Genova, il tribunale limita il decreto sulla sicurezza varato dal governo
Il caso di una romena fermata dopo una retata: "Nessun allarme sociale" di MASSIMO CALANDRI
GENOVA - Romena, ventuno anni, prostituta per sua stessa ammissione. Espulsa in base al recente pacchetto-sicurezza varato dal governo, potrà restare in Italia. Il tribunale di Genova ha accolto il suo ricorso - bocciando il precedente provvedimento firmato dal prefetto ligure - perché la donna che si prostituisce "non pone in essere un'attività di per sé "pericolosa" per l'ordine pubblico o per la sicurezza pubblica, e tantomeno lede o compromette la "dignità umana"".
La vita da marciapiede non costituisce un "allarme sociale", non provoca cioè una effettiva mancanza di sicurezza nel cittadino: non attenta alla sua libertà, nemmeno alla sua incolumità. E secondo il giudice Francesco Mazza Galanti, che ha ribadito la decisione di un altro tribunale genovese sempre favorevole alla ragazza, "la normativa non solo non può consentire all'Amministrazione le paventate espulsioni di massa, ma la corretta interpretazione può e deve impedire anche le espulsioni arbitrarie o comunque non giustificate da fatti molto gravi e concretamente individuati".
Angela S. insieme a numerose altre ragazze straniere era stata fermata dalla polizia nel quartiere di Sampierdarena al termine di una retata anti-prostituzione. Nel giro di pochi giorni le era stata notificata l'espulsione "per avere pervicacemente continuato a svolgere l'attività di meretricio nelle vie cittadine, creando grave pregiudizio alla pubblica sicurezza e conseguente allarme sociale tra i residenti dell'area interessata". La sua presenza sul nostro territorio era stata giudicata "incompatibile con la ordinaria convivenza, per la palese compromissione della dignità umana".
Si era certificata l'esistenza di "imperativi motivi di pubblica sicurezza" tali da dichiarare la "comprovata urgenza" del provvedimento, ritenendo che l'allontanamento della giovane dovesse essere "immediatamente eseguito dal questore".
Il giudice di pace non aveva però convalidato il provvedimento, negando in particolare la presunta "pericolosità" della giovane romena e spiegando che allontanandola si sarebbero violate due norme fondamentali. Una costituzionale, quella della libertà personale. L'altra, principio-base dell'Unione Europea (Angela è naturalmente cittadina comunitaria), sul diritto alla libera circolazione.
Assistita dagli avvocati Antonella Carpi e Stefano Sambugaro, la giovane romena è quindi tornata nei giorni scorsi in tribunale per chiedere il definitivo annullamento dell'espulsione. In aula ha ammesso di essere costretta a prostituirsi saltuariamente per mantenere un bimbo di 5 anni e la madre malata - "Non ho altra scelta" - ha spiegato di possedere un passaporto regolare, di dormire in una pensione del centro storico di Genova.
Anche il giudice monocratico, preso atto della nuova normativa, le ha dato ragione: "ai fini che qui interessano, l'allarme sociale è privo di rilevanza giuridica". Nella sentenza ha sottolineato inoltre che non era stata redatta dalla polizia nessuna relazione di servizio che documentasse "le modalità con cui la ragazza svolgeva il meretricio". Il decreto di espulsione, sottoscritto dal Prefetto di Genova, è stato dichiarato illegittimo. E la locale questura è stata anche condannata al pagamento delle spese di giudizio, ottocento euro in tutto: onorari e diritti compresi.
(3 gennaio 2008)
Fonte: repubblica.it
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