Due maxi-blitz, 7 arresti. L'accusa: riduzione in schiavitù. I carabinieri si sono trovati di fronte a casi di violenza estrema, le donne erano terrorizzate. Uno degli uomini ha fatto abortire la fidanzata al sesto mese. Lei è salva lui a Regina Coeli
di RORY CAPPELLI
Le drogavano, le caricavano di peso in macchina, le portavano in Italia pagando i funzionari di frontiera, le chiudevano in appartamenti, le violentavano, le picchiavano brutalmente, a volte le usavano come merce per pagare l'affitto, altre volte le rivendevano facendole sparire in quella specie di buco nero in cui ogni anno scompaiono centinaia di donne. Oppure, controllandone ogni mossa attraverso complici prostitute e continue telefonate sui cellulari, le costringevano a vendersi per strada. Un giro particolarmente redditizio: loro, le "ragazze" erano ricercatissime dai clienti che pretendevano rapporti senza protezione e che le volevano sopra ogni altra cosa per la loro età. Poco più che bambine, 14 o 15 anni.
È l'allucinante storia di fronte alla quale si sono trovati i carabinieri fermando alla fine dello scorso maggio una ragazza: non parlava italiano ed era terrorizzata da quello che i suoi aguzzini le avrebbero potuto fare. Negava, urlava, voleva tornare libera: dichiarava di avere 20 anni, di aver liberamente scelto di battere, di voler soltanto essere lasciata in pace. Piano piano, con l'aiuto di psicologhe e assistenti sociali, il quadro che si è delineato ha lasciato gli inquirenti senza parole. Il procuratore della Dda (Direzione distrettuale antimafia) Roberto Staffa ha fatto subito partire le indagini: e dopo un paio di mesi, in due distinte operazioni, ha fatto scattare le manette ai polsi di 7 persone - quattro sono a tutt'oggi latitanti - per tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, induzione alla prostituzione minorile e violenza sessuale. Una storia che vede coinvolti tre italiani (Pasquale Martino, Vincenzo Di Nardi e Italo Vezza), due donne romene (Mariana Mita e Simona Nicolae) e sei romeni (Valerica Draguti, Marian Tapliga, Constantin Viorel Mita, Marian Ovidiu Mita, Constantin Gutue e David Claudiu Pioara). Sono riusciti a fuggire Marian Tapliga e Constantin Gutue, tra i peggiori per crudeltà e "mente criminale", a tutt'oggi latitanti. Gli altri, e tra loro anche due donne, sono detenuti tra il carcere di Regina Coeli e quello di Rebibbia e, dopo l'udienza di questi giorni, il 7 febbraio prossimo Staffa esporrà alla corte le sue conclusioni.
Sempre la Direzione Distrettuale Antimafia (Dda), si sta occupando in questi giorni, attraverso un altro membro del pool, il procuratore aggiunto Maria Monteleone, di un altro allucinante caso di violenza, riduzione in schiavitù e induzione alla prostituzione, che vede coinvolto un altro romeno, Iancu Buzdugan, e una ragazzina romena, Romina, all'epoca dei fatti minorenne e che, seguita dall'avvocato Maria Cristina Cerrato, vive oggi in residenza protetta. Buzdugan esercitava sulla ragazza "poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà, mantenendola in stato di soggezione continuativa, costringendola a prostituirsi".
L'aveva portata in Italia con la promessa di sposarla. Lei è "in avanzato stato di gravidanza", 22 settimane (sei mesi). Lui la costringe a prendere pillole abortive. La bambina nasce e muore poche ore dopo la nascita. Lui la picchia, la minaccia, la costringe a servirlo "ad eseguire lavori umilianti quali lavargli i piedi". La fa mangiare "solo una volta al giorno". La costringe a prostituirsi: le detta le tariffe e condizioni: deve chiamarlo prima e dopo essersi appartata con i clienti. Alla fine la polizia la libera. E Buzdugan finisce in manette.
http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/01/29/news/emergenza_prostituzione-11796989/
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