giovedì 20 dicembre 2007

Stupro di gruppo a Dorgali, condanna in appello

Ribaltata la sentenza di assoluzione pronunciata dal tribunale dei minori

Simonetta Selloni
Cinque anni al ragazzo ritenuto complice delle violenze su una donna di cinquant’anni

SASSARI. In primo grado era stato assolto dall'accusa di aver partecipato allo stupro di gruppo compiuto in una villetta alla periferia di Dorgali, il 14 febbraio di tre anni fa. Ma Sebastiano Sale, 20 anni (e minorenne all'epoca dei fatti), è stato condannato dai giudici della sezioni minori corte d'appello di Sassari una pena esemplare: 5 anni. Un verdetto che ribalta completamente la sentenza assolutoria pronunciata un anno fa dal tribunale dei minori del capoluogo sassarese, che aveva completamente scagionato il giovane, difeso dall'avvocato Basilio Brodu.
Contro la sentenza di primo grado aveva proposto appello il pubblico ministero, Luisella Fenu, che aveva solleciatato la condanna di Sale a 10 anni di carcere. I capi di imputazione erano pesanti: sequestro di persona, furto, oltre che gli abusi sessuali compiuti nei confronti di una donna di cinquant'anni, che aveva denunciato di esser stata violentata da tre persone. Le indagini avevano condotto all'arresto e alla condanna di altri due giovani, tutti di Dorgali. Uno, Luigi Fancello, l'unico maggiorenne del gruppo, era stato condannato a 5 anni (con rito abbreviato) dal tribunale di Nuoro, mentre Gabriele Piredda, 21 anni, minorenne all'epoca dei fatti, si è visto attribuire 3 anni e dieci mesi dai giudici del tribunale dei minori di Sassari.
Sale era stato chiamato in causa da Piredda, che era stato arrestato appena una settimana prima di lui. Contro Piredda, così come Fancello, c'era la prova del Dna: nella villetta dove era stato compiuto lo stupro erano stati recuperati alcuni profilattici utilizzati dai malviventi. Gli inquirenti erano riusciti a risalire al profilo genetico, che, messo a confronto con quello di Fancello e Piredda, aveva dato esito positivo. Nei confronti di Sebastiano Sale invece non c'era la prova del Dna. L'accusa gli attribuiva il ruolo del bandito, che, con una pistola alla mano, avrebbe incitato gli altri due componenti il gruppo alla violenza, avrebbe frugato tra le cose della donna, rubando persino 50 euro dalla sua borsetta.
Le indagini su questo punto, o meglio, su questa figura, avevano preso diverse strade. In un primo tempo, al principio dell'inchiesta, la figura del "terzo uomo" sarebbe stata attribuita al fratello della vittima. L'uomo però (difeso dall'avvocato Cecilia Bassu) era stato interrogato, aveva dato le sue spiegazioni, ed effettivamente era stato scagionato dalla successiva incriminazione di Sebastiano Sale.
I giudici di primo grado avevano però creduto alla tesi difensiva. Completamente ribaltata dai giudici d'appello, presidente Marongiu, consiglieri Demuro e Giacalone e integrata da due esperti psicologi. A Sale sono state concesse le attenuanti generiche e la diminuente dovuta alla minore età.
A guardare tra le righe della vicenda, i verdetti hanno identificato una sorta di baby-gang, composta da due 17enni e un maggiorenne (per pochi giorni), che, armi in pugno, avrebbe portato a termine uno stupro nei confronti di una povera donna di cinquant'anni. Tutti e tre i suoi aguzzini, messi insieme, superano di poco l'età della loro vittima; una storia tremenda, sulla quale Dorgali era insorta, dando vita a manifestazioni di sdegno e condanna.
(19 dicembre 2007)

Fonte: espresso.repubblica.it

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