Firenze, sentenza accoglie il ricorso di una donna affetta da una rara malattia
"Lecito anche rifiutare i tre impianti se la salute è in pericolo"
di MARINA CAVALLIERI
ROMA - Arriva da Firenze l'ordinanza, con valore di sentenza, che scardina la legge sulla fecondazione assistita. Il giudice ha accolto il ricorso di una coppia e ha stabilito che le linee guida che vietano la diagnosi preimpianto degli embrioni sono inapplicabili perché contro la legge stessa e contro la Costituzione. È possibile quindi la diagnosi preventiva se c'è il rischio di trasmettere una grave malattia genetica, è lecito rifiutare il numero obbligatorio di tre embrioni se una gravidanza gemellare può compromettere la salute della donna.
Torna ancora nelle aule giudiziarie la battaglia sulla procreazione assistita, e dopo il caso del tribunale di Cagliari arriva un altro giudice a dare ragione alle coppie che lottano per cambiare le norme. Questa volta a sollevare la questione è stata una coppia trentenne di Milano, lei è portatrice di una grave malattia, la esostosi, malattia genetica che porta all'accrescimento esagerato della cartilagine delle ossa: c'è una percentuale molto elevata che venga trasmessa al figlio, esiste la possibilità che sia mortale.
La coppia si rivolge al centro Demetra di Firenze e chiede di poter fare la diagnosi preimpianto, inoltre chiede che la fivet sia adeguata allo stato di salute della donna che non può rischiare una gravidanza gemellare. Il centro risponde che tutto questo la legge non lo consente. "La coppia deve per forza sottoporsi alla roulette russa con il rischio di avere gli embrioni malati", racconta l'avvocato Gianni Baldini che ha curato il ricorso. "Così i coniugi si rivolgono al sito www. madreprovetta. org per chiedere una consulenza e iniziamo un'azione legale".
Alla base del ricorso, spiega l'avvocato, ci sono diverse considerazioni. "C'è il fatto che la legge 40 non stabilisce espressamente il divieto di diagnosi preimpianto, sono le linee guida a stabilirlo dicendo che le indagini preventive non possono essere di natura genetica ma solo osservazionale cioè morfologica". Questo divieto incide su un diritto soggettivo assoluto, dice l'avvocato Baldini, qual è quello dell'autodeterminazione, incide sul diritto alla procreazione cosciente e responsabile, al consenso informato.
"Il giudice Isabella Mariani accoglie il ricorso, "dicendo che è fondata l'illegittimità delle linee guida che espressamente disapplica, un provvedimento con efficacia vincolante per altri giudizi e per il Tar". Il giudice inoltre prende altre due iniziative contrarie alla legge. "Condanna il centro ad eseguire la diagnosi e stabilisce la crioconservazione degli embrioni malati, che la legge vieta, e dice che il medico deve seguire le regole della migliore scienza ed esperienza con specifico riguardo alla salute della donna. Questo è un altro colpo al cuore della legge 40, perché ristabilisce l'ordine gerarchico previsto dalla Costituzione e dalla legge 194 che antepone la salute della donna a quella del nascituro".
L'ordinanza non è revocabile, vale quanto una sentenza, se il centro Demetra non ricorre in appello diventa definitiva. È la seconda sentenza a favore della diagnosi preimpianto nel caso di malattie genetiche, a settembre il tribunale di Cagliari aveva dato ragione ad una donna portatrice di talassemia. "Da quando è andata in vigore la legge arrivano molte richieste di sostegno legale, è aumentato il contenzioso giudiziario, la legge 40 è avvertita contro il bene della coppia", dice Monica Soldano, presidente dell'associazione "Madreprovetta", "la legge viene sempre più percepita come ostile a un progetto genitoriale".
(22 dicembre 2007)
Fonte: repubblica.it
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