Di cosa parlano quelli che strillano all'emergenza povertà per i padri separati? Perché di certo tutte le persone colpite dalla povertà e dal disagio hanno diritto ad essere aiutate, ma che finalità hanno quelli che gonfiano ad arte le statistiche?
Giovedì, 4 marzo 2010 - 13:20:00
Nonostante negli ultimi tempi si senta parlare sempre più spesso di padri separati come nuovi poveri, in Italia sono ancora le donne separate o divorziate, più degli uomini, a soffrire le difficoltà economiche, specie se con figli a carico e con lo spettro della disoccupazione alle spalle. È il quadro che emerge dal più recente rapporto Caritas-Zancan su povertà ed esclusione sociale in Italia, uno studio realizzato su un campione di 80 mila persone delle 600 mila che in tutt’Italia si rivolgono ai centri d’ascolto delle Caritas diocesane. Anche se di poco, infatti, sono più le donne divorziate o separate degli uomini a rivolgersi ai centri di ascolto Caritas. Tra gli italiani che hanno chiesto aiuto, infatti le donne sono il 19,2%, mentre gli uomini il 16,1%.
“Tutto sommato non c’è grossa differenza di incidenza – ha spiegato Walter Nanni, da anni impegnato nello studio dei fenomeni di povertà, marginalità e disagio per l'Ufficio studi della Caritas -. Da una parte ci sono molte donne separate che continuano a stare in famiglia con i bambini e si rivolgono alla Caritas per indigenza economica, mentre tra gli uomini ci sono più situazioni di separati o divorziati tra i senza dimora. Più o meno le situazioni si equivalgono”.
Il divario tra uomini e donne aumenta se si va a estrapolare il dato delle persone con figli a carico. Anche in questo caso sono le donne a fare più fatica. “Nel momento in cui vado a vedere se vivono con i propri figli minorenni – ha aggiunto Nanni -, l’8,5% delle donne che si rivolgono alla Caritas sono donne separate o divorziate con figli a carico nel nucleo, mentre gli uomini in questa situazione sono l’1,8%. A livello assoluto gli uomini in questa condizione sono proprio pochi, un dato così scarso dovuto anche al campione che non conviene neanche darlo”. Tuttavia, spiega Nanni, il quadro d'insieme non è allarmante. “Complessivamente su cento utenti italiani che in un anno si rivolgono alla Caritas per chiedere aiuto in questa situazione di divorziati separatati con minori a carico rappresenta il 5,5%. Per noi è una presenza debole ma che penalizza maggiormente le donne”.
A peggiorare la situazione, in alcuni casi, anche l’assenza o la perdita del lavoro da parte del genitore divorziato o separato con figlio a carico. Sono disoccupate il 4,8% delle donne separate con figlio a carico, mentre il dato per gli uomini è più basso e non raggiunge l’1%. Il dato evidenzia come, nella maggior parte dei casi, le persone divorziate o separate con figli a carico che si rivolgono ai centri d’ascolto “comunque hanno un lavoro ma si rivolgono alla Caritas per diversi motivi. Tuttavia il lavoro non dovrebbe mancare nella situazione di divorziati o separati e con figli a carico”. Leggermente diversa la situazione degli stranieri presenti in Italia che si sono rivolti ai centri d’ascolto Caritas. “Solo l’1,6% di coloro che si rivolgono a noi sono separati e divorziati con figli a carico. Su 100 stranieri che vengono in Caritas solo lo 0,4% è un papà separato con figlio minorenne. Per le donne il dato è 2,5%: più alto perché c’è tutto il fenomeno delle badanti e delle donne dell’Est Europa divorziate o separate e che spesso portano con sé i propri figli”.
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