[Ricordati che devi morire, possibilmente tra atroci sofferenze - e non fare nulla per evitarlo!]
In un articolo pubblicato oggi su L’Osservatore Romano, il professor Juan José Perez-Soba, docente di Teologia Morale presso la Facoltà di Teologia San Damaso di Madrid e presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi su Matrimonio e Famiglia, ribadisce l’approccio restrittivo della dottrina cattolica sull’utilizzo del preservativo. Alcune dichiarazioni del papa, pubblicate nel libro-intervista Luce nel mondo erano state accolte come delle aperture sull’uso del condom (Ultimissima del 20 novembre 2010), ma erano state prontamente ridimensionate dal portavoce vaticano padre Federico Lombardi (Ultimissima del 21 novembre 2010). Perez-Soba conferma infatti che un atto sessuale “realizzato col preservativo non può essere considerato un atto pienamente coniugale nella misura in cui è stato volontariamente privato dei suoi significati intrinseci”. Quindi rimane vietato l’uso del condom in una coppia di coniugi, anche se uno dei due è sieropositivo. Perez-Soba continua scrivendo che nel caso vi sia “possibilità insuperabile del contagio” (cioè se è impossibile non contagiarsi ), la coppia può “di comune accordo adottare la decisione di astenersi dall’avere rapporti sessuali per ragioni di salute”. L’accademico sostiene inoltre che, “sebbene l’uso del preservativo in un singolo atto possa avere una certa efficacia nella prevenzione del contagio dell’AIDS”, “non è comunque in grado di garantire una sicurezza assoluta neanche nell’atto in questione” e “meno ancora nell’ambito dell’intera vita sessuale”. Per questo “è quindi improprio indicarne l’uso come un mezzo efficace per evitare il contagio”, sentenzia, “presentare il preservativo come una soluzione al problema è un grave errore” e “sceglierlo semplicemente come pratica abituale è una mancanza di responsabilità nei confronti dell’altra persona”. Intanto il Vaticano ha inaugurato una conferenza sul tema dell’AIDS (Ultimissima di oggi)
Via UAAR
domenica 29 maggio 2011
venerdì 27 maggio 2011
Una tragedia italiana: il lusso che non possiamo permetterci
Lo riprendo da i vari blog sui quali è stato pubblicato, perché mi sembra rappresentativo dell'informazione e della cultura italiana. Si unisce ai commenti di solidarietà verso lo stupratore, anche di quelli che gridano al complotto.La questione di genere è la questione sulla quale si modellano tutte le altre, la discriminazione di genere è la discriminazione sulla quale si modellano tutte le altre, se non si affrontano la questione e ladiscriminazione di genere, tutte le altre rimarranno in sospeso, irrisolte. Infatti in Italia la questione di genere è considerata un tema di secondo piano.
...
Sono uno scrittore professionalista e giornalista, ritornato in Italia da qualche mese dopo una permanenza di 22 anni all’estero, in California, per la precisione, dove lavoravo come corrispondente estero.
Ho incorporato quindi un modello culturale difficile da comunicare in Italia, oggi divenuto un paese regredito.
Ho incorporato quindi un modello culturale difficile da comunicare in Italia, oggi divenuto un paese regredito.
Qui di seguito un articolo che doveva uscire sul corriere della sera ma è stato definito “inappropriato”. Mi hanno spiegato che di questo argomento “è meglio non parlarne” e soprattutto “è meglio che non sia un maschio a parlarne”.
Mi piacerebbe sapere il perchè.
Sergio Di Cori Modigliani
(in calce all’intervento di Maria Laura Rodotà)
Roma. 23 maggio 2011.
Sex, lies, arrogance: “Sesso, bugie a e arroganza: che cos’è che trasforma i maschi, quando diventano potenti, in porci?”. Questo è il titolo in copertina di un numero speciale dell’autorevole settimanale americano Time, oggi in edicola. Affronta di petto un tema che da molto tempo è diventato centrale nel dibattito sociale in corso nelle democrazie occidentali più evolute, dalla Germania alla Gran Bretagna, dai paesi scandinavi agli Usa e alla Francia: come affrontare l’aumento spaventoso di aggressioni sessuali, violenza contro la persona, e abusi personali contro le donne che –ed è questo il tema dell’articolo e del dibattito oggi in prima pagina su tutti i media statunitensi- si sta diffondendo come moda perniciosa tra gli uomini potenti, la maggior parte dei quali appartiene e proviene da un ceto sociale privilegiato e da un censo superiore?
In Italia, la notizia è stata pubblicata e diffusa da tutti i media, nessuno escluso, che hanno scelto di destinargli un ruolo marginale rispetto alle telefonate tra Bossi e Berlusconi, gli indici di ascolto di Sgarbi, o gli ormai triti e ritriti commenti sui festini ad Arcore. Ma qualche giorno fa, una scrittora italiana di origine spagnola, Carmen Llera Moravia, ha pubblicato sul Corriere una breve lettera, davvero encomiabile nella sua cifra sentimentale, quanto pericolosa nella sua irresponsabilità sociale dal lieve ma palpabile taglio gossip, che non ha suscitato eco alcuna, sostenendo che Strauss Kahn è un gentiluomo dolce, generoso, incapace di atti come quelli che gli sono stati imputati.
Dopo qualche giorno, sempre su questa testata, è apparsa una risposta a quella lettera, firmata Maria Laura Rodotà. Tutt’altro stile e motivazione. L’intervento della Rodotà, infatti, conteneva diverse enunciazioni forti –vere e proprie esche pepatissime- presentate con garbo, con solida argomentazione, e con una qualità di raziocinio che offrivano un’ottima scusa per dare inizio a un dibattito sulla violenza sessuale da parte dei maschi potenti sulle donne che occupano un ruolo socialmente e professionalmente subalterno.
Dopo aver letto con estremo piacere intellettuale la lucida argomentazione della Rodotà, immaginavo già (nella mia fantasia utopistica) che sul tavolo del direttore si sarebbero rovesciate una valanga di lettere, commenti, interventi, provenienti dai settori più disparati della nostra società civile: dalla Santanchè alla Finocchiaro, dalla Bonino alla Polverini, dalla Marcegaglia alla Camusso, dalla Maraini alla Murgia, dalla Perini alla De Gregorio, dalla Moratti alla Mafai, e così via dicendo. Un’ottima occasione per essere testimone di un bel confronto trasversale destinato a discutere su un argomento ostico –ma reale- che riguarda l’intera società occidentale. Fino a quindici anni fa sarebbe stato così, non ho alcun dubbio al riguardo. Esattamente come da dieci giorni sta accadendo in tutte le democrazie occidentali, sulle prime pagine dei loro quotidiani, in tutti i loro talk show televisivi, per radio, sulla rete, su facebook e su twitter.
Invece, non è accaduto nulla.
Da noi, la stimolantissima miccia innescata dalla Rodotà non ha preso fuoco perché nessuno ha voluto accenderla. Mi sono chiesto, naturalmente, il perché. Soprattutto in un paese come il nostro dove basta poco o niente (e spesso per motivazioni risibili e irrilevanti) scatenare polemiche e zuffe tra intellettuali e pensatori di sponde opposte.
Ho girato questa mia perplessità a diverse persone, di cui alcune membri eccelsi della ricca pattuglia di opinionisti, e ne ho ricavato –pur nella loro differenza- una agghiacciante quanto tragica similitudine, questa sì drammaticamente trasversale, che sintetizzata dovrebbe suonare pressappoco così: “parlare dell’affaire Strauss Kahn e delle implicazioni che esso comporta è un lusso che noi non possiamo permetterci”.
Perché la nostra norma si è ormai abbassata, appiattita, e siamo quotidianamente obbligati ad occuparci di aspetti, fatti e accadimenti che –in verità- poco hanno a che fare con delle realtà psicologiche e sociali che invece appartengono alla collettività nazionale. Hanno anche aggiunto, in molti, il fatto che “in questo momento è meglio non parlare di quest’affare perché il rischio che finisca per riaprire la questione di Ruby & co. è troppo alto” (e questo davvero non riesco a comprenderlo.
A questa tragica considerazione va aggiunta la penosa marea di idiozie da vera e propria leggenda metropolitana sub culturale che identificherebbe Strauss Kahn in una vittima di un complotto anti-semita internazionale. Come intellettuale ebreo pensante protesto vivamente per queste stupidate che –e sia questo molto chiaro- disonorano chi le diffonde, chi le sostiene, chi le evoca. Sono scempiaggini pericolose. Si tratta di tutt’altro e di ben altro.
Il silenzio e la latitanza di risposte allo splendido intervento della Rodotà è invece il sintomo chiaro e inequivocabile che identifica la nostra società attuale come una società borderline, ovverossia squilibrata nelle sue facoltà di esercizio razionale.
Talmente abituati a vivere sull’orlo di una continua debacle, di catastrofi socio-politiche annunciate e di emergenze costanti e continue quotidiane, da essere ormai inconsciamente assorbiti da questa enorme pattumiera mediatica al punto tale da essere andati a finire completamente fuori dal dibattito mondiale delle società che contano.
Penso che sia questo, invece, “il lusso che davvero non possiamo permetterci” pena l’esclusione per sempre dalle palestre, circoli e ambienti che davvero contano. Dobbiamo ritornare a seguire l’autentica quotidianità, approfittando degli spunti che la cronaca ci offre per parlare dei problemi veri. Non è certo un caso che nel programma elettorale dell’avvocato Giuliano Pisapia e in quello della signora Letizia Moratti non vi sia neppure un rigo destinato a spiegare come intendano affrontare lo spaventoso aumento della violenza sessuale sulle donne nella città di Milano e nel suo hinterland, dove i dati ufficiali ci spiegano che nell’ultima decade sono aumentati del 456%. Neppure una parola. L’evento, non è neppure menzionato.
Come se, invece, accadesse soltanto a New York, Parigi, Berlino, Londra e non anche da noi.
E’ l’atroce silenzio degli italiani e delle italiane che pensano, questo è il lusso che non possiamo più permetterci.
E’ necessario manifestare la propria opinione. Perché su questo argomento ci si giocano, ma per davvero, le possibilità di aderire o non aderire al consesso delle società avanzate che a pieno titolo potranno domani sostenere di poter essere definite evolute.
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Sex, Lies, Arrogance: What Makes Powerful Men Behave So Badly?
When her husband Dominique Strauss-Kahn was preparing to run for President of France five years ago, Anne Sinclair told a Paris newspaper that she was "rather proud" of his reputation as a ladies' man, a chaud lapin (hot rabbit) nicknamed the Great Seducer."It's important," she said, "for a man in politics to be able to seduce."
Maybe it was pride that inspired French politicians and International Monetary Fund officials to look the other way as the rumors about "DSK" piled up, from the young journalist who says Strauss-Kahn tried to rip off her clothes when she went to interview him, to the female lawmaker who describes being groped and pawed and vowed never to be in a room alone with him again, to the economist who argued in a letter to IMF investigators that "I fear that this man has a problem that, perhaps, made him unfit to lead an institution where women work under his command." Maybe it was the moral laziness and social coziness that impel elites to protect their own. Maybe it was a belief that he alone could save the global economy. Maybe nothing short of jail is disqualifying for certain men in certain circles.
But in any event, the arrest of Strauss-Kahn in New York City for allegedly trying to rape a hotel maid has ignited a fierce debate over sex, law, power and privilege. And it is only just beginning. The night of Strauss-Kahn's arraignment, former California governor Arnold Schwarzenegger admitted that the reason his wife Maria Shriver walked out earlier this year was the discovery that he had fathered a child more than a decade ago with a former member of the household staff. The two cases are far apart: only one man was hauled off to jail. But both suggest an abuse of power and a betrayal of trust. And both involve men whose long-standing reputations for behaving badly toward women did not derail their rise to power. Which raises the question: How can it be, in this ostensibly enlightened age, when men and women live and work as peers and are schooled regularly in what conduct is acceptable and what is actionable, that anyone with so little judgment, so little honor, could rise to such heights?
Crime and Culture Wars
Let's note first that Strauss-Kahn is innocent until proved guilty and, second, that if he is guilty, he is not a player — he's a predator. This was not just a French version of an American classic, the Family Values Virtuecrat, who preaches by day and trysts by night. Nor was Strauss-Kahn a fallen star like Tiger Woods or Charlie Sheen or one of the libidinous lawmakers and Luv Guvs whose confessions can be as infuriating as their sins. Strauss-Kahn was not accused of seducing his close friend's wife, like former Senator John Ensign, or patronizing prostitutes while prosecuting prostitution rings, like former New York governor Eliot Spitzer, or lying about an affair while impeaching a President for lying about an affair, like Newt Gingrich. On the spectrum that starts at randy, runs through creepy and ends in handcuffs, where DSK belonged became a matter of global dispute even before it became a matter for a grand jury.
This is what the alleged victim told the police: On May 14, at the Sofitel in midtown Manhattan, the maid, a 32-year-old African immigrant, entered the $3,000-a-night suite around midday to clean, thinking it was empty. When she went into a bedroom, Strauss-Kahn emerged naked from the bathroom; when she apologized and tried to leave, according to a police spokesperson, he chased her down, grabbed her and locked the door. He tried to assault her in the bedroom before dragging her to the bathroom and making her perform oral sex. She eventually fled the suite; hotel staff called the police, who caught up with him sitting in his first-class seat on the Air France flight from JFK to Paris — where he could have been safe from extradition.
With his arrest, a transatlantic culture war broke out. Strauss-Kahn was the world's wallet, a shrewd and nimble financier who had rescued the IMF from irrelevance in time to save the European economy. He was the favorite to defeat Nicolas Sarkozy for the French presidency next year. He had friends everywhere who called him far too brilliant to do anything so tawdry, as though being smart and being decent were the same thing. Newspapers in Paris couldn't decide on the headline. "Shock. Political Bomb. Thunderclap," blared the left-leaning paper Libération. The New York Daily News went with "Le Perv." The French, who forbid photographing a suspect in handcuffs on the grounds that it violates the presumption of innocence, were aghast at what followed: "Death by media," one former Socialist minister called it. "If you don't want to do the perp walk, don't do the crime," New York City Mayor Mike Bloomberg fired back, which only confirmed the French objection.
Strauss-Kahn was charged with offenses including criminal sex acts, unlawful imprisonment and attempted rape, for which he could face up to 25 years. He pleaded not guilty at his arraignment; his lawyers suggested that whatever might have occurred was consensual. His wife had wired $1 million for bail, they said — but concluding that a man pulled off a flight constituted a flight risk, the judge denied it.
And so he sat in a cell at Rikers Island, a short flight but a long fall from his $4 million Georgetown home and the life he had come to lead. He was on suicide watch; the victim and her teenage daughter were moved to a safe house to protect them from the cameras — but that did not stop the French press from publishing her name and background or the New York Post from reporting that she was a widow who lives in a Bronx apartment set aside for adults with HIV, a claim her lawyer called "outrageous."
So much for the famous European indifference to the private sex lives of its leaders. DSK's situation is more serious even than that of Italy's embattled Prime Minister, Silvio Berlusconi, 74, who has been on trial for corruption, tax fraud and, most relevant, having sex with an underage prostitute and then using his office to cover it up. These cases are the exception; they will both play out in court, with evidence presented and witnesses called and the conduct of the accused judged by the standards of the law. In many instances of sexual conflict, it never comes to this but unfolds in a murmur of rumors and gossip, even nudges and winks. More often than not, the women involved weigh the stakes and decide to be silent, judging that the burden of proof is high and that they have little to gain and so much to lose. It's no coincidence that when events like this happen, women come out of the shadows to add their testimony; they figure the odds have improved enough that they just might be believed.
Shifting Standards
By now social commentators have the explanations on auto-save: We know that powerful men can be powerfully reckless, particularly when, like DSK, they stand at the brink of their grandest achievement. They tend to be risk takers or at least assess risk differently — as do narcissists who come to believe that ordinary rules don't apply. They are often surrounded by enablers with a personal or political interest in protecting them to the point of covering up their follies, indiscretions and crimes. A study set to be published in Psychological Science found that the higher men — or women — rose in a business hierarchy, the more likely they were to consider or commit adultery. With power comes both opportunity and confidence, the authors argue, and with confidence comes a sense of sexual entitlement. If fame and power make sex more constantly available, the evolutionary biologists explain, it may weaken the mechanisms of self-restraint and erode the layers of socialization that we impose on teenage boys and hope they eventually internalize.
"When men have more opportunity, they tend to act on that opportunity," says psychologist Mark Held, a private practitioner in the Denver area who specializes in male sexuality and the problems of overachievers. "The challenge becomes developing ways to control the impulses so you don't get yourself into self-defeating situations."
Nature matters, but so does nurture. Members of royal families are born into a world of indulgence and entitlement, and the princelings who grow up that way may never have to develop any discipline. Athletes often start life at the opposite end of the wealth-and-prestige spectrum, but as soon as they exhibit an unusual talent for swinging a bat or sinking a free throw, often early in adolescence, they may become a kind of local royalty and find that the rules have been suspended for them. They are waved through school and into the pros, and bad behavior is overlooked or covered up. Any skills they may have been developing for self-control or self-denial quickly deteriorate.
But what of reason, of basic survival instincts? Enter politics and you enter the glass house; there are no secrets and no places to hide. One of the temporarily persuasive defenses of Bill Clinton when he faced charges of carrying on with the intern delivering the pizza was that this savvy Rhodes scholar could not possibly be so foolish as to imagine that anything in the White House goes unnoticed, unrecorded or unrepeated. When John Edwards' affair and love child with his videographer — the very woman in charge of documenting his career — became known, Democrats were confounded that he had ever imagined he could run for office again.
As for Schwarzenegger's latest revelation, it was agony to imagine what must have run through Maria Shriver's head when she discovered the truth. Here she was, daughter of a great political dynasty with its own zipper issues, who had drawn on her feminist capital to save her husband's career at a crucial moment in his gubernatorial campaign. In 2003, more than a dozen women accused him of harassing and groping them through the years, including on the set of his film Predator. Shriver testified to his character in words that voters believed: "You can listen to all the negativity, and you can listen to people who have never met Arnold, who met him for five seconds 30 years ago," she said. "Or you can listen to me."
Now it emerges that even as she was defending his honor, he was deceiving both her and the voters. Confronted by the Los Angeles Times, he admitted that all along he had been supporting the child he had with an employee more than a decade ago. That finally explained why, back in January, Shriver moved out of the house.
Rise and Risk
Anne Sinclair, on the other hand, is standing by her man. "I do not believe for one second the accusations brought against my husband," she said. "I have no doubt his innocence will be established." But he has not made her faith in him come easy. Through his years as a top economics professor, Finance Minister and Socialist superstar, not to mention three marriages, Strauss-Kahn acquired the reputation of a serial seducer. French newspapers reported that Sarkozy had warned him, upon his taking the IMF job in 2007, to "avoid taking the elevator alone with interns. France cannot permit a scandal."
A year after taking the job, in a very public scandal, Strauss-Kahn was rebuked by the IMF for "a serious error of judgment" for his affair with Piroska Nagy, a Hungarian-born economist who worked for him. He was not charged with abusing his position, but he apologized publicly and in an e-mail to IMF staff. She warned at the time that he had put her in an impossible position, fearful of the fallout if she were to resist his advances. That followed even-more-serious yet undisclosed allegations from a young journalist named Tristane Banon, now 31, the goddaughter of DSK's second wife. She claims that when she came to interview DSK in 2002, the encounter turned into a violent attack. "We ended up fighting, since I clearly said, 'No, no,' " she said in a TV interview five years later. "It was more than a couple of slaps. I kicked him. He undid my bra, tried to remove my jeans ... It finished very badly." As soon as she fled, she said, he sent her a text: "So, are you scared of me?"
(See the Top 10 Elite Fighting Units.)
She didn't press charges, in part because her mother, Anne Mansouret, a local Socialist official, talked her out of it. Other women with similar experiences say they were afraid that challenging a man so powerful in a culture so tolerant would bring them only ridicule and pain. Paris lawyer Emmanuel Pierrat recalls a young woman who told him of a violent encounter with Strauss-Kahn. "She wanted to know whether I thought what I heard would form the basis for a solid legal case," Pierrat says. "I told her I did." In the end she decided to drop the complaint, fearing the media circus, the very good chance she'd be accused of being a liar or worse. "In addition to my client, I also have a personal friend who came to me and described an unwanted, forceful sexual advance by Strauss-Kahn that she was forced to literally fight off," Pierrat says. "They're all essentially the same account, the same kind of behavior, with only the places changed." Yet once again, no charges were ever filed, and Strauss-Kahn was never investigated for any misconduct.
He was, however, a fatalist. Barely two weeks before his arrest, he had a quiet conversation with Libération editors and admitted that the three obstacles if he were to run for President would be "money, women and being a Jew." In fact, until the Sofitel scandal, the political challenge facing DSK was less his lechery than his lifestyle; it's hard to be a Socialist icon living the life of a plutocrat. Photographs of him climbing into a friend's $142,000 Porsche caused a furor, raising charges on the left that he was a "champagne Socialist." He even sued a Paris tabloid for writing that he was outfitted by a Washington tailor whose suits are reported to run for anywhere from $7,000 to $35,000 apiece.
This was, in other words, a man of great contradictions with a great deal to lose, and his defenders and like-minded conspiracy theorists were quick to suspect a setup. Strauss-Kahn, they argued, was not the type to force himself on anyone. Admirers were more likely to throw themselves at him. Yes, he had a weakness for women, said his second wife Brigitte Guillemette: "But that doesn't mean that he could have done what he is accused of. I don't think I ever saw him lock a door. Violence is not part of his temperament. He has many faults but not that one."
The defense escalated into all-out cultural battle: On the one hand, it was the French who came up with the notion of droit du seigneur, the special sexual liberties that the ruling class can enjoy. Social critics in the U.S. condemned the code of silence that prevented women from speaking up, the mentality that replaces Bourbon Kings with bureaucratic functionaries whose academic pedigree and choice of public service confer an automatic halo upon them. On the other hand, from various tony arrondissements, there was much outcry that the alleged victim was allowed to remain anonymous while DSK's perp walk made front pages around the world. "What do we know about the chambermaid?" was a headline in Le Monde. High-flying philosopher Bernard-Henri Lévy took to the Daily Beast, a news website, to deplore a "grand" hotel that sent in only one maid (a buddy system would presumably be safer) and denounced the judge for not showing Lévy's longtime friend the respect befitting an alleged rapist of his international standing. The judge, Lévy complained, "pretended to take him for a subject of justice like any other," even though he was a defender of the "proletarian nations" and "the most fragile and vulnerable" among us.
Of course, if the charges prove true, the most fragile and vulnerable among us will seem to have been his preferred targets, in this case a maid who, had this happened in Paris rather than New York, would likely have thought long and hard before daring to report even a violent attack by a man in a $3,000 suite. If the French elite were appalled that an illustrious man, convicted thus far of no crimes, could be treated this way, Americans were appalled that he expected to be treated differently.
"The transatlantic divide has really reopened," says Corine Lesnes, Washington correspondent for Le Monde. But she admits this episode will lead to some "soul searching" in the French media about whether the private lives of public figures need to be handled differently.
The defense escalated into all-out cultural battle: On the one hand, it was the French who came up with the notion of droit du seigneur, the special sexual liberties that the ruling class can enjoy. Social critics in the U.S. condemned the code of silence that prevented women from speaking up, the mentality that replaces Bourbon Kings with bureaucratic functionaries whose academic pedigree and choice of public service confer an automatic halo upon them. On the other hand, from various tony arrondissements, there was much outcry that the alleged victim was allowed to remain anonymous while DSK's perp walk made front pages around the world. "What do we know about the chambermaid?" was a headline in Le Monde. High-flying philosopher Bernard-Henri Lévy took to the Daily Beast, a news website, to deplore a "grand" hotel that sent in only one maid (a buddy system would presumably be safer) and denounced the judge for not showing Lévy's longtime friend the respect befitting an alleged rapist of his international standing. The judge, Lévy complained, "pretended to take him for a subject of justice like any other," even though he was a defender of the "proletarian nations" and "the most fragile and vulnerable" among us.
Of course, if the charges prove true, the most fragile and vulnerable among us will seem to have been his preferred targets, in this case a maid who, had this happened in Paris rather than New York, would likely have thought long and hard before daring to report even a violent attack by a man in a $3,000 suite. If the French elite were appalled that an illustrious man, convicted thus far of no crimes, could be treated this way, Americans were appalled that he expected to be treated differently.
"The transatlantic divide has really reopened," says Corine Lesnes, Washington correspondent for Le Monde. But she admits this episode will lead to some "soul searching" in the French media about whether the private lives of public figures need to be handled differently.
What matters is not prudishness — we've left that far behind — but prudence, a sense that public figures should be discouraged from destroying themselves and their families, even if we gawk at the results when they do. And principle: that power is a privilege not to be abused. The cases that involve a lawmaker chasing pages around the cloakroom or a boss cornering a junior employee or a professor pressuring a student for sex all deserve to be taken seriously. And in cases that involve actual violence, they need to be treated like the crimes they are.
— Reported by Bruce Crumley and Jeffrey T. Iverson / Paris; Jeffrey Kluger / New York; and Massimo Calabresi and Katy Steinmetz / Washington
Fonte: http://www.time.com/time/world/article/0,8599,2072527,00.html
Stupri “correttivi” in Sud Africa. Il caso di Noxolo Nogwaza
La calciatrice ventiquattrenne Noxolo Nogwaza è stata rapita e brutalmente uccisa il 23 aprile scorso. Attivista della comunità LGBT, aveva anche lavorato per l'organizzazione Ekurhuleni Pride. Un altro caso tragico di stupro correttivo in Sudafrica si aggiunge alla lunga lista degli ultimi anni.
Succede nel Sudafrica del post-apartheid che festeggia il 17esimo anniversario dell’indipendenza. Succede in un Paese progressista, dove i matrimoni omosessuali sono legalizzati e sulla carta esiste una delle Costituzioni più moderne del mondo. Nello stesso Paese, una spirale di violenza quotidiana attraversa la società, nell’indifferenza generale della stampa e dei governi. Lo stupro “correttivo” come pratica di correzione dell’omosessualità e rieducazione delle lesbiche attraverso rapporti sessuali forzati è una prassi ormai consolidata che sfocia spesso nella distruzione fisica del diverso. Un fenomeno che coinvolge donne sudafricane, non solo povere ed emarginate, ma di colore, spesso ancora adolescenti al di sotto dei 16 anni di età. I dati sono allarmanti, il governo ha promesso, nelle ultime settimane di varare misure concrete per gli autori delle violenze, perché l’assassinio di Nogwaza è solo l’ultimo di una lunga serie, centinaia al giorno negli ultimi dieci anni, spesso con epiloghi tristi.
I numerosi casi, tornati alla ribalta della stampa negli ultimi anni grazie alla denuncia di associazioni nate a sostegno delle vittime, presentano le modalità tipiche di quello che può essere considerato un rito di rieducazione. Stessa spietatezza, stessa follia, stessa illogicità. E su Nogwaza è sceso il silenzio della stampa, tranne la diffusione della notizia su blog e testate in gran parte stranieri. Eppure la storia di Noxolo è simile a quella di Nokuthula Radebe, una ventenne uccisa qualche mese fa, a quella della campionessa di calcio Eudy Simelane o ad altri episodi come quello di Millicent Gaika, la cui vicenda era stata raccontata dall’Huffington Post a gennaio: legata, torturata e stuprata ripetutamente per cinque ore da un uomo che continuava a ripeterle di voler“correggere” la sua malattia.
Il mese scorso anche Noxolo Nogwaza torna a casa in una normalissima serata e viene brutalmente assassinata. La sua testa è fracassata, il viso irriconoscibile, i denti sparsi a terra e un preservativo è rimasto a fianco del corpo senza vita. L’associazione Luleki Sizwe (dall’unione dei nomi di due donne che sono morte a causa delle conseguenze di uno stupro correttivo, l'una di meningite e l'altra di Aids), già lo scorso anno ha lanciato una petizione per riconoscere lo stupro correttivo un vero e proprio crimine di discriminazione. Sulla complessità e sulle resistenze incontrate dall’iniziativa pesano fattori come l’accettazione da parte della comunità di pratiche di questo genere, il dilagante maschilismo della società sudafricana, la paura di denunciare e, non da ultimo, il silenzio della Chiesa cattolica che, in Paesi come l’Uganda, si è addirittura espressa a favore di leggi che puniscono le donne con la reclusione se colte in flagranza di reato. Laddove il reato è costituito dal diverso orientamento sessuale. La stessa condanna espressa da Francia, Paesi Bassi, Gran Bretagna e Svezia e la minaccia di sospendere gli aiuti economici, sono stati interpretati come un tentativo di ingerenza di forze esterne nella sovranità dello Stato sudafricano.
Rompere il silenzio e denunciare gli stupri correttivi è il primo passo per comprendere che episodi come questi sono indicativi dello status delle donne. E quest’aspetto riguarda l’importanza del cammino dei diritti civili di tutti i Paesi del mondo.
http://www.agoravox.it/Stupri-correttivi-in-Sud-Africa-Il.html
http://www.agoravox.it/Stupri-correttivi-in-Sud-Africa-Il.html
Aborto, Argentina: sentenza storica del comitato per i diritti umani dell’ONU
Antefatto: nel 2006 una ventenne ritardata mentale e in condizioni familiari disastrose fu violentata da un parente e, in una visita medica in ospedale, trovata incinta. La legge argentina prevede che in un tale caso non sia punibile l’aborto, ma alla richiesta dell’intervento da parte della madre l’ospedale rifiutò e la indirizzò a un’altra struttura. Intanto si muovevano enti religiosi e organi giudiziari per impedire l’aborto e alla fine la famiglia si vide costretta a rivolgersi a una clinica clandestina.
Nel maggio del 2007 alcuni enti sudamericani di difesa delle donne e dei disabili portarono il caso al comitato dell’ONU per i diritti umani. Finalmente, nel maggio di quest’anno, il comitato delle NU ha emesso la sentenza di condanna dello Stato argentino per la mancata applicazione della legge e la conseguente violazione dei diritti della giovane cittadina.
Apprendiamo dal sito del Réseau de Santé des Femmes d’Amérique Latine et des Caraïbes che gli enti che avevano presentato il ricorso alle Nazioni Unite esprimono la loro soddisfazione per le conseguenze positive che la sentenza avrà per la giovane e per la sua famiglia, ma soprattutto mettono in evidenza il valore di carattere generale del riconoscimento dei diritti dei cittadini. Il comitato per i diritti umani delle NU considera che nei casi di aborto non punibile non è ammissibile l’ingerenza dello Stato, che verrebbe a violare il diritto alla riservatezza, e avverte inoltre che lo Stato, sottraendo i mezzi d’interruzione della gravidanza, si rende responsabile di violazione dei diritti di eguaglianza e di libertà dalla tortura e dai trattamenti degradanti e del diritto all’intimità. Viene espressa inoltre la preoccupazione per quanto avviene in Argentina, ove contrastanti decisioni delle autorità locali mettono in dubbio la capacità dello Stato di garantire i diritti costituzionali. Importantissima è allora la garanzia che non si ripeteranno casi di simili violazioni dei diritti dei cittadini e quindi l’obbligo per lo Stato di prendere misure a tale scopo e di darne comunicazione al comitato per i diritti umani delle NU.
Ermanno Morgari
http://www.uaar.it/news/2011/05/27/aborto-argentina-sentenza-storica-del-comitato-per-i-diritti-umani-dell-onu/#comment-502979
Nel maggio del 2007 alcuni enti sudamericani di difesa delle donne e dei disabili portarono il caso al comitato dell’ONU per i diritti umani. Finalmente, nel maggio di quest’anno, il comitato delle NU ha emesso la sentenza di condanna dello Stato argentino per la mancata applicazione della legge e la conseguente violazione dei diritti della giovane cittadina.
Apprendiamo dal sito del Réseau de Santé des Femmes d’Amérique Latine et des Caraïbes che gli enti che avevano presentato il ricorso alle Nazioni Unite esprimono la loro soddisfazione per le conseguenze positive che la sentenza avrà per la giovane e per la sua famiglia, ma soprattutto mettono in evidenza il valore di carattere generale del riconoscimento dei diritti dei cittadini. Il comitato per i diritti umani delle NU considera che nei casi di aborto non punibile non è ammissibile l’ingerenza dello Stato, che verrebbe a violare il diritto alla riservatezza, e avverte inoltre che lo Stato, sottraendo i mezzi d’interruzione della gravidanza, si rende responsabile di violazione dei diritti di eguaglianza e di libertà dalla tortura e dai trattamenti degradanti e del diritto all’intimità. Viene espressa inoltre la preoccupazione per quanto avviene in Argentina, ove contrastanti decisioni delle autorità locali mettono in dubbio la capacità dello Stato di garantire i diritti costituzionali. Importantissima è allora la garanzia che non si ripeteranno casi di simili violazioni dei diritti dei cittadini e quindi l’obbligo per lo Stato di prendere misure a tale scopo e di darne comunicazione al comitato per i diritti umani delle NU.
Ermanno Morgari
http://www.uaar.it/news/2011/05/27/aborto-argentina-sentenza-storica-del-comitato-per-i-diritti-umani-dell-onu/#comment-502979
Aborto negato, Strasburgo condanna la Polonia
La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato ieri in primo grado la Polonia, con una votazione passata per sei voti contro uno, perché l’operato di più medici antiabortisti ha impedito a una donna la possibilità di avere una tempestiva amniocentesi, con il risultato che la figlia è successivamente nata gravemente menomata. R.R., queste le iniziali della donna, dopo che le radiografie effettuate durante la diciottesima settimana avevano evidenziato il rischio concreto che il nascituro potesse avere malformazioni, nel 2002 si era rivolta a un ospedale pubblico per avere un’amniocentesi. Il medico a cui si rivolse rifiutò, così come rifiutò la successiva richiesta di interrompere la gravidanza.
In un altro ospedale ricevette lo stesso trattamento, nonostante le radiografie confermassero la serietà delle lesioni al feto. R.R. riuscì finalmente ad avere un’amniocentesi soltanto un mese dopo la prima richiesta: i risultati confermarono ancora una volta le malformazioni. A quel punto R.R. rinnovò la richiesta di un’interruzione di gravidanza, ma l’ospedale le rispose che nel frattempo erano stati superati i limiti di legge (24 settimane) e pertanto doveva tenersi la bambina, che nacque affetta dalla sindrome di Turner. La donna presentò ricorso, e alla quinta sentenza le fu data parzialmente ragione.
La Corte europea sostiene ora che quanto accaduto a R.R. costituisce una violazione degli articoli 3 (trattamento inumano e degradante) e 8 (mancato rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea sui diritti dell’uomo. In particolare, ricorda che gli stati sono obbligati a garantire un accesso privo di ostacoli alle informazioni e ai test prenatali, e che i dottori hanno inflitto alla donna, che per di più si trovava in una posizione vulnerabile, una “prolungata e dolorosa incertezza” circa le condizioni del nascituro, “umiliandola” e “trattandola in modo meschino”. La Corte ha infine stigmatizzato lo Stato polacco perché, benché la legge consenta di avere un’interruzione di gravidanza nei casi di malformazione del feto, non è poi in grado di garantire che questa possibilità sia realmente e facilmente percorribile.
L’unico giudice dissenziente è stato quello maltese: anche il giudice polacco ha votato a favore.
Raffaele Carcano
http://www.agoravox.it/Aborto-negato-Strasburgo-condanna.html
In un altro ospedale ricevette lo stesso trattamento, nonostante le radiografie confermassero la serietà delle lesioni al feto. R.R. riuscì finalmente ad avere un’amniocentesi soltanto un mese dopo la prima richiesta: i risultati confermarono ancora una volta le malformazioni. A quel punto R.R. rinnovò la richiesta di un’interruzione di gravidanza, ma l’ospedale le rispose che nel frattempo erano stati superati i limiti di legge (24 settimane) e pertanto doveva tenersi la bambina, che nacque affetta dalla sindrome di Turner. La donna presentò ricorso, e alla quinta sentenza le fu data parzialmente ragione.
La Corte europea sostiene ora che quanto accaduto a R.R. costituisce una violazione degli articoli 3 (trattamento inumano e degradante) e 8 (mancato rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea sui diritti dell’uomo. In particolare, ricorda che gli stati sono obbligati a garantire un accesso privo di ostacoli alle informazioni e ai test prenatali, e che i dottori hanno inflitto alla donna, che per di più si trovava in una posizione vulnerabile, una “prolungata e dolorosa incertezza” circa le condizioni del nascituro, “umiliandola” e “trattandola in modo meschino”. La Corte ha infine stigmatizzato lo Stato polacco perché, benché la legge consenta di avere un’interruzione di gravidanza nei casi di malformazione del feto, non è poi in grado di garantire che questa possibilità sia realmente e facilmente percorribile.
L’unico giudice dissenziente è stato quello maltese: anche il giudice polacco ha votato a favore.
Raffaele Carcano
http://www.agoravox.it/Aborto-negato-Strasburgo-condanna.html
Uccise ex fidanzata: condanna confermata
Giuseppe Candido dovra' scontare 30 anni di carcere
(ANSA) - BRESCIA, 27 MAG - La corte d'Assise d'Appello di Brescia ha confermato la condanna inflitta, in primo grado con rito abbreviato, a Giuseppe Candido per l'omicidio dell'ex fidanzata Patrizia Maccarini. L'uomo dovra' scontare 30 anni di carcere. Il delitto avvenne a Calvisano (Brescia) il 20 marzo del 2009. Candido venne arrestato a Bergamo il giorno successivo dai carabinieri del nucleo investigativo di Brescia e della compagnia di Desenzano.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/05/27/visualizza_new.html_844253389.html
(ANSA) - BRESCIA, 27 MAG - La corte d'Assise d'Appello di Brescia ha confermato la condanna inflitta, in primo grado con rito abbreviato, a Giuseppe Candido per l'omicidio dell'ex fidanzata Patrizia Maccarini. L'uomo dovra' scontare 30 anni di carcere. Il delitto avvenne a Calvisano (Brescia) il 20 marzo del 2009. Candido venne arrestato a Bergamo il giorno successivo dai carabinieri del nucleo investigativo di Brescia e della compagnia di Desenzano.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/05/27/visualizza_new.html_844253389.html
giovedì 26 maggio 2011
SOTTOSCRIVI L'APPELLO "QUATTRO MILIARDI (ERANO) TUTTI PER NOI"
Appello congiunto di: A.F.F.I., Amiche ABCD, Arcidonna, Aspettare Stanca, CEMP (Milano, Consultorio familiare privato Laico), Cittadinanza Attiva, Corrente Rosa, Diversamente Occupate, Donne della Banca d’Italia, Donne in Quota, Donne in volo, Filomena, Gruppo Maternità & Paternità, Innovatori Europei, Leipuò, Lucy e Le altre, Ozio Creativo Society, PariMerito, Pari o Dispare, Rete per la Parità, Udi Nazionale, Usciamo dal silenzio, Valore D
QUATTRO MILIARDI (ERANO) TUTTI PER NOI:
GIU’ LE MANI DAI FONDI GENERATI DALL'AUMENTO DELL'ETA’ PENSIONABILE DELLE DONNE
E’ in atto un grave furto alle donne italiane, che rischia di passare inosservato.
Il Governo, con l'aumento dell’età pensionabile delle donne nel pubblico impiego (come da standard europei), si era impegnato ad utilizzare i risparmi che ne derivano - 4 miliardi circa in dieci anni - per interventi dedicati a favorire l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, per la conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro e per il fondo non autosufficienza.
Quattro miliardi nei primi dieci anni e, dopo, 242 milioni di euro a regime ogni anno: sono cifre che mai le donne italiane hanno potuto anche solo sognare.
Dobbiamo difendere questo tesoro: consentirebbe alle donne italiane e a tutto il Paese di rimettersi in marcia verso gli obiettivi europei, non solo in termini di equiparazione femminile, ma anche di crescita economica. L'Italia stenta a crescere e non può quindi ignorare ciò che è universalmente riconosciuto: il miglior ricostituente per lo sviluppo è un tasso di occupazione femminile elevato.
4 miliardi in dieci anni per 4 obiettivi:
- un programma pluriennale di investimento pubblico e tracciabile dei “nostri” quattro miliardi
- più servizi per la conciliazione di tipologia diversificata
- più misure a favore dell’inclusione delle donne nel mercato del lavoro a tutti i livelli
- chiara identificazione dei rappresentanti politici e sindacali che realmente si impegnano a sostenere il programma per le donne italiane
Noi che firmiamo questo appello ci mobilitiamo per una azione politica – pubblica e visibile - contro un furto insopportabile per le cittadine di questo paese, irreparabile se dovesse giungere a compimento. Persi questi soldi, sarebbe davvero difficile continuare a parlare di misure per la conciliazione e politiche di inclusione femminile.
Per aderire mandare una mail con i propri dati anagrafici a "Valeria Manieri" < segretariapod@gmail.com >
domenica 22 maggio 2011
Me lo dicono tutti
Ieri sera ho visto qualche minuto, una quarantina, ma non consecutivi, di "Me lo dicono tutti!" il progamma di Pino Insegno su rai1. Nel complesso, per ciò che ho visto, mi è sembrato gradevole. Nel programma c'era una valletta che consegnava oggetti funzionali allo svoglimento dell'azione e due valletti che introducevano alcuni ospiti. Figure utili quindi, con un ruolo, dal quale non uscivano mai, ma che nemmeno venivano messe in mezzo per essere umiliate in qualche modo.
Pino Insegno non eccede in doppi sensi volgari, non aggredisce le persone e pare che si diverta lavorando con gli altri, piuttosto che sopra gli altri.
Purtroppo però, alla fine di un gioco telefonico, in cui Loredana Lecciso ed Elisabetta Gregoracci dovevano fare un sondaggio telefonico su loro stesse, il conduttore ha giustificato lo scarso gradimento di Loredana Lecciso, da parte delle donne al telefono, con una battuta sull'invidia tra donne, mentre ad Elisabetta Gregoracci gli uomini avevano elargito dei voti alti. Cos'è più vero: che le donne sono invidiose di Loredana Lecciso o che gli uomini si rincretiniscono pensando ad Elisabetta Gregoracci?
Il mio parere è che i voti, ammettendo che tutto il gioco fosse vero, siano stati dati proprio sulla base del gradimento dei personaggi, e che Pino Insegno, invece di tentare una carineria attraverso uno stereotipo, avrebbe potuto semplicemente tacere.
Pino Insegno non eccede in doppi sensi volgari, non aggredisce le persone e pare che si diverta lavorando con gli altri, piuttosto che sopra gli altri.
Purtroppo però, alla fine di un gioco telefonico, in cui Loredana Lecciso ed Elisabetta Gregoracci dovevano fare un sondaggio telefonico su loro stesse, il conduttore ha giustificato lo scarso gradimento di Loredana Lecciso, da parte delle donne al telefono, con una battuta sull'invidia tra donne, mentre ad Elisabetta Gregoracci gli uomini avevano elargito dei voti alti. Cos'è più vero: che le donne sono invidiose di Loredana Lecciso o che gli uomini si rincretiniscono pensando ad Elisabetta Gregoracci?
Il mio parere è che i voti, ammettendo che tutto il gioco fosse vero, siano stati dati proprio sulla base del gradimento dei personaggi, e che Pino Insegno, invece di tentare una carineria attraverso uno stereotipo, avrebbe potuto semplicemente tacere.
venerdì 20 maggio 2011
Genova, stuprò 2 prostitute in Questura agente condannato a 12 anni e mezzo
Al poliziotto erano già stati inflitti tre anni e due mesi per le violenze nella caserma di Bolzaneto, durante il G8 del 2001
ROMA - Dovrà scontare 12 anni e mezzo di carcere Massimo Pigozzi, l'agente di 46 anni accusato di aver stuprato due prostitute romene e di avere palpeggiato altre due donne in Questura a Genova. La sentenza è stata emessa questa mattina dal Tribunale del capoluogo ligure. Pigozzi è stato anche condannato a risarcire il ministero dell'Interno, costituitosi parte civile con l'Avvocatura di Stato.
I fatti risalgono al maggio del 2005 per la violenze carnali e all'agosto e all'ottobre dello stesso anno per i palpeggiamenti. Dopo essere state fermate, le due prostitute furono condotte da Pigozzi in una stanza adibita a spogliatoio. Lì l'agente abusò di loro.
Il pm aveva chiesto 12 anni per le violenze sessuali e sei mesi per l'abbandono del posto di lavoro dal momento che il poliziotto si era allontanato dalla Questura mentre era in servizio. Ad incastrare Pigozzi, la descrizione precisa, fornita dalle vittime, del suo profilo e dell'arredo del locale dove avvennero gli stupri. Secondo il pm, inoltre, la spontaneità e la volontarietà delle loro dichiarazioni escluderebbero la possibilità che siano state estorte sotto pressione.
Pigozzi, che è difeso dagli avvocati Alessandro Vaccaro e Nicola Scodnik, non era in aula. Sospeso da tempo dal servizio, fu condannato a tre anni e due mesi (in primo e secondo grado) nel processo per le violenze nella caserma di Bolzaneto durante il G8 del luglio 2001 a Genova per avere divaricato le dita di una mano a un fermato, provocandogli gravi lesioni
Venerdì 20 Maggio 2011 - 16:09 Ultimo aggiornamento: 16:57
Fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=149929&sez=HOME_INITALIA
ROMA - Dovrà scontare 12 anni e mezzo di carcere Massimo Pigozzi, l'agente di 46 anni accusato di aver stuprato due prostitute romene e di avere palpeggiato altre due donne in Questura a Genova. La sentenza è stata emessa questa mattina dal Tribunale del capoluogo ligure. Pigozzi è stato anche condannato a risarcire il ministero dell'Interno, costituitosi parte civile con l'Avvocatura di Stato.
I fatti risalgono al maggio del 2005 per la violenze carnali e all'agosto e all'ottobre dello stesso anno per i palpeggiamenti. Dopo essere state fermate, le due prostitute furono condotte da Pigozzi in una stanza adibita a spogliatoio. Lì l'agente abusò di loro.
Il pm aveva chiesto 12 anni per le violenze sessuali e sei mesi per l'abbandono del posto di lavoro dal momento che il poliziotto si era allontanato dalla Questura mentre era in servizio. Ad incastrare Pigozzi, la descrizione precisa, fornita dalle vittime, del suo profilo e dell'arredo del locale dove avvennero gli stupri. Secondo il pm, inoltre, la spontaneità e la volontarietà delle loro dichiarazioni escluderebbero la possibilità che siano state estorte sotto pressione.
Pigozzi, che è difeso dagli avvocati Alessandro Vaccaro e Nicola Scodnik, non era in aula. Sospeso da tempo dal servizio, fu condannato a tre anni e due mesi (in primo e secondo grado) nel processo per le violenze nella caserma di Bolzaneto durante il G8 del luglio 2001 a Genova per avere divaricato le dita di una mano a un fermato, provocandogli gravi lesioni
Venerdì 20 Maggio 2011 - 16:09 Ultimo aggiornamento: 16:57
Fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=149929&sez=HOME_INITALIA
Aggredisce con la mannaia moglie e figlia di sei anni
Scene di terrore nell'appartamento a Staglieno. La donna e la bambina liberate da una pattuglia della polizia. Arrestato per maltrattamenti in famiglia il marito
Come Jack Nicholson in "Shining". Da padre e compagno di vita, si trasforma in un potenziale carnefice in preda ad una furia sconsiderata provocata dalle allucinazioni. Con un'ascia sfonda la porta della camera in cui la moglie e la figlioletta si sono barricate. "Ti faccio a pezzi", "Ti uccido". L'attore, che nel film di Stanley Kubrick interpreta il ruolo di Jack Torrance, scrittore fallito, alcolizzato, che accetta un lavoro come guardiano in un enorme hotel in Colorado, nelle scene finali si perde nel labirinto di siepi dei giardini e muore assiderato. In questa storia, il protagonista viene bloccato dalla polizia con un intervento finale al cardiopalma: due agenti liberano gli ostaggi, pistole in pugno fanno irruzione nell'appartamento del terrore di salita alla chiesa di Staglieno e lo disarmano.
E' accaduto lunedì poco prima di mezzanotte. L’uomo, disoccupato, aveva già picchiato la donna, mentre la piccola, di sei anni, piangeva e urlava disperatamente. Ma non soddisfatto, spinto da una crisi di nervi, ha afferrato una mannaia e una pistola inseguendo madre e figlia per la casa. La donna è riuscita a prendere la figlioletta e a chiudersi in una stanza, cercando aiuto attraverso la finestra. Un vicino di casa ha dato l’allarme: gli agenti, hanno indossato giubbotti anti-proiettili e protezioni. Sono arrivati mentre l’uomo stava cercando di entrare nella stanza dove si trovavano le due vittime.
I poliziotti sono riusciti a metterle in salvo tagliando una recinzione e facendole facendole passare dalla finestra. A quel punto sono entrati in casa e mentre un agente distraeva l'uomo, l'altro lo ha bloccato afferrandolo alle spalle. Sul tavolo della cucina hanno trovato gocce di un calmante e un trittico di medicinali. L’uomo, di 54 anni, già noto alle forze dell’ordine, è stato arrestato per detenzione di arma con matricola abrasa e maltrattamenti in famiglia. E’ stato inoltre denunciato per lesioni e minacce gravi nei confronti della convivente.
Fonte: http://genova.repubblica.it/cronaca/2011/05/17/news/il_fatto-16395147/
Come Jack Nicholson in "Shining". Da padre e compagno di vita, si trasforma in un potenziale carnefice in preda ad una furia sconsiderata provocata dalle allucinazioni. Con un'ascia sfonda la porta della camera in cui la moglie e la figlioletta si sono barricate. "Ti faccio a pezzi", "Ti uccido". L'attore, che nel film di Stanley Kubrick interpreta il ruolo di Jack Torrance, scrittore fallito, alcolizzato, che accetta un lavoro come guardiano in un enorme hotel in Colorado, nelle scene finali si perde nel labirinto di siepi dei giardini e muore assiderato. In questa storia, il protagonista viene bloccato dalla polizia con un intervento finale al cardiopalma: due agenti liberano gli ostaggi, pistole in pugno fanno irruzione nell'appartamento del terrore di salita alla chiesa di Staglieno e lo disarmano.
E' accaduto lunedì poco prima di mezzanotte. L’uomo, disoccupato, aveva già picchiato la donna, mentre la piccola, di sei anni, piangeva e urlava disperatamente. Ma non soddisfatto, spinto da una crisi di nervi, ha afferrato una mannaia e una pistola inseguendo madre e figlia per la casa. La donna è riuscita a prendere la figlioletta e a chiudersi in una stanza, cercando aiuto attraverso la finestra. Un vicino di casa ha dato l’allarme: gli agenti, hanno indossato giubbotti anti-proiettili e protezioni. Sono arrivati mentre l’uomo stava cercando di entrare nella stanza dove si trovavano le due vittime.
I poliziotti sono riusciti a metterle in salvo tagliando una recinzione e facendole facendole passare dalla finestra. A quel punto sono entrati in casa e mentre un agente distraeva l'uomo, l'altro lo ha bloccato afferrandolo alle spalle. Sul tavolo della cucina hanno trovato gocce di un calmante e un trittico di medicinali. L’uomo, di 54 anni, già noto alle forze dell’ordine, è stato arrestato per detenzione di arma con matricola abrasa e maltrattamenti in famiglia. E’ stato inoltre denunciato per lesioni e minacce gravi nei confronti della convivente.
Fonte: http://genova.repubblica.it/cronaca/2011/05/17/news/il_fatto-16395147/
Sant’Angelo, aggredisce la moglie con un’ascia: un 63enne arrestato per tentato omicidio
(3 marzo 2011)
Insegue la moglie in strada impugnando un’ascia e la colpisce più volte alla testa con il manico, mentre lei fugge con il volto coperto di sangue e urla disperata per chiedere aiuto. Una scena drammatica, avvenuta ieri mattina a Sant’Angelo in via Cortese, fra l’ospedale Delmati e il campo sportivo. Alla fine la donna, di 26 anni e originaria del Burkina Faso, è finita in ospedale, mentre l’uomo, italiano di 63 anni, è scappato fino in via San Martino e lì è stato arrestato dai carabinieri e portato in cella con l’accusa di tentato omicidio.
Cosa abbia fatto scattare il raptus di follia non è ancora chiaro. I due, marito e moglie con una figlia di cinque anni, ieri mattina erano in casa, una villa bifamiliare in via Cortese. A un certo punto, poco prima delle 11, è scoppiata una lite, non certo la prima nell’ultimo periodo, e il tono della voce fra i due si è alzato sempre di più. Fatto sta che alla fine l’uomo, G.C. le sue iniziali, ha impugnato un’accetta, utilizzata in genere per i lavori di giardinaggio, e ha cercato di colpire la donna. Questa all’inizio ha cercato di difendersi e ha morso il marito alle braccia; poi, praticamente mezza nuda perché stava per entrare in doccia, è corsa all’esterno, nonostante il freddo e la neve, per sfuggire alla sua furia. I due urlavano e correvano e hanno attirato l’attenzione di alcune persone. Due giardinieri, in particolare, che si trovavano nel giardino della villa accanto per dei lavori, hanno visto tutto, allibiti e spaventati.
La donna è stata colpita più volte alla testa con il manico dell’arma. Prima in casa, dove è stato trovato parecchio sangue, poi fuori. È stata soccorsa dai sanitari del “118” e portata con l’ambulanza all’ospedale di Lodi: all’inizio le sue condizioni sembravano gravi, tali almeno da giustificare l’accusa di tentato omicidio; ma poi, dopo le visite mediche e gli accertamenti, è stata giudicata fuori pericolo e addirittura guaribile con 15 giorni di prognosi.
Nel frattempo qualcuno ha chiamato anche i carabinieri e sul posto sono intervenute le pattuglie della stazione locale, raggiunge anche dalla polizia locale. L’uomo, dopo l’aggressione, si era già allontanato a piedi, non è chiaro se con o senza l’arma, ma è stato rintracciato intorno alle 11.30 in via San Martino dai militari e portato in caserma. Aveva dei lividi alle braccia e segni di morsi, ma non è stato necessario medicarlo in ospedale.
Nonostante la prognosi di pochi giorni per la 26enne, i militari hanno deciso di procedere comunque con l’arresto, soprattutto per la dinamica brutale dell’aggressione, per la presenza dell’arma e per la fuga. Questa mattina l’uomo sarà processato per direttissima in tribunale: è probabile che la pesante accusa di tentato omicidio, alla luce delle condizioni della donna, venga ridimensionata dal giudice.
Anche il sindaco Domenico Crespi è stato informato di quanto accaduto. «Conosco bene queste persone, dispiace molto per quello che è successo, sia per loro che per la bambina - sono le sue parole -. Gli accertamenti sono in corso e quindi in questo momento è meglio astenersi da ogni commento».
Fonte: http://www.ilcittadino.it/p/notizie/cronaca_centro_lodigiano/2011/03/03/AB7morH-arrestato_tentato_aggredisce_omicidio.html
Insegue la moglie in strada impugnando un’ascia e la colpisce più volte alla testa con il manico, mentre lei fugge con il volto coperto di sangue e urla disperata per chiedere aiuto. Una scena drammatica, avvenuta ieri mattina a Sant’Angelo in via Cortese, fra l’ospedale Delmati e il campo sportivo. Alla fine la donna, di 26 anni e originaria del Burkina Faso, è finita in ospedale, mentre l’uomo, italiano di 63 anni, è scappato fino in via San Martino e lì è stato arrestato dai carabinieri e portato in cella con l’accusa di tentato omicidio.
Cosa abbia fatto scattare il raptus di follia non è ancora chiaro. I due, marito e moglie con una figlia di cinque anni, ieri mattina erano in casa, una villa bifamiliare in via Cortese. A un certo punto, poco prima delle 11, è scoppiata una lite, non certo la prima nell’ultimo periodo, e il tono della voce fra i due si è alzato sempre di più. Fatto sta che alla fine l’uomo, G.C. le sue iniziali, ha impugnato un’accetta, utilizzata in genere per i lavori di giardinaggio, e ha cercato di colpire la donna. Questa all’inizio ha cercato di difendersi e ha morso il marito alle braccia; poi, praticamente mezza nuda perché stava per entrare in doccia, è corsa all’esterno, nonostante il freddo e la neve, per sfuggire alla sua furia. I due urlavano e correvano e hanno attirato l’attenzione di alcune persone. Due giardinieri, in particolare, che si trovavano nel giardino della villa accanto per dei lavori, hanno visto tutto, allibiti e spaventati.
La donna è stata colpita più volte alla testa con il manico dell’arma. Prima in casa, dove è stato trovato parecchio sangue, poi fuori. È stata soccorsa dai sanitari del “118” e portata con l’ambulanza all’ospedale di Lodi: all’inizio le sue condizioni sembravano gravi, tali almeno da giustificare l’accusa di tentato omicidio; ma poi, dopo le visite mediche e gli accertamenti, è stata giudicata fuori pericolo e addirittura guaribile con 15 giorni di prognosi.
Nel frattempo qualcuno ha chiamato anche i carabinieri e sul posto sono intervenute le pattuglie della stazione locale, raggiunge anche dalla polizia locale. L’uomo, dopo l’aggressione, si era già allontanato a piedi, non è chiaro se con o senza l’arma, ma è stato rintracciato intorno alle 11.30 in via San Martino dai militari e portato in caserma. Aveva dei lividi alle braccia e segni di morsi, ma non è stato necessario medicarlo in ospedale.
Nonostante la prognosi di pochi giorni per la 26enne, i militari hanno deciso di procedere comunque con l’arresto, soprattutto per la dinamica brutale dell’aggressione, per la presenza dell’arma e per la fuga. Questa mattina l’uomo sarà processato per direttissima in tribunale: è probabile che la pesante accusa di tentato omicidio, alla luce delle condizioni della donna, venga ridimensionata dal giudice.
Anche il sindaco Domenico Crespi è stato informato di quanto accaduto. «Conosco bene queste persone, dispiace molto per quello che è successo, sia per loro che per la bambina - sono le sue parole -. Gli accertamenti sono in corso e quindi in questo momento è meglio astenersi da ogni commento».
Fonte: http://www.ilcittadino.it/p/notizie/cronaca_centro_lodigiano/2011/03/03/AB7morH-arrestato_tentato_aggredisce_omicidio.html
giovedì 19 maggio 2011
La campagna contro l'AIDS promossa in Spagna dal Barcelona FC
Non è una cosa recente, però mi è capitata sott'occhio oggi. L'orsetto Dubu è il simbolo di questa campagna di sensibilizzazione promossa dal Barcellona, la squadra di calcio dell'omonima città spagnola, assieme a Unicef. Mi è sembrato molto efficace, tutti prendono in mano un tenero orsacchiotto, ma quando scoprono che sulla pancia ha la scritta SIDA la reazione è immediata: lo gettano via, in un misto di terrore e schifo. Più o meno è ciò che accade alle persone affette da AIDS.
martedì 17 maggio 2011
FLASH MOB ARCIGAY CONTRO L'OMOTRANSFOBIA
martedì 17 maggio · 16.00 - 20.00
Napoli piazza Dante
Piazza Dante
Napoli (Naples, Italy)
La Giornata internazionale contro l'omofobia e la transfobia (o IDAHO, acronimo di International Day Against Homophobia and Transfobia), nata come Giornata internazionale contro l'omofobia, è una ricorrenza promossa dall'Unione europea che si celebra dal 2007 il 17 maggio di ogni anno.
L'obiettivo della giornata è quello di promuovere e coordinare eventi internazionali di sensibilizzazione e prevenzione per contrastare il fenomeno dell'omofobia e della transfobia.
Arcigay Napoli organizza per l'occasione un FLASH MOB a Piazza Dante, dalle ore 16:00. Le modalità del flash mob e tutti gli ulteriori dettagli saranno comunicati, per garantire la buona riuscita dell'evento, soltanto la mattina del 17 maggio.
Se non sai cos'è un flash mob, vedi qui: http://it.wikipedia.org/wi ki/Flash_mob
Non resta altro che darvi appuntamento a piazza Dante, Martedì alle 16:00. Vi aspettiamo numeros*
L'obiettivo della giornata è quello di promuovere e coordinare eventi internazionali di sensibilizzazione e prevenzione per contrastare il fenomeno dell'omofobia e della transfobia.
Arcigay Napoli organizza per l'occasione un FLASH MOB a Piazza Dante, dalle ore 16:00. Le modalità del flash mob e tutti gli ulteriori dettagli saranno comunicati, per garantire la buona riuscita dell'evento, soltanto la mattina del 17 maggio.
Se non sai cos'è un flash mob, vedi qui: http://it.wikipedia.org/wi
Non resta altro che darvi appuntamento a piazza Dante, Martedì alle 16:00. Vi aspettiamo numeros*
Fonte: facebook
Giornata contro l'omofobia
Oggi è la giornata contro l'omofobia, non c'è molto da dire, solo che delle leggi che equiparino, sul piano legale e civile, una parte della popolazione all'altra, si rendono sempre più urgenti.
17 maggio contro l'omofobia: "Il primo processo di Oscar Wilde"
Oggi alle 21.00 - giovedì alle 0.00
Palazzo de Liguoro, Via Arena alla Sanità, 12 (nei pressi della Metropolitana, stazione Cavour)Napoli, Italia
Dopo il tutto esaurito del 1° dicembre scorso, Roberto Azzurro ripropone, il 17 e 18 maggio maggio nella suggestiva cornice di Palazzo de Liguoro, “Il primo processo di Oscar Wilde”.
In tempi di accuse, tabù sociali e violenze, la Giornata Internazionale contro l’Omofobia sembra essere la collocazione ideale per mettere in scena il primo dei tre processi a cui lo scrittore, drammaturgo e poeta irlandese fu sottoposto: il proverbiale acume di Wilde rimarca, infatti, l’importanza della libertà e della salvaguardia dei diritti civili.
Ritenuti scabrosi e compromettenti, i verbali dei processi non vennero mai resi pubblici e scomparvero fino al 2000, quando vennero ritrovati tra gli archivi della British Library.
Gli atti del processo, riadattati da Massimiliano Palmese e messi in scena da Roberto Azzurro, ci permettono oggi di assistere ad un “miracolo”: l’umorismo di un “gigante” della letteratura mondiale nelle vere risposte date al suo inquisitore.
In scena: Roberto Azzurro, Pietro PIgnatelli, Fabrizio Cavaliere, Carlo Caracciolo e Marco Sgamato. Drammaturgia di Massimiliano Palmese (dall’omonimo libro edito da Ubulibri a cura di Paolo Orlandelli e Paolo Iorio). Progetto e regia di Roberto Azzurro.
Una produzione Medea.net, Napoligaypress.it, Ortensia T in collaborazione con AltArt.
Pe rinfo e prenotazioni: 338 6845443 | 339 8910163 | info.altart@gmail.com
Fonte:facebook
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Palazzo de Liguoro, Via Arena alla Sanità, 12 (nei pressi della Metropolitana, stazione Cavour)Napoli, Italia
Dopo il tutto esaurito del 1° dicembre scorso, Roberto Azzurro ripropone, il 17 e 18 maggio maggio nella suggestiva cornice di Palazzo de Liguoro, “Il primo processo di Oscar Wilde”.
In tempi di accuse, tabù sociali e violenze, la Giornata Internazionale contro l’Omofobia sembra essere la collocazione ideale per mettere in scena il primo dei tre processi a cui lo scrittore, drammaturgo e poeta irlandese fu sottoposto: il proverbiale acume di Wilde rimarca, infatti, l’importanza della libertà e della salvaguardia dei diritti civili.
Ritenuti scabrosi e compromettenti, i verbali dei processi non vennero mai resi pubblici e scomparvero fino al 2000, quando vennero ritrovati tra gli archivi della British Library.
Gli atti del processo, riadattati da Massimiliano Palmese e messi in scena da Roberto Azzurro, ci permettono oggi di assistere ad un “miracolo”: l’umorismo di un “gigante” della letteratura mondiale nelle vere risposte date al suo inquisitore.
In scena: Roberto Azzurro, Pietro PIgnatelli, Fabrizio Cavaliere, Carlo Caracciolo e Marco Sgamato. Drammaturgia di Massimiliano Palmese (dall’omonimo libro edito da Ubulibri a cura di Paolo Orlandelli e Paolo Iorio). Progetto e regia di Roberto Azzurro.
Una produzione Medea.net, Napoligaypress.it, Ortensia T in collaborazione con AltArt.
Pe rinfo e prenotazioni: 338 6845443 | 339 8910163 | info.altart@gmail.com
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lunedì 16 maggio 2011
Tiene sospesa nel vuoto dal 13° piano la fidanzata e poi la violenta: arrestato
ROMA - Una ragazza di 25 anni è stata tenuta sospesa nel vuoto dal 13esimo piano dal fidanzato ubriaco che voleva spaventarla. L'uomo l'ha poi segregata, denudata, umiliata e violentata per oltre un giorno. L.M., 39 anni romano, è stato fermato per sequestro di persona, violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia.
È stato solo dopo l'ennesimo episodio di violenza che la donna ha finalmente trovato la forza di denunciare il suo aguzzino. Ricoverata e dimessa con alcuni giorni di prognosi al Policlinico Umberto I, ieri sera la giovane si è presentata negli uffici del commissariato San Basilio, diretto da Adriano Lauro, dove ha raccontato la sua storia. Da circa 8 mesi aveva intrapreso una relazione sentimentale con L.M. 39enne romano, e fin dalle fasi iniziali del rapporto, l'uomo si era manifestato violento.
Ogni volta che la donna aveva provato a lasciarlo, lui l'aveva convinta a tornare sui suoi passi dichiarandosi vittima a sua volta, di una situazione familiare complicata. Ormai piegata agli atteggiamenti violenti di L.M., la donna con il passare del tempo è diventata sempre più incapace di ribellarsi, tenuta soggiogata con minacce di morte. L'uomo infatti, le aveva impedito anche di lavorare per evitare che lei potesse coltivare qualsiasi relazione sociale.
L'altro ieri la giovane ha provato ad andarsene dalla casa di via Palmiro Togliatti, in precedenza occupata abusivamente, portandosi via anche tutti i suoi effetti personali, chiedendo ospitalità a un'amica. Con lei è andata in un bar nella zona di Tor Cervara, ma improvvisamente è arrivato anche L.M. che ha cominciato ad aggredire verbalmente la giovane, intimandole di far ritorno a casa insieme a lui.
La situazione sembrava poi essersi calmata e la donna ha chiamato un taxi per andare via. All'arrivo dell'auto, improvvisamente L.M. ha aggredito il tassista, cacciandolo e costringendolo a rinunciare alla corsa. Obbligata a tornare a casa insieme a lui, la 25enne da quella sera è stata costretta a subire una serie interminabili di violenze psichiche, fisiche e sessuali.
Privata del telefono cellulare è stata sequestrata, denudata e umiliata, tenuta sospesa nel vuoto fuori dalla finestra di casa, al 13esimo piano. Durante queste fasi, nel tentativo di difendersi, la giovane ha riportato numerose lesioni e contusioni in varie parti del corpo. La donna è stata costretta subire per oltre un giorno le violenze dell'uomo che dopo molte ore ha finalmente acconsentito a lasciarla andare.
Tornata a casa sua e aiutata dalla stessa amica che l'aveva ospitata in precedenza, a causa di continui malori, la donna ha deciso di presentarsi prima al pronto soccorso dell'Umberto I, dove è stata medicata e dimessa e, successivamente, alla polizia per denunciare le violenze.
L'uomo è stato rintracciato all'interno dell'abitazione della giovane, dove era tornato nel tentativo di convincere la donna a riappacificarsi con lui. Alla vista della polizia, L.M. ubriaco, ha aggredito gli agenti, nel tentativo di scappare, ma è stato bloccato e accompagnato in commissariato dove è stato sottoposto a fermo per sequestro di persona, violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia.
Sabato 14 Maggio 2011 - 16:58 Ultimo aggiornamento: Domenica 15 Maggio - 15:26
Fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=149214
È stato solo dopo l'ennesimo episodio di violenza che la donna ha finalmente trovato la forza di denunciare il suo aguzzino. Ricoverata e dimessa con alcuni giorni di prognosi al Policlinico Umberto I, ieri sera la giovane si è presentata negli uffici del commissariato San Basilio, diretto da Adriano Lauro, dove ha raccontato la sua storia. Da circa 8 mesi aveva intrapreso una relazione sentimentale con L.M. 39enne romano, e fin dalle fasi iniziali del rapporto, l'uomo si era manifestato violento.
Ogni volta che la donna aveva provato a lasciarlo, lui l'aveva convinta a tornare sui suoi passi dichiarandosi vittima a sua volta, di una situazione familiare complicata. Ormai piegata agli atteggiamenti violenti di L.M., la donna con il passare del tempo è diventata sempre più incapace di ribellarsi, tenuta soggiogata con minacce di morte. L'uomo infatti, le aveva impedito anche di lavorare per evitare che lei potesse coltivare qualsiasi relazione sociale.
L'altro ieri la giovane ha provato ad andarsene dalla casa di via Palmiro Togliatti, in precedenza occupata abusivamente, portandosi via anche tutti i suoi effetti personali, chiedendo ospitalità a un'amica. Con lei è andata in un bar nella zona di Tor Cervara, ma improvvisamente è arrivato anche L.M. che ha cominciato ad aggredire verbalmente la giovane, intimandole di far ritorno a casa insieme a lui.
La situazione sembrava poi essersi calmata e la donna ha chiamato un taxi per andare via. All'arrivo dell'auto, improvvisamente L.M. ha aggredito il tassista, cacciandolo e costringendolo a rinunciare alla corsa. Obbligata a tornare a casa insieme a lui, la 25enne da quella sera è stata costretta a subire una serie interminabili di violenze psichiche, fisiche e sessuali.
Privata del telefono cellulare è stata sequestrata, denudata e umiliata, tenuta sospesa nel vuoto fuori dalla finestra di casa, al 13esimo piano. Durante queste fasi, nel tentativo di difendersi, la giovane ha riportato numerose lesioni e contusioni in varie parti del corpo. La donna è stata costretta subire per oltre un giorno le violenze dell'uomo che dopo molte ore ha finalmente acconsentito a lasciarla andare.
Tornata a casa sua e aiutata dalla stessa amica che l'aveva ospitata in precedenza, a causa di continui malori, la donna ha deciso di presentarsi prima al pronto soccorso dell'Umberto I, dove è stata medicata e dimessa e, successivamente, alla polizia per denunciare le violenze.
L'uomo è stato rintracciato all'interno dell'abitazione della giovane, dove era tornato nel tentativo di convincere la donna a riappacificarsi con lui. Alla vista della polizia, L.M. ubriaco, ha aggredito gli agenti, nel tentativo di scappare, ma è stato bloccato e accompagnato in commissariato dove è stato sottoposto a fermo per sequestro di persona, violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia.
Sabato 14 Maggio 2011 - 16:58 Ultimo aggiornamento: Domenica 15 Maggio - 15:26
Fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=149214
domenica 15 maggio 2011
Magari il mondo fosse come The Sims
Nel video Lily Allen* canta Smile in Simlish (using Sims 2 E.P. Seasons)
Avete mai giocato con il videogame The Sims? Io sì, ho cominciato molti anni fa con The Sims1, perché ci giocava mia nipote di dieci anni e volevo controllare che non usasse qualcosa di inadatto a lei, poi mi ci sono appassionata ed ho continuato con tutte le espansioni (le espansioni sono pacchetti gioco aggiuntivi, che permettono di variare i percorsi lavorativi, di viaggio e di vita in casa o sociale) e gli aggiornamenti: The Sims2, e un po' The Sims 3.
Attorno a The Sims si è creata negli anni una enorme comunità di giocatori e giocatrici, quello che era nato come programma di architettura, è diventato il più famoso gioco di simulazione nel mondo.
Nel gioco, attraverso la creazione di personaggi (i sims - simili), case e quartieri, si possono realizzare delle vere e proprie saghe, famiglie ricchissime, famiglie di impiegati o militari, professionisti o semplici operai, intrecciare storie e sims vite, avere obiettivi a breve e lunga scadenza, far vivere ai sims diverse avventure: dall'aprire un ristorante al viaggiare intorno al mondo; avere un cane o un gatto o diventare sindaco/a, fantaman, il o la seduttrice più famos* del sims mondo.
La vita in comune, l'istruzione e il lavoro, sono al centro del gioco, nelle vite dei sims possono accadere eventi tragici, come la morte dei genitori, un litigio tra amici o innamorati, un tradimento o il rapimento da parte degli alieni (è pur sempre un gioco), oppure eventi felici come la nascita di un figlio, una brillante carriera, l'amore ricambiato e le piccole gioie quotidiane.
In questo videogioco non è permesso uccidere, perché l'omicidio è un'aberrazione, ma il conflitto è rappresentato dalla discussione, qualche volta dal darsele di santa ragione, per poi fare la pace, attraverso il dialogo, e tornare amici. La morte sopraggiunge per vecchiaia, malattia o incidente, ma negli ultimi due casi c'è la possibilità di cavarsela in extremis!
Si possono mettere al mondo dei figli, ma per farlo bisogna amare, ed i sims amano solo se ricabiati, e l'amore, oltre che una stabile condizione economia, non ricchezza solo stabilità, sono condizioni indispensabili anche per l'adozione.
In questo videogioco un adolescente non potrà mai fidanzarsi con un adulto, né tanto meno con un vecchio, ma dovrà aandare a scuola e prendere dei buoni voti, altrimenti arriverà l'assistente sociale, e l'assistente sociale arriva anche se un bambino è lasciato per troppo tempo nella culla a piangere, se non gli si da abbastanza da mangiare, anche se i genitori escono di casa senza chiamare una baby sitter.
I sims bambini sono un'esperienza di gioco appassioante, in certi casi snervante, bisogna insegnargli a parlare, a camminare, coccolarli, leggere loro le fiabe, hanno bisogno di giocare con giochi che li aiutino a sviluppare creatività e intelligenza. A questi piccoli sims va quindi dedicato del tempo, perché se non si passa del tempo con i figli non c'è affezione, si finisce col vivere nella stessa casa senza consocersi, ed il rischio maggiore è che diventino bambini e adolescenti "problematici", che sviluppino un carattere anaffettivo e scontroso. Ma il rimedio c'è ed è il recupero del rapporto, l'impegno reciproco e di nuovo l'amore e l'attenzione. Infatti in The Sims non c'è nulla di definitivo o scontato. Ma, soprattutto, in questo videogioco, se non vuoi dei figli, nessuno ti dirà che sbagli, che ti perdi qualcosa, la tua scelta verrà rispettata e nessuno la metterà in discussione.
In questo videogioco se leggi molti libri sviluppi molte abilità; in questo videogioco se hai molte amicizie hai più possibilità di fare carriera, ma le amicizie devono essere vere amicizie, prevedere affetto e frequentazione, non conoscenze col secondo fine. Perché in questo videogioco non ci sono scappatoie, o ti impegni o nisba! In questo videogioco anche il sims più scontroso e solitario, ogni tanto, desidera uscire e incontrare altri sims, perché il contatto con gli altri è fondamentale per vivere bene.
Immagine sims3fanatics.com |
I Sims hanno un loro linguaggio, una lingua artificiale chiamata "simlish", un aspetto interessante assieme all'interazione sociale dei personaggi.
Gli aspetti creativi di questo videogame non si limitano al gioco stesso, c'è un universo di storyteller, grafic*, film maker e disegnatori, tutti giocatori e giocatrici che realizzano oggetti, storie, addirittura soap opera e film, appassionati e creativi. Confesso che è stato grazie a The Sims, giocato in inglese, che ho imparato senza sforzo i nomi degli oggetti e della quotidianità in questa lingua. E' stato grazie a The Sims che ho imparato ad usare Photoshop ed alcuni programmi di modellazione 3D, in modo da personalizzare abiti, capelli, pelle e oggetti. Grazie a quelle competenze, acquisite per svago nel tempo libero, ho trovato anche lavoro.
Il dunque di questo scritto che, mi rendo conto, è parzialemnte off topic rispetto al tema del blog e può sembrare una marchetta pubblicitaria (ma il videogioco in questione non ha bisogno di me per farsi pubblicità), si trova nell'assurdità allucinante delle dichiarazioni di Carlo Giovanardi e Carlo Casini.Vietare The Sims perché favorisce una visione del mondo aperta, non prevaricativa e antidiscriminatoria.
Sì, in The Sims maschi e femmine possono intraprendere tutte le carriere, non c'è discriminazione di genere, ovviamente una donna incinta avrà un permesso per maternità, ma poi dovrà tornare a lavoro, in the sims l'amore e la genitorialità non hanno distinzione di sesso, sims di sesso diverso o uguale possono amarsi, unirsi in matrimonio, religioso o civile, e procreare (le sims femmina) o adottare.
Ciò che è socialmente riprovevole in The Sims è il furto, benché i sims possano scegliere di intraprendere una carriera nel crimine, ma col rischio di finire in carcere; il tradimento poi genera dolore e rabbia, ma i sims possono scegliere di tradire od anche di restare accanto a chi li ha traditi.
Una vita vissuta pienamente conduce i sims ad una morte serena, una vita spercata comporta il rischio di una morte precoce o che lascia il sims pieno di rimpianti, ed un sims pieno di rimpianti tornerà sotto forma di fantasma per tormentare chi è rimasto.
Uno degli aspetti più evidenti e positivi del gioco, è la possibilità di creare il percorso più affine alla propria personalità, a aprtire dalla costruzione della personalità del sims fino alle scelte sentimentali e di vita. Infatti, quella mia nipote di cui dicevo all'inizio, essendo all'epoca una bambina, realizzava storie romantiche, di famiglie numerose, con matrimoni fiabeschi, mentre io, più adulta, sperimentavo soprattutto le possibilità di carriera e gestione sociale dei sims, e mi divertivo a crearne dalle personalità estrose e fuori dagli schemi, questo perché lo stile di gioco in The Sims non è mai eterodiretto, a differenza di molti altri videogiochi il cui scopo è l'assassinio o comunque la violenza.
Magari il mondo fosse come The Sims!
*Qui sotto Lily Allen, canta "Fuck You"
sabato 14 maggio 2011
Arresti domiciliari per Gianluca Sivo, Ferdinando Chiacchio e Francesco Vitale stupratori
«È la festa del sesso»: due minori stuprate Tre uomini arrestati in provincia di Napoli
FRATTAMAGGIORE - Doveva essere una bella serata. Quello che lei credeva fosse il suo ragazzo l’avrebbe portata a conoscere i genitori. E invece è stata stuprata insieme a una sua amica che si era offerta di accompagnarla. Per tre ore le due ragazze di diciassette e sedici anni, studentesse napoletane, sono state in balia di tre «bravi ragazzi» in un appartamento delle case popolari di via Rossini a Frattamaggiore.
Picchiate e costrette a subire ogni tipo di violenza. Con la luce accesa, in modo che tutti i componenti del branco vedessero proprio tutto. E oltre alla violenza di gruppo sono state anche umiliate. Considerate poco meno di semplici cose: i balordi le hanno offerte anche agli amici. Uno dei violentatori, racconteranno poi alla polizia le due giovani vittime, dopo aver ripetutamente abusato a turno delle minorenni, si è affacciato alla finestra. Si è messo a gridare, per richiamare qualche amico del quartiere, che è stato invitato a salire e a fare sesso con le ragazzine, «Perché sono due p... e tanto ci stanno».
Ieri mattina, gli agenti del commissariato di Frattamaggiore, diretto dal vice questore Angelo Lamanna, hanno arrestato Gianluca Sivo, 19 anni, pizzaiolo, Francesco Vitale, 19 anni, fruttivendolo, entrambi residenti in via Rossini a Frattamaggiore. Il terzo componente del branco, Ferdinando Chiacchio, 19 anni, di Grumo Nevano, è stato arrestato nei pressi della sua baracca di frutta e verdura, nel mercatino del quartiere napoletano di Poggioerale. Gli agenti hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare, disposta dal Gip del Tribunale di Napoli, per atti di violenza sessuale di gruppo, aggravata per averla commessa ai danni di due ragazze minorenni non consenzienti.
I tre hanno evitato il carcere per il fatto di essere incensurati, e il gip ha disposto per i tre indagati gli arresti domiciliari. Il gravissimo episodio dell’ennesimo uno stupro di gruppo, fenomeno in pericoloso aumento, reso noto grazie a un comunicato firmato dallo stesso Giandomenico Lepore, procuratore della Repubblica, è avvenuto la sera del 25 marzo scorso. La ragazzina, 16 anni, che già da qualche tempo frequentava Gianluca Sivo, accetta l’invito a bere qualcosa a casa del pizzaiolo, che le promette anche di presentarle i suoi genitori. «E porta anche quella tua amica - le dice Gianluca Sivo - così dopo usciamo in comitiva».
La sedicenne accetta. Così pure la sua amica. Sorrisi e cordialità svaniscono quando i genitori del pizzaiolo escono. Il lato oscuro trasforma in branco i tre diciannovenni, che per tre ore violentano, seviziano e picchiano ad ogni accenno di rifiuto le due ragazze. Che approfittano del primo momento di sfinimento dei tre bruti per scappare. Una telefona alla sorella, che avverte il 113.
La volante arriva in via Rossini proprio mentre gli stupratori scappano a bordo degli scooter. La denuncia, un vero racconto dell’orrore, è solo il primo atto di questa orribile vicenda. Ieri il secondo, con gli arresti a cui è riuscito a sfuggire un quarto componente, la cui posizione è meno grave.
Marco Di Caterino
Sabato 14 Maggio 2011 - 10:08 Ultimo aggiornamento: 12:59
Fonte: http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=149148&sez=NAPOLI
FRATTAMAGGIORE - Doveva essere una bella serata. Quello che lei credeva fosse il suo ragazzo l’avrebbe portata a conoscere i genitori. E invece è stata stuprata insieme a una sua amica che si era offerta di accompagnarla. Per tre ore le due ragazze di diciassette e sedici anni, studentesse napoletane, sono state in balia di tre «bravi ragazzi» in un appartamento delle case popolari di via Rossini a Frattamaggiore.
Picchiate e costrette a subire ogni tipo di violenza. Con la luce accesa, in modo che tutti i componenti del branco vedessero proprio tutto. E oltre alla violenza di gruppo sono state anche umiliate. Considerate poco meno di semplici cose: i balordi le hanno offerte anche agli amici. Uno dei violentatori, racconteranno poi alla polizia le due giovani vittime, dopo aver ripetutamente abusato a turno delle minorenni, si è affacciato alla finestra. Si è messo a gridare, per richiamare qualche amico del quartiere, che è stato invitato a salire e a fare sesso con le ragazzine, «Perché sono due p... e tanto ci stanno».
Ieri mattina, gli agenti del commissariato di Frattamaggiore, diretto dal vice questore Angelo Lamanna, hanno arrestato Gianluca Sivo, 19 anni, pizzaiolo, Francesco Vitale, 19 anni, fruttivendolo, entrambi residenti in via Rossini a Frattamaggiore. Il terzo componente del branco, Ferdinando Chiacchio, 19 anni, di Grumo Nevano, è stato arrestato nei pressi della sua baracca di frutta e verdura, nel mercatino del quartiere napoletano di Poggioerale. Gli agenti hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare, disposta dal Gip del Tribunale di Napoli, per atti di violenza sessuale di gruppo, aggravata per averla commessa ai danni di due ragazze minorenni non consenzienti.
I tre hanno evitato il carcere per il fatto di essere incensurati, e il gip ha disposto per i tre indagati gli arresti domiciliari. Il gravissimo episodio dell’ennesimo uno stupro di gruppo, fenomeno in pericoloso aumento, reso noto grazie a un comunicato firmato dallo stesso Giandomenico Lepore, procuratore della Repubblica, è avvenuto la sera del 25 marzo scorso. La ragazzina, 16 anni, che già da qualche tempo frequentava Gianluca Sivo, accetta l’invito a bere qualcosa a casa del pizzaiolo, che le promette anche di presentarle i suoi genitori. «E porta anche quella tua amica - le dice Gianluca Sivo - così dopo usciamo in comitiva».
La sedicenne accetta. Così pure la sua amica. Sorrisi e cordialità svaniscono quando i genitori del pizzaiolo escono. Il lato oscuro trasforma in branco i tre diciannovenni, che per tre ore violentano, seviziano e picchiano ad ogni accenno di rifiuto le due ragazze. Che approfittano del primo momento di sfinimento dei tre bruti per scappare. Una telefona alla sorella, che avverte il 113.
La volante arriva in via Rossini proprio mentre gli stupratori scappano a bordo degli scooter. La denuncia, un vero racconto dell’orrore, è solo il primo atto di questa orribile vicenda. Ieri il secondo, con gli arresti a cui è riuscito a sfuggire un quarto componente, la cui posizione è meno grave.
Marco Di Caterino
Sabato 14 Maggio 2011 - 10:08 Ultimo aggiornamento: 12:59
Fonte: http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=149148&sez=NAPOLI
mercoledì 11 maggio 2011
Ufficio stampa?
L'ufficio stampa di striscia la notizia fa cyberstalking sul blog della giornalista e scrittrice Loredana Lipperini definendo Lorella Zanardo una "gattamorta".Ma basta scorrere i post all'indietro per trovare numerosi e virulenti commenti dello stesso.
Basta cliccare sull'immagine per leggere il commento ufficiale del programma spazzatura di Antonio Ricci, sull'agguato a Lorella Zanardo.
L'ufficio stampa non si occupa delle relazioni con l'esterno? per loro questa è "relazione"?
Edit 13:38
L'ufficio stampa cyberstalker ha colpito anche nel blog della stessa Zanardo:
Cliccare sull'immagine per verificare, lo stesso commento.
Ufficio troll più che stampa.
Basta cliccare sull'immagine per leggere il commento ufficiale del programma spazzatura di Antonio Ricci, sull'agguato a Lorella Zanardo.
L'ufficio stampa non si occupa delle relazioni con l'esterno? per loro questa è "relazione"?
Edit 13:38
L'ufficio stampa cyberstalker ha colpito anche nel blog della stessa Zanardo:
Cliccare sull'immagine per verificare, lo stesso commento.
Ufficio troll più che stampa.
Striscia la notizia è come uno stalker
Nel documentario Il corpo delle donne, realizzato da Lorella Zanardo, Marco Malfi e Chindemi Cesare Cantù, solo pochi minuti, frammenti, vengono dedicati a Striscia la notizia, una tra le tante trasmissioni prese in esame, per cercare di capire il modo in cui la televisione italiana rappresenta il femminile.
In che modo le donne sono in televisione? secondo una modalità quantitativa/riempitiva o qualitativa/attiva? e quali sono le qualità riconosciute alle donne? sono solo qualità estetiche (le donne sono una decorazione muta?), di un'estetica erotizzata al servizio della sessualità maschile oppure rappresentano anche una sessualità libera attiva e soggettiva? i volti e i corpi delle donne anziane, per esempio, ci sono in televisione? cosa rappresentano? E le bambine in che modo fanno parte della televisione? in che misura si ricorre allo stereotipo "bella e scema" ad una sessualità dai caratteri infantili e ingenui oppure oscura, ammaliatrice? sono alcune delle questioni poste dal documentario "Il corpo delle donne" che indaga l'immagine e la rappresentazione, il linguaggio visivo, l'immaginario, e in nessuna parte attacca le donne che in televisione lavorano, nessuna velina, ragazzina, presentatrice od ospite viene attaccata o derisa, anzi, emerge una profonda empatia con tutte le donne che appaiono nel filmato, da quelle "appese come prosciutti" a quelle che ballano "il ballo del lecca lecca" alle "grechine". E pure Striscia la Notizia ha intrapreso una vera e propria guerra contro questo documentario, prima col plagio finalizzato anche all'attacco di Repubblica-l'Espresso, poi con le accuse dirette a Lorella Zanardo, è seguita poi un'interrogazione parlamentare in difesa del programma (in un'Italia dai mille e più problemi urgenti, qualcuno si è sentito salire dall'anima un'accalorata difesa di Striscia la Notizia), ma perché? a favore di che e contro chi? contro Lorella Zanardo? e perché? di cosa ha paura Antonio Ricci? Una reazione smisurata, sproporzionata, che ieri si è palesata nella forma dello stalking.
Striscia è come uno stalker, l'intento è quello di far vivere Lorella Zanardo (ed anche Loredana Lipperini tramite il cyberstalking), nel terrore di essere controllata, circondata all'improvviso, come nell'agguato di ieri 10 maggio, all'uscita della Libreria delle donne, e di essere sottoposta ad un terzo grado di domande a raffica senza possibilità di replica. Un terzo grado per il quale viene mandata una ragazza, cavalcando il vecchio stereotipo della guerra fra donne, e perché gli autori di Striscia evidentemente si guardano bene dall'esporsi, preferiscono mandare, intimidire, come fanno i mafiosi.
Infondo tra i metodi mafiosi e quelli dei machilisti non c'è molta differenza.
In che modo le donne sono in televisione? secondo una modalità quantitativa/riempitiva o qualitativa/attiva? e quali sono le qualità riconosciute alle donne? sono solo qualità estetiche (le donne sono una decorazione muta?), di un'estetica erotizzata al servizio della sessualità maschile oppure rappresentano anche una sessualità libera attiva e soggettiva? i volti e i corpi delle donne anziane, per esempio, ci sono in televisione? cosa rappresentano? E le bambine in che modo fanno parte della televisione? in che misura si ricorre allo stereotipo "bella e scema" ad una sessualità dai caratteri infantili e ingenui oppure oscura, ammaliatrice? sono alcune delle questioni poste dal documentario "Il corpo delle donne" che indaga l'immagine e la rappresentazione, il linguaggio visivo, l'immaginario, e in nessuna parte attacca le donne che in televisione lavorano, nessuna velina, ragazzina, presentatrice od ospite viene attaccata o derisa, anzi, emerge una profonda empatia con tutte le donne che appaiono nel filmato, da quelle "appese come prosciutti" a quelle che ballano "il ballo del lecca lecca" alle "grechine". E pure Striscia la Notizia ha intrapreso una vera e propria guerra contro questo documentario, prima col plagio finalizzato anche all'attacco di Repubblica-l'Espresso, poi con le accuse dirette a Lorella Zanardo, è seguita poi un'interrogazione parlamentare in difesa del programma (in un'Italia dai mille e più problemi urgenti, qualcuno si è sentito salire dall'anima un'accalorata difesa di Striscia la Notizia), ma perché? a favore di che e contro chi? contro Lorella Zanardo? e perché? di cosa ha paura Antonio Ricci? Una reazione smisurata, sproporzionata, che ieri si è palesata nella forma dello stalking.
Striscia è come uno stalker, l'intento è quello di far vivere Lorella Zanardo (ed anche Loredana Lipperini tramite il cyberstalking), nel terrore di essere controllata, circondata all'improvviso, come nell'agguato di ieri 10 maggio, all'uscita della Libreria delle donne, e di essere sottoposta ad un terzo grado di domande a raffica senza possibilità di replica. Un terzo grado per il quale viene mandata una ragazza, cavalcando il vecchio stereotipo della guerra fra donne, e perché gli autori di Striscia evidentemente si guardano bene dall'esporsi, preferiscono mandare, intimidire, come fanno i mafiosi.
Infondo tra i metodi mafiosi e quelli dei machilisti non c'è molta differenza.
Lorella Zanardo "L’Agguato"
La serata è stata bella, c'era nell'aria la possibilità di togliere i muri di incomprensioni che spesso si erigono tra donne. Ho parlato con Carla, ho parlato con Pinuccia, Marina mi ha introdotta, Luisa mi ha consigliata. E' la Libreria delle Donne, stasera 10 maggio. Io ero stanca per due anni passati sul territorio, ma lì mi sono sentita bene.
Poi esco, tolgo la catena alla bici, sono le 11 di sera, in giro non c'è nessuno.
Le porte dell'auto parcheggiata davanti a me si spalancano di colpo, alzo la testa e 3 persone e una luce fortissima mi vengono incontro.
E' la troupe di Strisica la Notizia.
Chiedo alla ragazza che mi investe con una serie di domande come si chiama, lei esita, poi veloce mi risponde "Elena", ha 26 anni, dice che è contenta di avere fatto la velina, che nessuno l'ha obbigata e che io la offendo con il nostro documentario, dice così o qualcosa di simile.
Io sono sulla bici, e mi invade una tristezza infinita: Striscia usa quella violenza che io condanno: prima il plagio del documentario, ora questo agguato notturno, da ore mi aspettavano fuori dalla porta della Libreria.
Dico ad Elena ciò che chi mi segue sa bene, e che sa anche lei presumibilmente, e gli autori: il nostro documentario è una critica all'uso del corpo delle donne nelle immagini tv, non alle donne che fanno tv. Di Striscia passano poche immagini nel nostro video. La reazione di Striscia è spropositata: noi con un doc fatto in casa e loro con i milioni di euro a disposizione e 7 milioni di persone tutte le sere.
Elena non mi lascia parlare, so che si usa così in tv. La guardo, voglio entrare in relazione ma lei non può, si vede che usa il metodo televisivo, parla veloce, accusa e non da tempo per la replica.
Nemmeno per un attimo provo fastidio verso di lei, per i mandanti sì, per la loro codardia. perchè non sono venuti loro? Uomini senza coraggio, così come si usa ora.
Io non mi occuperò di questa diatriba miserabile, ho altro da fare.
Però credo che chi mi legge potrebbe reagire. Se 3 milioni e mezzo hanno visto il documentario Il Corpo delle Donne e se continuate a chiederci di proiettarlo e se a migliaia dite che vi è servito, ora è il momento di dire voi cosa pensate. Anche quelle giornalista, quei gruppi di donne che il video lo hanno visto, che lo hanno lodato, appprezzato ma che spesso tacciono.
La protervia di questi autori corrisponde al clima di prevaricazione e di impunità che si respira oggi.
E comunque sì, ha ragione mio figlio tredicenne. siamo stati veramente efficaci, con zero euro investiti, a dare così fastidio a quei milionari di Striscia, Mediaset.
Dal blog di Lorella Zanardo.
Poi esco, tolgo la catena alla bici, sono le 11 di sera, in giro non c'è nessuno.
Le porte dell'auto parcheggiata davanti a me si spalancano di colpo, alzo la testa e 3 persone e una luce fortissima mi vengono incontro.
E' la troupe di Strisica la Notizia.
Chiedo alla ragazza che mi investe con una serie di domande come si chiama, lei esita, poi veloce mi risponde "Elena", ha 26 anni, dice che è contenta di avere fatto la velina, che nessuno l'ha obbigata e che io la offendo con il nostro documentario, dice così o qualcosa di simile.
Io sono sulla bici, e mi invade una tristezza infinita: Striscia usa quella violenza che io condanno: prima il plagio del documentario, ora questo agguato notturno, da ore mi aspettavano fuori dalla porta della Libreria.
Dico ad Elena ciò che chi mi segue sa bene, e che sa anche lei presumibilmente, e gli autori: il nostro documentario è una critica all'uso del corpo delle donne nelle immagini tv, non alle donne che fanno tv. Di Striscia passano poche immagini nel nostro video. La reazione di Striscia è spropositata: noi con un doc fatto in casa e loro con i milioni di euro a disposizione e 7 milioni di persone tutte le sere.
Elena non mi lascia parlare, so che si usa così in tv. La guardo, voglio entrare in relazione ma lei non può, si vede che usa il metodo televisivo, parla veloce, accusa e non da tempo per la replica.
Nemmeno per un attimo provo fastidio verso di lei, per i mandanti sì, per la loro codardia. perchè non sono venuti loro? Uomini senza coraggio, così come si usa ora.
Io non mi occuperò di questa diatriba miserabile, ho altro da fare.
Però credo che chi mi legge potrebbe reagire. Se 3 milioni e mezzo hanno visto il documentario Il Corpo delle Donne e se continuate a chiederci di proiettarlo e se a migliaia dite che vi è servito, ora è il momento di dire voi cosa pensate. Anche quelle giornalista, quei gruppi di donne che il video lo hanno visto, che lo hanno lodato, appprezzato ma che spesso tacciono.
La protervia di questi autori corrisponde al clima di prevaricazione e di impunità che si respira oggi.
E comunque sì, ha ragione mio figlio tredicenne. siamo stati veramente efficaci, con zero euro investiti, a dare così fastidio a quei milionari di Striscia, Mediaset.
Dal blog di Lorella Zanardo.
venerdì 6 maggio 2011
Qui va tutto bene
Manifesti elettorali della Lega. Qualcuno è ancora capace di dire che questo paese non è malato, che in questo paese non abbiamo alcun problema con l'immagine delle donne, con l'uso delle donne, con il rispetto delle donne, fosse solo di buon gusto, ma anche e certamente di capacità intellettive?
Ma la persona che ha pensato a questi manifesti, la possiamo ancora dire umana?Via Lipperatura
La nostra lotta è al di sopra di tutto
La cosa veramente importante della lotta delle donne per la parità di genere, del lavoro di contrasto a tutte le forme di umiliazione ed esclusione riservate al nostro genere, è che incrocia solo in un punto ed all'interno di una microstoria, la televisione italiana tra la fine degli anni Novanta e gli anni Duemila, il programma televisivo Striscia la Notizia. Che è solo una delle tante questioni di cui ci occupiamo, di certo non la questione cardine della nostra esistenza e resistenza.
Il nostro diritto ad esistere ed esprimerci è originario e intrinseco, al di sopra di qualsiasi partito politico, corrente filosofica, moda o religione, non aderisce alle politiche di un gruppo editoriale, ed è estraneo ad ogni strategia di marketing.
Non si tratta del lancio di un nuovo prodotto, il prodotto "donna", si tratta della nostra vita, della nostra esistenza, il nostro esserci nel mondo, e non è una partita che si concluderà a seguito di una ridicola interrogazione parlamentare, in difesa di un programma televisivo (ma dove arrivano certi poteri?), che non è né divertente né interessante.
E lo potranno ripetere all'infinito, ma è impossibile scambiare due giovani donne ammiccanti, perennemente al marigne della scena, destinate all'intontimento del telespettatore, per un pezzo di satira.
Anche se a dirlo è una donna, anche se lo dice diecimila volte spammando a destra e manca in blog e siti "monitorati".
Che si metta l'anima in pace il senatore Lannutti dell’Italia dei Valori, che se la mettano in pace tutti: le donne, ed anche molti uomini, continueranno a dire tutto ciò che non vi piace.
Altro su: Femminismo a Sud, Lipperatura, Il corpo delle donne.
Il nostro diritto ad esistere ed esprimerci è originario e intrinseco, al di sopra di qualsiasi partito politico, corrente filosofica, moda o religione, non aderisce alle politiche di un gruppo editoriale, ed è estraneo ad ogni strategia di marketing.
Non si tratta del lancio di un nuovo prodotto, il prodotto "donna", si tratta della nostra vita, della nostra esistenza, il nostro esserci nel mondo, e non è una partita che si concluderà a seguito di una ridicola interrogazione parlamentare, in difesa di un programma televisivo (ma dove arrivano certi poteri?), che non è né divertente né interessante.
E lo potranno ripetere all'infinito, ma è impossibile scambiare due giovani donne ammiccanti, perennemente al marigne della scena, destinate all'intontimento del telespettatore, per un pezzo di satira.
Anche se a dirlo è una donna, anche se lo dice diecimila volte spammando a destra e manca in blog e siti "monitorati".
Che si metta l'anima in pace il senatore Lannutti dell’Italia dei Valori, che se la mettano in pace tutti: le donne, ed anche molti uomini, continueranno a dire tutto ciò che non vi piace.
Altro su: Femminismo a Sud, Lipperatura, Il corpo delle donne.
mercoledì 4 maggio 2011
Femminismi
E' nato FEMMINISMI! l'aggregatore di blog femministi, per tenerci informat* sulle ultime news e riflessioni riguardanti le questioni di genere, i diritti e le libertà.
Mettilo tra i tuoi feed e se hai anche tu un blog che tratta di questi temi invia una mail a femminismi@grrlz.net e chiedi di essere aggregat*
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L'omofobia è una malattia
Una nota marca di creme snellenti, ma senza perdere peso, si è inventata che la cellulite è una malattia. Se questo fosse vero ne deriverebbe che le creme anticellulite sarebbero tutte "medicinali" e che quindi andrebbero somministrate con ricetta medica, quanto meno su consiglio del farmacista.
Ma noi sappiamo bene che la cellulite non è affatto una malattia, anche le ragazzine hanno la cellulite, anche le donne magre, e ce l'hanno perché è normale, solo un medico può dirci se siamo malate, se abbiamo problemi di salute o no, di certo non una pubblicità di cosmetici.
Esiste invece una "malattia" un "problema" diacimo così, psicologico, un malessere reale e di cui in molto sono affetti, per il quale però nessuna casa cosmetica o farmaceutica ha ancora inventato una crema o una pillola, questo "malessere" è l'omofobia.
L'omofobia è una malattia che comporta un senso di disagio verso le persone sane, che si amano e vivono con gioia i rapporti con gli altri, soprattutto con altri del loro stesso sesso biologico.
L'omofobia comporta ossessività e compulsività, spesso l'omofobo ha come unico interesse, o quasi, quello di esternare il proprio "disagio interiore" verso le persone omosessuali, in tutte le occasioni che gli si presentano, specialmente quelle che prevedono un grande pubblico e la copertura dei mezzi di comunicazione di massa. In questo l'omofobia, come disturbo, è associata al delirio.
L'omofobo, essendo incapace di gioire pienamente del proprio corpo e del proprio spirito, sviluppa sentimenti di invidia verso chi si sente libero e in pace col mondo, nell'incapacità di analizzare e processare questi sentimenti negativi opera un trasferimento, si mette a sproloquiare sul giudizio divino, le fiamme dell'inferno, le porte del paradiso in ferro battuto. Nell'inveire con fervore spesso è soggetto sincope, piccoli infarti, distacco della retina, trombosi.
Ma, vuoi perché ha tenuto nascosta la sua malattia, vuoi perché questa si è palesata in età avanzata, purtroppo, spesso, l'omofobo è riuscito ad accumulare un certo potere economico e politico, questo lo rende estremamente pericoloso per la comunità, numerosi sono gli esempi di malati di omofobia che dopo aver formato dei gruppi, hanno violato i diritti umani. In questo caso va fermato subito, i suoi beni materiali verranno alienati e destinati ad enti che assistono le sue vittime, le famiglie delle sue vittime, i figli delle sue vittime.
Ovviamente l'omofobia costituisce un limite al diritto di voto, quindi l'omofobo non solo non può votare, ma non potrà mai e poi mai candidarsi per qualsiasi ruolo istituzionale o dirigenziale che preveda l'esercizio della ragione, essendone privo.
L'omofobo però non va escluso, va accolto in comunità speciali, esattamente come si fa con un qualsiasi psicolabile violento che brandisce un'arma: va disarmarmato, calmato e curato.
Benché le cure per l'omofobia siano ancora incerte, si prevedono programmi di sperimentazione su malati di omofobia, fortemente motivati a guarire.
Ma noi sappiamo bene che la cellulite non è affatto una malattia, anche le ragazzine hanno la cellulite, anche le donne magre, e ce l'hanno perché è normale, solo un medico può dirci se siamo malate, se abbiamo problemi di salute o no, di certo non una pubblicità di cosmetici.
Esiste invece una "malattia" un "problema" diacimo così, psicologico, un malessere reale e di cui in molto sono affetti, per il quale però nessuna casa cosmetica o farmaceutica ha ancora inventato una crema o una pillola, questo "malessere" è l'omofobia.
L'omofobia è una malattia che comporta un senso di disagio verso le persone sane, che si amano e vivono con gioia i rapporti con gli altri, soprattutto con altri del loro stesso sesso biologico.
L'omofobia comporta ossessività e compulsività, spesso l'omofobo ha come unico interesse, o quasi, quello di esternare il proprio "disagio interiore" verso le persone omosessuali, in tutte le occasioni che gli si presentano, specialmente quelle che prevedono un grande pubblico e la copertura dei mezzi di comunicazione di massa. In questo l'omofobia, come disturbo, è associata al delirio.
L'omofobo, essendo incapace di gioire pienamente del proprio corpo e del proprio spirito, sviluppa sentimenti di invidia verso chi si sente libero e in pace col mondo, nell'incapacità di analizzare e processare questi sentimenti negativi opera un trasferimento, si mette a sproloquiare sul giudizio divino, le fiamme dell'inferno, le porte del paradiso in ferro battuto. Nell'inveire con fervore spesso è soggetto sincope, piccoli infarti, distacco della retina, trombosi.
Ma, vuoi perché ha tenuto nascosta la sua malattia, vuoi perché questa si è palesata in età avanzata, purtroppo, spesso, l'omofobo è riuscito ad accumulare un certo potere economico e politico, questo lo rende estremamente pericoloso per la comunità, numerosi sono gli esempi di malati di omofobia che dopo aver formato dei gruppi, hanno violato i diritti umani. In questo caso va fermato subito, i suoi beni materiali verranno alienati e destinati ad enti che assistono le sue vittime, le famiglie delle sue vittime, i figli delle sue vittime.
Ovviamente l'omofobia costituisce un limite al diritto di voto, quindi l'omofobo non solo non può votare, ma non potrà mai e poi mai candidarsi per qualsiasi ruolo istituzionale o dirigenziale che preveda l'esercizio della ragione, essendone privo.
L'omofobo però non va escluso, va accolto in comunità speciali, esattamente come si fa con un qualsiasi psicolabile violento che brandisce un'arma: va disarmarmato, calmato e curato.
Benché le cure per l'omofobia siano ancora incerte, si prevedono programmi di sperimentazione su malati di omofobia, fortemente motivati a guarire.
martedì 3 maggio 2011
Pretty Baby
Oggi pomeriggio sfogliavo una rivista mentre ero in una comoda sala d'attesa.
Era un numero di "Grazia" al quale mancava la copertina e alcune pagine all'interno, lo sfoglio e leggiucchio, ci trovo la pubblicità di un altro "Grazia", dedicato alla moda per bambini, "Grazia Junior", la cosa mi fa trillare già un campanello ma vado avanti. Dopo poche pagine, per la seconda volta, viene pubblicizzata la versione "Junior" della rivista, questa volta mi soffermo sul viso della bimba in copertina, sembra triste, pallida sotto il fard rosa, una bambola di porcellana o plastica di altissima qualità, con un brutto cappello di paglia messo di sbieco. Fragile e sognante, melanconica. Penso che si tratta di una foto "morta", come quasi tutte le foto di bambini in posa per la moda. Bambini letargici. Adesso, nella testa, ho un immagine che non mi piace in più, giro pagina.
Ecco un servizio di moda, protagonista è una modella che in molte foto appare pallida e quasi confusa, una bambola sì, con addosso dei veli, esile, con una femminilità appena accennata, una bambina fragile e sognante, melanconica.
Praticamente la stessa idea di prima, sono immagini che ad uno sguardo poco attento si confondono, addirittura sono entrambe ricce.
Le foto col cellulare non rendono bene l'effetto di voltare pagina e trovare la bambina triste a seno nudo, con le labbra socchiuse in attesa.
Poche idee, pochi modi di rappresentare le donne, applicabili a tutte le età. Almeno l'accortenza di collocare distanti l'una dall'altra l'immagine di una bambina e quella di una modella che le somiglia, di un servizio che ne potenzia la distorsione.
Ma i servizi fotografici con bambini, essendo quelli bambini, non dovrebbero esprimere qualcosa di diverso dai servizi con gli adulti? Ovviamente ho visto solo la copertina di quella rivista.
Ma io sulle riviste vorrei vedere, nel caso, bambine e donne, non bambole, all'occorrenza invecchiate o svecchiate.
Anche Pedopornonecrofilia.
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