venerdì 22 febbraio 2013

Fratellanza, sorellanza e famiglia

L'altro giorno Lisa Marie è tornata da scuola un po' turbata. Lisa ha quasi 10 anni, va a scuola nel paese dove viviamo. Frequenta fin dalla materna lo stesso gruppo di amici e amichette, quel gruppo di 15 bambini circa, nati nel 2003, arrivati ormai in quarta elementare. Probabilmente Lisa continuerà a studiare ancora con loro fino a 13 anni, quando finirà le medie.
E' una nostra scelta. Vogliamo che Lisa cresca con i suoi amici di sempre e che affronti magari quel periodo della pre adolescenza, più difficile dicono, con un gruppo di persone affiatate. E' un modo per proteggerla e per sostenerla nella sua vita di scolara italo-francese che ha due mamme e anche un fratellino.
Sei mesi fa, in effetti, è nato Andrea il nostro secondo figlio. Andrea è stato partorito dalla mia compagna, mentre Lisa è stata messa al mondo da me. Sono i nostri figli e li amiamo appassionatamente e non importa se hanno o non hanno il mio corredo genetico o quello di lei. Sono la nostra gioia, i nostri due amori, i regali della nostra vita, desiderati, voluti, attesi; sono il risultato meraviglioso di un percorso lungo difficile travagliato e anche parecchio costoso.
Hanno due cognomi diversi, Lisa porta il mio e Andrea quello di Raphaelle ma noi, da 10 anni, siamo la famiglia La Delfa-Hoedts, in attesa di una legge che lo scriva nella pietra. Ogni volta che è possibile, scriviamo i loro due cognomi legati con un trattino. Trait d'union si dice in francese: trattino per unire, per fare di due uno...
Quel giorno, a metà pranzo, Lisa ci dice che vorrebbe farci una domanda perché Alessia, la sua amica, le ha detto che Andrea, anche se è come un fratello, in verità suo fratello non è. E lei vorrebbe sapere da noi come stanno le cose. Ha continuato cercando di spiegarci le parole precise di Alessia: che uno è fratello perché è la mamma e il padre, che danno ai figli qualcosa di loro e che lei e il fratello sono veri fratelli perché sono nati dalla stessa madre e dallo stesso padre e si capiva che lei non riusciva bene a spiegare ma che intuiva e che Alessia stessa non capiva bene ma qualcosa sì. Insomma un discorso un po' complesso.
Ho detto a Lisa, dopo averla ascoltata senza interrompere (tanto non è possibile: quando ha un'idea la deve dire tutta) che Alessia ha detto così perché lei e tanti altri conoscono un solo modo di essere fratelli e sorelle, quella della trasmissione genetica, la filiazione del sangue, come si dice di solito.
Perciò dal punto di vista di Alessia, Andrea non era il suo fratello perché non condividono il corredo genetico ma da altri punti di vista, è suo fratello perché si può essere fratelli in almeno due altri modi: per adozione, e dunque per legge, e anche per amore quando hai gli stessi genitori: "tu e Andrea avete due mamme e sono le stesse mamme per entrambi".
E poi le ho detto che se io e Raphaelle volevamo tanto sposarci non era tanto per noi due che abbiamo già i Pacs ma per loro due, per iscrivere loro due sullo stesso libretto di famiglia e avere finalmente lo stesso cognome in tutta la famiglia. Quando ci siamo sposate (in Francia) loro sono diventate non solo fratelli per amore (già lo sono) ma fratelli per la legge.
E la legge è l'unica sicurezza per quanto riguarda la filiazione. Non c'è figlio né genitore se non è scritto dalla legge. E nemmeno i legami di sangue riescono a essere più forti dei legami della legge per le tutele, le responsabilità, i doveri dell'uno verso l'altro.
Ho raccontato a Lisa che la nostra storia letteraria e la nostra storia tout court è piena di figli nati dalle violenze e dai soprusi degli uomini sulle donne, figli nati da uomini che non li hanno voluti. Ho raccontato delle grandi famiglie borghesi dell'ottocento in cui i padri-mariti padroni facevano figli con le cuoche o le sarte in barba alla moglie e cacciavano via madri e figli per evitare scandali. Nel migliore dei casi il figlio finiva in orfanotrofio con una pensione del padrone che mai sarebbe stato un padre. Eppure aveva trasmesso i suoi geni. E tutti lo sapevano, perfino il prete ipocrita che mangiava al suo tavolo e faceva le prediche la domenica.
Ho raccontato che il controllo delle persone e la limitazione della loro libertà si faceva attraverso il racconto ripetuto fino alla nausea delle regole di comportamento corrette e della promozione delle apparenze che sembrano dover dominare sui fatti, ho raccontato che viviamo in un paese ipocrita dove si vieta l'eterologa in nome di una sola filiazione possibile e degna mentre ogni anno nascono in Italia migliaia di figli che non hanno il patrimonio genetico dei loro padri e sempre più spesso neanche delle loro madri. Ma va bene cosi, l'importante è che non si sappia.
E di fatto le coppie eterosessuali sterili non si vantano di essere andate in Belgio o in Spagna a concepire e spesso non lo raccontano ai figli, per paura di perdere il loro amore, in nome dell'unica filiazione ammessa e nobile. Ho spiegato che il problema delle nostre famiglie, per i controllori e i limitatori delle libertà altrui, è che l'eterossesualità viene raccontata e promossa come un nuovo modo degno e bellissimo di fare figli.
Ho raccontato che viviamo in un paese strano che non soltanto riconosce culturalmente una sola filiazione nobile, quella "del sangue", ma a condizione che venga agita all'interno di un matrimonio, possibilmente sacro. Difatti ricordo che soltanto da pochi mesi, nel 2012, si sono finalmente parificati i figli naturali con quelli legittimi, dopo una battaglia parlamentare durata decenni e ostacolata come sempre dalla chiesa. La chiesa onnipresente per impedire di dare più responsabilità agli individui togliendo dignità alle loro scelte ogni volta che non rientrano nel quadro che la chiesa stessa ha stabilito essere l'unico giusto.
Ci siamo liberati dal padre padrone ma abbiamo di fronte un altro padre padrone, mille volte più potente: uno stato succube della curia vaticana che detta legge su tutto ciò che riguarda la libertà delle persone e le loro responsabilità personali. Una società di bambocci irresponsabili ai quali si dice come comportarsi in materia di famiglia, una società in cui viene sanzionata culturalmente ogni scelta che esce fuori dal tracciato.
Viviamo in un paese in cui nella guida alla dichiarazioni dei redditi, ancora oggi (2012), permangono le categorie di genitori e figli e si precisa (perché evidentemente non è ovvio per tutti) che per familiari a carico ci sono tra gli altri:
- figli (compresi i figli naturali riconosciuti, adottivi, affidati o affiliati)
- genitori (compresi i genitori naturali e quelli adottivi);
- nonni e le nonne (compresi quelli naturali).
"Compresi quelli adottivi e naturali"! Questa semplice dicitura che sembra inclusiva in verità marca una discriminazione potente: per il senso comune gli unici familiari a carico per i quali non ci sono dubbi sono i figli avuti da un matrimonio e i genitori regolarmente sposati al momento della nascita. Esiste dunque evidentemente una piramide della filiazione e della genitorialità, dove tutto ciò che non rientra nel quadro è di seconda o terza categoria, come la frutta e le verdure un po' marce.
Onestamente non capisco come i genitori adottivi e naturali non chiedano di sostituire queste diciture con un'altra semplice e davvero inclusiva: figli e genitori legali. Punto. Perché non può esistere una scaletta, per l'amministrazione dello Stato, del Genitore o del Figlio con la maiuscola.
Ho raccontato a Lisa che l'unico e incontestabile modo di essere fratelli è la fratellanza dell'amore e quella della legge. Ho detto che se una madre non accetta suo figlio alla nascita il bimbo non sarà figlio della madre che l'ha partorito e se un padre non riconosce il figlio che sua moglie ha messo al mondo non sarà suo figlio anche se ha dato i suoi geni. E anche se, a volte, la legge lo può obbligare a essere il padre legale di un bambino, se lui non lo vuole col cuore, non sarà mai un padre d'amore. E che un padre o una madre senza amore non servono a nulla. E non sono genitori.
Ho detto ciò che sa già: che i donatori di gameti che hanno aiutato a fare nascere lei e il fratello non sono i loro genitori e non lo saranno mai perché non è quello che hanno voluto e non è quello che noi abbiamo voluto e se loro sono nati, sono nati prima di tutto dal nostro amore e desiderio e anche grazie a dei geni che li hanno fatti nascere belli come il sole, ma non sono stati i geni che li hanno accolti, abbracciati, amati, consolati, nutriti, curati, accarezzati, coccolati, puniti, stretti al cuore, sgridati, controllati e sorvegliati. E non saranno i geni di questi signori così gentili da regalarci la vita, a farli diventare adulti sereni e luminosi ma questo lo potranno fare solo l'amore e la cura dei loro genitori.
Ho detto infine che la legge scrive la filiazione e dà sicurezza ma senza amore non c'è né figlio né padre né madre né figlia. Ho detto che per fare un figlio, per dare un fratello a una bambina, ci vuole l'amore prima di tutto e poi ci vuole anche la legge e quando ci sono i geni a disposizione, è tutto piu semplice, spesso, ma non sempre. E che la fratellanza di sangue è quella che da meno garanzie, in fin dei conti.
E dunque, Lisa e Andrea, figli miei, figli nostri, voi due siete fratelli. Più di tanti altri.
E adesso chi lo racconta a Alessia?

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