Wta, gioca il quarto turno agli Us Open e il terzo agli Australian Open. "Sono musulmana praticante e sono fiera di essere un simbolo per molte ragazze indiane" rivela e rivendica con orgoglio nelle sue primissime interviste di quell'anno. E lì comincia il guaio. I fondamentalisti infatti la mettono subito nel loro mirino. E a settembre 2005 il Consiglio degli Ulema emette la prima fatwa. Colpa dell'abbigliamento: "Si veste in campo e si mostra al mondo in un modo che non rispetta la legge islamica: gonne e pantaloncini sono troppo corti e le braccia troppo scoperte". Dice, in quel settembre 2005, Haseeb-ul-hasan Siddiqui al giornale Hindustan Time: "Senza dubbio questa ragazza avrà una pessima influenza e corromperà i comportamenti dei più giovani". Altro che Sulman Rushdie e versetti satanici: assai di più "possono" certi gonnellini, specie quando i fotografi mandano in giro certe angolature.

La povera e giovanisisma Sania, tutta contenta per la sua posizione in classifica, si rammarica con saggezza tutta indiana: "Ogni parola che dico, ogni gonnellino che indosso è discusso e analizzato. Devo imparare a passare oltre tutto questo con passo lungo. Sono molto dispiaciuta che il mio abbigliamento sia diventato oggetto di controversia e preferisco non dire altro su questo. Ovunque vado la gente mi guarda e mi butta gli occhio addosso: ecco perché in questi gionri preferisco stare in casa. Dovrò imparare a convivere con tutto questo". Era il settembre 2005, Sania non aveva compiuto neppure 19 anni. Il "bello" doveva ancora venire. Ma la ragazza ha grinta da vendere.

Da allora ne sono accadute varie ed eventuali. Altre fatwe vere o presunte di cui le cronache hanno anche smesso di rendere conto. Pare che Sania - ottima giocatrice di doppio - abbia dovuto sciogliere la coppia con Sharar Peer perché "giocatrice israeliana". Apriti cielo quando, a fine del 2005, si lascia scappare - o almeno così riportano i giornali - che "è giusto fare sesso prima del matrimonio, l'importante è farlo sicuro". Nell'Andhra Pradesh, suo stato natale e di residenza, sono state bruciate magliette con la sua immagine. Le è stata data la scorta per giocare a Calcutta dove gruppi islamici minacciavano di fermare il torneo se non si fosse vestita in modo appropriato. Alla fine è stata costretta a fare una conferenza stampa per dichiarare ufficialmente che il sesso prima del matrimonio non è giustificato in alcun modo. "Sono state equivocata e fraintesa". E comunque, aggiunse, "come mi vesto è affar mio".

Nel circuito gira voce che anche il medico, maschio, che di recente l'ha operata a un ginocchio avrebbe ricevuto minacce. Ora poi è arrivata la storia dell'oltraggio alla bandiera per quei piedi stanchi e finalmente liberati dalla scarpe da tennis appoggiati con innocenza a una balaustra a bordo campo. "Non ho mai fatto nulla per mancare di rispetto al mio paese e alla mia bandiera" è stata costretta a dire la tennista che rischia tre anni di carcere. Quanti guai, Sania Mirza. Ma per lei diventano solo palle da cacciare via con rabbia quando scende in campo.

(18 gennaio 2008)

Fonte: repubblica.it
Foto

Stupra la moglie Due anni di carcere

MILANO

Costringere a fare sesso una donna è sempre reato, anche quando quella donna è la moglie. Lo ha capito ieri A.L., una guardia giurata, denunciata dalla moglie per violenza sessuale. L'uomo, malgrado la richiesta della pubblica accusa che aveva sostenuto l'assoluzione in considerazione del rapporto coniugale, si è visto condannare ugualmente a due anni e sei mesi in appello. È stato invece condannato a una pena ben più pesante - nove anni - un docente universitario messicano, Felix Lerme, accusato di maltrattamenti aggravati e violenza sessuale nei confronti della moglie italiana, con cui vive in Messico e ha due figli. Quando la moglie è scappata in Italia con i figli è partita l'indagine, che ha portato all'arresto del docente, a Milano per un convegno al Politecnico, nel marzo scorso.

Fonte: city

domenica 20 gennaio 2008

Amnesty International precisa la propria posizione sull’aborto e replica al Cardinale Martino:

(13/06/2007)

mai ricevuti finanziamenti da Vaticano o da organizzazioni che dipendono dalla Chiesa Cattolica

La Sezione Italiana di Amnesty International, in relazione alle dichiarazioni del cardinale Renato Martino (rif: comunicato stampa del 13 giugno del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace), secondo cui a seguito della “presa di posizione arbortista di Amnesty International (…) conseguenza inevitabile di tale decisione sarà la sospensione di ogni finanziamento a Amnesty da parte delle organizzazioni ed anche dei singoli cattolici”, precisa di non aver mai ricevuto finanziamenti dal Vaticano o da organizzazioni che dipendono dalla Chiesa Cattolica.

Lo Statuto internazionale dell’organizzazione per i diritti umani recita, all’art. 1: “Amnesty International è indipendente da governi, partiti politici, chiese, confessioni religiose, organizzazioni, enti e gruppi di qualsiasi genere e svolge la propria attività prescindendo da ogni tendenza a loro propria”.

Rispetto alle altre affermazioni del cardinale Martino, Amnesty International precisa che nell’aprile 2007 ha adottato una propria policy su alcuni specifici aspetti riguardanti l’aborto.

Questa policy ha avuto origine nel contesto della campagna “Mai più violenza sulle donne”, che ha messo in luce la drammatica realtà di donne e bambine vittime di violenza sessuale e che subiscono ancora oggi le conseguenze della violazione dei loro diritti sessuali e riproduttivi. La sua adozione è stata preceduta da una lunga consultazione internazionale tra le Sezioni Nazionali, i Gruppi e i soci dell’associazione.

La policy adottata consentirà all’associazione di occuparsi di questioni specifiche riguardanti l’aborto, nella misura in cui queste sono direttamente legate alle attività di Amnesty International sul diritto alla salute e sulla violenza contro le donne.

Amnesty International pertanto chiederà agli Stati di:

• fornire a uomini e donne informazioni complete riguardanti la salute sessuale e riproduttiva;
• modificare o abrogare le leggi per effetto delle quali le donne possono essere sottoposte a imprigionamento o ad altre sanzioni penali per aver abortito o cercato di abortire;
• garantire che tutte le donne con complicazioni sanitarie derivanti da un aborto abbiano accesso a trattamenti medici adeguati, indipendentemente dal fatto che abbiano abortito legalmente o meno;
• garantire l’accesso a servizi legali e sicuri di aborto a ogni donna la cui gravidanza sia dovuta a una violenza sessuale o a incesto o la cui gravidanza presenti un rischio per la sua vita o la sua salute.

Sulla base della policy adottata, Amnesty International:

• non svolgerà campagne generali in favore dell’aborto o di una sua generale legalizzazione;
• non giudicherà se l’aborto sia giusto o sbagliato;
• non consiglierà a singole persone di proseguire o interrompere una gravidanza;
• non prenderà posizione sul fatto che una donna debba o meno abortire nelle circostanze sopra descritte, ma chiederà agli Stati di assicurarle la possibilità di ricorrere all’aborto in maniera sicura e accessibile e di prevenire gravi violazioni dei diritti umani correlate alla negazione di questa possibilità;
• naturalmente, proseguirà a opporsi a misure di controllo demografico coercitive come la sterilizzazione e l’aborto forzati.

FINE DEL COMUNICATO Roma, 13 giugno 2007



Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it

La posizione di Amnesty International in tema di aborto

(21.08.07)

In occasione del XXVIII Congresso internazionale di Amnesty International, che si è svolto in Messico ad agosto di quest’anno, l’organizzazione per i diritti umani ha ratificato la sua posizione sull’aborto. La discussione su questo tema ha avuto origine nel contesto della campagna “Mai più violenza sulle donne”, che ha messo in luce la drammatica realtà di donne e bambine vittime di violenza sessuale e che subiscono ancora oggi le conseguenze della violazione dei loro diritti sessuali e riproduttivi. La sua adozione è stata preceduta da una consultazione internazionale durata due anni tra le Sezioni Nazionali, i Gruppi e i soci dell’associazione.

La posizione di Amnesty non è per l’aborto come diritto ma per i diritti umani delle donne che devono vivere libere dalla paura, dalla violenza e dalle coercizioni quando affrontano le conseguenze dello stupro e di altre violazioni dei diritti umani.

La policy adottata consentirà all’associazione di occuparsi di questioni specifiche riguardanti l’aborto, nella misura in cui queste sono direttamente legate alle attività di Amnesty International sul diritto alla salute e sulla violenza contro le donne.

Amnesty International pertanto chiederà agli Stati di:

• fornire a uomini e donne informazioni complete riguardanti la salute sessuale e riproduttiva;
• modificare o abrogare le leggi per effetto delle quali le donne possono essere sottoposte a imprigionamento o ad altre sanzioni penali per aver abortito o cercato di abortire;
• garantire che tutte le donne con complicazioni sanitarie derivanti da un aborto abbiano accesso a trattamenti medici adeguati, indipendentemente dal fatto che abbiano abortito legalmente o meno;
• garantire l’accesso a servizi legali e sicuri di aborto a ogni donna la cui gravidanza sia dovuta a una violenza sessuale o a incesto o la cui gravidanza presenti un rischio per la sua vita o la sua salute.

Sulla base della policy adottata, Amnesty International:

• non svolgerà campagne generali in favore dell’aborto o di una sua generale legalizzazione;
• non giudicherà se l’aborto sia giusto o sbagliato;
• non consiglierà a singole persone di proseguire o interrompere una gravidanza;
• non prenderà posizione sul fatto che una donna debba o meno abortire nelle circostanze sopra descritte, ma chiederà agli Stati di assicurarle la possibilità di ricorrere all’aborto in maniera sicura e accessibile e di prevenire gravi violazioni dei diritti umani correlate alla negazione di questa possibilità;
• naturalmente, proseguirà a opporsi a misure di controllo demografico coercitive come la sterilizzazione e l’aborto forzati.

Fonte: Amnesty International

venerdì 18 gennaio 2008

Picchia e stupra moglie italiana, 9 anni a docente messicano

Denunciato da moglie e' stato poi arrestato a Milano
(ANSA) - MILANO, 17 GEN - Picchio' e stupro' la moglie italiana: per questo un messicano e' stato condannato a 9 anni di reclusione. Denunciato dalla moglie prima che la coppia si trasferisse in Messico, Felix Lerme fu arrestato a Milano al suo arrivo in Italia per un convegno, ignaro che ci fosse un'indagine nei suoi confronti. La moglie intanto era tornata in Italia dopo essersi separata. La polizia pote' intervenire perche' i maltrattamenti erano avvenuti in Italia.

Fonte: Ansa

giovedì 17 gennaio 2008

Cina: condanna a morte ex deputato

Stupro' decine di ragazze minorenni
(ANSA)- PECHINO, 16 GEN - Un ex membro dell'Assemblea Nazionale del Popolo cinese e' stato condannato a morte per aver stuprato decine di ragazze minorenni. Secondo il sito Sina.com, Wu Tianxi, di 61 anni, e' stato condannato a morte per aver rapito e stuprato 36 ragazze tra i 12 ed i 16 anni dopo che un indovino gli aveva detto che se avesse avuto rapporti sessuali con donne vergini i suoi affari sarebbero migliorati. Wu, un imprenditore di successo, e' stato delegato al Parlamento cinese dal 1998 al 2003.

Fonte: Ansa

ABORTO:SONDAGGIO,60% ITALIANE LO DIFENDE,NO MODIFICHE A 194

ROMA, 16 GEN - Il 60% circa delle italiane, cioe' sei donne su dieci, difendono la legge 194 che ha legalizzato l'aborto nel nostro paese. Anche se per l'80% abortire rappresenta un trauma indelebile, la legge non deve quindi essere cambiata, perche' l'aborto e' una libera scelta, necessaria quando la gravidanza mette in pericolo la salute della donna incinta.
E' quanto emerge da un sondaggio condotto per il periodico 'Donna Moderna'. Per sei donne su dieci la legge 194 deve restare tale e quale. Ancora piu' netta l'opinione nei confronti di chi propone una moratoria per l'aborto come per la pena di morte. Ben il 75% e' in disaccordo con questa posizione. L'aborto inoltre non dovrebbe essere consentito nelle strutture private, a pagamento, ma essere gratuito. Secondo il 62% delle intervistate il medico privato potrebbe influenzarne la scelta. Il sondaggio evidenzia inoltre alcune storture ed errori nella percezione degli effetti della legge. Per la meta' delle italiane, in trent'anni di applicazione della norma, gli aborti sono aumentati, quando in realta' sono diminuiti del 44%. Per quanto riguarda la pillola abortiva il giudizio e' positivo, visto che per sei donne su dieci rappresenta un passo avanti. L'aborto sembra rimanere comunque una scelta prettamente femminile, visto che il 60% pensa che la legge non debba prevedere un ruolo dell'uomo nella decisione di abortire. Il fatto di essere a favore dell'interruzione di gravidanza, non significa ignorarne le conseguenze. L'aborto e' infatti una scelta che ha delle ripercussioni forti nella vita di una donna, un momento che non si puo' dimenticare (per l'80% del campione) sia per il rimpianto (47%) che per il senso di colpa (34%).
Fonte: Ansa/Federfarma

Fonte: cybermed.it

mercoledì 16 gennaio 2008

15enne denuncia stupro coetanei

Indagati dai carabinieri cinque presunti violentatori
(ANSA) - OSTUNI (BRINDISI), 16 GEN - Una quindicenne avrebbe subito violenza sessuale di gruppo da cinque coetanei secondo una denuncia del padre ai carabinieri. Nella denuncia sono indicati i nomi dei presunti violentatori. Lo riporta oggi la Gazzetta del Mezzogiorno. La ragazza, studentessa,avrebbe raccontato la vicenda al padre dopo che questi aveva notato stranezze nel suo comportamento. Le indagini sono coordinate dalla procura della Repubblica per i minorenni di Lecce.

Fonte: Ansa

ABORTO: TURCO, FERRARA NEGA RESPONSABILITA' DELLE DONNE

Roma - La campagna di Giuliano Ferrara sul Foglio contro l'aborto, definito ieri "il piu' perfetto degli omicidi", non fa altro che "negare la responsabilita' femminile", che invece va difesa e valorizzata.
E' il pensiero del ministro della Salute Livia Turco, intervenuta alla trasmissione 'Viva Voce' su Radio 24. Nel sottolineare i meriti della legge 194, definita "ottima", la Turco ha ricordato i dati sul drastico calo del numero degli aborti da 25 anni a questa parte, sottolineando che "proprio la regolamentazione dell'aborto, che ha messo la donna di fronte alla sua scelta ed ha messo le strutture pubbliche di fronte alla scelta abortiva, ha reso l'aborto moralmente riprovevole. E quelle stesse donne che secondo Ferrara sono scriteriate, hanno mostrato grande responsabilita'".
Fonte: Agi/Federfarma
Fonte: cybermed.it

Aborto, è boom di consultori privati

Analisi della Cgil-Camera del Lavoro metropolitana di Milano (CdLM)

In Lombardia +53% in tre anni, con incassi cresciuti del 132%. Le strutture pubbliche cresciute solo del 18%. Operatori in calo

STRUMENTI
VERSIONE STAMPABILE
I PIU' LETTI
INVIA QUESTO ARTICOLO
MILANO - In Lombardia il numero di consultori privati è in netto aumento: +53% di nuove strutture dal 2003 al 2006 (da 38 a 58, ultimi dati disponibili), quando il numero di quelli pubblici è cresciuto solo del 18% (da 189 a 223 e, di questi, un terzo è una sede distaccata di una struttura già esistente). A dirlo oggi è la Cgil-Camera del Lavoro metropolitana di Milano (CdLM), che ricorda come solo le strutture pubbliche siano tenute per legge a fornire tutti i servizi disponibili, dall'educazione sessuale allo screening alla contraccezione. Il dato è «sconvolgente» secondo Fulvia Colombini, responsabile delle politiche della salute alla CdLM, la quale ricorda che in Lombardia c'è solo un consultorio ogni 40 mila abitanti, la metà di quanto stabilito dal Progetto obiettivo materno infantile. Inoltre, «in Regione la maggior parte dei consultori privati, circa il 60-70% - spiega Colombini - sono di matrice cattolica. Non c'è niente di male, ma non fanno tutto quello che serve, perchè ad esempio non praticano la contraccezione. Senza contare che l'obiezione di coscienza in Lombardia è di circa il 70%, e questo rende faticoso per la donna trovare servizi e risposte ai suoi bisogni».

Dai dati della CdLM emerge anche che gli operatori dei consultori pubblici sono diminuiti dell'8,5%, mentre quelli del privato sono aumentati del 40%: questo a fronte di un numero costante di prestazioni pubbliche offerte dal 2003 al 2006, circa 89 mila l'anno. Nel settore privato, invece, il numero di prestazioni è aumentato del 163% (da 19.950 a 46.872), mentre gli incassi sono cresciuti del 132,2%. Nei consultori pubblici gli incassi sono diminuiti del 10,5%: «La remunerazione che la Regione dà alle Asl è disincentivante - dice Colombini - non si riesce nemmeno a coprire il costo del personale». Per la Camera del Lavoro, per svolgere al meglio la prevenzione delle interruzioni di gravidanza c'è bisogno di potenziare il personale dei consultori pubblici, di investire sull'apertura di nuove sedi pubbliche e di incentivare politiche mirate per le donne straniere, dato che a Milano il 40% delle interruzioni volontarie di gravidanza avviene proprio all'interno di questa categoria.
14 gennaio 2008
Fonte: Corriere della Sera

lunedì 14 gennaio 2008

ABORTO: TURCO, PARERE CSS SU VITA FETO IMPORTANTE PER I MEDICI

Roma - Sulla opportunita' di una revisione della legge sull'aborto "le prime ad essere interpellate dovrebbero essere le donne". Lo ha detto il ministro della Salute, Livia Turco, intervenuta questa mattina a "Sabato, domenica e..." su Raiuno. "Il grande principio etico della legge e' l'aver ridotto del 60% il ricorso all'interruzione di gravidanza, e mi dispiace che venga spesso considerato come un diritto al quale bisogna porre dei paletti", ha osservato ancora la Turco.
Quanto al parere richiesto dalla stessa Turco al Consiglio superiore di sanita': "Mi e' parso un gesto di responsabilita' politica - ha aggiunto - dire al mondo medico 'assumetevi la responsabilita' e, a partire dalla esperienza che avete accumulato, diteci se e' possibile definire una soglia a partire dalla quale si puo' parlare di vita autonoma del feto'". Se la Commissione, che dovrebbe riunirsi martedi' prossimo, dovesse 'abbassare' la soglia alle 21 o 22 settimane la legge non subira' comunque modifiche. "Il parere servira' come raccomandazione agli operatori - ha detto ancora la Turco -. Solo il Parlamento puo' cambiare le leggi ma sara' molto importante perche' i medici e le famiglie hanno bisogno di avere dei punti di riferimento. E' molto piu' importante per un medico avere un parere del Consiglio superiore di sanita' che e' stato elaborato da chi come loro vive sul campo l'esperienza, che non una norma frutto di un dibattito parlamentare che a volte prescinde dal merito". Sull'introduzione sul mercato italiano della Ru486, la cosiddetta pillola del giorno dopo, il ministro ha poi detto: "E' una opportunita' in piu' che avranno i medici italiani, che avranno le donne e che non mette in discussione la 194 anche se le modalita' di trattamento sono diverse - ha concluso -. Anche su questo ho chiesto al Consiglio superiore di sanita' di elaborare una raccomandazione rivolta agli operatori perche' la Ru486 deve significare una opportunita' in piu' per la tutela della donna e deve avvenire all'interno della legge 194". -
Fonte: Agi/Federfarma
Fonte: cybermed.it

Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza.

Legge 194/78

Articolo 1.
Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.

Articolo 2. I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405 , fermo restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza: a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio; b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante; c) attuando direttamente o proponendo allo ente locale competente o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a); d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza. I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita. La somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita anche ai minori.

Articolo 3. Anche per l'adempimento dei compiti ulteriori assegnati dalla presente legge ai consultori familiari, il fondo di cui all'articolo 5 della legge 29 luglio 1975, n. 405 , è aumentato con uno stanziamento di L. 50.000.000.000 annui, da ripartirsi fra le regioni in base agli stessi criteri stabiliti dal suddetto articolo. Alla copertura dell'onere di lire 50 miliardi relativo all'esercizio finanziario 1978 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto nel capitolo 9001 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per il medesimo esercizio. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.

Articolo 4. Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell'articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405 , o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.

Articolo 5. Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto. Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, anche sulla base dell'esito degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere l'interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie. Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra l'esistenza di condizioni tali da rendere urgente l'intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l'urgenza. Con tale certificato la donna stessa può presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare la interruzione della gravidanza. Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell'incontro il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, di fronte alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza sulla base delle circostanze di cui all'articolo 4, le rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l'avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni, la donna può presentarsi, per ottenere la interruzione della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole ai sensi del presente comma, presso una delle sedi autorizzate.

Articolo 6. L'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:

a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;

b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.

Articolo 7. I processi patologici che configurino i casi previsti dall'articolo precedente vengono accertati da un medico del servizio ostetrico-ginecologico dell'ente ospedaliero in cui deve praticarsi l'intervento, che ne certifica l'esistenza. Il medico può avvalersi della collaborazione di specialisti. Il medico è tenuto a fornire la documentazione sul caso e a comunicare la sua certificazione al direttore sanitario dell'ospedale per l'intervento da praticarsi immediatamente. Qualora l'interruzione della gravidanza si renda necessaria per imminente pericolo per la vita della donna, l'intervento può essere praticato anche senza lo svolgimento delle procedure previste dal comma precedente e al di fuori delle sedi di cui all'articolo 8. In questi casi, il medico è tenuto a darne comunicazione al medico provinciale. Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo 6 e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto.

Articolo 8. L'interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso un ospedale generale tra quelli indicati nell'articolo 20 della legge 12 febbraio 1968, numero 132 , il quale verifica anche l'inesistenza di controindicazioni sanitarie. Gli interventi possono essere altresì praticati presso gli ospedali pubblici specializzati, gli istituti ed enti di cui all'articolo 1, penultimo comma, della legge 12 febbraio 1968, n. 132, e le istituzioni di cui alla legge 26 novembre 1973, numero 817, ed al decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1958, n. 754, sempre che i rispettivi organi di gestione ne facciano richiesta.

Nei primi novanta giorni l'interruzione della gravidanza può essere praticata anche presso case di cura autorizzate dalla regione, fornite di requisiti igienico-sanitari e di adeguati servizi ostetrico-ginecologici. Il Ministro della sanità con suo decreto limiterà la facoltà delle case di cura autorizzate, a praticare gli interventi di interruzione della gravidanza, stabilendo: 1) la percentuale degli interventi di interruzione della gravidanza che potranno avere luogo, in rapporto al totale degli interventi operatori eseguiti nell'anno precedente presso la stessa casa di cura; 2) la percentuale dei giorni di degenza consentiti per gli interventi di interruzione della gravidanza, rispetto al totale dei giorni di degenza che nell'anno precedente si sono avuti in relazione alle convenzioni con la regione. Le percentuali di cui ai punti 1) e 2) dovranno essere non inferiori al 20 per cento e uguali per tutte le case di cura. Le case di cura potranno scegliere il criterio al quale attenersi, fra i due sopra fissati.

Nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere effettuati, dopo la costituzione delle unità socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione. Il certificato rilasciato ai sensi del terzo comma dell'articolo 5 e, alla scadenza dei sette giorni, il documento consegnato alla donna ai sensi del quarto comma dello stesso articolo costituiscono titolo per ottenere in via d'urgenza l'intervento e, se necessario, il ricovero.

Articolo 9. Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l'interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell'obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall'assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l'esecuzione di tali prestazioni. L'obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale. L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento. Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale. L'obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. L'obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato, se chi l'ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l'interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente.

Articolo 10. L'accertamento, l'intervento, la cura e la eventuale degenza relativi alla interruzione della gravidanza nelle circostanze previste dagli articoli 4 e 6, ed attuati nelle istituzioni sanitarie di cui all'articolo 8, rientrano fra le prestazioni ospedaliere trasferite alle regioni dalla legge 17 agosto 1974, n. 386 . Sono a carico della regione tutte le spese per eventuali accertamenti, cure o degenze necessarie per il compimento della gravidanza nonché per il parto, riguardanti le donne che non hanno diritto all'assistenza mutualistica. Le prestazioni sanitarie e farmaceutiche non previste dai precedenti commi e gli accertamenti effettuati secondo quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 5 e dal primo comma dell'articolo 7 da medici dipendenti pubblici, o che esercitino la loro attività nell'ambito di strutture pubbliche o convenzionate con la regione, sono a carico degli enti mutualistici, sino a che non sarà istituito il servizio sanitario nazionale.

Articolo 11. L'ente ospedaliero, la casa di cura o il poliambulatorio nei quali l'intervento è stato effettuato sono tenuti ad inviare al medico provinciale competente per territorio una dichiarazione con la quale il medico che lo ha eseguito dà notizia dell'intervento stesso e della documentazione sulla base della quale è avvenuto, senza fare menzione dell'identità della donna. Le lettere b) e f) dell'articolo 103 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con il regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, sono abrogate.

Articolo 12. La richiesta di interruzione della gravidanza secondo le procedure della presente legge è fatta personalmente dalla donna. Se la donna è di età inferiore ai diciotto anni, per l'interruzione della gravidanza è richiesto lo assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le procedure di cui all'articolo 5 e rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui esso opera. Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione della gravidanza. Qualora il medico accerti l'urgenza dell'intervento a causa di un grave pericolo per la salute della minore di diciotto anni, indipendentemente dall'assenso di chi esercita la potestà o la tutela e senza adire il giudice tutelare, certifica l'esistenza delle condizioni che giustificano l'interruzione della gravidanza. Tale certificazione costituisce titolo per ottenere in via d'urgenza l'intervento e, se necessario, il ricovero. Ai fini dell'interruzione della gravidanza dopo i primi novanta giorni, si applicano anche alla minore di diciotto anni le procedure di cui all'articolo 7, indipendentemente dall'assenso di chi esercita la potestà o la tutela.

Articolo 13. Se la donna è interdetta per infermità di mente, la richiesta di cui agli articoli 4 e 6 può essere presentata, oltre che da lei personalmente, anche dal tutore o dal marito non tutore, che non sia legalmente separato. Nel caso di richiesta presentata dall'interdetta o dal marito, deve essere sentito il parere del tutore. La richiesta presentata dal tutore o dal marito deve essere confermata dalla donna. Il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, trasmette al giudice tutelare, entro il termine di sette giorni dalla presentazione della richiesta, una relazione contenente ragguagli sulla domanda e sulla sua provenienza, sull'atteggiamento comunque assunto dalla donna e sulla gravidanza e specie dell'infermità mentale di essa nonché il parere del tutore, se espresso. Il giudice tutelare, sentiti se lo ritiene opportuno gli interessati, decide entro cinque giorni dal ricevimento della relazione, con atto non soggetto a reclamo. Il provvedimento del giudice tutelare ha gli effetti di cui all'ultimo comma dell'articolo 8.

Articolo 14. Il medico che esegue l'interruzione della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite, nonché a renderla partecipe dei procedimenti abortivi, che devono comunque essere attuati in modo da rispettare la dignità personale della donna. In presenza di processi patologici, fra cui quelli relativi ad anomalie o malformazioni del nascituro, il medico che esegue l'interruzione della gravidanza deve fornire alla donna i ragguagli necessari per la prevenzione di tali processi.

Articolo 15. Le regioni, d'intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono l'aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull'uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza. Le regioni promuovono inoltre corsi ed incontri ai quali possono partecipare sia il personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sia le persone interessate ad approfondire le questioni relative all'educazione sessuale, al decorso della gravidanza, al parto, ai metodi anticoncezionali e alle tecniche per l'interruzione della gravidanza. Al fine di garantire quanto disposto dagli articoli 2 e 5, le regioni redigono un programma annuale d'aggiornamento e di informazione sulla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali esistenti nel territorio regionale.

Articolo 16. Entro il mese di febbraio, a partire dall'anno successivo a quello dell'entrata in vigore della Presente legge, il Ministro della sanità presenta al Parlamento una relazione sull'attuazione della legge stessa e sui suoi effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione. Le regioni sono tenute a fornire le informazioni necessarie entro il mese di gennaio di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal Ministro. Analoga relazione presenta il Ministro di grazia e giustizia per quanto riguarda le questioni di specifica competenza del suo Dicastero.

Articolo 17. Chiunque cagiona ad una donna per colpa l'interruzione della gravidanza è punito con la reclusione da tre mesi a due anni. Chiunque cagiona ad una donna per colpa un parto prematuro è punito con la pena prevista dal comma precedente, diminuita fino alla metà. Nei casi previsti dai commi precedenti, se il fatto è commesso con la violazione delle norme poste a tutela del lavoro la pena è aumentata.

Articolo 18. Chiunque cagiona l'interruzione della gravidanza senza il consenso della donna è punito con la reclusione da quattro a otto anni. Si considera come non prestato il consenso estorto con violenza o minaccia ovvero carpito con l'inganno. La stessa pena si applica a chiunque provochi l'interruzione della gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna. Detta pena è diminuita fino alla metà se da tali lesioni deriva l'acceleramento del parto. Se dai fatti previsti dal primo e dal secondo comma deriva la morte della donna si applica la reclusione da otto a sedici anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la reclusione da sei a dodici anni; se la lesione personale è grave questa ultima pena è diminuita. Le pene stabilite dai commi precedenti sono aumentate se la donna è minore degli anni diciotto.

Articolo 19. Chiunque cagiona l'interruzione volontaria della gravidanza senza l'osservanza delle modalità indicate negli articoli 5 o 8, è punito con la reclusione sino a tre anni. La donna è punita con la multa fino a lire centomila. Se l'interruzione volontaria della gravidanza avviene senza l'accertamento medico dei casi previsti dalle lettere a) e b) dell'articolo 6 o comunque senza l'osservanza delle modalità previste dall'articolo 7, chi la cagiona è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La donna è punita con la reclusione sino a sei mesi. Quando l'interruzione volontaria della gravidanza avviene su donna minore degli anni diciotto, o interdetta, fuori dei casi o senza l'osservanza delle modalità previste dagli articoli 12 e 13, chi la cagiona è punito con le pene rispettivamente previste dai commi precedenti aumentate fino alla metà. La donna non è punibile. Se dai fatti previsti dai commi precedenti deriva la morte della donna, si applica la reclusione da tre a sette anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la reclusione da due a cinque anni; se la lesione personale è grave questa ultima pena è diminuita. Le pene stabilite dal comma precedente sono aumentate se la morte o la lesione della donna derivano dai fatti previsti dal quinto comma.

Articolo 20. Le pene previste dagli articoli 18 e 19 per chi procura l'interruzione della gravidanza sono aumentate quando il reato è commesso da chi ha sollevato obiezione di coscienza ai sensi dell'articolo 9.

Articolo 21. Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 326 del codice penale, essendone venuto a conoscenza per ragioni di professione o di ufficio, rivela l'identità - o comunque divulga notizie idonee a rivelarla - di chi ha fatto ricorso alle procedure o agli interventi previsti dalla presente legge, è punito a norma dell'articolo 622 del codice penale.

Articolo 22. Il titolo X del libro II del codice penale è abrogato. Sono altresì abrogati il n. 3) del primo comma e il n. 5) del secondo comma dell'articolo 583 del codice penale. Salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, non è punibile per il reato di aborto di donna consenziente chiunque abbia commesso il fatto prima dell'entrata in vigore della presente legge, se il giudice accerta che sussistevano le condizioni previste dagli articoli 4 e 6.

domenica 13 gennaio 2008

Violenta ragazza agli Uffizi arrestato operaio incensurato

La vittima, 25 anni, è una dipendente del Polo museale fiorentino
l'uomo l'ha aggredita nei bagni del cantiere davanti alla Galleria
...
FIRENZE - Violenza sessuale: con questa accusa, venerdì pomeriggio, a Firenze, i carabinieri hanno arrestato un operaio edile di 36 anni, incensurato, di origini campane ma residente ad Arezzo, accusato di aver violentato, poche ore prima, una ragazza fiorentina di 25 anni nei bagni del cantiere aperto da tempo davanti alla Galleria degli Uffizi e dove l'operaio lavorava.

La giovane, una dipendente del Polo museale fiorentino, ha denunciato ai carabinieri di essere già da qualche giorno vittima di pesanti apprezzamenti da parte dell'uomo. Quest'ultimo, separato dalla moglie, aveva più volte insistito perché la ragazza uscisse con lui, ma questa aveva sempre declinato gli inviti.

Venerdì, intorno alle 13 - sempre secondo la versione della vittima - l'operaio, approfittando del momento di pausa per il pranzo, avrebbe costretto la donna a seguirlo nei servizi igienici del cantiere e lì l'avrebbe violentata.

Poco dopo la ragazza si è presentata nella vicina stazione dei carabinieri per denunciare quanto accaduto. I militari hanno individuato e arrestqato il presunto aggressore. La giovane è stata accompagnata in ospadale dove, secondo quanto emerso, i medici hanno riscontrato i segni della violenza subìta. L'uomo è stato condotto nel carcere di Sollicciano per essere ascoltato dal pubblico ministero Leopoldo De Gregorio.

(12 gennaio 2008)

Fonte Repubblica.it

Sabrina, la fidanzata di tutti raccontata nei forum dai fan

Il mestiere più antico del mondo si adatta al nuovo guadagni facili e pochi rischi. Ed è subito boom
di GABRIELE ROMAGNOLI

Come un autore viziato dalla critica, alla prima recensione fredda Sabrina ha reagito duramente, accusando il suo mancato adoratore e andando in vacanza all'estero, dove sicuramente sapranno apprezzarla. Sabrina RM non scrive libri. Meglio, non ancora, anche se avrebbe molto da raccontare. Riceve in casa i clienti che la scelgono nel catalogo on line. Era, fino poco fa, la regina del sito. La più amata, letteralmente, dagli italiani, con un indice di gradimento vicino al 100%. Si mostrava in decine di foto con abbigliamenti intimi e si lasciava coccolare da decine di commenti entusiasti alle sue prestazioni, descritte con linguaggio da iniziati e precisione, beh, non da gentiluomini. Di lei si conoscevano le misure anatomiche e gli animali domestici, le doti di conversatrice e la passione per Internet. Eccessiva, ha giudicato qualcuno, accusandola di distrarsi ogni volta che il computer segnalava aggiornamenti alla sua pagina. Ecco: il suo caso rappresenta il punto più avanzato nel passaggio della prostituzione dalla strada al web. La seconda è destinata a superare la prima, raddoppiando il numero di professioniste negli ultimi anni, ma forse anche segnando l'inizio della propria fine. Il gioco più vecchio del mondo ha nuove regole, e i giocatori si adeguano. La prostituzione tradizionale era un appuntamento al buio: quello di un viale notturno o di una casa sconosciuta a cui il cliente andava attratto da annunci sul giornale redatti con la tecnica di quelli immobiliari (non esistono catapecchie).

Le professioniste della strada hanno escogitato metodi per nascondere i difetti e far risaltare le virtù: attendono nell'ombra, scoprono quanto hanno di meglio, promettono più di quel che manterranno. Quelle delle inserzioni gettano l'esca degli aggettivi e delle misure non verificabili. La delusione tendeva agguati. On line, invece, ogni professionista dettaglia disponibilità e tariffe, esibisce un portfolio fotografico, dove può o meno scoprire il volto, ma rivela sempre il resto. Può bluffare, certo. Una volta sola, però. Chi viene beffato e trova una donna diversa o la stessa dieci anni o venti chili dopo mette on line un'allerta che scoraggia i futuri consumatori.

Già archiviati nel cassetto della nostalgia i bordelli, ci stanno finendo i tragitti in auto davanti ai falò. Resteranno nei fotogrammi di "Paolo il caldo" e nelle evocazioni di Vittorio Gassman nel "Sorpasso" ("Ma chi, quella con la frezza bianca, ci vai pure tu?").

Come per molti altri aspetti dell'esistenza, Internet rende tutto più accessibile e trasparente. Il rapporto tra prostituta e cliente è rimasto a lungo coperto dal pudore di lui e dal "segreto professionale" di lei. Ora i cataloghi svelano gli arcani. Con qualche sorpresa. Dal lato dell'offerta scompare il luogo comune per cui le mercenarie non baciano: lo garantiscono e lo fanno. Gli uomini ci tengono molto perché, alla fine della lettura di un centinaio di recensioni, la cosa che più desiderano, durante quell'ora da trecento euro, non appartiene a nessuna delle sequenze obbligate dei film porno. La domanda si concentra su una sigla: GFE. Sta per "girl friend experience", ossia "sentirsi come se si fosse con la propria fidanzata". Il mercato si adegua. È un processo di aggiornamento continuo, con la velocità che soltanto il web può garantire. Una recensione toglie un punto perché "lei non teneva il cellulare spento" e dalla successiva si precisa che "adesso lo fa".

Chi si rivela "poco passionale" ritrova energia. Le più stizzose intervengono di persona precisando: "Non posso essere la stessa con tutti, se quel tale non ha gradito è perché lui non era all'altezza". Il cliente della strada torna a casa e, Gassman a parte, non dice a nessuno quel che gli è successo. Protetto dall'anonimato, quello del web non tace nulla, è un consumatore pignolo che compila il sondaggio sul prodotto appena comprato, con in più una specie di coscienza di classe: vuole evitare fregature agli altri come lui o condividere con loro le stesse gioie. Usa un linguaggio colorito, ma non osceno, qualche volta cede alla tenerezza e nell'ultima riga, dopo una cronaca nuda e cruda, aggiunge parole d'affetto per la donna che ha incontrato.

Anche la prostituta del web è diversa da quella della strada. All'altra bastava cambiare gli abiti o il trucco. Questa modifica la galleria fotografica, facendosi ritrarre in nuove pose, comunica gli spostamenti di orario e sede, precisa le disponibilità, ribatte alle critiche.

Come per ogni altro settore di Internet, dietro la trasparenza si nasconde un secondo strato di inganni. Molte delle recensioni sono fasulle: alcune ragazze o loro sodali scrivono il proprio auto elogio o stroncano la concorrenza. Nei forum circolano sospetti, i gestori dei siti rintracciano e denunciano pubblicamente i falsari e le loro protette. Alcune, smascherate, si ritirano per ricomparire qualche tempo dopo con un nome diverso, una galleria fotografica in cui risultano irriconoscibili e qualche prestazione inedita, oltre all'assicurata GFE.

D'altronde, tutto il gioco si regge sulla falsità. Provate a chiedere a dieci uomini che conoscete se sono mai stati con una donna a pagamento. Nove risponderanno di no. Il decimo è quello che tiene in piedi da solo un giro d'affari di miliardi. Ogni tanto le forze dell'ordine "scoprono" una di queste attività, che per anni ha messo inserzioni a pagamento su giornali a larga diffusione. Molti dei siti di escort sono stati chiusi e hanno riaperto con una minima variazione dell'indirizzo. I motori di ricerca fanno la correzione automaticamente, ma gli inquirenti stanno ancora cercando le nuove sedi elettroniche.

Sabrina almeno sembrava sincera, sia nel proporsi con tanto ardore e con le foto del Natale scorso ai Caraibi, sia nella delusione per aver ricevuto qualche appunto che giudicava immeritato. Si è esposta senza esporre nessun altro: sia detto a suo merito, non ha tenuto un blog con le proprie esperienze. È che il mondo, specie da quando esiste Internet, tritura personaggi a velocità raddoppiata. Bill Clinton, uno che se ne intende di donne, di Internet e di pubblica esposizione dice che "si ha fame solo di nuove storie". Così ora fa furore Annabella, ma già c'è chi, dopo tutti gli entusiasmi, "si aspettava di più".

(12 gennaio 2008)
Fonte: repubblica.it

ABORTO: TURCO, PARERE SCIENTIFICO FERMA LE DERIVE ANTI-194

ROMA, 11 GEN - Il ministro della Salute Livia Turco respinge da ''femminista e di sinistra'', dalle pagine della Stampa, le affermazioni di ieri di Riccardo Barenghi che parlava sostanzialmente di retromarcia sulla legge e spiega che la richiesta di un parere scientifico al Consiglio Superiore di Sanita' e' ''la via maestra, per stoppare le derive anti-legge 194''.
Il ministro spiega infatti che la richiesta al Consiglio Superiore di Sanita' di un parere scientifico sulla possibilita' di vita autonoma del feto, nasce dalle indicazioni della stessa legge '' che affida l'applicazione corretta delle sue norme anche alla responsabilita' medica, e cio' proprio in base all'evoluzione medico scientifica. Questo e' un punto di forza che ne dimostra la lungimiranza nel prevedere i progressi della ricerca e dell'assistenza in questo campo''. La necessita' del parere, aggiunge Turco, nasce anche dalla esigenza di fornire agli operatori indirizzi unitari ''anche perche' moltissimi ospedali si stanno dando propri codici di comportamento per applicare bene l'articolo 7 delle legge 194''. Ed infine il ministro conferma la sua volonta' ''che nel Pd sia trovata una sede permanente di confronto su questi temi per costruire insieme una 'nostra' inedita e piu' ricca morale laica''.
Fonte: Ansa/Federfarma
Fonte: cybermed.it

Prostitute al tempo di internet raddoppiate in pochi anni

Fenomeno in crescita costante. Business redditizio e pochi rischi
I proprietari dei siti sono "invisibili". E le indagini si arenano.
di VLADIMIRO POLCHI

ROMA - Dal marciapiede, al web. Dal magnaccia in carne e ossa, al protettore on line invisibile. Cambiano i luoghi della prostituzione, si evolvono le forme di sfruttamento. Sono i vantaggi di internet: cresce il giro d'affari, si abbattono i rischi. I quartieri a luci rosse? Superati, oggi il sesso si vende sulla rete. "In Italia, negli ultimi anni, i siti specializzati sono raddoppiati", spiega Maurizio Masciopinto, direttore della divisione investigativa della polizia delle comunicazioni. Sul web si trova di tutto: escort, girl, boy, transex. Ragazze in tour per la penisola, prostitute con sconto, vere e proprie "guide all'acquisto": forum di recensioni con le escort più votate, quelle più economiche, quelle che offrono i servizi migliori. I portali più cliccati presentano centinaia di annunci e ciascuna ragazza paga fino a 400 euro al mese per vedere pubblicata la propria inserzione con foto. Escortforum. it, recensioniescort. com, relazionisociali. net, topclassescort. net, arcaton. com: tanti siti per un business ormai miliardario. Chi si nasconde dietro? Per lo più, imprenditori italiani, con server stranieri. "Il fenomeno è noto e in costante espansione - conferma Masciopinto - le indagini condotte in questi anni hanno portato a un nulla di fatto. Siti oscurati, poi subito riaperti. Impossibile accertare il reato di sfruttamento. È un affare redditizio e, in pratica, non perseguibile".

La rete è generosa e fornisce persino tutte le istruzioni necessarie per aprire un sito internet di escort e arricchirsi alle spalle delle ragazze in vendita. "Il consiglio è di prendere l'hosting in uno di questi Paesi: Olanda, Repubblica Ceca, Slovacchia, Estonia - scrive Paolino, moderatore di un forum tematico molto frequentato - l'importante è non figurare come intestatario del dominio e per fare questo basta rivolgersi a uno dei tanti servizi di anonimizzazione".

Una procedura assai semplice: apri un sito internet su un server estero e fai in modo da non risultarne titolare. "Come servizio di anonimizzazione - precisa Paolino - non devi necessariamente usarne uno in Olanda o in Slovacchia, ne basta uno negli Usa, tipo "Godaddy". Fatto ciò diventi invisibile per lo Stato italiano, a meno che non decidano di fare indagini approfondite, chiedere rogatorie su rogatorie. Ma per lo Stato il gioco non varrebbe la candela". Insomma, il business sembra pulito. "Si tratta di un settore in cui le attività di polizia giudiziaria sono praticamente zero - continua Paolino - le norme sono ambigue e nessun investigatore ha mai chiuso un sito, fino a oggi. Le indagini dovrebbero concentrarsi sulle escort stesse, che andrebbero colte in flagrante, mentre si prostituiscono. Poi mettergli sotto controllo telefono, e-mail, instant messenger, infine risalire al sito che le sponsorizza. Quanto ai paga menti basta aprire un conto corrente in uno dei Paesi citati".

Chantal, escort italo-francese, conferma il meccanismo: "Ogni mese devo spedire oltre mille euro all'estero, per veder pubblicato il mio annuncio su tre siti internet. Un salasso, certo. Ma è sempre meglio che battere per strada e poi l'investimento pubblicitario ripaga sempre. Io sono una libero professionista, 400 euro un'ora assieme. Ben diverso è il caso delle giovanissime dell'Est: macchinette mangia-soldi, che vengono mandate in tour per l'Italia da misteriose agenzie di escort. Un prezioso investimento, per il loro protettori".

"Perché indagare solo sui siti on line - ribatte Pia Covre del comitato per i diritti civili delle prostitute - gli annunci sui giornali sono infatti ben più cari. La
polizia dovrebbe preoccuparsi solo in presenza di donne non libere, ma vittime di tratta o nel caso in cui i prezzi pagati dalle escort siano così alti da configurare lo sfruttamento. Il resto è solo un affare tra persone adulte".

Contro i portali del sesso a pagamento c'è allora poco da fare? "Tutte le indagini condotte 2-3 anni fa - risponde Maurizio Masciopinto - si sono concluse senza esito favorevole. In fase investigativa e in prima istanza siamo riusciti a far oscurare i siti, poi in sede di giudizio è saltata la possibilità di provare lo sfruttamento sessuale. È infatti molto difficile attestare il trasferimento di denaro tra cliente, prostituta e gestore del sito. Oggi, poi, le cose si sono ulteriormente complicate - prosegue il dirigente della polizia di Stato - abbiamo infatti verificato che i server dei siti internet si sono tutti spostati in Olanda, Repubblica Ceca e altri Stati esteri, anche se i referenti restano italiani. Servirebbero dunque delle
rogatorie. In sostanza - conclude Masciopinto - le indagini per ora sono ferme".


(12 gennaio 2008)
Fonte: Repubblica.it

ABORTO: TURCO, LEGGE 194 DA VALORIZZARE NON DA ATTACCARE

Gli attacchi che si moltiplicano contro la legge sull'aborto sono dovuti a 'un pregiudizio ideologico', mentre 'se prevalesse una valutazione di merito e una vera attenzione alla promozione della vita la 194 non dovrebbe essere una legge sotto attacco, dovrebbe essere valorizzata'. Cosi' il ministro della Salute Livia Turco, intervenendo a Radio Tre- Scienza.
'Penso - ha sottolineato il ministro - che resti oscurato il grande valore etico dell'esercizio della responsabilita' femminile. Mi stupisce che non ci si interroghi su come mai c'e' stata una riduzione dell'aborto in modo costante e massiccio, - 60% dal 1981 al 2006. Le donne sono consapevoli, responsabili, e sanno drammaticamente bene quanto la scelta abortiva vada evitata. E poi - ha attaccato Livia Turco - c'e' la mania tutta italiana di usare alcuni temi etici per scorribande politiche. Un dibattito non a caso molto maschile'. .
Fonte: Agi/Federfarma
Fonte: cybermed.it

Sesso per curare le malattie mentali indagini e polemiche nelle Marche

Il caso a Ancona coinvolge anche uno psichiatra dipendente della Regione
Il Metodo della salute è una prassi del medico foggiano Mariano Loiacono
L'assessore Mezzolani: "E' uno scontro di dottrine che attraversa l'Italia"
La denuncia: "Malati di mente si toccano nudi come pratiche della vita rigenerativa"

Sesso per curare le malattie mentaliIndagini e polemiche nelle Marche

Almerino Mezzolani, assessore alla Salute della Regione Marche
ANCONA - Toccarsi, meglio se nudi e in compagnia, fa bene alla salute, specie quella mentale. Gli effetti migliorano se il tutto è accompagnato da canti ossessionanti e così ripetitivi da annullare sempre di più le individualità. Si chiama "Metodo della salute", fa parte di un progetto più generale "Nuova specie" e ha un suo guru, il medico foggiano Mariano Loiacono. Da oggi "Il metodo della salute" ha anche qualche guaio giudiziario. L'assessore alla Salute della Regione Marche Almerino Mezzolani ha avviato un'inchiesta interna. E Roberto Boldrini, responsabile del centro e vicepresidente dell'Associazione onlus "Alla salute" che ospita il nuovo e rivoluzionario metodo, è stato sospeso.

La vicenda, al di là delle solite pruderie, è molto seria e coinvolge persone con problemi psichici e coinvolge una questione di dottrina e di psicoterapia che sta attraversando l'Italia dividendo pareri e umori. Mezzolani (Pd) è molto cauto. "Ho avviato l'ispezione interna e abbiamo sospeso Roberto Boldrini, psichiatra e collaboratore di Loiacono - spiega - ma solo perché è un dipendente della Regione Marche e abbiamo ritenuto opportuno, soprattutto nel suo interesse, vederci chiaro in questa vicenda".

La vicenda nasce con una segnalazione del consigliere di An Daniele Silvetti. Secondo il suo esposto "il Metodo della Salute" propugnato dall'onlus "Alla salute" e sperimentato nel centro diurno Soledalia sarebbe "in totale contrapposizione con le tradizionali terapie farmaceutiche e le prassi psicoterapeutiche e riabilitative". Silvetti parla di "un non meglio identificato percorso rigenerativo, in cui i pazienti sarebbero assistiti con canti ossessionanti, coinvolti in riti o manifestazioni di totale annullamento dell'individuo", "spogliati e incoraggiati a toccamenti sessuali come normali pratiche della vita rigenerativa".

Per capire qualcosa di più occorre visitare il sito "Verso una nuova specie" dove il dottor Mariano Loiacono spiega di cosa si tratta. Innanzitutto il curriculum di Loiacono: 60 anni, una laurea in medicina alla Cattolica del Sacro Cuore di Roma, specializzato in psichiatria e dal 2001 dirigente del Centro di medicina sociale per alcoldipendenza, farmacodipendenza e disagio diffuso dell'Azienda ospedaliero-universitaria ospedali Riuniti di Foggia. Il metodo "Alla salute" è una "psicoterapia atipica che supera il solo livello di setting tradizionale". Si propone di "creare una dinamica rigenerativa complessa tra tutte le persone in trattamento, superando la settorializzazione e la divisione delle varie tipologie di disagio". Il metodo, che esclude l'uso dei farmaci, è "aperto a tutte le forme di espressioni di vita e di disagio asintomatico e sintomatico", comprese le sindromi psicotiche.

Insomma, un approccio un po' diverso rispetto "alle pratiche di tipo sessuale a scopo rigenerativo" di cui parla Silvetti nel suo esposto. A cui farà seguire, ha annunciato, un dossier su quelle che, a suo avviso, sono le "turbative" create da questo metodo "sperimentale" usato in una struttura pubblica, e che lo stesso Loiacono "definì eversivo in una conferenza nel gennaio scorso".

Per tutti questi motivi, che sono tanti e complessi, l'assessore Mezzolani ha avviato l'ispezione interna. "Ma questa vicenda è uno scontro che attraversa l'Italia e dubito che potremo avere noi la competenza per stabilire fin dove arriva il lecito e se e dove comincia l'abuso".

(9 gennaio 2008)
Fonte: repubblica.it

Pordenone, uccide moglie e figlio poi si impicca nel bagno

PORDENONE - Un uomo ha ucciso la moglie e il figlio e si è suicidato in una casa di accoglienza a Pordenone. I tre corpi sono stati trovati stamani da un sacerdote che si era recato a far visita alla famiglia. La donna e il figlio erano sul letto con un laccio di stroffa stretto intorno al collo, l'uomo, impiccato, era nel bagno. Secondo le prime informazioni, la famiglia viveva dallo scorso luglio nella casa di accoglienza dopo una grave crisi economica che li aveva ridotta praticamente sul lastrico. Una situazione che aveva gettato l'uomo nella più cupo depressione.
(11-01-2008)

Fonte: repubblica.it

sabato 12 gennaio 2008

Cos'è la Guerra

La Abc mostra la foto di un detenuto ex appartenente al partito Baath finito a percosse e lasciato morire nudo nelle proprie feci Torture, nuove foto accusano "Uomo ucciso a colpi di karate" Un soldato britannico rivela: "Ho partecipato ai maltrattamenti per paura degli altri soldati. Laggiù non ci sono più regole"

WASHINGTON - Nuove foto, altre accuse, testimonianze e rivelazioni. All'indomani del "mea culpa" - senza dimissioni - del segretario alla Difesa Usa Donald Rumsfeld, lo scandalo torture portato alla luce dal trapporto Tubaga sulle violenze nel carcere di Abu Ghraib sembra non avere fine.

La Abc ha mostrato la foto di un detenuto iracheno ridotto in fin di vita a colpi di karatè da marines della riserva che poi lo hanno lasciato morire nudo nelle proprie feci. Il caso sarebbe avvenuto in una prigione da campo gestita dai marines nel sud dell'Iraq, nei pressi di Nassiriya, campo White Horse.

Una fotografia mostra il corpo di Nadem Sadun Hatab, un ex funzionario del partito Baath di 52 anni, che morì nel centro di detenzione nel giugno scorso, dopo tre giorni di torture e di maltrattamenti. Hatab venne preso a calci nel petto e percosso a colpi di karatè e fu lasciato morire nudo nelle proprie feci.

Per la sua morte, sono indagati dei marines della riserva, che avrebbero dichiarato di avere ricevuto l'ordine di "ammorbidire" i prigionieri loro affidati in vista degli interrogatori. Il referto medico della morte di Hatab parla di omicidio per strangolamento, a causa della frattura di un osso della gola. L'uomo morì dopo un'agonia di ore.

L'inchiesta ha prosciolto il comandante del campo all'epoca, ma punta sul caporale William Scott Roy, un vice-sceriffo nello Stato di New York, e sul sergente Gary Pittman, pure dello Stato di New York. Roy avrebbe ammesso le sue responsabilità e avrebbe anche testimoniato contro Pitman, che avrebbe colpito Hatab quando l'uomo non eseguì i suoi ordini. Secondo fonti giudiziarie citate dalla Abc, al campo non c'erano interpreti e nessun marine parlava arabo.

Un caso che conferma l'ammissione fatta dallo stesso capo del Pentagono Rumsfeld che vi possono essere altri casi di abusi di detenuti iracheni.

Come pure la testimonianza, raccolta dalla tv britannica Itv, di un ex detenuto della prigione di Abu Ghraib, che racconta di avere visto una ragazzina di 12 anni spogliata e picchiata da personale militare del carcere. Il testimone della Itv è un giornalista della tv araba al Jazeera, che riferisce di essere stato anche lui sottoposto a maltrattamenti nel carcere, dove è stato rinchiuso per 54 giorni.

E ancora: un altro soldato britannico si è fatto avanti, contattando il Daily Mirror per denunciare gli abusi fatti regolarmente subire ai detenuti iracheni e le fotografie dei pestaggi, considerate da chi le scattava veri e propri 'trofei'. Il 'soldato D', così lo ha identificato il quotidiano che pubblica oggi la nuova testimonianza sulle torture, ha ammesso - dicendo ai suoi interlocutori di "non essere un angelo" - di aver preso parte ai maltrattamenti per paura di opporsi ai suoi commilitoni e sempre per paura non ha raccontato quanto accadeva alla polizia militare.

Il giornale pubblica una foto a piena pagina che sostiene di aver ricevuto dal 'soldato D' - in forza al Reggimento britannico già nell'occhio del ciclone per le precedenti accuse di coinvolgimento nello scandalo - e che ritrae un commilitone che fotografa un prigioniero legato e sanguinante all'interno di un veicolo militare.

"Non ci sono regole laggiù. Ho visto trascinare l'uomo a forza nel blindato, pestarlo, prenderlo a calci e pugni, il tutto per un minuto circa di tempo". L'uomo ha raccontato che i suoi commilitoni scattavano fotografie per poi farle vedere agli amici a casa ma ha aggiunto che era poi stato impartito l'ordine di sbarazzarsene.
(8 maggio 2004)

Fonte: repubblica.it
...

Il "Washington Post": in un cd tutte le sevizie sui prigionieri solo il commentatore radio Limbaugh ha provato a minimizzare Torture, mille foto contro il Pentagono
DAL nostro inviato VITTORIO ZUCCONI

WASHINGTON - Guardare se stessi diventare il nemico. Una nazione che si vuol credere l'incarnazione terrena del Bene relativo, contempla attonita la sequenza che ormai ogni giorno illumina la storica battuta del cartoon Pogo, l'idolo di Bush ragazzo: "Ho incontrato il nemico e il nemico siamo noi". Se è vero che già il Washington Post possiede un nuovo CD con mille immagini nuove e qualcuno sta già trattando per comperare video inediti, la legge implacabile della banalità del male che in guerra può trasformare ogni "onesto cittadino" in potenziale carnefice, sarebbe scattata anche questa volta. Una mela, due mele, quante mele marce? E se bacato fosse invece il frutteto?, si domanda una nazione che le foto hanno scosso dal proprio denial, dal rifiuto psicologico di accettare il trauma morale dell'Iraq.

C'è ancora, ma ormai è un residuo pallido nei più disperati, la speranza che sia tutta una montatura, un reality show. Racconta Howard Kurtz, critico dei mass media dentro il Washington Post, che il suo giornale, come il New York Times, come tutte le maggiori testate, "bucò" la prima serie di foto nella speranza che fossero uno di quei classici prodotti della propaganda che ogni guerra partorisce. Non venivano conferme, dal Pentagono, nonostante già tre inchieste insabbiate da mesi e denunce ignorate dalla Croce Rossa. Neppure la Cbs tv, che fece lo scoop, era riuscita ad avere verifiche dal Pentagono, che chiedeva soltanto di rinviare la trasmissione per "carità di patria".

La verità, confessano oggi direttori di giornale, è che non potevano credere alla stupidità (il senatore Jay Rockefeller la chiama "ignoranza") di un'amministrazione che aveva rimesso in funzione il monumento alla barbarie che era andata ad abbattere. "Se questa amministrazione Bush tanto mal consigliata dai neo conservatori avesse davvero capito qualcosa dell'Iraq - dice il moderatissimo senatore democratico Jay Rockefeller, erede della famiglia che donò il terreno sul quale sorge il Palazzo dell'Onu - avrebbe mandato immediatamente i bulldozer per radere al suolo Abu Ghraib".

Invece, nella scodella dei corn flakes, oggi l'America fa colazione da sei giorni con quella soldatessa con la cicca in bocca che si diverte a mimare la castrazione dei prigionieri, a portarli a spasso come cagnetti, mentre i colleghi maschi, nella loro ossessione-tentazione omofobica, li costringono a un'ammucchiata con sederi al vento. Neppure il pubblico della santa destra, quella che si indignava per le acrobazie onaniste tra Bill e Monica, riesce a razionalizzare la vergogna di essere diventati il nemico. Di avere fatto, come dicono Juan Cole, professore di studi mediorientali all'Università del Michigan e Mark Ginsburg, ex ambasciatore in paesi arabi, "il miglior spot propagandistico che Al Qaeda potesse sognare".

L'America della destra cristiana è anche l'America puritana e quel carcere era, prima che una "villa triste" di torture, chiaramente un bordello della violenza. "Queste cose accadono ogni giorno nelle nostre carceri, perché non sarebbero dovute accadere a Bagdad?", domanda un ex detenuto al Los Angeles Times. Ora mandano il comandante di Guantanamo in quel carcere? "La volpe a guardia delle galline", commenta il Seattle Times.

Inorridisce Andrew Sullivan, profeta della sinistra diventata neo con dopo l'11 settembre, che si domanda ormai se i "Bushies", se questo gruppo dirigente, "sappiano che cosa demonio stanno facendo". Ci ha provato soltanto Rush Limbaugh, profeta radio della Vandea americana, a sostenere che in fondo è una festa da dormitorio un po' osé, come tra studenti ubriachi che devono "sfogarsi" dopo un esame. Ma è rimasto solo. Persino Bill O'Reilly, che guida il più seguito show sulla Fox News e aveva stigmatizzato noi europei per avere "esagerato" il caso, leggendo stralci anche di un commento da Repubblica, ammette la sconfitta terribile nella guerra delle immagini. "Se in quel carcere avessero anche abusato delle donne, nel reparto femminile, come sembra, il danno sarebbe irreparabile".

La gente, il mitico "animale collettivo" che deve metabolizzare anche questo effetto collaterale di una guerra gonfia di sottintesi religiosi e razziali, si riversa nei forum di internet e nelle lettere ai giornali per chiedere conto ai capi della vergogna. "Noi facevamo quello che ci dicevano di fare", si difende uno dei carcerieri, in una accorata lettera anonima. "Lo slogan centrale di Bush è integrità e responsabilità" scrive un lettore al San Francisco Examiner "qualcuno deve assumersi la responsabilità. Non è stato un caporale a decidere". I più vecchi ricordano l'incredulità che accompagnava le denunce dal Vietnam della "solita sinistra anti patriottica". Si spera nella "punizione dei colpevoli", formula salvifica della democrazia imbarazzata. "Ma fino a quale grado?", si domanda il generale Clark, "La democrazia si ferma ai marmittoni e risparmia i ministri?".

Neppure i più accaniti avversari della guerra oggi osano concedersi il piacere amaro del "ve l'avevamo detto", perché anche loro, come americani, sono oppressi dall'imbarazzo di scoprirsi moralmente nudi davanti al mondo. Anche il meno "bushista" qui deve pur credere che la guerra fosse sbagliata, ma che l'America rimanga giusta. "Se questa è la guerra del Bene, come può produrre tanto Male?", domandava la madre di un soldato al fronte, un'insegnante di scuola media, al candidato democratico John Kerry, ieri l'altro, spiegandogli di tenere ormai tutti i televisori spenti in casa, e il giornale del mattino intonso, "per non vedere". Per credere davvero al pentimento dell'America e alla sua "superiorità" democratica, tanti ormai chiedono la punizione non soltanto del soldato Ryan divenuto l'aguzzino Ryan, ma di qualche alto papavero a Washington, magari Rumsfeld. Ma Bush è sempre meno il comandante e sempre più il prigioniero del nemico che ha dentro casa.
(7 maggio 2004)

Fonte: repubblica.it
...

Stupri, botte, acqua gelata: ecco le torture di Abu Ghraib
ROMA - Ecco alcuni stralci del testo e un riassunto di altre parti, del rapporto sulle torture e gli abusi commessi da militari Usa nei confronti di prigionieri iracheni nel carcere di Abu Ghraib scritto dal generale Antonio Taguba e completato, secondo il Pentagono, lo scorso 3 marzo.

"Fra l'ottobre e il dicembre 2003 nella struttura di detenzione di Abu Ghraib (Bccf) furono inflitti a diversi detenuti numerosi abusi sadici, clamorosi e sfacciatamente criminali. Gli abusi sistematici e illegali sui detenuti sono stati perpetrati da diversi membri della forza di polizia militare (la 372/a Compagnia di Polizia Militari, 320/o Battaglione, 800/a Brigata) nella sezione A-1 del carcere di Abu Ghraib (Bccf).

Segue un riassunto delle fattispecie elencate nel rapporto: "Inoltre - continua il testo del rapporto - diversi detenuti hanno descritto i seguenti abusi, che, date le circostanze, giudico credibili in base alla chiarezza delle affermazioni e le prove addotte a sostegno dai testimoni:"

- Rottura di lampade chimiche, il cui contenuto fosforico veniva versato sui prigionieri
- Minacce con pistole calibro 9 mm.
- Getti d'acqua fredda su detenuti nudi
- Percosse con manici di scopa o con una sedia
- Minacce di stupro ai danni di prigionieri maschi
- Sutura da parte di membri della polizia militare di ferite provocate facendo urtare con violenza il detenuto contro le pareti della cella
- Prigionieri sodomizzati con lampade chimiche o con manici di scopa
- Impiego di cani militari senza museruola per spaventare i detenuti, in un caso risultato in un morso - Pugni, schiaffi e calci ai prigionieri; pestoni sui piedi nudi
- Foto o riprese video di detenuti, uomini e donne, spogliati nudi, a volte in pose forzate umilianti e sessualmente esplicite
- Denudamento dei prigionieri, a volte lasciati spogliati anche per diversi giorni
- Obbligo per i detenuti maschi di indossare capi intimi femminili
- Obbligo per gruppi di detenuti maschi di masturbarsi mentre vengono ripresi
- Prigionieri obbligati a stendersi uno sull'altro in un mucchio sul quale i militari saltavano
- Prigionieri obbligati a stare in piedi su una cassetta, incappucciati con un sacchetto, con fili collegati a dita delle mani dei piedi e al pene, simulando la tortura dell'elettroskock
- Fotografie di militari mentre hanno rapporti sessuali con detenute
- Fotografie di prigionieri con catene e collari da cani attorno al collo
- Fotografie di prigionieri morti
- Le parole "sono uno stupratore" sulla gamba di un detenuto, fotografato nudo, accusato di aver violentato una 15/enne.

Il rapporto parla poi dei cosiddetti "detenuti fantasma", consegnati a varie strutture di detenzione amministrate dall' 800/a Brigata di polizia militare da altre agenzie governative Usa, "senza documentarlo".

Nel testo del rapporto infine si legge: "Queste conclusioni sono suffragate da confessioni scritte rilasciate da diversi indagati, da confessioni scritte rilasciate da detenuti e da dichiarazioni di testimoni".
(4 maggio 2004)

Fonte: repubblica.it
...

L'accusa è del generale Janis Karpinski, capo del famigerato carcere dove i soldati Usa hanno torturato i detenuti iracheni. Iraq, torture ad Abu Ghraib
"Incoraggiate dai Servizi militari"
"Sono nauseata: vogliono far ricadere la responsabilità su di noi"
ROMA - Ci sarebbero i servizi segreti militari dietro le torture ai prigionieri iracheni nel carcere di Abu Ghraib che un servizio fotografico choc ha reso pubbliche al mondo intero. Lo sostiene il generale Janis Karpinski, comandante della 800/a brigata di polizia militare, comandante del sistema delle prigioni in Iraq, e degli stessi soldati responsabili delle torture nella famigerata prigione irachena sotto il cui controllo è la sezione di massima sicurezza del carcere.

Secondo la Karpinski, l'unico generale donna nelle forze armate Usa in Iraq (che ora rischia posto e carriera), sono stati gli 007 a "incoraggiare" i soldati Usa a tali comportamenti sui prigionieri. In un'intervista telefonica al New York Times - che ne riferisce sul suo sito internet - la Karpinski si è detta "nauseata" dalle fotografie che rivelano le torture inflitte ai detenuti, affermando di esserne venuta a conoscenza solo settimane dopo.

Parlando dalla sua casa del Sud Carolina - nei suoi primi commenti pubblici sulla vicenda - il generale Karpinski ha affermato che lo speciale blocco di massima sicurezza ad Abu Ghraib, noto come 1A, è sotto il diretto controllo di ufficiali dell'intelligence militare, non dei riservisti che lei comanda.

Nel definire "cattivi soggetti" meritevoli di punizione i militari coinvolti nelle torture, ha espresso i suoi sospetti che abbiano agito con l'incoraggiamento, se non agli ordini, di unità della intelligence militare che usavano per gli interrogatori quella sezione del carcere. Ha poi aggiunto che agenti della Cia spesso si univano agli interrogatori effettuati nella prigione.

Karpinski ha spiegato di aver deciso di parlare perché ritiene che i comandanti militari stiano cercando di addossare esclusivamente a lei e ai suoi soldati la responsabilità di quanto avvenuto nella prigione, per non coinvolgere ufficiali dell'intelligence ancora operativi in Iraq.

"Noi siamo spendibili - ha detto riferendosi all'atteggiamento dei militari nei confronti dei riservisti - Perché dovrebbero volere che il biasimo cada su gente in servizio attivo? Vogliono che la colpa cada sulla polizia militare, sperando che tutto passi". "Beh - ha proseguito - non passerà così".

Il generale ha aggiunto che gli ufficiali dell'intelligence militare entravano e uscivano dal blocco di massima sicurezza "24 ore su 24", spesso per scortare i detenuti a un centro di interrogatori all'esterno del carcere, e per riportarli in prigione: "Erano lì alle 2 del mattino, ed erano lì alle quattro del pomeriggio". Non era certo un lavoro da impiegati, "dalle 9 alle 17", il loro, ha commentato.
(2 maggio 2004)

Fonte: repubblica.it
...

Dopo le foto choc dal carcere di Abu Gharib, le inchieste Usa su torture compiute in Iraq e Afghanistan dai soldati americani "Morti 25 detenuti per torture" Il Congresso convoca Rumsfeld Il segretario alla Difesa si difende: "Non abbiamo insabbiato" Ted Kennedy: "Temo che siamo solo all'inizio"
NEW YORK - Trentacinque casi di tortura hanno portato alla morte di 25 detenuti tra Iraq e Afghanistan. E' lo scioccante bilancio fornito dai comandi americani ai giornalisti del Pentagono.
Il dato sui casi di tortura e sui morti è il frutto delle inchieste condotte a partire da dicembre nei due paesi.

Il generale Donald Ryder, responsabile dell'applicazione delle pene nel sistema penitenziario militare, ha precisato che i morti comprendono due presunti omicidi di prigionieri da parte di soldati, l'uccisione di un detenuto che tentava di scappare e dieci altri casi che sono al centro di un'inchiesta.

Ryder ha precisato che l'origine di 12 altri casi di morte tra i prigionieri resta al momento indeterminata.

Casi di torture in Afghanistan erano stati denunciati oggi dal senatore repubblicano John Warner, presidente della commissione Forze Armate del Senato, che oggi, dopo un'audizione con i generali a Capitol Hill, ha rivelato che "ci sono stati episodi del genere anche in Afghanistan. Non ci hanno detto tutto - ha continuato - ma ci hanno fatto capire che erano isolati e limitati nel numero".

Lo scandalo torture sta sconvolgendo il Congresso. I senatori hanno convocato Rumsfeld a rapporto "appena possibile". Uscendo dal briefing con il generale William Casey, vice capo di stato maggiore dell'Esercito, il senatore democratico Ted Kennedy ha detto di temere che gli abusi finora noti siano "l'inizio piuttosto che la fine" delle accuse di tortura. E a lui ha fatto eco il senatore repubblicano John McCain, lui stesso prigioniero di guerra per oltre cinque anni in Vietnam: "Siamo stati tenuti all'oscuro fino a oggi".

Un errore di valutazione che adesso il Dipartimento di Stato sta pagando assai caro. La diplomazia Usa sta cercando di contenere il danno mondiale che le foto degli abusi hanno provocato nel mondo arabo. Per gli Stati Uniti l'imbarazzo è colossale tanto da indurre Powell a rinviare la pubblicazione del rapporto sullo stato dei diritti umani nel mondo previsto inizialmente per domani.

In Iraq intanto i comandi americani hanno vietato l'uso di cappucci per i prigionieri: ad Abu Ghraib non vengono usati già da oltre un mese mentre quattro giorni fa la pratica è stata estesa al resto del paese. E' una delle misure prese nell'ambito di una revisione delle pratiche di detenzione ordinata dal generale Geoffrey Miller, l'ex comandante della base-prigione di Guantanamo, spedito adesso a Bagdad per fronteggiare la crisi.
(4 maggio 2004)

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...