mercoledì 21 marzo 2012

Dove sono gli a-life in questi casi? Perché non protestano?

Cesareo negato, ora il bimbo rischia danni irreversibili 

La donna aveva già perso un figlio in grembo e un altro nato prematuro. L'accusa: «Implorava di sospendere il parto naturale»

Marco Accossato
torino
Per due volte aveva già cercato di diventare madre e per due volte aveva perso il figlio: uno ancora in grembo per una malformazione cardiaca, l’altro - prematuro - due giorni dopo la nascita. E ora che finalmente era riuscita a realizzare il suo sogno di maternità, ora che tutto sembrava andare come aveva sempre desiderato, la vita l’ha condannata ancora: Claudia Vracio, 32 anni, giovedì scorso ha dato alla luce un bimbo che durante il parto ha subìto un’asfissia.

Quali saranno le conseguenze della sofferenza cerebrale lo si saprà soltanto nelle prossime ore, perché il piccolo Andrea, da quando è venuto al mondo, è tenuto in ipotermia, una tecnica che nelle prime ore di vita abbassa la temperatura del corpo da 37 a 33 gradi per scongiurare col freddo danni permanenti mettendo «a riposo» i neuroni. La procura di Torino ha aperto un’inchiesta, dopo che il padre del piccolo ha denunciato l’ospedale Sant’Anna, centro di riferimento materno-infantile per eccellenza in Piemonte. «Claudia - racconta in lacrime la madre Veronica, presente in sala parto - non riusciva a spingere, malgrado i medici e le ostetriche le dicessero di farsi forza, di insistere. Più volte ha implorato che le venisse fatto un cesareo, invece le hanno prima bucato le membrane, poi indotto le contrazioni, continuando a insistere col parto naturale: “Tutte le donne chiedono il cesareo per non sentire dolore, signora...”».

Andrea è rimasto incastrato con le spalle a metà del suo percorso di uscita, e per cinque minuti il medico di turno ha tentato di «liberarlo», prima con una ventosa, poi afferrandolo con le mani. Cinque lunghissimi minuti, durante i quali Claudia gridava e la quantità di ossigeno al cervello del neonato è precipitata fino all’asfissia. Quattro ore di travaglio e di sala parto. Quella di Claudia era una gravidanza a rischio, con i due precedenti bimbi morti. E quand’è nato, Andrea pesava poco meno di 4 chili e 580 grammi. «Malgrado ciò - sostengono i parenti - nessuno ha ascoltato la sua richiesta: “Fatemi il cesareo, vi prego, fatemi il cesareo”...».

L’ospedale si difende: «Non c’era una sola ragione, dal punto di vista medico, per il cesareo», spiega il dottor Pietro Lombardo, che ha assistito la donna negli ultimi 50 minuti prima della nascita. «Anzi, nel momento in cui sono arrivato io in sala parto sarebbe stato ancor più rischioso», aggiunge. Claudia aveva scelto di essere seguita durante tutta la gravidanza da un ginecologo privato che ogni mese l’ha sottoposta a un’ecografia, «ma quel medico - accusa ora l’ospedale - non ci ha mai comunicato né che il bimbo fosse così grande, né che la signora avesse avuto due gravidanze precedenti finite tragicamente». Una vicenda complessa. Claudia, per le due gravidanze finite con la morte del feto e del neonato, era stata comunque seguita al Sant’Anna, e di lei c’era traccia sui computer. Che nessuno, evidentemente, la settimana scorsa ha consultato. «In ogni caso - specifica il dottor Lombardo - le ragioni per cui la signora era considerata “a rischio” erano ormai superate. Alla ventesima e alla trentunesima settimana le sono state fatte qui in ospedale due ecografie che hanno escluso cardiopatie del feto e hanno calcolato un peso assolutamente nella norma».

Anche la minaccia di parto pre-termine, «a questo punto, era scongiurata». Nessuno, guardando il pancione di Claudia, ha capito che il bimbo che aveva in grembo era così grosso. «La signora è alta un metro e 71, quella pancia sembrava proporzionata all’altezza», spiegano al Sant’Anna. Il problema, secondo i medici, non è stato il non fare il cesareo, «ma la distocia delle spalle, un evento raro per il quale il bimbo non fa una rotazione indispensabile per poter venire al mondo dopo che è uscita la testa». Un evento «che nel 50 per cento dei casi - sottolinea sempre il dottor Lombardo - capita con bambini che alla nascita pesano anche meno di 3 chili».

Mentre da un lato il ministero della Salute invita i medici a non esagerare col bisturi in sala parto, a Torino il marito e i genitori di Claudia chiedono invece perché non sia stato fatto un cesareo: «Se avessero ascoltato la richiesta di Claudia, Andrea ora sarebbe un bimbo perfettamente sano», dice il padre. Per provare a liberare il piccolo due ostetriche hanno premuto sulla pancia di Claudia tentando di spostare la spalla incastrata. Inutile: «Alla fine erano in sei, attorno a Claudia. Quando è nato Andrea non ha pianto, hanno dovuto massaggiarlo perché respirasse normalmente». Ora si spera soltanto che i cinque minuti senza ossigeno sufficiente al cervello non abbiano provocato danni troppo gravi. Danni irreparabili.

Fonte: http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/447153/

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