In questo post Lorenzo ci propone la decostruzione di un articolo apparso su “Avvenire”, scritto da Stefano Zecchi. L'articolo è tratto da Intersezioni.
Sì lo so, è facile divertirsi a decostruire “Avvenire”. In questo caso non so veramente resistere: Stefano Zecchi
ha scritto cose molto belle sulle quali ho studiato – roba di Estetica,
non vi state a preoccupare – e poi ha scelto un rincretinimento
mainstream adatto a una carriera televisiva tutta fuffa e letteratura
amena. Il suo esempio mi è molto utile: dimostra come anche un ordinario
di filosofia riesca a dire delle panzane clamorose se il suo obiettivo –
piacere a un vasto pubblico – è sufficientemente ipocrita. L’articolo è questo.
Zecchi: «Vigilare sui figli
Il gender è la nuova dittatura»
Il gender è la nuova dittatura»
Si dice «d’accordissimo» che l’educazione comprenda anche il tema
dell’omosessualità e che nessuna discriminazione sia accettabile,
soprattutto a scuola, «ma [lo avete riconosciuto? E’ il noto “non sono razzista ma”] il trasformare questa convinzione in una battaglia politica è mistificatorio è violento nei confronti dei bambini [certo, non va fatta diventare una battaglia politica. Sono cose che ti devi tenere per te: sei favorevole alla parità dei diritti? Tienitelo per te]. Occorre reagire, là dove è possibile bisogna creare argini di confronto pacifico [notate bene, pacifico,
perché di solito chi si batte per i diritti di tutti è violento. Visto
quanto ci vuole poco a fare passare un’idea falsa e tendenziosa?]».
Tra i genitori sconcertati dalle linee guida dell’Unar (i tre ormai
famigerati volumi dedicati alle scuole elementari, medie e superiori,
poi ritirati dal web) e dall’ideologia del gender imposta come
indottrinamento fin dalla tenera età [ma sì, diciamolo, chissenefrega se è vero], c’è Stefano Zecchi, ordinario di Filosofia alla Statale di Milano e scrittore, ma anche [ma anche, attenzione, ciò che lo qualifica a parlare di un fantomatico “gender” è questo] padre di un bimbo di 10 anni.